tag:blogger.com,1999:blog-13954226911395415172024-03-29T12:02:50.377+01:00ilcavalierdelamanciailcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.comBlogger2831125tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-26587426333215083562024-03-28T22:40:00.004+01:002024-03-28T22:40:38.003+01:00Lamemoriadeigiornipassati. 69 B. M. «I socialisti non sono né saranno mai italiani, perché anche i socialisti nati in Italia hanno come modello, come ideale, la Rivoluzione russa e, quindi, sono portatori di un morbo infettivo, di una epidemia letale». <p><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"></i></b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEggjMLlNVg2aEdvFBCa1NXzVyb-orj_QHQRdV6fhLjyrepIawRrA1y4OP_96k5b1ss69HNjBq6grIOJtg-HHlxLpv6LBc5tb3sYCI4ORrvF-eO5LW9pa9tK2MMI77zijdSlnj2tboZFMSyaQH70hx5qg4tiwu4us1kG_v2iqEDbMfRYlBFOT74DSFwu8K0k/s1824/Matteotti_Velia_Titta_img_1286-1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="956" data-original-width="1824" height="210" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEggjMLlNVg2aEdvFBCa1NXzVyb-orj_QHQRdV6fhLjyrepIawRrA1y4OP_96k5b1ss69HNjBq6grIOJtg-HHlxLpv6LBc5tb3sYCI4ORrvF-eO5LW9pa9tK2MMI77zijdSlnj2tboZFMSyaQH70hx5qg4tiwu4us1kG_v2iqEDbMfRYlBFOT74DSFwu8K0k/w400-h210/Matteotti_Velia_Titta_img_1286-1.jpg" width="400" /></a></i></b></div><span style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="mso-bidi-font-style: normal;"><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span>Sopra. I coniugi Matteotti.</span></span><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"> </i></b><p></p><p style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">(…). La politica della speranza gli era preclusa e lui </i></b>(Benito
Mussolini n.d.r.)<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">, allora, smanioso di trovare una diversa strada che lo conducesse al
potere, comprese che esisteva, come esiste tuttora, un'unica passione politica
più potente della speranza: la paura. Nel 1919, milioni di donne e di uomini
speravano in un futuro migliore e sentivano prossimo il tempo dell'avvento, il
momento in cui quel futuro avrebbe fatto irruzione nel presente. Ma moltissimi
tra quei milioni di donne e di uomini, soprattutto di uomini, avevano anche
vissuto di paura gli ultimi quattro anni delle loro esistenze nelle trincee
della Prima guerra mondiale, dove il nemico lo vedevi di rado e solo quando ti
piombava addosso per sventrarti con la baionetta, dove la morte ti pioveva in
testa dal cielo nei bombardamenti senza che tu potessi rendertene conto, dove
addirittura la morte era invisibile e impalpabile, insufflata nei tuoi polmoni<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>attraverso<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>il<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>gas. Per anni quegli uomini
avevano mangiato, fumato, bevuto paura, e quella paura ora li seguiva come
un'ombra nella vita civile del<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>mondo
riappacificato, determinando il tono umorale di fondo attraverso cui andavano
incontro al loro giorno. Ma di cosa avevano paura quei reduci della grande
paura una volta tornati alle loro case? Delle speranze degli altri. La piccola
borghesia, che aveva faticosamente guadagnato qualcosa nei primi anni del nuovo
secolo, e la grande borghesia, che aveva molto da perdere, avevano paura della
speranza dei socialisti, cioè della rivoluzione. Avevano paura di quel futuro
di redenzione dei torti. Mussolini allora, bandito dalla speranza socialista,
nella sua propaganda postbellica scommette la sua intera posta sul suo
contrario; soffia sulla paura, la alimenta, la ingigantisce: il socialismo è
una barbarie, il socialismo è una pestilenza, il socialismo è l'orda di un
invasore straniero che minaccia dall'interno il nostro Paese. Chiunque avrebbe
potuto ribattere: "Invasore straniero? Ma come? I socialisti sono
italiani, sono cresciuti a fianco a te, ci hai giocato insieme in cortile, tu
stesso eri un socialista fino a ieri!" E lui avrebbe replicato: "I
socialisti non sono né saranno mai italiani, perché anche i socialisti nati in
Italia hanno come modello, come ideale, la Rivoluzione russa e, quindi, sono
portatori di un morbo infettivo, di una epidemia letale." Quella epidemia,
non a caso, che la propaganda fascista dei primi anni venti definiva
"peste asiatica". I nemici socialisti, gli italianissimi portatori
della peste di cui il populismo fascista invitava ad aver paura, erano
rappresentati come invasori stranieri accampati nel territorio della nazione.
(…). </i></b>(Tratto da <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Fascismo e
populismo”</b> di Antonio Scurati, Rizzoli editore, 2023).
</p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Non solo
Giacomo tutti i Matteotti dissero no al Duce”</b>, testo di Simonetta Fiori
pubblicato sul settimanale “Robinson” del quotidiano “la Repubblica” del 24 di
marzo 2024: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Perfino le rose rosse finirono sotto inchiesta, due piccoli mazzi
deposti dai famigliari sulla bara. Perseguitata in vita, Velia non fu lasciata
in pace neppure da morta. I funzionari della polizia fascista provvidero a
identificare lo sparuto corteo funebre che ne aveva scortato il feretro fin
dentro la chiesa, con quel gesto ridicolo di porre sotto sequestro i fiori
perché "troppo rossi", e là sembra di cogliere la radice di tanta
ottusa insofferenza contemporanea pronta ad accendersi al solo apparire del
colore purpureo perché simbolo della rivolta. Nell'Italia del 1938 era la regola.
A 48 anni, le occhiaie che segnavano l'ovale perfetto di Velia Titta Matteotti
si fecero fosse profonde, a causa di una malattia a cui certo non erano
estranei le ripetute minacce, i controlli ossessivi, i continui pedinamenti
eseguiti dagli uomini di Bocchini. Ma una protagonista come Velia non può
essere ricordata solo nella veste di vedova martirizzata, come sarebbe ingiusto
nel centenario della morte inchiodare Giacomo al personaggio dell'assassinato
illustre, essendo stati entrambi - Velia e Giacomo - molto più di vittime
sacrificali. Politico lucido, antifascista precocissimo e risoluto oppositore
dell'ingresso italiano nella Grande Guerra lui, Matteotti, il socialista
coraggioso che nel maggio del 1924 firmò la propria condanna a morte con un discorso
parlamentare rimasto nella storia; donna di straordinaria tempra lei, Velia,
lettrice appassionata di Romain Rolland e di H.G. Wells, autrice di poesie e di
racconti, perfino di un romanzo uscito nel 1920 con lo pseudonimo maschile di
Andrea Rota per sfuggire ai pregiudizi dell'epoca e per cogliere in libertà i
giudizi dei lettori. «Un trucco riuscitissimo», avrebbe confidato a Giacomo, un
innocente stratagemma del quale sorridere insieme nei rari momenti di serenità.
La storia non fu generosa con lui, pugnalato più volte sotto l'ascella e al
torace e poi abbandonato in una fossa provvisoria nel bosco della Quartarella
dove l'avrebbero ritrovato nei giorni di Ferragosto. Ma certo non fu più
benevola con Velia, sopravvissuta al delitto con tre figli da allevare, privata
dal regime di tutto, non solo del compagno molto amato ma pure degli amici più
cari, di una normale vita sociale, e della possibilità di fuggire altrove.
Prigioniera del duce, quindi, ma prigioniera anche di una pubblicistica
fascista che l'ha sempre ritratta supplichevole al cospetto di Mussolini,
quando invece a Palazzo Venezia nelle settimane dell'attesa diede prova di
forza e dignità («Non scoppiai in singhiozzi durante il brevissimo colloquio,
svoltosi in piedi, senza teatralità, ma in tutta la completa atmosfera di colpa
di fronte al delitto», scrive a Gaetano Salvemini alla fine del 1926). Così
come si mostrò lungimirante nel dissociarsi dal processo farsa contro gli
esecutori del marito, «mi parrebbe di offendere la memoria stessa di Matteotti
per il quale la vita era una cosa terribilmente seria». Ma anche la stampa
amica finì per ancorarla al tradizionale ruolo di moglie adorante dell'eroe,
mite e devota, i tratti del volto ovviamente dolcissimi. In realtà la sua
indole autonoma s'era manifestata fin dal principio della storia d'amore, lei
ventiduenne, lui ventisettenne e già uomo di esperienza, eppure così insicuro
sui suoi sentimenti per la giovane poetessa incontrata a Bosco lungo
sull'Abetone. (…). La loro fu una storia molto sognata, desiderata,
ostinatamente inseguita ma mai realizzata appieno. Separati prima dalla guerra
- lui punito in Sicilia - poi dalla militanza politico-parlamentare di Giacomo,
insieme vissero poco tempo, tra affinità e divergenze che mai cessarono di nutrire
il rapporto. Velia non era socialista e mai lo sarebbe diventata. Fervente
cattolica, figlia di padre anarchico e di madre devota, sorella del baritono
che diventò famoso con il nome alla rovescia (Titta Ruffo), la più piccola di
casa Titta non avrebbe mai rinunciato alla sua fede religiosa, alimentata dalle
correnti spiritualiste del tempo. Non per questo impose il rito cattolico alle
nozze, lasciando Giacomo libero di sottrarsi a simboli sacri che gli erano
estranei. A 30 anni pubblica il suo primo e unico romanzo, L'Idolatra,
nascondendosi dietro panni maschili. Protagonista una donna che muore perché
costretta a reprimere il proprio fuoco interiore, storia che pur attraverso
l'enfasi retorica dell'epoca narra un riscatto femminile mancato. Dopo l'assassinio
di Giacomo, avrebbe continuato a scrivere racconti autobiografici, «consolante
fatica nelle lunghe notti di solitudine». Fin dalla prima aggressione, aveva
compreso che il destino del marito era segnato. Scelse di stargli accanto senza
costringerlo alla resa. «Nulla è più importante che compiere i doveri che si
sentono», gli scrive nel 1922, l'anno dopo il sequestro ad opera di fascisti
polesani. Oggi la loro casa nel Polesine, sede del Museo Matteotti, è chiusa
per lavori di manutenzione. Speriamo che per il 10 giugno - centenario
dell'assassinio - sia di nuovo aperta al pubblico. Se lo meritano entrambi,
Velia e Giacomo. Se lo meritano entrambi, allo stesso modo.</i></b></p>
ilcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-4886086180267230232024-03-26T19:11:00.007+01:002024-03-28T22:43:39.505+01:00Strettamentepersonale. 32 La mia Pasqua vissuta in anticipo con Mustafa. Non può esserci una Pasqua più santa. <div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhFo00Uex9qcLxckxp8ntGMUquxcCXvzBdzdx5oFPWHGNp8CuXjBo6oCswSRR4iwZZIeSgQKsctBE9_WKnEjmkFAapPFvZYPGnF8hY2z7XQdCQ5kskaMbr5rfDPbDkDzN2A1tBQeqyFUy7HuriS0jo9YiKTVWQW3QZhykeW9TXI2K9rvAymMK_0pOIExhJ0/s960/Cristo%20e%20il%20povero_%20Verdirosi.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="960" data-original-width="720" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhFo00Uex9qcLxckxp8ntGMUquxcCXvzBdzdx5oFPWHGNp8CuXjBo6oCswSRR4iwZZIeSgQKsctBE9_WKnEjmkFAapPFvZYPGnF8hY2z7XQdCQ5kskaMbr5rfDPbDkDzN2A1tBQeqyFUy7HuriS0jo9YiKTVWQW3QZhykeW9TXI2K9rvAymMK_0pOIExhJ0/w300-h400/Cristo%20e%20il%20povero_%20Verdirosi.jpg" width="300" /></a></div><br />Ha scritto Enzo Bianchi in <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Il rito della Pasqua”</b> pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” di
ieri, lunedì 25 di marzo 2024: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">(…). …la Settimana Santa con le sue
“Passioni viventi” diventa addirittura un’occasione di forte richiamo
turistico. Se si va nelle chiese dove si celebrano le liturgie che vogliono
rendere partecipe il cristiano delle vicende della Passione e morte di Gesù si
constata la presenza di poca gente. Certamente oggi la vita sembra trascorrere
nei giorni della Settimana Santa, come negli ultimi giorni dell’anno, sotto un
unico segno: l’acquisto e il dono delle colombe, l’equivalente del panettone di
Natale. Ma per i cristiani vivere questi giorni in modo autentico significa
dare la propria presenza in chiesa, alla propria comunità, per formare un unico
corpo che celebra la Passione del Signore. Non è imitazione, né operazione
dolorista, ma è contemplazione, esempio di fede, più profonda conoscenza di una
vita offerta agli umani tanto amati: Gesù, che è vissuto amando, ha amato fino
alla fine accettando la morte senza difendersi, solidale con tutte le vittime
della storia, vittime dell’ingiustizia e della malvagità degli uomini loro
fratelli. Ciò che la Pasqua di Gesù ci testimonia è il suo lasciarsi catturare
senza opporre resistenza armata, è il suo silenzio eloquente di fronte al re
Erode, che non meritava neppure una parola di Gesù, è il suo interrogatorio da
parte del Sommo sacerdote. Gesù resta mite sempre, lontano da ogni tentazione
di violenza. La sua non è resa, ma sottomissione compiuta liberamente. Fino
all’ultimo, anche torturato e flagellato e infine crocifisso, Gesù vede i suoi
aguzzini come gente che non sa quel che dice e quel che fa, e certo non è lui a
concedere il perdono, ma chiede a Dio suo Padre di perdonarli. Quella di Gesù
era una morte annunciata perché come profeta sapeva che il rifiuto fino all’eliminazione
era ciò che lo attendeva tra i suoi, da parte dei suoi. Era il venerdì 7 aprile
del 30, alle 3 del pomeriggio! Ma questa morte, ultimo esito di un cammino di
mitezza e non violenza, di servizio e cura dei più deboli e poveri che
incontrava, ultima tappa che lo vedeva annoverato tra i peccatori, “maledetto
da Dio e dagli uomini”, e per questo appeso alla croce, era una morte che non
poteva essere l’ultima parola su di lui. E dopo un giorno di aporia, un sabato
santo di silenzio muto, vuoto, in cui non sono previste liturgie, ecco che Dio
risolleva dai morti Gesù, vivente, in mezzo ai suoi. È il Kýrios, il Signore
vivente, risorto! E qui esplode la festa.</i></b></div>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span></span></p><a name='more'></a><div style="text-align: justify;">Orbene, voglio parlarvi di Mustafa. Mustafa è un
migrante giunto dal Suo Marocco nelle propaggini ultime delle ubertose contrade
dei monti Nebrodi. Un migrante composto nella Sua infinita povertà, cortese
come non lo sono più le generazioni dei luoghi che hanno accolto Mustafa.
Mustafa ha trascorso tra di noi un sì lungo tempo tanto da essere conosciuto
dai più. Ha eletto a Sua dimora una panchina metallica sistemata accanto ad un
negozio di alimentari, per allontanarsene soltanto nella ricerca di un lavoro
che sia. È su quella panchina che ho conosciuto Mustafa. Alla mia prima offerta
di aiuto mi ha fatto richiesta di un panino farcito con fette di tacchino
(giammai il maiale) e formaggio, il tutto accompagnato con la bibita Sua
preferita, la “Fanta”. E fu così che io e Mustafa abbiamo stretto un rapporto
di reciproca solidarietà accompagnata, sempre, dalla Sua continua compostezza e
cortesia. Stamane Mustafa, al mio apparire, insolitamente mi ha apostrofato non
già con la solita Sua richiesta gastronomica ma con un affettuosissimo “zio”
per annunciarmi, poi, la decisione di riprendere il Suo destino di migrante tra
i migranti della Terra. Alla mia sorpresa ha reagito chiedendomi non il solito
Suo panino imbottito ma un aiuto affinché potesse acquistare un biglietto
ferroviario. Con i Suoi occhi, che non potrò mai più dimenticare, mi ha
salutato ancora con un “ciao zio”. È la mia Pasqua, vissuta in anticipo con
Mustafa. Non può esserci una Pasqua più santa. Grazie, Mustafa, la fortuna ti
accompagni. </div><p></p>
ilcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-34643476312975704412024-03-25T22:28:00.009+01:002024-03-28T22:42:11.888+01:00Lamemoriadeigiornipassati. 68 Roma, venerdì 24 di marzo dell’anno 1944: le “Fosse Ardeatine”. <p><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"></i></b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjHZ7hPPy1uewmjWWEejol-DNHGLQsw7uGu0zI1Z3ANrsgo6LUbOlusZlelLizMd6vfHRtwz_8nJLyuqPN-KGm-_vYkWR1sTzSic6JnmBlQwxn8StVXkhs4iiosq4abrl14XIGvw69u6aft3gvCHmIsP_g6Om-1tnnUDOG0fmsJqYSlYl92jwJZbd7C3vpa/s980/Ardeatine_1711106811-Fosse-Ardeatine1.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="598" data-original-width="980" height="244" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjHZ7hPPy1uewmjWWEejol-DNHGLQsw7uGu0zI1Z3ANrsgo6LUbOlusZlelLizMd6vfHRtwz_8nJLyuqPN-KGm-_vYkWR1sTzSic6JnmBlQwxn8StVXkhs4iiosq4abrl14XIGvw69u6aft3gvCHmIsP_g6Om-1tnnUDOG0fmsJqYSlYl92jwJZbd7C3vpa/w400-h244/Ardeatine_1711106811-Fosse-Ardeatine1.jpg" width="400" /></a><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"> </i></b></i></b></i></b></div><p></p><span><a name='more'></a></span><p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">(…). … dopo aver seminato la paura, i leader populista deve essere
capace di operare una sorta di commutazione alchemica della paura in odio.
Prima Mussolini insinua la paura, soffia sulle ansie della gente, sulle
passioni tristi, sul senso di delusione, di sconfitta, di tradimento, sul
risentimento e sul rancore che moltissimi provavano, dopo aver combattuto, una
volta tornati a casa, dove ciò che era stato loro promesso non veniva dato,
dove non trovavano lavoro, dove i prezzi salivano alle stelle, dove si faceva
fatica a trovare la benzina, a riempire il piatto di minestra. Il Mussolini populista
prima soffia sulla paura. Poi, però, fa questa seconda mossa. Dice: "La
minaccia è gravissima, è incombente, è mortale; il pericolo sono i socialisti;
sono stranieri, vogliono invadere il nostro Paese; sono stranieri, ma sono
accampati sul nostro territorio. Tu devi averne paura." E con voce maligna
aggiunge: "Ma tu non ti devi limitare ad averne paura, devi odiarli; non
basta temere, bisogna odiare." (…). </i></b>(Tratto da <b>“Fascismo e
populismo"</b> di Antonio Scurati, Bompiani editore, 2023).</p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Le fosse,
vendetta di silenzio e paura”</b>, testo di Claudio Fracassi pubblicato su “il
Fatto Quotidiano” di ieri, domenica 24 di marzo 2024: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Venerdì 24 marzo 1944 era una
giornata calda, di primavera. La notizia di un assalto partigiano ai tedeschi,
il giorno prima in via Rasella al centro di Roma, si era diffusa di bocca in
bocca. Ma chissà, forse era solo una voce, una delle tante. Sui quotidiani -
controllati da nazisti e fascisti - si poteva leggere una scoppiettante
apologia del "25° annuale dei Fasci di combattimento" (Il Giornale
d’Italia) o lo scandalo delle "truppe nere nemiche impiegate a Cassino; il
nemico ha sfruttato reparti di colore" (Il Messaggero). Ma la notizia del
giorno era l'eruzione del Vesuvio: venivano giù fiumi di lava larghi 50 metri.
I capi tedeschi avevano deciso di tenere nascosto, almeno fino alla progettata
vendetta, il sanguinoso colpo messo a segno al centro di Roma dai partigiani
contro un battaglione di militari nazisti. Ecco il verbale dell'interrogatorio
del feldmaresciallo Kesselring, comandante della Wehrmacht in Italia, quando
nel 1946 fu chiamato a testimoniare: Domanda della Corte: Faceste qualche
appello alla popolazione romana o ai responsabili dell'attentato prima di
ordinare le rappresaglie? Kesselring: Prima, no. Domanda: Avvisaste la popolazione
romana che stavate per ordinare rappresaglie nelle proporzioni di uno a dieci?
Kesselring: No. Domanda: Ma voi avreste potuto dire: se la popolazione romana
non consegna entro un dato termine il responsabile dell'attentato fucilerò
dieci romani per ogni tedesco ucciso? Kesselring: Ora, in tempi più tranquilli
dopo tre anni passati, devo dire che l'idea sarebbe stata molto buona. Domanda:
Ma lo faceste? Kesselring: No, non lo feci. L'operazione sterminio, dopo una
febbrile consultazione fra i capi nazisti, era partita all'una e mezzo di quel
venerdì: due lunghi cortei dalle prigioni naziste -via Tasso (il luogo delle
torture) e Regina Coeli - diretti alle Fosse Ardeatine. Ha ricordato una delle
donne rinchiuse a Regina Coeli, Enrica Filippini Lera: "Verso le 13:30
comincia uno strano movimento. Si vedono soldati mai visti prima accompagnati
dal posten del piano; tengono in mano lunghe liste battute a macchina, chiamano
i detenuti fuori dalle celle dicendo di fare in fretta... Escono i detenuti:
condannati in attesa di giustizia, magari assolti. Ma in tutto questo c'è
qualcosa di orribile che non sappiamo spiegare. Per la prima volta dopo il mio
arresto piango... Nella parte del corridoio sotto la nostra cella vengono
allineati gli ebrei. Cinque arrestati due sere prima con moglie e bambini, uno
dei quali di pochi mesi. Gli ebrei sono 66. Segue l’appello degli ariani...
Verso le 21 si apre piano piano lo sportello: è il posten (sempre gentile con
me): mi porta un fiore da parte di P. e mi dice che non è stato preso. Ci dice
che li hanno portati in Germania, ma so che mente" Il terrore, nella vita
quotidiana della Roma del ‘44, si accompagnava alla fame, al dolore e persino
alla speranza. I diari e le lettere catalogati nel dopoguerra nell'Archivio Diaristico
Nazionale testimoniano di un mondo sofferente, sempre spaventato, ma come
sospeso tra la morte e il domani: "Ho fame... oggi sparano ancora i
cannoni (non ricordo più di quando c’era la pace) ma noi siamo tutti uniti e
perciò siamo felici Oppure: "Prima fra tutte la paura. Roma ha ormai i
suoi bombardamenti giornalieri... </i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Alle 5 del pomeriggio ci ritroviamo tutti in
casa, 12 persone in due stanze, di cui 5 ragazzini affamati e pericolosi, e 7
grandi collerici, nervosi, polemici e affamati pure loro. Ognuno pensa alla
sopravvivenza, a odiarsi l'uno con l’altro e al mangiare...". "La
cosa strana è che malgrado la paura che mi ritrovo, tra infilarmi una scarpa e
avvolgere una coperta attorno alle gambe, riesco, sia pure con gesti frenetici,
a togliermi i bigodini dai capelli e ancor più strano è che la sera abbia
ancora voglia di mettermeli, questi bigodini...''. La regina della città era la
fame. Raccontava una ragazza del quartiere Montesacro: "Con mia sorella ci
volevamo suicidare per la fame. Mi sognavo il pane di notte... E le malattie,
perché se non mangiavi eri debilitato e allora cimici, pidocchi. Non c'era
sapone, non c'era niente. E poi il freddo. Andavi a dormire senza mangiare. È
la guerra, dicevano". Nel pomeriggio di quel venerdì 24 marzo, i camion
della morte carichi di giovani e vecchi fecero, fino al luogo dello sterminio,
un percorso ben studiato. La tecnica della strage era stata decisa dopo aspri
scontri fra i capi nazisti. Assente per poco il Feldmaresciallo Kesselring, in
ispezione ad Anzio, un "portavoce di Hitler" aveva comunicato a Roma
il clima isterico di Berlino: "Strepita e vuole che sia fatto saltare in
aria un intero quartiere della città con tutti quelli che lo abitano"(di
quell'ordine non è stata trovata traccia dagli storici). La scelta nazista
dell'assassinio di massa, fulmineamente eseguito e non preannunciato, rispose
probabilmente, insieme alla frustrazione e alla crudeltà, a una situazione di
paura. È questo, secondo convincenti ri-flessioni degli storici, il senso della
confessione fatta molti anni dopo, quando fu catturato e processato in Italia,
da Erich Priebke, il sanguinario nazista della Gestapo rifugiatosi in
Argentina: ''Se la cittadinanza avesse appreso che un eccidio stava per essere
perpetrato... nessuno avrebbe potuto prevedere l'intensità della reazione. I
partigiani avrebbero potuto organizzare un attacco fulmineo. L'intera città
avrebbe potuto insorgere". Il comando dell'operazione fu affidato al
feldmaresciallo Herbert Kappler, che dopo la guerra, al pro-cesso per i suoi
crimini, ha così raccontato, orgogliosamente, il faticoso lavoro di assassino:
"Calcolai quanti minuti sono necessari per la fucilazione delle 320
vittime. Calcolai le armi e le munizioni necessarie. Divisi i miei uomini in
piccole squadre che dovevano alternarsi. Ordinai che ogni uomo sparasse solo un
colpo, specificando che la pallottola doveva raggiungere il cervello della
vittima attraverso il cervelletto, in modo che nessun colpo andasse a vuoto e
la morte fosse istantanea" Quanto alle persone da uccidere, il difficile
elenco fu elaborato dal capo del Reparto speciale di polizia Pietro Koch. La
parte dell'elenco destinata ai reclusi di via Tasso (la prigione delle torture
per gli antifascisti) era divisa in tre categorie: "spionaggio",
"comunismo", "ebrei". Poiché all'operazione di morte (10
italiani per ogni tedesco) mancavano una cinquantina di italiani, si chiese il
soccorso del Questore di Roma, Caruso, che si consultò, nella mattinata di
venerdì, col ministro dell'Interno fascista Buffarini Guidi. Alla fine gli
italiani da ammazzare risultarono 335 (cinque in più di quanto programmato, per
un futile errore di conteggio). I sotterranei delle Fosse Ardeatine, cave
abbandonate, erano un labirinto: una serie di gallerie, lunghe da 50 a 100 metri,
larghe 3 metri e alte 5. Nessuna apertura: era totalmente buio. Le SS dovettero
accendere molte torce. Gli uomini da uccidere erano costretti a inginocchiarsi
e inclinare la testa da un lato. Uno dei soldati tedeschi, che si alternavano
come carnefici a gruppi di cinque, faceva luce con la torcia Su ordine del
capitano Schutz ("Puntare! Fuoco!") un altro nazista sparava al collo
della vittima, che crollava pronao supina. Cisi accorse che la massa dei
cadaveri ostacolava il lavoro: le vittime furono obbligate, prima di essere
uccise, a salire sui corpi senza vita, che spesso erano dei loro padri, figli,
parenti. Tutto finì alle 8 di sera. Settimane dopo fu stilato dal parente di
una vittima un elenco dei 323 cadaveri identificati nelle fosse: Cattolici, 253.
Ebrei, 70. Professioni: agenti di Polizia, 1; ambulanti, 16; amministratori e
uomini d'affari, 7; architetti, ingegneri e geometri, 5; attori, 2; artisti,
disegnatori e pittori, 5; assicuratori, 1; autisti e conduttori, 7; avvocati,
11; banchieri, 1; calzolai, 5; carpentieri e falegnami, 11; commercianti e
bottegai, 42; commessi di negozio, 7; dottori in scienze politiche, 1;
domestici e camerieri, 2; elettricisti, 5;farmacisti e medici, 4; Forze Armate:
aviazione, 3; carabinieri, 11; esercito, 1 B; marina, 6;funzionari pubblici, 4;
impiegati e segretari commerciali, 40; impiegati alle poste e telegrafi, 4;
impiegati ferroviari, 3; impiegati telefonici, 2; macellai, 5; meccanici, 13;
musicisti, 1; operai edili, 2; operai vari, 28; professori, 5; terrieri e
contadini, 10; sacerdoti, 1; studenti, 9; tecnici del cinema, 2; tipografi,
2".</i></b></p><p></p>
ilcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-7094900074052444772024-03-24T16:35:00.010+01:002024-03-26T19:16:45.193+01:00Uominiedio. 45 Lettere a Michele Serra. <p><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"></i></b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUmqFXgD76KD1rktWlpjbl9ZnCWiulPlayaqp3NnW24B2GYnybU3nP5VlxgILQ_OmJlprRk1dZzINArvpb0-NNbtTWWj0pJ_vRYtKepxo9Tl5xV5_zURwlzRK_qlivQGetkaZ-kN0pa57VdJJS2pIF_4IWz6zKrP_5o0oSYi_MwWqv3zXiMYf3R0Pyfzjd/s400/Bruegel%20-%20La%20parabola%20dei%20ciechi-400.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="230" data-original-width="400" height="230" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUmqFXgD76KD1rktWlpjbl9ZnCWiulPlayaqp3NnW24B2GYnybU3nP5VlxgILQ_OmJlprRk1dZzINArvpb0-NNbtTWWj0pJ_vRYtKepxo9Tl5xV5_zURwlzRK_qlivQGetkaZ-kN0pa57VdJJS2pIF_4IWz6zKrP_5o0oSYi_MwWqv3zXiMYf3R0Pyfzjd/w400-h230/Bruegel%20-%20La%20parabola%20dei%20ciechi-400.jpg" width="400" /></a></i></b></div><span style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="mso-bidi-font-style: normal;"><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span>Sopra. Bruegel: <b><i>"La parabola dei ciechi"</i></b>.</span></span><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"> </i></b><p></p><p style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Quando penso a qualcosa che mi trascende
penso all’umanità. Rifletto sulla storia dell’umanità. Una storia a cui io
stesso appartengo. Una storia che ha un senso tragico che cerco di capire
nonostante la sua complessità. Tutto è per me tanto umano al punto che io
ritengo che la stessa religione sia un prodotto dell’uomo. La fede nell’uomo è
tutto. Noi siamo uomini in mezzo agli uomini. Dobbiamo trovare lì il bene e il
male. La lotta per la vita, che poi si trasferisce nella storia dell’uomo è una
storia di violenza. (…). L’uomo di fede conserva la sua fede anche di fronte
all’evidenza contraria. Per questo diffido degli uomini di fede. La fede
acceca. È una luce talmente potente che acceca. Quando sei accecato non vedi
più nulla. Quando invece lasci da parte la fede e cominci ad usare la ragione,
vedi l’insopprimibile male del mondo.</i></b> (Tratto da <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Dialogo intorno alla Repubblica”</b> di Norberto Bobbio).
</p><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><span></span></p><a name='more'></a><div style="text-align: justify;">“<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">L</span></b>ettera<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">P</span></b>rima”. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Gentile Michele Serra, non sono
un prete ma un credente sì, e le garantisco che non trovo nulla di più
blasfemo, sacrilego e rivoltante che l’uso politico di Dio e della religione,
relegata a piccola sacralizzazione delle proprie misere culture ed appartenenze
storiche. “Prego Dio che mi liberi da Dio”, chioserebbe il mistico Meister
Eckhart (Sermone Beati pauperes spiritu). Libera nos domine, invece,
risponderebbe Guccini. Per altro l’Internazionale di Dio che Lei invoca in
realtà c’è stata, e si chiama Vangelo. Che poi i cristiani non siano, nel
complesso e in termini di culture di massa, quasi mai stati all’altezza delle
proprie fonti di ispirazione, è una dolorosa evidenza storica. Mi permetto,
vincendo qualche reticenza, di allegarle una lettera scritta a mio figlio
quattordicenne. Vi riconoscerà, spero, l’onesto tentativo di discutere con lui
la fede nella trascendenza in esatta smentita delle vulgate storiche
prevalenti, inclusa la brodaglia spiritualoide, un po’ pop, un po’ babbea, che
a molti è stata propinata, di volta in volta per armarli o per renderli
essenzialmente innocui. Volendo, si può fare. A. F.</i></b></div><p></p><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">“<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">L</span></b>ettera<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">S</span></b>econda”. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Gentile Serra, nella città
metropolitana partenopea esistono due associazioni palestinesi: una
confessionale e l’altra laica. Il leader di quest’ultima, amico e collega,
passaporto israeliano e moglie italiana, mi diceva che la separazione è voluta
solo dall’altra. Eppure, nonostante presso quei musulmani faccia aggio la fede
sull’etnia, il loro leader, imam di un paesone dell’hinterland, è uno stimato
architetto di cui io pure fui soddisfatto committente, amabile intellettuale a
360 gradi sulla filosofia araba laica, amico del parroco ecc… Ma tant’è. Niente
da fare: la religione! Ciò dimostrerebbe però un dato di fatto: che bisognano
due fanatici contrapposti per litigare. Né io, né il parroco di Marano di
Napoli, né il presidente dei palestinesi atei in Napoli offendono e
grossolanamente provocano l’architetto, come farebbe Oriana Fallaci, Borghezio,
Calderoli e Ariel Sharon</i></b>. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">G.G. (Napoli)</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">(…). </i></b>“<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">L</span></b>ettera<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">T</span></b>erza”.
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Caro
Michele, la tua Amaca mi ha fatto venire in mente quello che ha scritto Yuval
Noah Harari nel suo Sapiens, da animali a dei. All’inizio l’homo sapiens viveva
in piccole tribù sparse sul Pianeta, già allora esisteva un sistema gerarchico
che teneva insieme il gruppo ma non era sufficiente a gestire più di 100/150
individui, per cui si rese necessaria l’invenzione della religione. A
differenza di un umano, un Dio ti vede sempre e quindi devi stare attento a
come ti comporti e seguire le regole. Penso che la fede, cioè la cieca fiducia
in qualcosa di impalpabile e poco definibile, che sia religiosa, politica o
morale fino ad arrivare al tifo per una squadra, sia l’unico collante che può
tenere insieme una società sempre più numerosa come la nostra, e non saprei
come porvi rimedio. C. T.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">“<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">L</span></b>ettera<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">Q</span></b>uarta”. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Caro Michele, tu parli di «uso
discriminante e oppressivo della religione» ed è proprio qui il nocciolo della
questione. Un individuo appartenente ad una qualunque credenza religiosa deve
necessariamente compiere un atto di fede e quindi credere in qualcosa che non è
assolutamente dimostrabile al di fuori, appunto, del suo atto di fede. Questa
convinzione è “di per sé” discriminante, perché lo separa da tutti coloro che
non la possiedono o peggio ancora ne possiedono un’altra, per forza di cose
uguale e contraria. Se fosse dimostrabile l’universalità di Dio, non ci sarebbe
bisogno delle religioni, che viceversa campano proprio su questa
indimostrabilità. E di conseguenza, è proprio la differenza tra “noi e loro” il
collante ultimo di tutte queste ignobili organizzazioni. In poche parole, non è
l’uso ma l’essenza della religione ad essere discriminante e oppressiva.
Bisognerebbe farsene una ragione. E. C.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">“<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">L</span></b>ettera<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">Q</span></b>uinta”. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Gentile Serra, tempo fa,
chiamando al telefono il Collegio Salesiano di Gorizia, in attesa di risposta,
si sentiva John Lennon che cantava Imagine… nothing to kill or die for/And no
religion too (Immagina se non ci fosse motivo per uccidere o per morire/ e
anche nessuna religione). Chissà se i frati avevano la padronanza della lingua
inglese sufficiente per capire le parole della musichetta telefonica. Lei ci
chiede, nella sua Amaca, di provare di immaginare lo scenario mediorientale
attuale depurato del fattore religioso. Ho paura che sia tardi. John Lennon ce
l’aveva chiesto, ma non siamo riusciti a immaginare un mondo diverso. R. B.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Ci salveranno
i monaci?”</b>, testo di Michele Serra pubblicato – assieme alle lettere sopra
riportate – sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 22 di marzo 2024: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">(…) …ci
si era abbastanza illusi, almeno nell’Occidente laicizzato, che il fattore
religioso avrebbe progressivamente perduto il suo peso politico-identitario,
conservando solo quello che mi permetto di definire il suo core business: il
contenuto spirituale. Illusioni della modernità: non è quello che sta accadendo
nel primo scorcio del Terzo Millennio. E anzi… Le due lettere che hanno aperto
questa rubrica aggiungono al mio breve ragionamento – ma forse era più
un’invettiva che un ragionamento – due sviluppi critici. Finazzi Agrò mi
segnala che l’universalità del messaggio religioso, il suo rivolgersi a tutti
gli esseri umani e non ai Popoli o alle Nazioni, già era contenuta nel
messaggio evangelico; poi tradito lungo i secoli da credenti “non all’altezza
delle proprie fonti di ispirazione”. Gragnaniello racconta, da Napoli, di un
imam che è molto imam, eppure “amabile intellettuale”; e suggerisce implicitamente
di rimettere in primo piano il fattore umano, quello che conta sopra ogni
pregiudizio e ogni limite culturale: se nessuno offende intenzionalmente
“l’altro”, forse riusciamo tutti quanti a portare a casa la pelle. A queste due
osservazioni ne aggiungerei una terza, anch’essa fonte di qualche speranza:
esiste, tra monaci di differenti religioni (i monaci, per attitudine più
spirituali, sono portati a superare le differenze politiche e dogmatiche) un
fervido dialogo. Forse una goccia nel mare, rispetto alla parola odiatrice
menzionata da Gragnaniello; ma una goccia che permette di sperare in qualche
passo in avanti (anche associativo) di quelli che chiamiamo, in genere, “uomini
e donne di buona volontà”. Poi ci sarebbero infinite altre cose da dire, che né
la mia limitata competenza né il poco spazio disponibile permettono di
affrontare degnamente. (…).</i></b></p>ilcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-37979933025973702552024-03-22T22:46:00.011+01:002024-03-25T22:31:43.038+01:00Lavitadeglialtri. 29 Vera Pegna: «Ciò che l'Europa ha perso non è la sua immagine, ma la sua maschera "buona"». <div><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhTznWuoU21wikEYHtMY8Tdntjed-bBc8SxP-euJybjMA0bBOE_Cv9rwvvzATxNe3LQXUEvxFX4hF3vf_-PFh2AD0JkjsAusFl9llXe6NrFGqiDLd2hfn7EKA_Sxvk6a0bALAr4oBupe7ED9MysV-r3U7rt2FFL5FlcnGOqi8SEJkMlRR0IV7OTJA8uaO4o/s800/Gaza_232531584-099c11ee-24d2-4351-9c57-fc32cf6cca95.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="800" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhTznWuoU21wikEYHtMY8Tdntjed-bBc8SxP-euJybjMA0bBOE_Cv9rwvvzATxNe3LQXUEvxFX4hF3vf_-PFh2AD0JkjsAusFl9llXe6NrFGqiDLd2hfn7EKA_Sxvk6a0bALAr4oBupe7ED9MysV-r3U7rt2FFL5FlcnGOqi8SEJkMlRR0IV7OTJA8uaO4o/w400-h225/Gaza_232531584-099c11ee-24d2-4351-9c57-fc32cf6cca95.jpg" width="400" /></a></div><br /></i></b></div><div style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span><a name='more'></a></span>Ormai lo sappiamo. Ai varchi di Gaza oltre
milleottocento camion carichi di aiuti umanitari, carburante, materiale medico e
sanitario attendono il permesso del governo israeliano per entrare nella
Striscia, permesso loro negato tranne poche eccezioni; inoltre, ad assicurarsi
che non passi nessuno, all'esterno dei varchi vigilano dei coloni le cui espressioni
di fanatismo razzista mettono paura. Intanto i gazawi sono allo stremo delle
forze e sappiamo che i più fragili muoiono d'inedia. Dice ad Aljazeera una levatrice
del reparto maternità dell'ospedale Al Shifa: Le donne partoriscono bambini morti
e quei pochi che nascono vivi muoiono per mancanza dei latte materno. Quello
artificiale aspetta nei camion. Di ritorno da Rafah il presidente dell'Arei
Walter Massa racconta: «Qui percepisci l'intenzionalità della politica israeliana
nel perseguire, oltre all'azione militare devastante, anche la persecuzione
umana di donne, uomini e bambini colpevoli solo di essere nati palestinesi. Non
ci sono parole che si bloccano in gola quando il responsabile della Mezzaluna
Rossa egiziana ci dice che tutti questi materiali sono stati respinti dall'esercito
israeliano. Cioccolata compresa perché non ritenuta un bene primario... 30 mila
morti che potrebbero diventare presto 85mila per l'aggravarsi della situazione
medico-sanitaria nel giro di pochi mesi. Giriamo per questa struttura in mezzo
a migliaia e migliaia di tonnellate di aiuti e strumenti, bombole di ossigeno,
incubatrici, macchine per il filtraggio dell'acqua, cibo e, appunto, cioccolata.
Ieri, al nuovo porto di Gaza, sono state sbarcate 200tonnellate di cibo, acqua
e altri aiuti umanitari mentre dal cielo piovevano pacchi di viveri per la
popolazione: due imprese costosissime, volute dall'Europa e dalla Giordania, a dimostrazione
della loro preoccupazione per la carestia imperante a Gaza. Non dubitiamo del
loro buon cuore, ma per chi non vuole chiudere gli occhi davanti alla realtà,
tali iniziative (una goccia d'acqua rispetto alla catastrofe umanitaria) assumono
il significato di una resa incondizionata al governo israeliano il cui arsenale
bellico comprende anche l'arma della fame. Lo hanno dichiarato senza giri di
parole alcuni componenti dell'attuale governo. Che le potenze occidentali non
abbiano il modo di imporre ad Israele di aprire i varchi è difficile da
credere. Non fosse che smettendo di rifornire quotidianamente di soldi, armi e
munizioni al governo israeliano. Oppure, per non perdere la faccia, ovvero la
propria immagine "buona.., di chi difende i diritti umani, primo di tutti
il diritto alla vita. Invece, a ben vedere, arrenden dosi alla volontà
politica israeliana, ciò che l'Europa ha perso non è la sua immagine, ma la sua
maschera "buona", disvelando agli occhi del mondo il suo volto suprematista,
intriso degli orrori della sua storia coloniale e delle sue micidiali avventure
a seguito della Nato. In realtà, una resa deIl'Europa era scontata poiché,
dall'inizio del Novecento, ha assecondato prima il movimento sionista e poi lo
Stato d'Israele negli illeciti e nei crimini indispensabili al compimento del
progetto di uno Stato ebraico in Palestina deprivato dai suoi abitanti. La complicità
ha il suo prezzo. Tutto ciò conferma il divario crescente, a giudicare dall'isolamento
di Israele nell'opinione pubblica mondiale, fra i nostri rappresentanti
ufficiali e noi cittadini, fra la classe politica chiusa nelle sue squallide
logiche di potere interne e internazionali, e chi rifiuta tanto razzismo e tanta
crudeltà perché negli altri vede se stesso. «...avere gli altri dentro di sé</i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="mso-bidi-font-family: "Times New Roman";">»</span>, cantava Giorgio Gaber.
</i></b><span style="mso-bidi-font-family: "Times New Roman";">(<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">«</b></span><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">L’Europa ha perso anche la “sua” maschera buona</b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="mso-bidi-font-family: "Times New Roman";">»</span></b><span style="mso-bidi-font-family: "Times New Roman";">,</span> testo della scrittrice Vera
Pegna pubblicato su “il Manifesto” e pervenuto dalla carissima amica Agnese A.).
</div><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“I nostri
corpi scavati dalla fame non ci riconosciamo più tra di noi”</b>, testo del
corrispondente da Rafah del quotidiano “la Repubblica” Sami al-Ajrami
pubblicato il 5 di marzo 2024: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">In questi mesi ci sono stati diversi giorni
come questo, giorni “no” in cui la disperazione prende il sopravvento
lasciandomi senza forze e senza speranza. Ho camminato nel tentativo di
avvistare almeno qualche lucina colorata di quelle che solitamente si mettono
fuori dalle finestre nei giorni che precedono l’inizio del Ramadan: speravo che
qualcuno avesse trovato la forza e la gioia di celebrare l’arrivo del mese
sacro. Niente, di quelle o dei cibi che siamo soliti cucinare per prepararci al
digiuno non c’è traccia. D’altronde a quale digiuno dovremmo dare il via se è
ormai da mesi che mangiamo come in un Ramadan forzato. Un pasto al giorno,
quando si riesce, e non perché stiamo celebrando qualcosa ma perché ci è stato
imposto. Per questo ho sentito tanti amici che hanno deciso di non digiunare,
sono troppo deboli e affamati per rinunciare al poco cibo che trovano. Assurdo
come questa guerra ci stia ponendo davanti a scelte così profonde anche dal
punto di vista spirituale. Le Ong che distribuiscono gli aiuti umanitari a Gaza
hanno spiegato che il cibo che entra nella Striscia al momento basta soltanto per
soddisfare la fame del 10% della popolazione. Ed è evidente camminando per le
strade di Rafah e incontrando gli amici. Siamo tutti dimagriti, scavati nei
volti, debilitati nei corpi sui quali gli abiti lisi che ci portiamo dietro da
cinque mesi iniziano a caderci addosso come se fossimo spaventapasseri. A
stento riuscivo a riconoscere un conoscente per quanto il suo viso è stato
stravolto dalla magrezza. Io stesso sono dimagrito sette chili nelle ultime
settimane. Il peggioramento della situazione si percepisce anche da questo
rapida perdita di peso collettiva. E non voglio immaginare come siano i corpi
di chi vive al Nord o a Gaza City, là dove si mangia soltanto cibo per animali
o erba, o dove si corre dietro a pasti pronti che piovono dal cielo. Ci sentiamo
dei miserabili e iniziamo a vergognarci anche dei nostri corpi. A peggiorare la
situazione è arrivato anche l’andamento delle trattative sulla tregua. Eravamo
sicuri che l’interruzione dei bombardamenti sarebbe arrivata prima del 10
marzo, la data di inizio del Ramadan, e abbiamo coltivato il sogno di poter
trascorrere qualche giorno senza la continua minaccia di morte. Ora invece gli
ufficiali di Hamas hanno fatto sapere che non ci sarà nessuna tregua prima di
quella data. Qualcuno vuole credere che sia un modo per fare pressione sui
negoziati, io non riesco più a essere positivo. Giovedì anche io e la mia
famiglia lasceremo Rafah e raggiungeremo le quindici persone della nostra
comunità che si sono già trasferite nella tendopoli che tutti insieme abbiamo
costruito sul mare per sfuggire alla annunciata operazione di terra che
potrebbe abbattersi su Rafah. Avevamo rimandato il momento del trasferimento
perché speravamo che si potesse arrivare a una tregua ma ora tutto è cambiato e
le notizie parlano di una escalation. Vogliamo muoverci prima dell’inizio del
Ramadan. Qui non ci sentiamo più sicuri. Nelle ultime ore i bombardamenti si
sono intensificati e la scorsa notte nessuno di noi è riuscito a dormire per il
boato delle bombe che cadevano vicinissime. Poco più in là della nostra casa un
raid israeliano ha ucciso almeno 17 persone. E così è iniziata di nuovo la
corsa contro il tempo: le decisioni devono essere prese velocemente e non è
permesso sbagliare. Bisogna calcolare il rischio, valutare le conseguenze e
studiare la situazione. È un continuo stress mentale e mi sento molto
responsabilizzato per la mia famiglia e per gli altri. Intanto in tanti stanno
cercando di lasciare la Striscia facendo ricorso al denaro arrivato dall’estero
grazie alle raccolte online. Il problema però è che la richiesta è diventata
talmente alta che le partenze sono state posticipate di almeno due settimane.
Chi non riuscirà a muoversi prima di un’eventuale invasione di Rafah non sarà
in grado di lasciare la Striscia.</i></b></p><p></p>ilcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-60118300099720929582024-03-20T19:07:00.008+01:002024-03-24T16:37:28.259+01:00Piccolegrandistorie. 69 Elena Stancanelli: «Adesso tutto sembra discutibile, anche la democrazia. La cura del mondo è soprattutto cura della cultura, unico antidoto efficace contro la barbarie». <div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6Ovy3dvPQkgxzwr6KtoZNwydqZyokbAFCYNwYYkTcV1f3Z5YnWDEf1-eQvmAHcr_ZzYpTZln9DFskuMhfvggIxYyhDk4qKgZ-fMlANzlHBRLRCCy1ecVRSNmYOkPoiQ85G_52eLHbceqAde0iHULtwRKoItiUlNaQkO-gtbekTNTfhvtIxnV_7TnD_WjH/s600/chagall_12.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="412" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6Ovy3dvPQkgxzwr6KtoZNwydqZyokbAFCYNwYYkTcV1f3Z5YnWDEf1-eQvmAHcr_ZzYpTZln9DFskuMhfvggIxYyhDk4qKgZ-fMlANzlHBRLRCCy1ecVRSNmYOkPoiQ85G_52eLHbceqAde0iHULtwRKoItiUlNaQkO-gtbekTNTfhvtIxnV_7TnD_WjH/w275-h400/chagall_12.jpg" width="275" /></a></div><br /></div><div style="text-align: justify;"><span><a name='more'></a></span>“<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">S</span></b>toriedi<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">D</span></b>onne”. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">1</span></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Nella terra dei lumi”</b> di Massimo Giannini pubblicato sul
settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 16 di marzo 2024: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Da ragazzi
avevamo un mito: era un libretto, che se non avevi letto non eri degno di partecipare
al "dibbattito", come diceva "l'autarchico" Nanni Moretti.
Quel libretto era Lettera a un bambino mai nato, confessione intima di una Oriana
Fallaci non ancora conquistata dai furori islamofobi post 11 settembre.
L'incipit era folgorante: "Stanotte ho saputo che c'eri: una goccia di
vita scappata dal nulla. Me ne stavo con gli occhi spalancati nel buio e d'un
tratto, in quel buio, s'è acceso un lampo di certezza: sì, c'eri. Esistevi. Mi
si è fermato il cuore ...". Oggettivamente, una meraviglia che ti prendeva
alla gola e non ti mollava più, fino all'ultima pagina. Era un urlo, un grido
di dolore di una donna senza storia e senza nome che si interrogava sulla
maternità, sui suoi doveri, sui suoi impliciti, e poi sull'esistenza futura del
feto che portava in grembo, sul mondo ostile e violento che lo avrebbe accolto.
Era un libro sull'aborto e un testo autobiografico. Fallaci lo scrisse nel
1975, da giornalista de L'Europeo, dopo aver ricevuto dal suo direttore
dell'epoca l'incarico di fare un’inchiesta proprio sul fenomeno delle
interruzioni di gravidanza, diritto che l'ordinamento italiano avrebbe
acquisito solo tre anni dopo con la legge 194, e sacrificio che invece in
quegli anni si consumava clandestinamente, sui tavolacci delle
"mammane" Oriana usava un escamotage letterario, fingendo di lasciare
al bambino la scelta: vuoi nascere o no? Alla fine, previo processo con sette
giurati eccellenti, tra cui i genitori, il medico, il datore di lavoro, la donna
veniva comunque condannata. Ripensavo a tutto questo dopo aver letto che la
Francia ha introdotto per legge il diritto all'aborto nella Costituzione. Le
foto e i reportage dell'evento ti fanno quasi emozionare: l'Assemblea Nazionale
riunita a Versailles, 925 deputati e senatori in seduta congiunta che votano
solennemente "sì" a un atto senza precedenti. E la Tour Eiffel che si
illumina, con uno slogan che è anche un manifesto politico: #MyBodyMyChoice.
Una volta tanto non è esagerato scomodare la Storia. È la prima nazione al
mondo che ha questo coraggio politico, questo vigore morale, questo senso civile.
E non poteva che succedere là, nella terra dei Lumi e della Rivoluzione, dov'è
nata la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789. Macron,
che quella legge l'ha voluta, esulta: siamo l'avanguardia del pianeta, dice
Monsieur le Président. Il Vaticano, che quella legge non la vuole, protesta:
non esiste un diritto a sopprimere una vita, strillano i vescovi. Io ovviamente
so da che parte stare. Nell'Europa dove predicano le destre oscurantiste e machiste,
e dove orde di atei devoti al potere rilanciano a vanvera la triade
Dio-Patria-Famiglia, c'è poco da scherzare. Bisogna solo difendere i diritti, a
cominciare da quelli delle donne. Aggiungo due sole riflessioni. La prima
spiega perché ho cominciato dalla Fallaci: il diritto all'aborto è sacrosanto,
ma l'aborto non è una festa, resta sempre un trauma lacerante e un dramma
interiore. La seconda spiega perché considero comprensibile ma insostenibile
l'anatema della Chiesa, istituzione fallibile perché fatta di uomini. Julian
Barnes, nel suo ultimo romanzo (Elizabeth Finch, Einaudi) esprime una tesi
disturbante, ma affascinante. Immaginate gli ultimi 15 secoli senza il
cristianesimo, senza intolleranze religiose e persino razziali. Immaginate il
cammino della scienza non ostacolato dalla fede. Cancellate tutti quei
missionari impegnati a indottrinare popolazioni indigene, mentre i loro
eserciti facevano man bassa del loro oro. Immaginate la vittoria intellettuale
di ciò in cui l'ellenismo credeva: se esiste una qualche gioia nella vita, essa
è qui, "in questo nostro passaggio sublunare, e non in chissà quale
assurdo paradiso disneyano dopo la nostra morte". Immaginate. </i></b></div>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">“<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">S</span></b>toriedi<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">D</span></b>onne”. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">2 </span></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="mso-bidi-font-size: 12.0pt;">“Donne oltre gli gnommeri”</span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"> </i></b>di Elena Stancanelli sulla stessa
edizione del settimanale “d”: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ho scoperto Chiara Mercuri ascoltando una sua
intervista alla radio. Era ospite di Chiara Valerio, in un programma di Rai
Radio 3 che si intitola L'isola deserta. Sollecitata dalla scrittrice, Mercuri
sembrava dire solo cose interessanti. Una in particolare mi era rimasta in
testa: il progresso non procede in modo regolare, per conquiste successive. Per
un po' va avanti, poi di colpo si ferma, qualche volta torna indietro. Crea
delle anse, degli gnommeri chiosava Valerio citando Gadda. Questi gnommeri,
questi gomitoli, sono un guaio. Perché l'arretramento è stato talmente rapido
che intere parti di mondo si trovano a dover fare i conti con stadi primitivi
della nostra evoluzione culturale, che si credevano lasciati definitivamente
alle spalle. E indovinate chi, dentro questi gnommeri, ha la peggio? Le donne,
costrette di nuovo a una sudditanza imposta muscolarmente. Bisogna fare attenzione,
diceva Chiara Mercuri, fare di tutto per evitare che, complice la nostra
distrazione, la Storia scivoli indietro, dove i diritti acquisiti faticosamente
e in secoli di battaglie si volatilizzano in un istante. Ho letto il suo libro,
La nascita del femminismo medievale (Einaudi), e la curiosità che mi aveva
suscitato si è trasformata in entusiasmo. Chiara Mercuri è una storica,
specializzata in Storia medievale, ma è anche una scrittrice capace di
infondere intelligenza e grazia letteraria al racconto, così che dopo poche pagine
mi sono trovata risucchiata dentro la storia di Maria di Francia, e l'ho
divorata con la stessa famelica voluttà con cui avevo divorato una dopo l'altra
tutte le stagioni di Succession. Maria era nata in Francia nel 1145. Figlia del
re di Francia Luigi VII e della bellissima e coltissima Eleonora d'Aquitania,
il suo bisnonno Guglielmo, detto il Trovatore, fu un celebre poeta. Maria,
detta Maria di Champagne perché moglie del conte Enrico, signore della Champagne,
è una scrittrice. Ma quello che fino a oggi non sapevamo, e che Chiara Mercuri
ci racconta, è che Maria di Champagne e Maria di Francia, la prima donna a
scrivere in lingua francese e autrice di celebri lai (una sorta di novelle in
versi) sono la stessa persona. Quindi non solo quella Maria è esistita, cosa di
cui si è dubitato pensando si trattasse dello pseudonimo di un maschio, ma era
la figlia del re di Francia. Quella Maria di Champagne alla quale si rivolge
Chrétien de Troyes nel prologo del Lancillotto. Composto tra il 1176 e il 1181,
il libro sensualissimo e galeotto, complice degli amori tra Paolo e Francesca
secondo Dante, racconta le vicende dei cavalieri della Tavola rotonda, di
Camaalot. In particolare quella di Lancillotto e del modo peculiare e modernissimo,
e quindi sconcio, in cui si dispiega il suo amore per Ginevra (moglie del re
Artù). "Dal momento che la mia Signora du Champagne vuole che intraprenda
a scrivere un romanzo, lo farò molto volentieri, perché io sono interamente suo",
scrive Chrétien de Troyes. Ma non si tratta di una dedica, un tributo dovuto a
chi finanzia l'opera. Secondo Mercuri ogni volta che l'incedere si fa più
audace, nella descrizione ma soprattutto nelle idee che propone, l'autore si
tira indietro e lascia a Maria la voce. Sarebbe dunque lei ad aver fatto
passare, attraverso le gesta di questi due innamorati, i temi dell'amore
cortese e soprattutto del femminismo, il rispetto per il corpo della donna, per
il suo desiderio e anche una diversa idea rispetto al tradimento. E se la sua
vera identità si aggrovigliò fino a confondersi, scrive Mercuri "nei
secoli finali del Medioevo la sua nuova grammatica delle relazioni erotico-
sentimentali - quella che noi chiamiamo amor-cortese - divenne virale". A
volte c'è una donna in cima, dietro, sopra a un'idea grandiosa, ma la Storia e
i suoi gnommeri la cancellano, e la sostituiscono. Facciamo attenzione,
soprattutto adesso che tutto sembra discutibile, anche la democrazia. La cura
del mondo è soprattutto cura della cultura, unico antidoto efficace contro la
barbarie. </i></b></p><p></p>
ilcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-84098934317340572132024-03-18T22:30:00.007+01:002024-03-20T19:09:07.019+01:00CosedalMondo. 12 Alessandro Robecchi: «“I signori della guerra”, sempre più signori e con sempre più guerre su cui lavorare». <div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjowEJcaEuZrFU9Co3axhgOtB3Ly47zGrVLPOiivQRBAR6RfX-5M1E0xa9ssTpK2V4Z0Uz2yV7Zg4tYSYHRl5L0bB-JYgNqhs-8NuIXpL3BqWTe-no9I-7mA5Yd_Xqxh7zIygB9fSjw1oki3GVGXtFZxJpeGBuI1x1DlMfHBRxLc8BMws1YHqM45nHUnpwY/s720/Lennon_IMG-20240303-WA0000.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="658" data-original-width="720" height="365" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjowEJcaEuZrFU9Co3axhgOtB3Ly47zGrVLPOiivQRBAR6RfX-5M1E0xa9ssTpK2V4Z0Uz2yV7Zg4tYSYHRl5L0bB-JYgNqhs-8NuIXpL3BqWTe-no9I-7mA5Yd_Xqxh7zIygB9fSjw1oki3GVGXtFZxJpeGBuI1x1DlMfHBRxLc8BMws1YHqM45nHUnpwY/w400-h365/Lennon_IMG-20240303-WA0000.jpg" width="400" /></a></div><br /></div><div style="text-align: justify;"><span><a name='more'></a></span>Ha scritto Enzo Bianchi per il quotidiano “la
Repubblica” di oggi, lunedì 18 di marzo 2024, in <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“La profezia della pace”</b>: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Si narra nel libro del profeta Geremia che
durante l’invasione di Israele da parte dell’Impero orientale dei Babilonesi ci
fu una resistenza, si tentò per mesi una difesa con un numero di morti che
poteva essere definito una strage e avvenne anche la terribile deportazione di
uomini sani e giovani in esilio a Babilonia. Il profeta Geremia è testimone di
quegli eventi e predispone le condizioni per un armistizio con l’invasore,
polemizzando con chi chiedeva in soccorso l’intervento dell’Egitto. Geremia
predice la pace e chiede di desistere dalla guerra contro i babilonesi e di non
confidare nell’impero dell’Occidente. Ma ecco l’accusa: “Tu passi dalla parte
dei babilonesi. Stai con Nabucodonosor contro il popolo di Israele”. E per
questo viene incarcerato, buttato in una cisterna e perseguitato. Si trattava
di scegliere il male minore: o un atto che poteva sembrare di resa, ma in
realtà era di realismo e coraggio, o andare verso la catastrofe, ciò che
avvenne nel 587, dopo tre anni di guerra. La forza profetica sta in questa
parresia, nel dire la verità e non lasciarsi piegare da logiche mondane. (…). …la
storia della Chiesa testimonia che dove si leva la voce del Vangelo crescono le
voci di chi fa rumore senza creare nulla. (…). Non è più giustificabile
moralmente il ricorso alle armi in qualsiasi forma e davanti a un conflitto la
reazione evangelica per un credente resta la non violenza attiva, che
interrompe la spirale della violenza. (…). …mi chiedo cosa stiano facendo i
cattolici oltre a cortei e manifestazioni domenicali per la pace. In che modo
si adoperano per una prassi di non violenza attiva e un cammino di
riconciliazione e di pace di fronte ai conflitti e alle aggressioni? Il Papa da
solo non può fare tutto ciò che spetta ai cristiani.</i></b></div>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Masters of
war. La guerra, il business principale: così si spiegano i piazzisti”</b>,
testo di Alessandro Robecchi pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 13 di
marzo ultimo: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Insomma, la guerra. La guerra di oggi, anzi le guerre, il genocidio
della potenza coloniale israeliana ai danni del popolo palestinese, la
carneficina senza fine in Ucraina, le altre guerre sparse per il pianeta
(parecchie) che nemmeno arrivano ai media, i massacri, le popolazioni colpite,
gli effetti collaterali, fame, malattie, disperazione. La guerra, insomma, che
sembra una componente naturale, endemica, delle faccende umane, in qualche modo
accettata e - è storia recente e recentissima - benedetta e sostenuta da un
apparato informativo che sembra proprio quel che è: l’ufficio stampa della
guerra. La guerra “giusta”, la guerra “nostra”. Piazzisti. Strabiliante: non
c’è attività umana che non venga letta in termini economici, che non venga
analizzata per quel che produce o consuma in termini di ricchezza. Sappiamo
tutto di industrie, di mercati, di speculazioni, di guadagni, di dinamiche
macroeconomiche di ogni settore, e non sappiamo niente – è una specie di tabù –
dell’economia della guerra, di chi la gestisce, di chi ci guadagna, di chi ne
fa corebusiness. Il primo a nominare – e in qualche modo a battezzarlo – il
“complesso militare industriale” fu Eisenhower, presidente americano che una
guerra l’aveva vinta da generale. Correva il 1961 e lui metteva in guardia la
prima potenza mondiale proprio da quell’intreccio inestricabile che poi avrebbe
contagiato il mondo: la politica, l’industria bellica (nella neolingua tanto in
voga da sempre, la guerra si chiama “difesa”), la finanza, alleate a gonfiare
un apparato micidiale. Un sistema economico che doveva produrre armi, quindi
usarle, quindi costruirne di nuove, quindi spingere sul comparto “ricerca e
sviluppo” con esseri umani come cavie. E quindi combattere ogni voce di pace,
quindi soffiare su ogni focolaio, su ogni principio d’incendio per farlo
divampare. Dalla guerra “Sola igiene del mondo” della macchietta futurista
italiana, si è passati in pochissimi anni alla guerra come “Sola economia del
mondo”. Difficile pensare a un comparto economico che aumenta il fatturato in
doppia cifra ogni anno ininterrottamente da almeno trent’anni, il cui giro di
affari è arrivato (fonte: Sipri, Stockholm International Peace Research
Institute) nel 2022 a 2.240 miliardi di dollari l’anno (in vorticosa crescita),
il 40 per cento dei quali americani (seguono Cina, che spende un terzo degli
Usa, e Russia, che spende un decimo). Non solo armi, ma tutto quel che ne
consegue, personale, strutture, ricerca, apparati, informazione. Parliamo
insomma della prima industria mondiale, il che dovrebbe chiarire a tutti e per
sempre che ogni discorso bellico favorevole a questo o quel conflitto (abbiamo
in questi giorni luminosi esempi, quelli che non saprebbero gestire una
gelateria ma danno lezioni al papa, per dire) può essere agevolmente letto come
un’interessata attività di lobbyng, di sostegno a tassametro, degli interessi
tesi alla realizzazione della guerra. Si parla, infatti, di uno stato di guerra
permanente, con vari fronti, con varie declinazioni e vari gradi di intensità,
ma con tutte le guerre – tutte – ad esclusivo vantaggio di quell’apparato
transnazionale controllato da non più di qualche migliaio di persone. Se esiste
oggi una perfetta metafora del capitalismo, è la guerra: la disperazione di
molti e il guadagno di pochissimi, quelli che un tempo si chiamavano “i signori
della guerra”, sempre più signori e con sempre più guerre su cui lavorare,
perché se l’affare è la guerra, la pace fa male agli affari. Ai loro.</i></b></p>ilcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-50428178031427960752024-03-17T18:29:00.006+01:002024-03-20T19:08:28.910+01:00MadeinItaly. 04 L’immarcescibile “sostanza” della politica “made in Italy”. <div><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="mso-bidi-font-family: "Times New Roman";"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQI-nSCmyDTqiD5XqD65PHXmMIwA93foMAduq3ICX18jIL7I7WlJ9aagyLsYZsmSyX6yjLdNHFrvpDOi3E6MG_Eq3g24tuxf07dXVJ32HQB7_jxyZcpCMzMb-NgE4IIJUgIPOxSDnZPWPv-Frk3SfoGh6F6xjDBAgS1UD2tOSF4q8awa2CJxRLGcmevfl-/s1050/Mannelli_wfuorigioco1842-1050x927.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="927" data-original-width="1050" height="354" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQI-nSCmyDTqiD5XqD65PHXmMIwA93foMAduq3ICX18jIL7I7WlJ9aagyLsYZsmSyX6yjLdNHFrvpDOi3E6MG_Eq3g24tuxf07dXVJ32HQB7_jxyZcpCMzMb-NgE4IIJUgIPOxSDnZPWPv-Frk3SfoGh6F6xjDBAgS1UD2tOSF4q8awa2CJxRLGcmevfl-/w400-h354/Mannelli_wfuorigioco1842-1050x927.jpg" width="400" /></a></div><br /></span></i></b></div><div style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="mso-bidi-font-family: "Times New Roman";"><span><a name='more'></a></span>«</span>Padri
e madri di famiglia...<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>e vedremo, se qualcuno
sapeva, ordinava e ne approfittava. Differenza di stare al mondo!». Ho paura a
pensare a quanti comizi di Salvini ho sentito negli anni. Parte del mio lavoro
consiste nel sentire e ricordare i comizi dei leader politici di un Paese
talmente smemorato da sembrare privo di archivi. E invece a casa, solo io,
accatastati in precari scatoloni, ho decine di hard-disk di varia foggia,
colore e tecnologia, pieni di discorsi, battute, gesti, promesse, inni cantati
male, con la mano sul cuore, a squarciagola, col caldo e con la pioggia, da Sud
a Nord, isole comprese, soprattutto se in campagna elettorale. Ci penso mentre
riguardo il breve comizio, causa pioggia e povertà di argomenti, di Salvini a
Pescara. Per chi svolge il mestiere di comiziante esistono tecniche oratorie
precise, escamotage efficaci e repertori rodati da anni di palcoscenico cui
attingere per creare consenso, affascinare e abbindolare anche senza avere
nulla da dire. Politica e intrattenimento sono una cosa sola, e come avviene
per le star della tv, spesso la gente sembra contenta anche solo di vederlo dal
vivo il politico arrivato fin sotto casa a comiziare, nella speranza di
riascoltarne i grandi successi, sempre e a prescindere. Alla continua ricerca
di nuove tendenze da cavalcare, spesso negando se stesso, Salvini spera sempre
nei tormentoni dei bei tempi. Solo che piove, il tempo stringe, e lui di
Abruzzo non sa cosa dire. Il piatto forte di giornata sono i dossier sui conti
di politici e vip tra cui molti leghisti, e Salvini vuole vederci chiaro, anche
perché, e qui arriva il capolavoro, sono stati spiati «padri e madri di
famiglia». Mentre la folla s'indigna per magistrati e giornalisti di sinistra
spioni, Salvini è già pronto a brandire le due parole magiche pretestuosamente
enunciate: «Padri e madri». Con ardito e improvviso salto logico, il leader leghista
compie pertanto il virtuosismo necessario a mettere sul piatto abruzzese il
tormentone che non ti aspetti: «Ringrazio la regione Abruzzo che più di tante
altre regioni italiane da questo punto di vista si è distinto». Tralasciando la
fluidità di genere nella declinazione, ecco che Salvini affonda il colpo: «Per
me la mamma si chiama mamma e il papà si chiama papà, i bambini vengono al
mondo se ci sono una mamma e un papà, l'utero in affitto è una schifezza
universale, genitore 1 e genitore 2 sono una presa in giro». Il pubblico
presente erutta di giubilo, sapeva le parole a memoria, perché ognuno ricorda
quello che vuole. Fortuna che ci sono gli hard-disk, oggi più pesanti di ieri. </i></b>(Tratto
da <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Padri, madri e hard-disk”</b> di
Diego Bianchi, pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 15 di
marzo 2024).
</div><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Ridateci un
Remo Gaspari”</b> di Massimo Giannini, pubblicato sul settimanale “il Venerdì
di Repubblica” del 15 di marzo 2024: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Che nostalgia, il caro vecchio clientelismo
della Prima Repubblica. Quello che raccontavano Piero Ottone o Giorgio Bocca. Quello
dei vecchi notabili democristiani del Mezzogiorno, che ogni fine settimana, nei
rispettivi collegi di provenienza, ricevevano a casa in vestaglia e pantofole i
famigli e i manutengoli in fila per la questua. Non c’erano urgenze, non
c’erano scadenze, c’era solo l’ovvia normalità dello scambio politico: tu ti
iscrivi al partito e/o lo voti, io in cambio faccio assumere tuo figlio o tua
figlia al Comune, faccio promuovere tuo nipote o tua nuora alla Usl, faccio
rilasciare la licenza per il negozio di tuo cognato, faccio chiudere
l’accertamento fiscale a tua zia. Tutti i giorni erano buoni per bussare alla
porta del ministro, dell’onorevole, del sindaco, del presidente di Regione o di
Provincia. Un do ut des, certamente, ma era una cosa alla buona, molto
casareccia, dove contava e resisteva persino una parvenza di rapporto tra le
persone. Il potente, sua eccellenza, e il cittadino-suddito, ossequioso e
devoto. Ripensavo con un filo di tenerezza a questo passato un po’ pulcioso,
guardando alle forme del clientelismo moderno, quello della Terza o Quarta
Repubblica (ho perso il conto). L’Abruzzo è un paradigma agghiacciante. La
Regione l’ha guidata per cinque anni, praticamente in smart working, un romano
de’ Roma e camerata di Colle Oppio di Giorgia Meloni. Prima del voto, in un
territorio dove nessuno dalla Capitale si era mai fatto vedere, sono piovuti
tredici ministri, a turno, ognuno dei quali ha portato un dono farlocco agli
abruzzesi, che neanche i Re Magi. Uno ha portato i 720 milioni per l’alta
velocità Roma-Pescara, che ormai pare la Salerno-Reggio Calabria. Un altro ha
portato i 50 milioni per il polo spaziale del Fucino. Un altro ancora i 31
milioni ex Pnrr per comprare 89 apparecchiature sanitarie. Un bendidio che i
conterranei di Ignazio Silone non hanno mai visto, e probabilmente non vedranno
mai. Pazienza: conta la promessa faraonica, che cade dall’alto come il
meteorite sulla Luna. In un’illuminante chiacchierata all’Huffington Post, il
mio amico Marco Follini ha spiegato con la consueta classe cos’erano le “vere
clientele” della Balena Bianca. Gava in Campania, Misasi in Calabria, Colombo
in Basilicata. Non era la parte migliore di noi, ammette Follini: ma quello era
comunque un investimento proiettato su una lunga quotidianità, mentre quello di
oggi è solo un baratto per richiamare elettori prima del voto. Remo Gaspari –
che assunse metà Abruzzo alle Poste – una volta spiegò che in fondo il clientelismo
era «una forma di carità cristiana». Poi, certo, a Napoli c’era stato anche
Achille Lauro, che nei comizi a Forcella regalava una scarpa prima delle
elezioni, e consegnava la seconda solo dopo aver avuto la prova che i
napoletani l’avevano votato. Oggi in giro vediamo solo i Lauro, e quasi quasi
rimpiangiamo i Gaspari.</i></b></p><p></p>ilcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-86680758061177644452024-03-15T23:01:00.004+01:002024-03-18T22:31:47.688+01:00Uominiedio. 44 Michele Serra: «Se fossi un prete, un rabbino, un imam, un sapiente indù…». <div><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrEL7Qw8eh5G7QdgcqmbZL0rXV9bV3gSk5vsLoYSElUZA3GQW5BvOKNyLEVFWwJ4RydqtfnoUMyetbAEsFKzHsjso2-4rKPdUa_YdTdCEUggqiFgxckh5rj4tuJo1zc-NCljSQX5qGG7s3DfIQuJLcrMcLvc8Qq2h9FX4h0SOghyphenhyphenvyYkmBHv2Uv0u044Rf/s342/creazione_1.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="228" data-original-width="342" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrEL7Qw8eh5G7QdgcqmbZL0rXV9bV3gSk5vsLoYSElUZA3GQW5BvOKNyLEVFWwJ4RydqtfnoUMyetbAEsFKzHsjso2-4rKPdUa_YdTdCEUggqiFgxckh5rj4tuJo1zc-NCljSQX5qGG7s3DfIQuJLcrMcLvc8Qq2h9FX4h0SOghyphenhyphenvyYkmBHv2Uv0u044Rf/w400-h266/creazione_1.jpg" width="400" /></a></div><br /></i></b></div><div style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span><a name='more'></a></span>(…). Niente galvanizza le masse come i
terribili, primitivi “noi” e “loro” stratificati nei secoli dalle diverse
appartenenze religiose. Il primo scorcio del terzo millennio (dalle Torri
Gemelle in poi) è un ribadire ostinato, direi forsennato, dell’identità
religiosa come smentita evidente di ogni illusione che l’umanità sia una sola.
Non lo è; e per sommi capi, fatta eccezione per una minoranza temo
trascurabile, non ha alcuna intenzione di esserlo. Provate a immaginare il
tragico scenario mediorientale depurato dal fattore religioso; i palestinesi
senza l’islamismo di Hamas e Israele senza i suoi ministri ortodossi; uno dei
principali ostacoli, forse proprio il principale, alla comprensione reciproca e
alla pace sarebbe infine rimosso. Che questo uso discriminante e oppressivo
della religione sia avversato e disprezzato dagli agnostici, i libertari, i non
confessionali, è ovvio. Mi chiedo però come facciano a tollerarlo i credenti di
ogni fede, per i quali l’universalità di Dio dovrebbe rendere oscena e ridicola
la sua riduzione a protettore di un popolo, di una Nazione, di uno Stato.
L’idea stessa della religione è super-umana, guarda all’infinito e al cosmo,
frantuma ogni confine. Che cosa c’è di più miserabile, e di più irreligioso, di
un uso politico di Dio? Se fossi un prete, un rabbino, un imam, un sapiente
indù, starei architettando una Internazionale di Dio, che maledica e combatta ogni
forma di nazionalismo religioso. </i></b>(Tratto da <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Il Dio cattivo delle Nazioni</b>” pubblicato sul quotidiano “la
Repubblica” di ieri, giovedì 14 di marzo).
</div><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“La Messa è
finita”</b>, testo di Enzo Bianchi pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” di
lunedì 11 di marzo 2024: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Sono un monaco anziano che diffida dei
sondaggi, delle percentuali di fallimento e di successo calcolate troppo
superficialmente, ma resto attento a confrontare i dati che pervengono dalle
inchieste con le mie esperienze dirette e personali che con attenzione vivo e
di conseguenza ripenso. Ormai vivo, soprattutto le situazioni ecclesiali con
una certa distanza, quella che si assume a volte per ridere ma a volte anche
per piangere. E in questa stagione, nella quale è ritornata con prepotenza la
barbarie specie in politica e nella vita della società, certamente mi assale la
tristezza per l’inadeguatezza della chiesa, o meglio dei cristiani, la loro
incapacità di reagire, di insorgere con una coscienza che dovrebbe essere
nutrita dal Vangelo. E invece devo constatare che la crisi attraversa anche la
chiesa e si manifesta come diminutio: una chiesa sempre più ridotta alla
diaspora e a piccole comunità che devono decidere se essere significative in un
mondo di indifferenza, o diventare realtà sfilacciate fino a scomparire, o
ancora rimanere come mere manifestazioni tradizionali, folcloristiche, da
alcuni chiamata “religione popolare”. Uno degli obiettivi della recente
inchiesta condotta da Demos, (…), era quello di mettere a fuoco le passioni
degli italiani, cioè quel che agli italiani sta a cuore e ciò che è ancora
significativo, importante per loro. Dai dati raccolti si evince che rispetto al
2016, dunque in otto anni, sono avvenuti alcuni mutamenti significativi, tra i
quali si registra una forte caduta di interesse per il fenomeno religioso: da
72 a 60 punti su 100. Da annotare che la realtà religiosa è l’unica “passione
degli italiani” a perdere quota, mentre risalgono la squadra di calcio e
persino il partito politico. Tutti concordano ormai su questa diminuzione di
adesione e partecipazione di uomini e donne alla chiesa, ma l’accelerazione del
fenomeno negli ultimi due decenni non può non destare una certa ansia nei
credenti e soprattutto suscitare domande che esigono una risposta da parte dei
vescovi, dei presbiteri e anche da parte del popolo chiamato “popolo di Dio”. Resta
comunque vero che la chiesa, mediatrice di fatto del Vangelo e della Pasqua di
Gesù Cristo, non ha più una capacità di attrazione di ascolto delle sue parole.
Solo Papa Francesco ha una voce, ma i vescovi stessi appaiono afoni e nessuno
tra loro, almeno in Italia, ha acquisito in questi ultimi due decenni
l’autorevolezza di cardinali come Pellegrino, Martini, Ursi, Siri, Pappalardo:
una sola voce e le altre spente, o comunque senza performance, inascoltate. Ora
il Papa con il suo carisma e la sua profezia raggiunge molti, ma per
un’appartenenza ecclesiale ci vuole una parola nella chiesa locale, una
soggettività della comunità. La chiesa dei movimenti ha perso la sua
propulsione e sta per scomparire, ma se non si ritorna a una comunità locale
dove si ascolta la Parola e si diventa un solo corpo nell’Eucaristia lo
sfilacciamento continuerà. Una chiesa con una “Messa sbiadita”, dice
l’autorevole sociologo cattolico Diotallevi, una “Messa che è finita” e una
comunità che è tale di nome ma non conosce la sua essenza, che è la fraternità,
non può attraversare l’attuale mutamento di portata epocale. Una chiesa al cui
interno si combatte una guerra sui riti della Messa con un’epifania di
cattiveria e violenza, con una nebulosa neotridentina che sui social attacca il
Papa in modo indecente, e una chiesa che appare incapace di manifestare la
differenza cristiana e di annunciare la buona notizia della vittoria di Cristo
sulla morte. Questo induce molti a lasciarla perché non trovano più in essa né
il lievito del Regno di Dio né il sale della sapienza.</i></b></p><p></p>
ilcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-70279330439829642172024-03-12T22:48:00.008+01:002024-03-17T18:31:38.813+01:00MadeinItaly. 03 Gennaro Carillo: «Tocqueville vedeva nell’uomo democratico un individuo senza grandi passioni, a-patico, disinteressato alla sfera pubblica». <div style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghFJDc8miiao8r3EsX0vKmupVnv3q4RmwyeBjuTeez54mayuzEczy646mjvqH0KCx_PXMQzcLpbgHLPeAwxqiOx4RRA6-AmcL3u2mslnKw6MxB2-L850nD2cQzx3oMLddLhRbaviFfOBXhddvXdx2JvK_BroJyn10ugxbs_j2nDed14KoWFJc15wzEKyRJ/s1754/Biani_il-giornalismo_Tavola-disegno-1.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1240" data-original-width="1754" height="283" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghFJDc8miiao8r3EsX0vKmupVnv3q4RmwyeBjuTeez54mayuzEczy646mjvqH0KCx_PXMQzcLpbgHLPeAwxqiOx4RRA6-AmcL3u2mslnKw6MxB2-L850nD2cQzx3oMLddLhRbaviFfOBXhddvXdx2JvK_BroJyn10ugxbs_j2nDed14KoWFJc15wzEKyRJ/w400-h283/Biani_il-giornalismo_Tavola-disegno-1.jpeg" width="400" /></a></div><br /><span><a name='more'></a></span>“Nessuno dei miei sogni nel cassetto si è
realizzato. Avrei voluto fare la cantante ma sono stonata, avrei voluto giocare
nella nazionale di pallavolo ma sono nana, avrei voluto conoscere Michael
Jackson ma è morto troppo presto. Tra questi sogni non c’era quello di fare la
presidente del Consiglio, perché sono una persona troppo lucida…”. Dunque,
Giorgia Meloni è premier per caso. Sta governando l’Italia non perché lo ha
voluto, ma per fare un favore a noi. Eppure l’Underdog sprizza da ogni poro la
sua “volontà di potenza”: sono qui, a Palazzo Chigi, perché è esattamente
quello che volevo, e soprattutto ci resterò a lungo, che vi piaccia o no. L’impudenza
romanesca con cui celebra traguardi fantasiosi, l’arroganza proterva con la
quale sorride agli amici, la truce iattanza con la quale irride i nemici: tutto
suggerisce l’idea di un potere invincibile, inscalfibile e inaffondabile. (…). Il
film è (…) Roma, santa e dannata, dichiarazione d’amore che Roberto D’Agostino
dedica alla Città Eterna, frullando nello stesso inafferrabile “sembiante” le
sue innumerevoli e inafferrabili facce, dalla “ricotta” di Pasolini alla Grande
bellezza di Sorrentino. Anche il magnifico affresco di Dago, tratteggiato lungo
il Tevere o sulle terrazze vista Colosseo, è un monumento all’estrema volatilità
dell’esistenza: ricchi potenti e poveri cristi, ministri e cardinali, santi e
peccatori. «La Città Eterna è questa, un luogo che aspetta l’arrivo dei barbari
da tempo immemore e allo stesso tempo non gliene frega nulla. Perché quando
arriveranno li porteremo da Checco er Carrettiere…». Dago cita giustamente
Flaiano, a partire dalla memorabile scena in cui, dopo essere atterrato a Roma
nello stupore generale, dopo appena un paio di mesi il Marziano entra in un bar
nella speranza che qualcuno lo noti, e un avventore gli dice «a Marzia’, facce
ride…». Insomma, cara Meloni: Roma resta lì, siamo noi che siamo di passaggio.
Anche se siamo presidenti del Consiglio.</i></b> (Tratto da <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Un libro e un film per Giorgia Meloni”</b>
pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” dell’8 di marzo 2024).
</div><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“La politica
ci ha reso apatici. Ormai non ci si indigna più”</b>, intervista di Antonello
Caporale a Gennaro Carillo – professore ordinario di <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Storia del pensiero politico”</i></b>
nella Università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli – pubblicata su “il Fatto Quotidiano”
del 15 di gennaio 2024: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Non ci si indigna più. Nulla sconcerta,
nulla stupisce. Professore, cos’è l’indignazione? - L’indignazione è una
passione. Per Hobbes è il dolore che si prova davanti a chi goda di una fortuna
immeritata. È il contrario dell’indifferenza: presuppone un’attenzione e una
capacità di giudizio che non sono più moneta corrente. E implica che la dignità
sia un valore. Tuttavia, perché non resti una passione triste ma diventi una
passione politica, l’indignazione deve tradursi in azione collettiva -. L’astenia sociale è una causa del degrado
pubblico oppure ne è l’effetto? - Credo sia un circolo vizioso. Parlerei di
apatia. Il massimo teorico della democrazia moderna, <a name="_Hlk161175083">Tocqueville,
vedeva nell’uomo democratico un individuo senza grandi passioni, a-patico,
disinteressato alla sfera pubblica. </a>E notava che in democrazia, dove
l’opinione pubblica non riesce a colpire, il sentimento dell’onore
s’indebolisce. Di conseguenza, anche l’indignazione. Nonostante la Costituzione
la menzioni espressamente, la parola “onore” è ormai desueta, la si sente solo
quando si parla di mafia. Ma è evidente che l’atomismo sociale e la
disaffezione crescono anche per il senso d’impotenza davanti a una classe
politica impegnata a eternarsi o per l’effetto-loop generato dai talk, dove
tutti i santi martedì le stesse maschere ripetono la stessa parte -.</i></b></p><p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">La società non è più turbata dai
comportamenti di chi dovrebbe governarla. Ha il sapore della resa. È così? - Certo
che c’è il rischio della resa, della rassegnazione cinica. Una democrazia è
tanto più in salute quanto più intenso è il controllo dei governati sui
governanti, obbligati a rendere ragione del proprio operato. Per ottenere
questo risultato occorre una società civile vigile. La scarsità del capitale
sociale è un’emergenza di cui si parla poco o alla quale ci si è assuefatti. Quando
il capitale sociale è scarso, il Principe gioca sul velluto. Come pure quando
l’opinione pubblica ha memoria corta -.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Si avvia una riforma elettorale che vorrebbe
premiare ancora più decisamente la sovranità popolare. E allo stesso tempo non
si tiene cono che – per esempio – candidarsi alle europee senza avere la minima
intenzione di andare a Strasburgo è un modo per tradirne la fiducia. - Ci si
candida per lucrare sul capitale simbolico accumulato in Patria, magari dopo
anni spesi a delegittimare le istituzioni comunitarie. È un modo per sabotare
legalmente il meccanismo della rappresentanza. Ed è anche un modo provinciale
di intendere le elezioni europee: non guardando all’Europa, peraltro in una
fase della sua storia che richiederebbe ben altre assunzioni di responsabilità,
ma al proprio italico ombelico, alla ridefinizione dei rapporti di forza sul
fronte interno -.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Alle ultime regionali in Lazio e Lombardia
ha votato poco più del 40 per cento degli aventi diritto. Cos’altro deve
accadere per ritenerla un’emergenza democratica? - Se la retorica di questi
anni è contrassegnata dal primato della governabilità sulla rappresentanza,
pensiamo davvero che la partecipazione interessi a qualcuno? -.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">I cosiddetti governatori decidono di
cambiare le regole e candidarsi per il terzo mandato, come se dieci anni di
gestione del potere non fossero sufficienti e non fossero stati per questo
ritenuti inderogabili. Sono i nuovi satrapi. Eppure silenzio assoluto. - Già
nel chiamarli “governatori” c’è il sentore della hybris, oltre che l’ossequio
reso al Principe. Sposterei l’accento sull’inconsistenza di partiti sotto
ricatto, sulla fragilità della loro democrazia interna, sulla pochezza del
personale politico. Qui alligna il potere personale del capo: nell’assenza di
un contrappeso che freni le sue ambizioni e nel deserto delle alternative. Di
qui il passo per il “dopo di me il diluvio” è breve -.</i></b></p>
ilcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-36356064774951452982024-03-11T23:14:00.009+01:002024-03-15T23:02:05.426+01:00Lavitadeglialtri. 28 Sami al-Ajrami: «Mohamed è morto per un’influenza. Era il mio papà». <div><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgD8CkZZNKkOQUXMq1qawUiPt2uGJXCUATGyPCPYJuTxw2MX_S-sU74eSRqV5urkURuy1qkD1_UzJrnTE_M6WDaqOzWs7sIKDQo1j4aOBjt1o6PhFVvoPxgyTmbNZ5dHci7IFRe2_AknQvzcVtitx1N4tfzzQrS7OY8crbFxDCOyOaLcnGoz8coWKJAFrVF/s403/Weil_IMG-20240303-WA0001.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="403" data-original-width="403" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgD8CkZZNKkOQUXMq1qawUiPt2uGJXCUATGyPCPYJuTxw2MX_S-sU74eSRqV5urkURuy1qkD1_UzJrnTE_M6WDaqOzWs7sIKDQo1j4aOBjt1o6PhFVvoPxgyTmbNZ5dHci7IFRe2_AknQvzcVtitx1N4tfzzQrS7OY8crbFxDCOyOaLcnGoz8coWKJAFrVF/w400-h400/Weil_IMG-20240303-WA0001.jpg" width="400" /></a></div><br /></i></b></div><div style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span><a name='more'></a></span>(…). “Non abbiate vergogna di negoziare
prima che la cosa sia peggiore. Il più forte è chi vede la situazione, chi
pensa al popolo, chi ha il coraggio della bandiera bianca. La parola negoziare
è coraggiosa. Non è una resa. Se vedi che sei sconfitto, che le cose non vanno,
devi avere il coraggio di negoziare. Sì, hai vergogna, ma con quante morti
finirà? Negoziare in tempo, cercare qualche Paese che faccia il mediatore. (…).
La guerra è una pazzia… C’è chi dice: è vero, ma dobbiamo difenderci. E poi ti
accorgi che hanno la fabbrica degli aerei per bombardare gli altri. Difendersi
no: distruggere… C’è sempre qualche situazione geografica o storica che provoca
una guerra… Può essere una guerra che sembra giusta per motivi pratici. Ma
dietro una guerra c’è l’industria delle armi che significa soldi. Guardiamo la
storia, le guerre che abbiamo vissuto: tutte finiscono con l’accordo”. (…). </i></b>(Di
Jorge Mario Bergoglio vescovo di Roma, riportato in <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Aggiornamento liste”</b> di Marco Travaglio pubblicato su “il Fatto
Quotidiano” del 10 di marzo 2024).
</div><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">(…):
“Se un re va in guerra contro un altro re, che cosa fa prima di tutto? Si mette
a calcolare se con diecimila soldati può affrontare il nemico che avanza con
ventimila, non vi pare? Se vede che non è possibile, allora manda dei
messaggeri incontro al nemico; e mentre il nemico si trova ancora lontano gli
fa chiedere quali sono le condizioni per la pace. La stessa cosa vale anche per
voi: chi non rinunzia a tutto quel che possiede non può essere mio discepolo”.
(…). </i></b>(Dall’Uomo di Nazareth, riportato in <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Aggiornamento liste”</b> di Marco Travaglio pubblicato su “il Fatto
Quotidiano” del 10 di marzo 2024). </p><p></p><p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Debole e senza cure. Mohamed è morto per
un’influenza. Era il mio papà”</b> di Sami al-Ajrami pubblicato sul quotidiano “la
Repubblica” del 7 di febbraio 2024: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Rafah. Mio padre era leggermente malato.
Aveva febbre e influenza, un po’ come tutti qui a Gaza. Ma era piuttosto
vecchio, 80 anni. Mancano le cure negli ospedali, le cose più basiche. È stato
portato al pronto soccorso nella notte. Ma i medici non potevano certo
trattenersi troppo con lui: gli hanno dato delle medicine e lo hanno rimandato
a casa. Ovviamente non doveva essere mandato via. È morto due ore dopo, alle
due di domenica mattina. Si chiamava Mohamed al-Ajrami. Le persone anziane sono
così: deboli. Lo siamo tutti a dire il vero. A causa di circostanze che
dilaniano i corpi e uccidono la mente, sono in particolare gli anziani a morire
negli ospedali o nelle loro case. Muoiono per malattie banali. È molto triste
non essere in grado di prendersi cura dei propri genitori. Ma d’altronde non
riusciamo a prenderci cura nemmeno dei nostri figli. Questa guerra è molto
dura. A Rafah ci sono solo tre ospedali per curare 1,8 milioni di persone, e
alla fine non è mai abbastanza. Mancano medicinali, manca tutto. In più le
persone non mangiano bene. Non bevono abbastanza. Non possono essere in salute.
La sensazione è che tutti noi saremo presto di fronte al nostro destino. E
purtroppo questa guerra non finirà fino a che non perderemo tutto. La mia
famiglia è separata dalla guerra. Mia madre e mio padre erano situati nella
parte centrale della Striscia a Deir el Balah. Mentre io e uno dei miei
fratelli siamo a Rafah. Quando ho sentito che mio padre stava male ho dovuto
imboccare la strada costiera insieme a lui. È un percorso estremamente
pericoloso perché si passa attraverso la costa di Khan Yunis dove ci sono intensi
bombardamenti e operazioni militari di terra in corso. Siamo giunti a Deir el
Balah, abbiamo fatto abbastanza in fretta ma era troppo tardi. Era già morto. Lo
abbiamo dunque riportato all’ospedale per avere un certificato di morte, la
mattina presto. È stato molto duro perché l’obitorio è straripante di corpi
senza vita: mettono i corpi fuori sul pavimento. Noi siamo una comunità
conservatrice e diamo molta importanza ai rituali per le persone morte:
dobbiamo seppellirle subito. Normalmente aspettiamo comunque fino a che tutti
possano venire a dire addio. Lo abbiamo seppellito in un gruppo di dieci
persone. Successivamente siamo tornati alla casa dove decine di famiglie vivono
ammassate, rifugiate, dove anche i miei genitori stavano. Fortunatamente abbiamo
molti parenti e amici nello stesso rifugio, dunque ci sono state molte persone
intorno a noi. Ci siamo seduti con la famiglia, a piangerlo. Abbiamo offerto
caffè agli ospiti. Normalmente il lutto dura tre giorni ma abbiamo dovuto farlo
in un solo giorno perché non è sicuro e le famiglie cercano di non stare tutte
nello stesso posto per non estinguersi, se colpite. Sfortunatamente la mia
sorella maggiore, che è ancora nella parte settentrionale della Striscia, non è
potuta venire. Era molto frustrata e arrabbiata. Ha pianto a lungo al telefono.
È difficile organizzare un funerale. Il problema principale è la comunicazione,
informare tutti è praticamente impossibile. Manca internet, mancano i telefoni.
Siamo stati fortunati perché mio fratello lavora alla Croce rossa e quindi
abbiamo potuto organizzare il trasporto del corpo con un’ambulanza. Ma
normalmente si vedono le persone che caricano i corpi sulle schiene degli asini
o sul retro dei pick-up, nella migliore delle ipotesi. La cerimonia si è svolta
accanto all’ospedale stesso e il dramma è stato che Deir el Balah è stata
bombardata tre volte durante la funzione: arrivavano corpi di morti e di feriti
costantemente davanti ai nostri occhi. Mentre le bombe cadevano eravamo in coda
per ottenere l’ultimo lavaggio del corpo. Eravamo i quinti della fila. Ci
abbiamo messo un’ora e poi siamo andati con una piccola processione al
cimitero. Ieri sono tornato a Rafah. Mentre scrivo mi trovo di fronte
all’ospedale del Kuwait, nel centro della città. Sono venuto a vedere alcuni
amici. Erano loro che volevano vedermi per condividere il dolore. Molti
colleghi giornalisti si rifugiano qui di fronte all’ospedale. Generalmente
tutti gli amici e i colleghi partecipano al lutto e alla tristezza. Ma non c’è
posto in cui io li possa ricevere per una cerimonia vera e propria. Per non
parlare del cibo. Quindi il minimo che potevo fare era venire qui per salutare.
Mohamed al-Ajrami è morto che aveva 80 anni. Era stato un taxista a Gaza, prima
della pensione. Stava a casa ora e noi fratelli ci prendevamo cura di lui. Era
un uomo divertente, simpatico. Rideva spesso. Era critico. Di tutto, in ogni
conversazione. Era “l’oppositore”, sempre, di fronte a qualsiasi interlocutore.
Criticava Hamas con delle battute, li chiamava “gli idioti”, li accusava di
volerci portare a tempi oscuri. Tutti lo amavano in famiglia. Era uno dei pochi
anziani rimasti. Amici e famigliari venivano spesso a visitarlo, per farsi
raccontare storie del passato. Aveva una grande memoria. Mi piaceva portarlo
alla spiaggia, insieme a mia madre. Battibeccavano spesso e noi fratelli
ridevamo di questo. Durante la guerra era molto triste e arrabbiato. Odiava
essere via da casa, dalla tv e dalla radio, dai suoi amici e vicini. Era furioso
e critico verso la situazione. Cercavamo di calmarlo, gli dicevamo di avere
pazienza. Ma non c’è stato tempo.</i></b></p>
ilcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-2715056481414619742024-03-10T22:20:00.007+01:002024-03-11T23:16:00.255+01:00MadeinItaly. 02 «Il primo libro del fascista: “Tutta la politica sociale del regime fascista è pensata per salvaguardare la razza italiana dai pericoli che la minacciano”». <div><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj8Isw9fbOnPYZV9Z8gt37rqDusfDBJQu9FlT8LlPPoQtqk0J6JbURRpYTLXhCAlI8vZ6oVyKvEGnWP8EJPKTbLbU4Um4Mb5A4kGafBBFQFtVkTHKUiLdaxk6RGT69Ch7mjVAy_rPYl8p2E9Bwl76B8UlnZbqDgCSSjDS7QnBogTv6GJwkXnlRkagGlPBcS/s488/Mussolini_www.mondadoristore.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="488" data-original-width="364" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj8Isw9fbOnPYZV9Z8gt37rqDusfDBJQu9FlT8LlPPoQtqk0J6JbURRpYTLXhCAlI8vZ6oVyKvEGnWP8EJPKTbLbU4Um4Mb5A4kGafBBFQFtVkTHKUiLdaxk6RGT69Ch7mjVAy_rPYl8p2E9Bwl76B8UlnZbqDgCSSjDS7QnBogTv6GJwkXnlRkagGlPBcS/w299-h400/Mussolini_www.mondadoristore.jpg" width="299" /></a></div><br /></i></b></div><div style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span><a name='more'></a></span>(…). Noi ragazzi di fine Novecento, nati in
Europa occidentale nella terza generazione dopo la conclusione della Seconda
guerra mondiale, appartenevamo alla porzione - piccolissima porzione - di
umanità più agiata, sana, sicura, longeva e protetta che avesse mai calcato la
faccia della Terra. Questo privilegio di nascita ci confuse al punto da farci
credere che la democrazia fosse quasi una condizione naturale, un beneficio acquisito
una volta e per tutte, una sorta di vitalizio di cui poter godere
irresponsabilmente. Pur conoscendone la storia, trasmessa a noi dagli ultimi
testimoni viventi, preferivamo dimenticare la battaglia terribile che le
generazioni passate avevano dovuto combattere per consegnare a noi il dono
raro, tardivo, sempre precario della democrazia. A furia di scandire il tempo
con gli aperitivi, stavamo dimenticando una verità semplice ma esatta,
incontrovertibile e fondamentale, riguardo alla natura stessa della democrazia:
la democrazia non è figlia del caso ma nemmeno della necessità; non è un dono
del cielo, è una conquista; la storia della democrazia è, fuor di ogni dubbio,
la storia della lotta per essa. (…). </i></b>(Tratto da <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Fascismo e populismo”</b> di Antonio Scurati, edizioni Bompiani,
2023).
</div><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="mso-bidi-font-family: "Times New Roman";">«</span>Canfora: “Non fatevi
ingannare, nazismo e fascismo sono vivi”</b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="mso-bidi-font-family: "Times New Roman";">»</span></b><span style="mso-bidi-font-family: "Times New Roman";">, testo della intervista di
Silvia Truzzi a Luciano Canfora pubblicata su “il Fatto Quotidiano” di ieri,
sabato 9 di marzo 2024:</span> <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">(…). …le parole del ministro dell’Economia
del neo-atlantico governo finlandese, Wille Rydman (Corriere della Sera, 31
luglio 2023), riferite agli ebrei: “Questa spazzatura non piace a noi nazisti”.
E allora, prima di arrivare al “nòcciolo del Fascismo perdurante”, cominciamo
da qui.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Professore, all’indomani dell’invasione
russa dell’Ucraina c’è stato un furibondo scontro anche sul Battaglione Azov,
d’ispirazione nazista. Ci sono dei nazismi accettabili? - Negli anni 50 il
segretario di Stato americano John Foster Dulles andò a Madrid e strinse la
mano a Francisco Franco. Il Senato approvò una mozione in cui si diceva che il
regime del generale era “un pilastro dell’Occidente”. Credo sia difficile
negare che il regime era fascistico e che Franco fosse stato aiutato
dall’Italia fascista e dalla Germania nazista. Però ebbe la benedizione degli
americani, a cui diede in cambio la possibilità di installare basi Usa in
Spagna. Oggi la Finlandia, dove i ministri dicono queste belle cose, è
intoccabile perché è entrata nella Nato. Quando Zelensky si è presentato in
Vaticano aveva la felpa con i simboli runici… Si tratta di forme esteriori, urtanti
e sintomatiche dell’orizzonte culturale. Il campionario è molto più vasto. Il
quotidiano Haaretz definiva apertamente “fascista” Netanyahu. E quello che sta
accadendo ora è impressionante: in Cisgiordania i palestinesi si trovano in una
condizione simile a quella dell’apartheid sudafricano; a Gaza vengono ammazzate
migliaia di persone in quanto palestinesi, bambini, donne inermi: non saranno
tutti terroristi, no? -.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Lei dice: il Fascismo non è solo un fenomeno
storico che appartiene al passato, ma esiste ancora, pur in forme diverse. - Diciamo
che quello di oggi è un prodotto geneticamente derivato. In Italia abbiamo una
prospettiva privilegiata: quando nasce l’Msi si chiama così con esplicito
riferimento all’esperienza della Rsi. Gli uomini che danno vita a quel
movimento avevano militato nella Repubblica sociale. Questi signori hanno avuto
un ruolo significativo nella storia italiana: il governo Tambroni, nel 1960,
nasce con il supporto decisivo del Movimento sociale, che in cambio ebbe
l’autorizzazione a celebrare il congresso a Genova, città medaglia d’oro della
Resistenza, sotto la presidenza del prefetto Basile, un massacratore
repubblichino. La cosa suscitò un’ondata di sdegno: ricordo i cortei di
protesta capeggiati da Parri, La Malfa, Pertini. La protesta fu repressa nel
sangue, con diversi morti, non solo a Reggio Emilia. È un fenomeno che
attraversa il Novecento alla grande. Giorgio Almirante nel 1987 a Sorrento dice
“Il nostro traguardo resta il fascismo” -.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Che effetto le fa che il presidente del
Senato sia stato un militante del Movimento sociale?<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>- Le rispondo con la frase finale de Il
sospetto di Maselli: “L’ho sempre saputo”. Lui stesso l’ha più volte
rivendicato -.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">La storia non ci ha insegnato nulla? O non
abbiamo fatto i conti con il Ventennio? - Il Fascismo è stato un pezzo della
storia d’Italia che ha conquistato strati larghissimi della popolazione, dando
vita a una ricetta che viene ripresa altrove. Qual è la ricetta? Intercettare
il disagio, alimentarlo accentuando il rancore contro coloro che vengono
additati come colpevoli e proporre una soluzione nazionalista. Questi sono gli
ingredienti. C’è una pubblicazione ufficiale del Pnf, del 1939, che si chiama <a name="_Hlk161000962">Il primo libro del fascista dove si può leggere: “Tutta la
politica sociale del regime fascista è pensata per salvaguardare la razza
italiana dai pericoli che la minacciano”.</a> In queste tre parole c’è il succo
del Fascismo. È una cosa seria, alla quale ci si deve applicare cercando di
togliere questa formidabile leva di potenziale popolarità -.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Alla fine ci accontentiamo di dire che le
colpe del Duce sono state l’entrata in guerra e le leggi razziali… - Gobetti,
prima di essere ridotto in fin di vita e poi morire, ha espresso la felice
formula del Fascismo come “autobiografia della nazione”. La leggenda
dell’Italia partigiana e antifascista ha il fiato corto, come tutte le
propagande. Furono coraggiose minoranze a combattere la resistenza.
L’attesismo, come si chiamava ai tempi, era l’atteggiamento più diffuso: stiamo
a vedere come va a finire. Il 25 aprile è sempre stato percepito come una festa
di parte. Quando iniziò la vita dell’Italia postbellica, di difficoltà e
miseria, gli attesisti cominciarono a dire “si stava meglio prima”. È qui che
si inizia a parlare dell’errore di andare in guerra. Lei ha generosamente
aggiunto il capitolo delle leggi razziali, ma perché adesso non si può non
citare. Però non è sempre stato così. Ricordo ancora, perché li avevo in casa,
i volantini del primo congresso del Cln, nel 1944 a Bari: tra le colpe del
regime non veniva citata la persecuzione antiebraica. Anche per loro, che erano
in buonissima fede, c’era l’Ovra, la guerra, la soppressione delle libertà, lo
scioglimento dei partiti, il delitto Matteotti… -.</i></b></p>
ilcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-20054798283819927822024-03-09T18:39:00.007+01:002024-03-10T22:25:39.750+01:00MadeinItaly. 01 Michele Ainis: «La “Capocrazia” segnala una qualche mutazione antropologica. Non accade soltanto in Italia». <div><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgP5pX3BG3pFEBf_KfOdrq2oWD2-Wgttju8-Md3skpIq1qDSrHMQA8JPCewoxV-dkptK9lJ4Co-SQMOw2n-qvmZWg_VbPyyB4Fe38aHgmAhmbxVXEECKjunv6BNoFGxuIaTEl0N71AlGywbJFR_SjRFxGJ3OXZjTK9wfq7DLxZSUPp1nMH5isBbKraAkG2S/s778/Pasolini_IMG-20240303-WA0003.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="778" data-original-width="720" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgP5pX3BG3pFEBf_KfOdrq2oWD2-Wgttju8-Md3skpIq1qDSrHMQA8JPCewoxV-dkptK9lJ4Co-SQMOw2n-qvmZWg_VbPyyB4Fe38aHgmAhmbxVXEECKjunv6BNoFGxuIaTEl0N71AlGywbJFR_SjRFxGJ3OXZjTK9wfq7DLxZSUPp1nMH5isBbKraAkG2S/w370-h400/Pasolini_IMG-20240303-WA0003.jpg" width="370" /></a></div><br /></i></b></div><div style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span><a name='more'></a></span>«Negli anni Cinquanta i giovani comunisti
andavano nelle zone più diseredate delle città per far emancipare il
proletariato, facendogli prendere coscienza dei propri diritti ed esortandolo a
rivendicarli. (…). </i></b></div>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Le recrudescenze fasciste di oggi la
preoccupano? «Conosce qualcuno che non è preoccupato? Io mi sento un italiano
che appartiene a una Repubblica la cui Costituzione è fondata sull’antifascismo
e quindi tutti i rigurgiti di fascismo mi preoccupano moltissimo. Ho avuto la
fortuna di ereditare dai padri costituenti questo pensiero preciso che dovrebbe
mettere al riparo da recrudescenze di ideologie così efferate».</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Il fanatismo nasce dalla disperazione e
dalla voglia di sentirsi meno soli, (…). «I migranti si aggregano per vincere
la solitudine e lo sradicamento. Il fanatismo è una dimensione estrema da condannare,
specie quando degenera in azioni violente, (…)».</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">(…). </i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Mi dica (…) se anche lei è stato militante
da giovane. «Ho sempre militato esclusivamente in gruppi teatrali, non
politici».</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ma il teatro è anche luogo di militanza
politica. «È sicuramente così, ma sarebbe un discorso troppo lungo in cui
addentrarsi. (…). La letteratura e l’arte devono sempre contenere un elemento
di scandalo, un richiamo a voltare la testa su qualcosa su cui non avevamo mai
riflettuto. L’arte ha sempre avuto la funzione di suggerire al pubblico con cui
vuole dialogare un orientamento nell’esistenza».</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Pensa che un fascista possa “convertirsi”
attraverso la lettura di un grande libro o la visione di un film?
«Assolutamente, esistono tanti esempi di persone che devono alla lettura di un
libro un cambio di passo radicale nella loro vita. (…)»</i></b>. (Tratto da <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Mi preoccupano i rigurgiti fascisti”</b>,
intervista di Claudia Catalli a Toni Servillo pubblicata sul settimanale
“L’Espresso” del primo di marzo 2024). </p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Uno
sfascismo quasi autoritario”</b>, titolo dell’intervista di Carlo Tecce al
professor Michele Ainis pubblicata sul settimanale “L’Espresso” del primo di
marzo 2024: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Professor Michele Ainis, cosa le viene in mente quando vede i
manganelli sfoderati in piazza? «Io non ho ricordi diretti del manganello, per
mia fortuna, anche se partecipavo alle manifestazioni negli anni ’70, però
allora il manganello era quello dei fascisti, non quello dei poliziotti.
Diciamo che il manganello è associato alla faccia violenta dello Stato. Diceva
Max Weber che lo Stato ha il monopolio della forza. Questa è l’espressione più
truculenta, più violenta, più diretta della forza che diventa forza fisica.
L’uso del manganello sancisce una condizione di guerra all’interno delle città,
delle strade, delle piazze. Naturalmente ci possono essere delle circostanze
che richiedano l’utilizzo del manganello perché la polizia deve difendersi
dalle aggressioni, tuttavia si tratta di circostanze particolari e specifiche
che possono giustificare il manganello, ma solo come strumento di difesa, non
di offesa».</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">E invece quale sentimento le hanno suscitato
i manganelli sui ragazzi di Pisa? «Sdegno, una reazione di sdegno. I ragazzi
che vanno in corteo per la pace e la Terra non possono trovarsi manganellati.
Io penso ai ragazzi. Non devono aver mai paura di sfilare o avere la percezione
di pericolo».</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">I fatti di Pisa hanno scatenato un
cortocircuito istituzionale. Il presidente Sergio Mattarella ha indicato le
basi della convivenza civile: «I manganelli sui ragazzi esprimono un fallimento».
Il ministro Matteo Salvini si è schierato con i poliziotti. A priori. «La
formula “a priori” non è ammessa, è un rifiuto dialettico, un rifiuto a
misurarsi con le ragioni dell’altro. Non prevede argomentazioni, bensì dogmi.
Peraltro la democrazia dovrebbe tollerare persino gli intolleranti. Spesso ho
difeso la libertà di manifestazione dei neofascisti: in assenza di incitazione
alla violenza, qualsiasi parola deve avere diritto di cittadinanza. Quello che
si va creando qui in Italia, giorno dopo giorno, goccia dopo goccia, è un clima
pesante. Rammento che il primo decreto legge del governo Meloni era un decreto
sui rave party, che sono anche occasioni di aggregazione. C’è una continuità
nella repressione. Noi non abbiamo gli oppositori politici che finiscono
deportati in Siberia, però c’è questo clima pesante. Questo clima pesante in
qualche modo si propaga anche nei comportamenti delle forze dell’ordine o di
alcuni esponenti delle forze dell’ordine. Succede anche in altri contesti
pubblici. C’è sempre un cameriere più realista del re».</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Questo potrebbe essere un effetto
collaterale di ciò che lei definisce “Capocrazia”. «La “Capocrazia” segnala una
qualche mutazione antropologica. Non accade soltanto in Italia. Se ci guardiamo
attorno, il verticismo e il leaderismo, l’affidare i propri destini a un capo,
a un salvatore, i cui poteri crescono perché deve salvare i popoli dal male, è
un fenomeno frequente, avviene dappertutto. Le maggiori potenze mondiali sono
autocratiche, è il caso della Cina o della Russia, oppure altre stanno
diventando delle democrature, come le chiamava Eugenio Scalfari, cioè delle
democrazie autoritarie in cui vengono prosciugati i diritti di libertà, viene
emarginato, a volte anche criminalizzato il dissenso. Questo indica una crisi
generale della democrazia. D’altra parte la democrazia è una scheggia della
storia, è un’eccezione che si è realizzata alla fine del Settecento e che
adesso soffre. Ebbe una parentesi nell’Atene del V secolo avanti Cristo, ma per
tutto il resto dei secoli dei secoli ci sono stati sempre regimi monarchici,
autoritari, dittatoriali, imperiali».</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">La presidente Meloni, dopo giorni silenzi e
veline, ha risposto in qualche modo al Quirinale: «È pericoloso togliere il
sostegno delle istituzioni alla polizia». «In un regime democratico la
dialettica è fisiologica fra le istituzioni. Ed è normale che un’istituzione di
garanzia, come la presidenza della Repubblica, sanzioni verbalmente un abuso di
forza riferendosi a un singolo episodio. Questo non vuol dire togliere il
sostegno delle istituzioni alla polizia. Ribadisco che porsi “a priori” con uno
o con l’altro, senza discernere, non è consono a un regime democratico».</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Oggi come sta la democrazia in Italia,
quanto bisogna preoccuparsi? «Bisogna preoccuparsi e bisogna anche occuparsi
delle questioni. C’è un vento della storia e adesso soffia verso la solitudine
del potere, la consegna dei poteri a un Capo. Questo va contro la lezione del
costituzionalismo che limita il potere. Però se questo è il vento della storia,
io non sono tra quelli che considerano il premierato voluto da questo governo
una variante del fascismo. Non lo è. L’elezione diretta di chi governa c’è in
America come in Francia, e parlo dei due Paesi che hanno battezzato il ritorno
della democrazia alla fine del Settecento. Perciò l’elezione diretta non è
antidemocratica in sé, anche se potrebbe non piacere. Il problema è come
limitarla. Quali contrappesi affiancare. Il lavoro va svolto sui contrappesi
accettando comunque un nuovo sistema di governo. In parte è così da tempo. Il
potere legislativo è già in mano al presidente del Consiglio con i decreti
legge e ancora di più con i famosi dpcm, i decreti del presidente del Consiglio
dei ministri usati in abbondanza durante la pandemia: sono un atto individuale
che porta la firma dell’uomo o della donna al comando. E le stesse assemblee
regionali o gli stessi Consigli comunali non contano nulla rispetto ai
presidenti di Regione e ai sindaci di ogni Comune».</i></b></p><p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">(…). …un esempio suggestivo di «quasismo»
italiano: la riforma costituzionale che propone un modello quasi presidenziale
e quasi parlamentare perché il capo del governo eletto deve ottenere la fiducia
del Parlamento. «Il pericolo, di nuovo, non è il fascismo, è lo sfascismo. In
un regime sfasciato, che ha un sistema istituzionale contraddittorio, è più
facile che venga qualcuno e dica ci penso io. Ci sono segni ambivalenti anche
nella politica del governo Meloni e dei suoi ministri».</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Quindi c’è una svolta autoritaria o quasi?
«Per il momento c’è una svolta quasi autoritaria».</i></b></p>
ilcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-12141647204202236022024-03-07T22:30:00.007+01:002024-03-09T18:41:32.266+01:00Lavitadeglialtri. 27 Sami al-Ajrami: «Un mese di guerra ha cancellato il mondo che conoscevamo. Gaza non esiste più». <div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhooMqgTXVR1YLREMOnjegh49tIpZ-HFzq1dfsPWl4bP32JE7QYPXeEqH_PSAM_F9vW11o7gZMdNZ3QfNpVerg0Ap7hXhuikd0BIRu7IK6GlDt5Llvbc5ek0-Uzw6UJocpWfcFap6YR-AIT55UO9iBkElaHFv5SJokfz1ua8H3GruiWsICVzDxs9wzMr1HA/s1190/IMG-20240303-WA0005.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1190" data-original-width="1080" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhooMqgTXVR1YLREMOnjegh49tIpZ-HFzq1dfsPWl4bP32JE7QYPXeEqH_PSAM_F9vW11o7gZMdNZ3QfNpVerg0Ap7hXhuikd0BIRu7IK6GlDt5Llvbc5ek0-Uzw6UJocpWfcFap6YR-AIT55UO9iBkElaHFv5SJokfz1ua8H3GruiWsICVzDxs9wzMr1HA/w363-h400/IMG-20240303-WA0005.jpg" width="363" /></a></div><br /><span><a name='more'></a></span>“<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">D</span></b>iarioda<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">G</span></b>aza” del 7 di novembre
dell’anno 2023 – “<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Tra le macerie il
pianto delle mie figlie per i cuginetti uccisi”<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> </i></b>- di Sami al-Ajrami, pubblicato, al tempo, sul quotidiano “la
Repubblica”: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Un mese di guerra ha cancellato il mondo che conoscevamo. Gaza non
esiste più, ridotta in macerie. E anche i suoi abitanti sono in frantumi. Solo
nell’ultima settimana sono cadute 6mila bombe: un frastuono costante che non fa
dormire nessuno. La conta dei morti ha superato i 10mila. Il lutto è in ogni
casa. Il pensiero della morte costante, ne parlano grandi e bambini. Noi vivi
siamo come zombi. Nessun luogo è sicuro: Israele bombarda ovunque sospetta ci
sia un suo nemico. Al Nord come al Sud dove pure ci ha fatto evacuare. A morire
però sono soprattutto i civili: e la metà delle vittime sono bambini. Siamo
tutti spezzati. È difficile metterlo in parole. Proverò nel modo più semplice,
parlandovi di me. Avevo una casa nel quartiere Tel-Zaater: era mia. Ci vivevo
dignitosamente con mia moglie e le mie due figlie adolescenti. C’erano i
ricordi di una vita, i nostri libri, i piatti, le foto di famiglia. Avevo un
ufficio dove ogni giorno andavo a lavorare: una scrivania, una tv, i colleghi.
Avevo un ristorante preferito, una palestra, la moschea dove andavo a pregare.
Non ho più nulla. Della mia vita non esiste più niente. Le bombe hanno cancellato
tutto. Quel 7 ottobre, guardando le news ora dopo ora, lo abbiamo capito
subito. Una catastrofe stava per abbattersi su Gaza. E la paura è aumentata man
mano che si aggiungevano dettagli su quanto successo. Abbiamo messo nastro
adesivo sui vetri come quando sta per arrivare un uragano. E preparato bagagli
con l’essenziale per essere pronti a scappare. Le prime bombe sono cadute già
quella notte: sventrando anche la nostra porta, mandando in frantumi tutte le
finestre. Tre giorni dopo è arrivato l’ordine di evacuare: con l’intera
famiglia, 19 persone, siamo venuti a Deir el Balah. Fra i primi, per fortuna.
Abbiamo affittato una stanza in una di quelle case dove la gente veniva in
vacanza vicino al mare. Un edificio dove conviviamo con 14 altre famiglie. Le
donne e i bambini dormono dentro, gli uomini in auto fuori. Ma a tanti è andata
anche peggio: dormono in tende bollenti di giorno e gelate di notte. O sono
ammucchiati a migliaia negli ospedali e nelle scuole dell’Onu. Ogni giorno
pensi sia il peggiore. E il giorno dopo è anche peggio. Ma oggi è stato il più
brutto di tutti: due miei cugini con le loro famiglie, sono morti nel
bombardamento di stanotte. Le mie figlie, 18 e 16 anni, singhiozzano da ore. Le
ho viste piangere ogni giorno, prima perché senza internet non avevano più
relazioni col loro mondo. Poi alla notizia della morte di amici e persone care.
Ma oggi sono davvero disperate. Fra i morti ci sono i cuginetti cresciuti con
loro. Impossibile dar loro conforto. Ogni giorno può essere l’ultimo, eppure
continuiamo ad agitarci come formiche per portare nella tana dove siamo
rifugiati, quando basta a far sopravvivere la famiglia un giorno di più. Il
cibo scarseggia: per procurarsi il pane si fanno file di ore e spesso si resta
a mani vuote. Nei mercati sono rimasti solo cetrioli e peperoni, riso e
lenticchie. Gli aiuti umanitari entrati nelle ultime settimane non bastano. E
comunque alla gente comune non arrivano. Li portano ai magazzini dell’Unrwa,
l’agenzia Onu che dopo i saccheggi della settimana scorsa, ora è sotto il
controllo della polizia. Ma medicinali, acqua e cibo in scatola vanno dritti
negli ospedali e nelle scuole dove i rifugiati sono migliaia. Senza benzina non
vanno auto e generatori: ormai la si trova solo al mercato nero, messa in commercio
a prezzi folli dai furbi che all’inizio del conflitto ne hanno fatto scorta. E
c’è chi ne ha prodotta una con l’olio di soia che puzza terribilmente. La
mancanza di combustibile – che Israele non lascia passare, perché, dice, Hamas
la userebbe per lanciare suoi razzi - ha già messo in ginocchio gli ospedali
allo stremo. Fermato le ruspe necessarie a recuperare i feriti da sotto le
macerie che ora muoiono dopo lenti agonie. E bloccato pure i depuratori
d’acqua, costringendo la gente a berne di contaminata, tant’è che malattie
infettive sono già diffuse. Proprio l’acqua è l’ossessione di tutti. Ne
sogniamo di fresca e pulita. Ne parliamo continuamente. Lavorare come
giornalista non è mai stato così difficile: non sono più un testimone, faccio
parte della storia. Condivido la sorte e i sentimenti di coloro che racconto.
Intorno a me la situazione si sta deteriorando. La solidarietà lascia il passo
alla rabbia. La gente è terrorizzata e aggressiva. Si litiga continuamente.
Abbiamo tutti paura del presente come del futuro. Non abbiamo più case a cui
tornare. Non sappiamo cosa ci aspetta. Dove saremo domani. Potremmo ritrovarci
tutti in tende nel nulla per gli anni a venire. Una prospettiva che ci fa
impazzire.</i></b></div>
ilcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-58486142717159164762024-03-05T18:58:00.007+01:002024-03-09T18:40:49.691+01:00CosedalMondo. 11 Michele Serra: «Temo che la spinta fondamentale per le applicazioni “umanoidi” di IA sia di ordine squisitamente economico. Si spende di meno. Si licenzia un bel po’ di gente. Si fanno più profitti». <div style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhan828sb1qkWX-Hmeq4rSxWmBO_VaIWP6tjlNZng4LPP_uhw0eIgI_NS6iG3SBI7fjxdGcafOBBttp5yHgmyL5cIHIQuIX8IYErz8JTW0msdgThDDV73wViTmjMWxf16KMDE7dzkglo3c13s-c3taq_BQf6n0XSpyfcTzX0IfBQvNGsqpjizER7AjoQ7ne/s800/Barricelli_104401496-d6ba4ee7-d265-44b8-ad62-705f8f72c008.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="800" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhan828sb1qkWX-Hmeq4rSxWmBO_VaIWP6tjlNZng4LPP_uhw0eIgI_NS6iG3SBI7fjxdGcafOBBttp5yHgmyL5cIHIQuIX8IYErz8JTW0msdgThDDV73wViTmjMWxf16KMDE7dzkglo3c13s-c3taq_BQf6n0XSpyfcTzX0IfBQvNGsqpjizER7AjoQ7ne/w400-h225/Barricelli_104401496-d6ba4ee7-d265-44b8-ad62-705f8f72c008.jpg" width="400" /></a></div></i><span style="mso-bidi-font-style: normal;"></span></b><span style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="mso-bidi-font-style: normal;"><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span>Sopra. Nils Aall Barricelli (1912-1993).<br /></span></span><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="mso-bidi-font-style: normal;"></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"> </i></b></div><div style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span><a name='more'></a></span>(…). …secondo me il vero aspetto pericoloso
di IA, il suo “lato oscuro”, non è il predominio distopico della macchina. È il
rischio di uniformità e, aggiungo, di mediocrità. Un pensiero lineare e piatto,
esente da errori e sbavature così come da impennate e intuizioni. La mia storia
oramai quasi cinquantennale di scrittura mi ha insegnato che se le parole e le
frasi procedono, come dire, per sequenze prestabilite solo dalla prassi e
dall’esperienza, ne sortisce un linguaggio inutile, perché prevedibile. Ad
aggiungere (o levare) qualcosa, a “segnare” la scrittura, è sempre lo scarto,
il cortocircuito, il dubbio a tradimento, l’argomento imprevisto. E perfino
l’errore. L’inconscio, con il suo bagaglio insondabile di sogni, memoria,
immagini spesso sfocate o imprecise, e però fortemente espressive, è autore a
pieno titolo della scrittura, specie quella letteraria. E l’inconscio, così
diverso da persona a persona, come potrebbe essere “imitato” da IA? Nel nostro
cervello, (…), la stratificazione e la complessità sono formidabili e
irripetibili – anche perché differenti in ogni singolo individuo. Non ricordo
chi disse che “la natura è un esperimento scientifico in corso da 14 miliardi
di anni”, ovvero dal Big Bang in poi. Piuttosto che imitarlo, credo che
dovremmo continuare a studiarlo, questo esperimento, che nel cerebro di Homo
sapiens, il cui funzionamento è noto solo in piccola parte, trova una spettacolare
rappresentazione. Non stiamo parlando, ovviamente, degli utilissimi e
molteplici usi di AI nelle attività materiali dell’uomo (senza IA la mia auto
sarebbe molto più faticosa e pericolosa da guidare; e la mano del chirurgo
troverà in IA un magnifico supporto). Stiamo parlando dell’idea di poterla
sostituire all’uomo nelle attività intellettuali e creative, creando
“linguaggi” che potrebbero essere (ma non lo sono ancora) formalmente
impeccabili, ma svuotati di umanità, ovvero di singolarità e imprevedibilità. <a name="_Hlk160557072">Temo, per giunta, che la spinta fondamentale per le
applicazioni “umanoidi” di IA sia di ordine squisitamente economico. Si spende
di meno. Si licenzia un bel po’ di gente. Si fanno più profitti. </a>Se il
risultato fosse Shakeaspeare o Mahler o Picasso, potremmo anche rassegnarci. Ma
se il risultato fosse una specie di normalizzazione mondiale delle espressioni
intellettuali e artistiche? </i></b>(Tratto da <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Artificialmente mediocri”</b> di Michele Serra, pubblicato sul
settimanale “il Venerdì di Repubblica” del primo di marzo 2024).
</div><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“L’intelligenza
artificiale era fuggita da Roma”</b>, testo di Nicola Mirenzi pubblicato sul
settimanale “il Venerdì di Repubblica” del primo di marzo 2024: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">(…). Si
chiamava Nils Aall Barricelli. Era un biologo antidarwiniano e un matematico
critico con la matematica del proprio tempo, odiato perciò sia dai biologi sia
dai matematici. «Era un vero scienziato pazzo. Totalmente folle». (…). Nato a
Roma, figlio del pittore Maurizio Barricelli e della scrittrice norvegese Marna
Aall, era senz’altro un tipo eccentrico. All’idea che l’evoluzione si muova
attraverso la selezione del più forte contrapponeva la dottrina della
simbiogenesi, secondo la quale è dalla collaborazione che nascono le più significative
evoluzioni. Ma anche dal punto di vista umano era un tipo particolare.
Raccontano i testimoni che pagava i collaboratori di tasca sua, e che prendeva
a lavorare con sé solo gente che riusciva a trovare un difetto nascosto in una
teoria matematica. «La comunità scientifica avrebbe bisogno di un paio di
Barricelli ogni secolo», ha detto Simen Gaure, un assistente che aveva
ingaggiato. Il controllo di Mussolini. Barricelli aveva studiato fisica
all’Università La Sapienza di Roma con Enrico Fermi e lasciò l’Italia per la
Norvegia nel 1936. Nel libro che l’ha strappato per primo all’oblio, La
cattedrale di Turing. Le origini dell’universo digitale (Codice Edizioni),
George Dyson scrive che «fu un fervente oppositore di Mussolini, la cui ascesa
al potere lo indusse a trasferirsi in Norvegia». All’Archivio centrale dello
Stato Il Venerdì ha consultato il Casellario politico, dove sono conservati i
documenti con cui la polizia fascista schedava tutti gli oppositori del regime:
ma la prova documentale della sua attività antifascista non c’è. Se Barricelli
è stato contro il regime, lo è stato in privato. Perché difficilmente negli
anni 30 qualcuno poteva sfuggire al controllo poliziesco mussoliniano. Ciò che
conta, tuttavia, è che tra il 1953 e il 1954 Barricelli condusse degli
esperimenti leggendari all’Institute for Advanced Studies di Princeton (IAS),
dopo aver presentato le sue ipotesi di ricerca a John von Neumann, che lo aveva
invitato subito a raggiungerlo negli Stati Uniti, offrendogli l’accesso al suo
calcolatore – il MANIAC, (…). Era l’unico ad avere il permesso di utilizzarlo
senza la supervisione di un ingegnere, ma poteva lavorarci solo di notte.
Introduceva nella macchina degli organismi numerici, dandogli delle regole
riproduttive che rendevano la vita «difficile, ma non impossibile». Il suo
obiettivo era verificare la possibilità di un’evoluzione simile a quella degli
organismi viventi in un universo creato artificialmente. Quello che riuscì a
dimostrare è che gli organismi numerici si evolvevano in maniera autonoma,
creando una forma di vita digitale, ma non complessa come quella degli organismi
viventi. Allora in pochi capirono realmente cosa avesse immaginato, né le
tecnologie a disposizione permettevano di andare oltre quel che aveva ottenuto
(il MANIAC aveva una memoria strepitosa per l’epoca, ma inconsistente se
paragonata a quella degli attuali computer: appena 5 kilobyte). Ma, in seguito,
Julian Bigelow, pioniere dell’ingegneria informatica, disse che Barricelli era
stato «l’unico della sua epoca a intravedere la strada verso l’intelligenza
artificiale». Di questa visione conserva una traccia preziosa la rivista
Civiltà delle Macchine, oggi diretta da Marco Ferrante. Nel numero 3 del giugno
1955 c’è un articolo dal titolo 5.400 generazioni. Esperimenti di evoluzione
realizzati su organismi numerici nel quale Barricelli in persona racconta i
risultati raggiunti dai suoi esperimenti negli Stati Uniti. </i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">L’articolo è
illustrato dalle riproduzioni della memoria del MANIAC, ovvero il documento che
prova l’evoluzione degli organismi numerici nell’universo artificiale da lui
creato. Immagini che ancora oggi, presso gli scienziati che le conoscono,
costituiscono un prodigio. «Non bisogna credere» scrive BarricellI, «che tutti
questi organismi debbano necessariamente rassomigliare alle forme di vita che
conosciamo sulla Terra né che la Terra debba necessariamente essere l’ambiente
migliore per lo sviluppo di siffatte forme di vita». Testi profetici. Ciò che
colpisce del testo è che Barricelli non menzioni mai John von Neumann, l’uomo
che aveva accolto la sua ricerca e gli aveva dato la possibilità di svilupparla
usando il suo calcolatore. D’altra parte, nemmeno von Neumann cita mai gli
esperimenti di Barricelli nel suo libro Theory of Self-Reproducing Automata,
oggi considerato uno dei testi profetici dell’intelligenza artificiale, sebbene
sia chiaro il debito che aveva maturato. La differenza tra i due è che nessuno
potrebbe mai dimenticare il contributo di John von Neumann al mondo digitale
odierno, mentre quello di Barricelli lo sarebbe stato se il succitato George
Dyson – storico della scienza e figlio di Freeman Dyson, fisico quantistico che
aveva lavorato allo IAS con von Neumann – non avesse tirato fuori dagli
scantinati, all’inizio degli anni Duemila, le scartoffie di Barricelli,
documentando scrupolosamente che in esse era prefigurato concettualmente il
mondo di oggi. «L’universo di Barricelli» scrive, «adesso è il nostro universo.
I suoi organismi digitali primitivi erano gli antenati dei multimegabyte che
continuano a replicarsi e a ricombinarsi nell’odierno e sconfinato universo
digitale». Peccato che all’avvento dell’era dell’intelligenza artificiale, in
pochi conoscano il suo profeta.</i></b></p><p></p>ilcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-90319307371420257142024-03-04T19:14:00.005+01:002024-03-05T19:02:45.325+01:00Piccolegrandistorie. 68 «Benvenuti all’ultima crociera». <div><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWlZiWGvqf9TjLlC2UOMEWCYPrxDAJJZtXECOhZgDqCZ-qnEDj6gI9QdfeVZyU6xBZ2kjWYWr3ymU-EE-UVItOP1qZM4zGPTJzLmWd6ZAMkLjTTVdDYEhfsINsoyLzcAMov6JiJ3rmC7GUJzXIUSRuo7-Q-KNugfl7QQAqrNbvHASJ-TDW2nBfFT2K9jKW/s612/Nave_istockphoto-545278242-612x612.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="317" data-original-width="612" height="208" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWlZiWGvqf9TjLlC2UOMEWCYPrxDAJJZtXECOhZgDqCZ-qnEDj6gI9QdfeVZyU6xBZ2kjWYWr3ymU-EE-UVItOP1qZM4zGPTJzLmWd6ZAMkLjTTVdDYEhfsINsoyLzcAMov6JiJ3rmC7GUJzXIUSRuo7-Q-KNugfl7QQAqrNbvHASJ-TDW2nBfFT2K9jKW/w400-h208/Nave_istockphoto-545278242-612x612.jpg" width="400" /></a></div><br /></b></div><div style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span><a name='more'></a></span>“Benvenuti
all’ultima crociera”</b>, racconto della scrittrice americana Joyce Carol Oates
riportato sul settimanale “Robinson” del quotidiano “la Repubblica” di ieri, 3
di marzo 2024 e contenuto in una raccolta – <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Circostanze attenuanti”</i></b>
– per l’editrice “La Tartaruga”, in libreria dal 4 di marzo: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Signore
e signori: un tardivo ma sentito benvenuto a bordo della nostra nave da
crociera S.S.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ariel.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>È un vero onore e un privilegio per me, come
vostro capitano, porgere a tutti voi i miei saluti in questa radiosa giornata
di gennaio - mite come una tipica mattina di giugno su al Nord, eh? - Vorrei
potervi dire che noi dell'Ariel vi abbiamo personalmente predisposto questo bel
tempo, come una sorta di risarcimento per il... come dire ... clima un po'
burrascoso degli ultimi giorni. Ma in ogni caso è di buon auspicio e fa ben
sperare per il resto della crociera e per l'escursione di questa mattina,
signore e signori, in quest'isola, piccola ma straordinariamente bella, che
vedete avvicinarsi rapidamente, e che gli indigeni di queste acque chiamano
Isola della Tranquillità o, come preferiscono alcuni traduttori, Isola del
Riposo. Quelli di voi che ormai sono diventati dei marinai provetti e hanno un
occhio attento per la navigazione, vorranno registrare la nostra longitudine a
centocinquantacinque gradi a Est e la nostra latitudine a cinque gradi a Nord,
circa milleottocento chilometri a Nord-est della Nuova Guinea. Sì, avete
sentito bene! Siamo arrivati così lontano! E poiché questa è una mattinata
decisiva, e la vostra avventura sull'isola è un evento importante non solo per
questa crociera, ma anche per le vostre vite, signore e signori, spero che
vogliate fare un po' di silenzio - solo un attimo! - e rivolgere a me, il
vostro capitano, la massima attenzione. Solo per qualche minuto, lo prometto!
Poi sbarcherete. Per quanto riguarda i problemi che alcuni di voi hanno
riscontrato: signore e signori, permettetemi di cogliere l'occasione, in
qualità di vostro capitano, per scusarmi, o almeno per spiegare. È vero, per
esempio, che alcune delle vostre cabine non sono esattamente come nelle
brochure pubblicitarie, gli oblò non sono altrettanto grandi e in alcuni casi
non sono proprio visibili. Questo non è imputabile al personale della Ariel; in
effetti, è un punto dolente per noi da diversi anni, una causa di
incomprensioni e imbarazzo al di fuori del nostro controllo, eppure io, come
vostro capitano, signore e signori, vi porgo le mie scuse e la mia più sentita
solidarietà. Anche se sono un po' più giovane di voi, posso ben comprendere la
particolare delusione, lo sconforto, l'indignazione e lo sgomento che
accompagnano il sospetto di essere stati imbrogliati in quella che, per alcuni
di voi, probabilmente, è percepita come l'ultima occasione di fare un viaggio
così lungo ed esotico, quindi avete tutta la mia solidarietà! Per quanto
riguarda i servizi igienici segnalati come malfunzionanti o del tutto fuori
uso, e le forti vibrazioni o "scosse" dei motori che hanno tenuto
svegli alcuni di voi, e il servizio negligente o addirittura scortese, il cibo
troppo cotto o poco cotto, le tariffe elevate per l'acqua minerale, le bevande
alcoliche e le sigarette, gli avvistamenti di roditori, scarafaggi e altri
parassiti a bordo della nave: forse dovrei spiegarvi, signore e signori, che
questo è l'ultimo viaggio della S.S. Ariel e che gli armatori hanno fatto la
scelta, giustamente pragmatica, di ridurre le riparazioni, i servizi, le spese
e così via. Signore e signori, sono spiacente per il vostro disagio, ma l'Ariel
è una nave vecchia, destinata al bacino di carenaggio di Manila e alla sorte di
molte navi veterane che hanno fatto il loro tempo. Che Dio la benedica! Non
vedremo mai più una come lei! Signore e signori, posso avere un po' di silenzio
- per favore, ancora cinque minuti? - prima che gli steward vi aiutino a
prepararvi per lo sbarco? Grazie. Sì, l'Ariel è diretta a Manila. Ma non
abbiate paura, voi non sarete a bordo. Signore e signori, per favore. Questi
mormorii e borbottii iniziano a infastidirmi. (Tuttavia, in qualità di
capitano, vorrei notare che, in mezzo ai soliti lamentosi, criticoni e
scorbutici, è gratificante vedere un certo numero di volti affabili,
accoglienti e speranzosi e sapere che ci sono uomini e donne determinati a
godersi la vita, invece di polemizzare e nutrire sospetti, A voi sono grato!).
Veniamo ora al punto della questione: signore e signori, sapete cosa avete in
comune? Non riuscite a indovinare? Lo sapete? No? Sì? No? Be', sì, signore, è
vero che siete tutti a bordo della S.S. Ariel; e sì, signore - mi scusi,
signora - è certamente vero che siete tutti in età "pensionabile".
(Anche se "pensione" è diventato un termine piuttosto vago
nell'ultimo decennio o giù di lì, non è vero? Perché i più giovani tra voi non
hanno neanche sessant'anni, il risultato, direi, di programmi di pensionamento
anticipato particolarmente generosi, e i più anziani tra voi hanno circa
novant'anni. Una bella forbice di età!). Si, è vero che siete tutti americani.
Avete macchine fotografiche costose, in alcuni casi anche apparecchiature
video, per registrare questa avventura nei Mari del Sud; avete tutto
l'armamentario da crociera tropicale, cappellini di paglia sbiancata davvero
adorabili; alcuni hanno una discreta scorta di crema solare; e la maggior parte
di voi ha una quantità e una varietà considerevole di farmaci. E c'è anche una
discreta scorta di tascabili, riviste, carte, giochi e cruciverba. Tuttavia,
c'è una cosa fondamentale che avete in comune, signore e signori, e che ha
determinato la vostra presenza qui stamattina, alla longitudine
centocinquantacinque gradi Est e latitudine cinque gradi Nord: il vostro
destino, per così dire. Non riuscite a indovinare? Signore e signori: i vostri
figli. Sì, questa crociera sulla S.S. Ariel è stata sin dall'inizio un'idea dei
vostri bambini, e sono stati loro a organizzarla, se ci pensate. (Anche se
probabilmente vi siete pagati i biglietti da soli, visto che non sono
economici). I vostri figli, che sono "bambini" solo per modo di dire,
perché ovviamente sono pienamente adulti, anzi in molti casi sono genitori a
loro volta (avendovi reso dei nonni orgogliosi: sì, quanto ne siete stati fieri),
questi figli e figlie, se posso parlare con franchezza, sono molto stanchi di
aspettare la loro eredità. Sì, sono molto impazienti, e alcuni di loro sono
molto arrabbiati, in attesa di prendere il controllo di ciò che credono sia
dovuto. Signore e signori, per favore! Chiedo silenzio e chiedo rispetto. In
qualità di capitano della Ariel, non sono abituato a essere interrotto. Penso
proprio che mi abbia sentito bene, signore. Anche lei, signore. Sì, e lei,
signora. Anche lei. (La maggior parte di voi non è così sorda come finge di
essere!) [Permettetemi di parlare con franchezza. Sebbene i vostri figli siano
in molti casi, o almeno in alcuni casi, sinceramente affezionati a voi, sono
semplicemente stanchi di aspettare la vostra morte "naturale". Dieci
anni, quindici? Venti? Con la tecnologia medica di oggi potreste persino
sopravvivergli! Naturalmente è una sorpresa per voi, signore e signori. È uno
shock. Perciò lei, signore, scuote la testa incredulo e lei, signore, sta
mormorando un po' troppo forte: "Chi si crede di essere quest'imbecille,
per fare scherzi così orrendi?" e voi altre, signore, che ridacchiate come
delle ragazzine, senza sapere cosa pensare. Ma ricordate: i vostri figli hanno
vissuto in un'America imprenditoriale molto difficile e molto competitiva; sono,
all'apparenza, benestanti, persino agiati; eppure desiderano, in alcuni casi
hanno un disperato bisogno, dei vostri patrimoni. Non tra una dozzina di anni,
ma adesso. Vale a dire, non appena i vostri testamenti saranno resi pubblici.
Infatti, nonostante il modo in cui i vostri figli e le vostre figlie appaiono
agli occhi dei loro vicini, amici e colleghi, persino agli occhi della loro
stessa prole, potete star certi che non hanno abbastanza denaro. Potete essere
sicuri che soffrono di brame e gelosie finanziarie... e chi può arrogarsi il
diritto di misurare la sofferenza di un altro? Chi osa scrutare nel cuore del
prossimo? Senza tradire la fiducia di nessuno, posso dire che ci sono diversi
giovani uomini, amati figli di alcune coppie in mezzo a voi, signore e signori,
che sono quasi in bancarotta; uomini integri e di "successo" che
stanno per vedersi franare la terra sotto i piedi, a meno che non si procurino
del denaro o non si trovino nella posizione di poter impegnare il patrimonio
dei loro genitori in tempi brevi. Promotori finanziari, avvocati, un professore
universitario o due: alcuni di loro sono già indebitati. Così hanno deciso di
adottare misure severe. Signore e signori, è inutile protestare. Come capitano
della Ariel, mi limito ad agevolare la pratica. E dovete sapere che non ha
senso esprimere incredulità o sconcerto, alzare gli occhi al cielo come se io
(tra tutti quanti) avessi qualche rotella fuori posto, fare domande o
richieste, gridare, piangere, singhiozzare, supplicare, inveire e borbottare:
"Se questo è uno scherzo, non mi fa ridere!" oppure "Come se la
mia progenie potesse mai fare una cosa simile a me, a noi!" In breve, è
inutile esprimere tutte le reazioni che state manifestando e che sono già state
espresse da una varietà di signore e signori nei precedenti viaggi della Ariel
nei Mari del Sud. Sì, la cosa migliore è collaborare. Sì, in modo disciplinato.
È meglio non provocare gli steward (che hanno i nervi un po' tesi in questi
giorni. L'equipaggio è umano, dopo tutto), non costringerli a usare la forza.
Signore e signori, queste sono davvero splendide acque azzurre - esattamente
come promettevano le brochure! - ma infestate dagli squali, quindi fate
attenzione. Eh già, quelle pinne dorsali che fendono le onde, appena oltre la
schiuma: guardate bene. No, oggi non vi lasceremo nessun cestino da picnic. Né
tantomeno bottiglie di acqua minerale, Perrier o champagne. Perché ritardare
l'inevitabile? Perché prolungare crudelmente l'angoscia? Signore e signori,
magari è una banalità, magari è sin troppo chiaro, ma riflettete: siete il tipo
di uomini e donne civilizzati che hanno messo al mondo dei bambini non per un
rozzo, primitivo, anacronistico caso, ma dopo un'attenta valutazione. Avete
pianificato il vostro futuro; avete pianificato, come si suol dire, la vostra
genitorialità. Appartenete tutti alla classe economica americana
"medio-alta"; siete istruiti, colti, stabili; quasi senza eccezioni,
avete riversato fiumi d'amore sui vostri figli e sulle vostre figlie, che si
sentivano dei privilegiati dalla culla. Le migliori scuole private, le più
esclusive: asili, licei, università. Giocattoli costosi e regali di ogni tipo;
armadi pieni di vestiti, attrezzature da sci, impianti stereo, biciclette da
corsa; lezioni di tennis, di equitazione, di snorkeling, ripetizioni private,
viaggi nei Caraibi, in Messico, a Tangeri, a Tokyo, in Svizzera; anni di studio
all'estero a Parigi, a Roma, a Londra; sì, e i loro denti erano perfetti, o lo
sono diventati; già, e si sono sottoposti alla chirurgia estetica, quand'è
stato necessario (o quasi); e avete pagato volentieri i loro aborti o la loro
retta per la facoltà di legge, di medicina, di economia; già, avete pagato i
loro matrimoni; proprio così, e avete prestato loro del denaro "per
iniziare", certamente li avete aiutati con i mutui, o la seconda auto, o i
conti del dentista dei loro figli - niente era troppo bello o troppo costoso
per loro, signore e signori, cosa avrebbe mai potuto esserlo? E ogni volta, più
davate ai vostri figli e alle vostre figlie, più sembravate avere da parte; più
vi mostravate generosi, più lasciavate intendere che avreste potuto esserlo
ancora di più in futuro. Ma in un futuro molto lontano: quando i vostri
testamenti sarebbero stati resi pubblici, dopo la vostra morte. Signore e
signori, di rado vi siete soffermati a considerare i vostri figli come qualcosa
di diverso dai vostri figli, come uomini e donne che avevano raggiunto la
maturità separatamente da voi. Di rado vi siete soffermati a vedere con quanta
pazienza attendessero di ereditare ciò che gli spettava, e poi, a poco a poco,
con quanta impazienza. Quali ansie li assediavano, quali congetture da incubo:
e se voi aveste sperperato il vostro denaro in spese mediche, nei conti delle
case di cura, nei tristi inconvenienti della vecchiaia in America? E se -
peggio ancora! - con il cervello in pappa, affetti dal morbo di Alzheimer (che
d'un tratto sembra preoccupare tutti, in ogni dove) vi foste rivoltati contro
di loro, li aveste diseredati, vi foste risposati con qualcuno più giovane, più
sano, più astuto di loro, aveste riscritto il vostro testamento, come fanno
sempre i vecchi sciocchi? Signore e signori, i vostri figli dichiarano di
volere solo ciò che gli spetta. Dicono, ridendo, che loro non vivranno per
sempre. (Ebbene sì: vi confiderò, in via ufficiosa, che in diversi casi è stato
un parente acquisito che ha valutato la possibilità di una crociera sulla S.S.
Ariel; i vostri figli e le vostre figlie hanno semplicemente collaborato, a
posteriori, a cose fatte. Naturalmente non è la stessa cosa). Signore e
signori, come vostro capitano, in procinto di salutarvi, lasciatemi dire che
sono solidale con la vostra situazione. Le vostre espressioni sbalordite,
l'andatura barcollante, gli occhi umidi, le bocche che cianciano - "Che
scherzo di cattivo gusto!" "È intollerabile!" "È un
incubo!" "Nessuno dei miei figli potrebbe essere così crudele,
disumano, mostruoso," eccetera - tutto questo è toccante, uno strazio per
il mio cuore e del tutto naturale. Si potrebbe quasi dire tradizionale.
Innumerevoli altre persone, di cui potreste scoprire le ossa se aveste
l'energia e lo spirito necessari per esplorare l'Isola della Tranquillità (o
del Riposo), hanno reagito più o meno allo stesso modo. Quindi non disperate,
signore e signori, perché le vostre emozioni, per quanto dolorose, sono
radicate nel tempo; ma non sprecate le poche ore preziose che vi restano da
vivere, perché queste emozioni sono futili. Signore e signori: l'Isola della
Tranquillità, sulla quale ora vi trovate a sudare freddo nell'afa mattutina, ha
una circonferenza di circa sei chilometri, una forma ovoidale, un curioso
arcipelago di gigantesche rocce metamorfiche che si estende verso Nord, un moto
ondoso martellante e allucinatorio e un orizzonte vago, sognante e lontano che
la circonda su tutti i lati. Il terreno è una miscela di cenere vulcanica,
sabbia, roccia e torba; l'interno della giungla è costellato da infide paludi
di sabbie mobili. È un'isola davvero esotica, ma la maggior parte di voi si
abituerà abbastanza in fretta ai venti incessanti che l'attraversano da diverse
direzioni allo stesso tempo, all'aria calda e stantia come fiato, così intima,
carezzevole, narcotica. Vi abituerete alle onnipresenti mosche della sabbia,
alle scintillanti libellule con le loro ali iridescenti da quarantacinque
centimetri, alle numerose specie di serpenti (per vostra informazione, il
piccolo imprevedibile baya, chiazzato di arancione, è il più velenoso); l'ara
carnivora dal becco rosso e il grido che perfora le orecchie; le rane toro
grandi come i conigli del Nord America; le tartarughe da novanta chili con gli
intelligenti occhi a mandorla; le scimmie ragno giocherellone come bambini; i
tapiri; le tarantole; e, più colorati di tutti, i buffi casuari con le teste
ossute, i bargigli dai colori allegri e le ali sottosviluppate: sgraziati
uccelli che milioni di anni di evoluzione, su quest'isola priva di predatori
mammiferi, hanno reso incapaci di volare. E le orchidee: alcuni di voi hanno
già notato le bellissime e abbondanti orchidee che crescono ovunque, decine di
specie, di ogni colore immaginabile, alcune grandi come acini d'uva e altre
come la testa di un uomo, purtroppo non commestibili. E gli odori dell'isola:
sono profumi o olezzi? Si tratta di vita dilagante e fresca, o del rancido
decadimento della giungla? Che differenza fa? Di notte (e i più coraggiosi tra
voi dovrebbero sopravvivere a numerose notti, se la storia passata si ripete),
potrete contemplare la luna tropicale, così diversa dalla nostra luna
nordamericana, che pende pesante e luminosa nel cielo come un frutto troppo
maturo; vi ritroverete a sorridere di fronte allo spettacolo dei pesci
fosforescenti che si agitano tra le onde; verrete cullati nel sonno dal
frastuono degli insetti, dalle grida degli uccelli notturni, forse dalle vostre
stesse preghiere. Alcuni di voi si aggrapperanno gli uni agli altri come
animali da gregge terrorizzati; altri si allontaneranno da soli, storditi,
rifiutando di essere toccati, perfino confortati, dal coniuge con cui hanno
condiviso cinquant'anni. Signore e signori, io, il vostro capitano, parlo a
nome dell'equipaggio della S.S. Ariel, e vi porgo i miei saluti. Signore e
signori, i vostri figli mi hanno chiesto di assicurarvi che vi amano, ma sono
intervenute delle difficoltà. Signore e signori, i vostri figli mi hanno
chiesto di ricordarvi gli anni in cui erano davvero bambini, del tutto
innocenti come li immaginavate, e vi adoravano come divinità. Signore e
signori, ora mi congedo da voi proprio come fanno i bambini, salutandovi non una
ma numerose volte, in modo solenne, reverenziale. Addio, addio, addio.</i></b></div>ilcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-42741410742433344412024-03-03T19:32:00.010+01:002024-03-05T18:59:24.192+01:00Lamemoriadeigiornipassati. 67 B.M.: «I programmi sono carta straccia. Lasciamoli ai socialisti, alle loro interminabili discussioni teoriche. Io non so che farmene di dottrine e programmi; io, anzi, me ne devo disfare, perché devo potermi riempire degli umori della gente». <div><p style="text-align: justify;"><!--[if gte mso 9]><xml>
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</xml><![endif]--><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"></i></b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOmkAS1gSRuQZCZ73ogk9dJwUukj2W8SrxhXg7kzUDcjjaXn2BD7Fa5O_3rbn2P8DjTURoQJ-oVr-6XoNteEvx-g_5a_PprItQr-PzGIEhGuGtam2id4zlWfqjn8JGWKXGS12dBvtsEYF-BUwYqy9EmRwCcCUMg5p2LeIGfwehzUlP7yLArfNjVvIgqTGN/s800/Mussolini_172859736-6d5e1e0c-a57e-41aa-ade3-be4c13bf9fab.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="800" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOmkAS1gSRuQZCZ73ogk9dJwUukj2W8SrxhXg7kzUDcjjaXn2BD7Fa5O_3rbn2P8DjTURoQJ-oVr-6XoNteEvx-g_5a_PprItQr-PzGIEhGuGtam2id4zlWfqjn8JGWKXGS12dBvtsEYF-BUwYqy9EmRwCcCUMg5p2LeIGfwehzUlP7yLArfNjVvIgqTGN/w400-h225/Mussolini_172859736-6d5e1e0c-a57e-41aa-ade3-be4c13bf9fab.jpeg" width="400" /></a></i></b></div><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><br /></i></b></div><div style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span><a name='more'></a></span>(…). Nel volgere di pochi anni, Benito
Mussolini tradì tutti: i pacifisti, i socialisti, i repubblicani, D'Annunzio
che lo aveva ispirato, i liberali giolittiani che lo avevano portato in
Parlamento, i camerati squadristi della vigilia che gli avevano spianato la
strada a forza di manganellate. Soprattutto tradì se stesso, diventando l'uomo
che aveva odiato da ragazzo. Questa sistematica infedeltà del tiranno fascista
si combinava, però, con una paradossale forma di coerenza. A ogni nuova brusca
svolta del suo cammino, a ogni nuova promessa tradita, l'animale politico rimaneva
coerente con la regola aurea del populista; rimaneva fedele a quell'intuizione
secondo cui il leader nell'era delle masse avrebbe potuto governarle soltanto seguendole,
non precedendole, solo a patto di non avere principi o idee propri a
ostacolarlo, a patto di non avere criteri o programmi di governo a vincolarlo;
rimaneva fedele al turbolento, confuso, spregiudicato tribuno delle origini,
sempre pronto a ostentare disprezzo per i programmi. "I programmi sono
carta straccia," diceva quell'arruffapopolo. "Lasciamoli ai
socialisti, alle loro interminabili discussioni teoriche. Io non so che farmene
di dottrine e programmi; io, anzi, me ne devo disfare, perché" devo
potermi riempire degli umori della gente." (…). </i></b>(Tratto da <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Fascismo e populismo”</b> di Antonio
Scurati, Bompiani editrice, 2023).
</div><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">“<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">I</span></b>l<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">d</span></b>elitto<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">M</span></b>atteotti”. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">8</span></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Matteotti è morto e va fatto sparire”</b> di Claudio Fracassi
pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del primo di marzo 2024: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ora
il gruppo dei rapitori al servizio di Mussolini, in fuga nella Lancia Lambda
nera piena di sangue, aveva a che fare con un cadavere. Matteotti era stato
ucciso in macchina con una "arma da punta e da taglio”, come fu poi
stabilito dalla prima autopsia. Ma naturalmente il cadavere - questo era
l'intendimento unanime degli assassini membri della cosiddetta "Ceka"
mussoliniana - non doveva essere né ritrovato né consegnato alla giustizia e
agli anatomopatologi. Chi aveva vibrato la coltellata decisiva alla gola di
Matteotti? In seguito, scoperti e – come vedremo - sottoposti a una inevitabile
indagine giudiziaria per l'omicidio, gli assassini della banda
"cekista" di Mussolini si difesero con un penoso scaricabarile. Il
capo Amerigo Dumini sostenne addirittura che Matteotti, immobilizzato a forza
nella macchina, aveva avuto un imprevisto e immotivato "sbocco di
sangue" (interrogatorio del 24 ottobre 1924); ma i medici liquidarono la
ridicola tesi. Molti anni dopo, lo stesso Dumini dichiarò a propria difesa di
aver avuto una (poco credibile) "mezza confessione" da Albino Volpi:
Matteotti "con un calcio aveva colpito ai testicoli il Volpi e questi
allora, accecato dal dolore acutissimo, aveva ucciso con una pugnalata il
Matteotti perforandogli un polmone” (Fondo M., 4 aprile 1947). Una cosa colpì
alcuni di coloro - medici e giudici - che nel nascente clima mussoliniano
ebbero poi lo spiacevole compito di esaminare le imbarazzanti bugie degli
assassini di Matteotti: l'uccisione affidata all'opera della Ceka era
"avvenuta troppo presto" rispetto a quanto programmato dal vertice
fascista. Spiegò quel piano anni dopo Dumini, il capo della squadra: "Necessario
era nel modo più assoluto mettere il Matteotti nelle condizioni di non più
parlare, di scomparire anzi, per sempre. Non doversi trovare più né vivo né
morto". Adesso l'ordine di Marinelli (portavoce del capo fascista e
controllore della cassa della Ceka) era quello di "bruciare il cadavere di
Matteotti e di ritirare tutto quanto egli aveva indosso...”. A questo scopo, la
Lancia nera si fermò in piena campagna per "esplorare i dintorni" e
"vedere se era possibile eseguire l'ordine di cremazione" (vedi
Memoriale Dumini). Ma la via Flaminia era percorsa a tratti da carretti,
cavalli e anche qualche auto: "Non potendo bruciare il cadavere, perché
cosa troppo lunga e soggetta a sorprese da parte di estranei, fu deciso di
seppellirlo subito. Pensammo di mettere il morto di nuovo nell'automobile per
trasportarlo nella località indicata da Marinelli ove già era apprestata una
fossa; ma il passaggio del dazio, nell'entrare ancora in città, sarebbe stato
sommamente pericoloso". L'auto con a bordo il corpo di Matteotti e i suoi
assassini vagò per alcune ore nei territori boscosi compresi tra la Flaminia e
la Cassia, alla ricerca di un luogo adatto. Tuttavia il capo della Ceka,
Dumini, mantenne apparentemente, e spavaldamente, il controllo della
situazione. A un certo punto addirittura, per avere informazioni sulla strada
"fece richiesta a una pattuglia di carabinieri, i quali non poterono
accorgersi di quanto era accaduto perché la macchina aveva le tendine
abbassate" (Fondo M., interrogatori di uno dei sicari, Alfredo Poveromo).
All'interno, il corpo del deputato ucciso era ormai rigido e
"completamente rannicchiato". La faccia "era cosparsa di
sangue... Il sangue impregnava l'intero abitacolo, compresi i sedili e gli
abiti" (Memoriale Dumini). Solo quando cominciò a fare buio gli assassini
decisero di sbarazzarsi "in qualche modo" del cadavere, chiudendo il
caso Matteotti. Questo, in un interrogatorio, il racconto di uno dei sicari:
"Sull'imbrunire ci siamo ritrovati alla Quartarella, abbiamo adocchiato una
macchia e fermatici, io, Viola e Malacria ci siamo inoltrati per vedere sevi
era un sito per riporre il cadavere". Gli altri due "restavano nella
macchina facendo le viste di guardare il motore. Dumini ordinò che il cadavere
di Matteotti fosse spogliato. Io gli ho levato le scarpe, Volpi gli ha levato
la giacca e Malacria e Volpi gli tolsero i pantaloni... Abbiamo trasportato il
cadavere, lo abbiamo messo nella fossa e lo abbiamo ricoperto di terra,
rimettendo nuovamente al suo posto, ossia nella fossa scavata e ricoperta, il
tronco dell'albero che ben mascherava la sepoltura. </i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Onde evitare che si vedesse
la terra smossa, con i piedi vi abbiamo fatto andare delle foglie". (Fondo
M., Interrogatori Amleto Poveromo). La fossa scavata dagli assassini era
angusta: mezzo metro di profondità, da 40 a 70 centimetri di larghezza; sotto
il terreno molle "vi era uno strato roccioso". Erano ormai le nove di
sera. La macchina, attraversando la periferia cittadina ormai deserta, puntò
verso il centro. L'idea di Dumini, che aveva mantenuto il suo sangue freddo,
era di portare la Lancia a Firenze, togliendola per qualche giorno dalle strade
di Roma, e solo allora, ripulita a dovere, restituirla al garage di via dei
Crociferi. Raggiunto alla redazione del Corriere Italiano, il direttore Filippelli,
reduce da una cena, trovò ad attenderlo un serafico Dumini. Costui, secondo il
racconto di un altro "cekista", era "calmo, indifferente e
normale, niente affatto turbato!'; gli descrisse i particolari del delitto e
prospettò la necessità di togliere dalla vista per qualche giorno la tragica
Lancia. Tra gli uomini della Ceka, alla fine, prevalse l'idea di non affrontare
subito un viaggio verso Firenze, ma di nascondere la macchina per qualche
giorno in un garage tranquillo, seguendo poi le direttive di Mussolini.
Quest'ultimo fu avvisato nelle prime ore del" mattino da Arturo Fasciolo,
suo segretario particolare e stenografo. Costui consegnò a sua volta al capo
del governo, nella sede della Presidenza, "il passaporto di Matteotti e la
lettera di un socialista genovese diretta al deputato, che erano state tolte
dal cadavere". La Lancia nera, che era stata parcheggiata in via della
Stamperia, fu nascosta nel garage privato del caporedattore del Corriere
Italiano Nello Quilici, nella zona periferica di Città Giardino. Poi la
comitiva, che lungo il percorso aveva animatamente discusso su pregi e difetti
della prestigiosa vettura, tornò in via Cavour 44 per far scendere Dumini. Lì
abitava la sua fidanzata Bianca. L'uomo non era preoccupato: con qualche complicazione,
il compito af-fidatogli era stato eseguito; come testimoniò poi la lettura dei
quotidiani del mattino, tutto era tranquillo. Nel pomeriggio sarebbe ripresa
alla Camera la discussione sull'Esercizio provvisorio. Non c'era traccia della
voce, diffusa da alcuni ragazzini al Flaminio, dell'aggressione a un giovane
uomo dalle parti del lungotevere Arnaldo da Brescia. Apparentemente il caso
Matteotti ("la sua misteriosa scomparsa", scrivevano i giornali del
governo) era destinato a chiudersi presto, con qualche bugia di Stato. Ne era
convinto il mussoliniano Marinelli, che aveva tranquillizzato l'inquieto Cesare
Rossi: "Bisogna essere calmi e tutto si metterà a posto... è il Presidente
che insisteva sernpre... L'unica cosa da fare è stare al nostro posto e far
finta di niente". Ma il "caso Matteotti" esplose politicamente
in tutta Italia dopo l'individuazione della Lancia attraverso la targa (che un
portiere aveva casualmente registrato). Molti - in quel 1924 di smarrimento e
di indignazione - si spinsero a prevedere la caduta di Mussolini. La terribile
vicenda, dopo il ritrovamento del cadavere, fu esaminata talvolta con scrupolo
dalla giustizia. Ma negli anni le bugie del regime - ormai onnipotente -
prevalsero sulla verità. Furono le ricerche, le inchieste e i processi veri (ma
nel dopoguerra) ad aprire gli archivi e a punire alcuni dei colpevoli. Ma
questa è un'altra storia da raccontare. </i>(FINE)</b> </p><p></p><p></p>
ilcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-78956482328647113452024-03-02T23:05:00.005+01:002024-03-03T19:34:13.216+01:00ItalianGothic. 100 Francesco Guicciardini: «Le cose passate fanno luce alle future perché el mondo fu sempre di una medesima sorte e ciò che è e sarà è stato in altro tempo». <div style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg88kLkvVOAEsWScG9jrJZTwT37-qrQzbyaNgQE4pJVvfUPRPm-D9ZJcJY0e8W4Naizb2S8hB9iqoQUSI2NQtef1-kkV0l9I10B9Z8BGoE-dwV-TIJs2ADeeyoeQj1vztz1WrS7xft-H09mE-EHqQxzKDJjcKHg9OQLNK7QdLY04aDAWqRcGu48K1gnf0-v/s1200/meloni-berlusconi-1200x630-3-1200x630-1.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="630" data-original-width="1200" height="210" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg88kLkvVOAEsWScG9jrJZTwT37-qrQzbyaNgQE4pJVvfUPRPm-D9ZJcJY0e8W4Naizb2S8hB9iqoQUSI2NQtef1-kkV0l9I10B9Z8BGoE-dwV-TIJs2ADeeyoeQj1vztz1WrS7xft-H09mE-EHqQxzKDJjcKHg9OQLNK7QdLY04aDAWqRcGu48K1gnf0-v/w400-h210/meloni-berlusconi-1200x630-3-1200x630-1.jpg" width="400" /></a></div><br /><span><a name='more'></a></span>È sgarbato, teatrale, si fa fotografare
sorridente con Vittorio Feltri e Alessandro Sallusti, si infervora di fronte
alla polizia urlando «ci dovete uccidere» ed è esponente del Pd, malvisto dal
Pd, di cui più si parla. Nel bene (poco), nel male (molto di più}, ma intanto
se ne parla; l'unico forse di cui anche l'ultimo degli uomini comuni
nell'ultimo bar d'Italia conosce il nome e il volto. Facile da indovinare,
Vincenzo De Luca è trending topic di una sinistra senza combattenti, là dove
per combattenti si intende figuri disposti a scendere nell'arena del dibattito
che non sia solo un teorizzare in politichese. Tutti con le mani nei capelli
perché in un fuori onda ha definito «stronza» la premier, tutti a fargli no no
col ditino come si farebbe con un bambino che dice una parolaccia, ma De Luca
va dritto come un treno. Per dove non si sa. Che voglia la leadership del Pd
pare improbabile, magari sta solo creando un tesoretto di consenso per avere il
terzo mandato, magari sta facendo salire le sue quotazioni alle stelle, ma di
sicuro sta prendendosi la scena. Elly Schlein (che De Luca chiama con perfidia
«Elena» dopo che lo ha commissariato con Susanna Camusso su Caserta e Antonio
Misiani sulla Regione) ha detto sì a un confronto in tv con Giorgia Meloni e a sinistra
si vocifera al riguardo. La paura è che Meloni, forte di uno stile di
combattimento ormai riconosciuto come unico e quasi sempre vincente, possa
mettere in scacco la dogmatica Elly, un po' per esperienza e un po' perché
nell'arte del duello verbale non ha paura di mollare qualche colpo sotto la
cinta. Potendo scegliere chi inviare al confronto televisivo tra De Luca e
Schlein, chi vi farebbe stare tranquilli quantomeno di un pareggio? Di solito
quelli che si contraddistinguono in politica o si prendono tutto da soli a
scapito degli altri (ricordiamoci sempre Renzi Matteo da Rignano sull'Arno) o
vengono universalmente riconosciuti come gli unici in grado di sostenere un
determinato periodo storico (Enrico Berlinguer? Massimo D'Alema?). Ci si
avvicina a un periodo di elezioni e i sondaggi dicono che la destra metterà sul
pallottoliere un'altra vittoria. Qui conta la filosofia dell'allenatore della
Juventus Massimiliano Allegri: il «corto muso». Non importa come o con quanto
scarto, conta solo vincere. Ci basterebbe non prenderne troppe visto che la
sinistra si avvia a capitolare ancora e tra un po' manco un Che Guevara
redivivo potrà restaurarne l'immagine nel cuore degli elettori che rimpiangono
tutto del passato (persino Romano Prodi e Fausto Bertinotti) e che tengono il
Pd a circa il 19% nei sondaggi, sotto di dieci punti rispetto al centrodestra e
ancora troppo vicino al MSS che si aggira sul 15%. De Luca non è perfetto, De
Luca ha mille difetti, per De Luca vale ciò che si diceva di Silvio Berlusconi,
ci ricorda il De Luca in noi, ma di sicuro è uno in grado di trascinare la
folla. È il caso di fare gli schizzinosi? Lo hanno soprannominato «Faraone»,
«Fidel», «Sceriffo», «Governatore del mondo», tutti nomignoli che invece di
scalfirlo lo rafforzano. Lui irrompe sulla scena con battute tipo: «Ho appreso
che Elena (Schlein) si avvale della consulenza di un'arrnocromista, che si fa
pagare 300 euro l'ora, si chiama Enrica Chicchio... Cacchio, mi verrebbe da
dire». E niente, piace alla gente proprio per questo. E la gente è
l'elettorato, ha bisogno di qualcuno che parli la sua lingua, ogni tanto. </i></b>(Tratto
da <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Fenomenologia di De Luca il dem
populista”</b> di Ray Banhoff pubblicato sul settimanale “L’Espresso” del 23 di
febbraio 2024).
</div><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“La polidiga
muore d’agosto”</b>, testo di Filippo Ceccarelli pubblicato sul settimanale “il
Venerdì di Repubblica” del 23 di febbraio ultimo: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">(…). …appena un dubbio: che cosa
è più, ormai, la politica? A tale dilemma, nei giorni di buonumore,
l'osservatore scettico e attempato non può fare a meno di pensare a Ciriaco De
Mita che, intercettando lo sguardo di quei quattro o cinque giornalisti che nel
Transatlantico di Montecitorio facevano capannello attorno a lui come al
glorioso Caffè Lanzara di Avellino, rispondeva come un vero intellettuale della
Magna Grecia e, alzando al cielo quei suoi occhietti a capocchia di spillo,
scolpiva con il suo inconfondibile accento: «La polidiga - pausa solenne, poi
tutto d'un fiato -è-la-po-li-diga!».</i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">E la cosa finiva lì, più o meno,
lasciando nell'aria un vago e buffo sentore di mistero e un po' anche di
truffa. Antropologia di una nazione. Quando c'erano ideali e progetti, e quindi
interessi, ma anche passioni, appartenenze, radicamenti e perfino maiuscoli
affidamenti per l'aldilà (Paradiso, Patria, Socialismo) per i viventi non c'era
nemmeno bisogno di chiedersi che cosa era la politica (lapolidiga). C'era e
tanto bastava, talvolta pure «soverchiava», come ammetteva con una punta di
malizia un altro dc, Giulio Andreotti. Ma oggi, nei giorni tristi? Ecco, oggi
il dubbio, il sospetto e la pena, pure, è che la politica non sia
sopravvissuta. La politica, quella che regnava ai tempi di Berlinguer, De Mita,
Andreotti (…) ecco, non c'è più. Al suo posto c'è un'altra cosa, difficile da
definire, (…). Era il 1996 e da allora quell'evoluzione che sapeva di ritorno
non s'è più fermata, una degradazione tribale, a tratti un camuffamento
carnevalesco, comunque qualcosa di molto complicato, che già a saperlo
designare si risolverebbero un sacco di problemi. Ma intanto la scomparsa della
politica, e ancor più l'enigmatica sostanza che l'ha rimpiazzata, ci permette
da un lato di capire meglio quale formidabile documento storico sia anche stato
Ferie d'agosto </i></b>(film di Paolo Virzì dell’anno 1996 n.d.r.)<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">
dall'altro con quale stato d'animo supplementare converrà vedere Un altro
Ferragosto </i></b>(dello stesso Virzì nelle sale dal prossimo 7 di marzo
n.d.r.)<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">, il seguito di una storia, ma anche della storia che tutti un po' ci
riguarda. Dal primo film è passato il tempo di una generazione. Ma lì venne
fuori per la prima volta la spaccatura antropologica che avrebbe dominato la
società italiana fino ai nostri giorni. Pare qui riduttivo buttarla sull'Italia
divenuta bipolare o sull'ideologia del maggioritario. Con molti scrupoli e
altrettanta approssimazione si tira in ballo la nozione di antropologia, a
lungo la più negletta fra le scienze sociali in un Paese per tanto tempo
intriso di cultura fascista, cattolica e marxista. Ma quegli opposti
villeggianti confinati in un'isola </i></b>(Ventotene, luogo d’esilio degli
antifascisti n.d.r.)<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"> a suo modo simbolica nella storia di questo Paese, rispondevano ormai
alle logiche del clan. Non solo, ma più che vicendevolmente e politicamente
ostili, erano divenuti incompatibili, in sintomatica e sospetta simmetria.
Prima che per le loro opinioni o per i partiti che avevano votato, erano i
pensieri, i linguaggi, i gusti, i desideri, i consumi, il cibo addirittura,
insomma la vita stessa li aveva resi così alieni da oscurare qualsiasi
possibile mediazione. L'inizio della ripugnanza reciproca. Poi sì, certo, tra
loro e anche all'interno delle due tribù, accadevano tante sorprese, c'erano
avventure e sviluppi sentimentali. Ma a ripensarci, è nell'agosto cinematografi
di Ventotene che può fissarsi l'inizio della totale e reciproca ripugnanza; lì
ci si rese conto del collasso della parola, il progressivo assottigliarsi di
uno spazio intermedio che consentiva l'incontro, il confronto, lo scontro,
comunque la comunicazione. Questo il senso ultimo e in fondo anche ultimativo
che la commedia, il nostro più alto e fedele genere artistico, trasmetteva
della mutazione in atto, l'inizio dell'eterno presente. La semplificazione
aveva semplificato troppo. (…). Sarebbe comodo adesso dare la colpa a qualcuno
di questo vuoto. Delle sceneggiate, del cicaleccio, delle sconcezze, del
perenne sobollire di una pentola di fagioli che non si cuociono mai e che
ciascuno mangerà in solitaria, o troppo crudi o spappolati, ma con un bel post
su Instagram. Di chi la colpa? Ma già la parola "colpa" ci precipita
dentro le reciproche prigionie esistenziali di Ferie d'agosto. Non è colpa di
nessuno. Troppo facile dire: Berlusconi. Se non altro sul piano della
cronologia, il Cavaliere arriva cinque anni dopo la catastrofe del comunismo.
Anche dentro il Pci, nel vivo delle persone e dei loro rapporti, fin dentro i
tinelli e le camere da letto, era accaduto qualcosa di straordinario, profondo
e terribile. Berlusconi avrà pure preparato il terreno a se stesso quale messia
dell'individualismo, degli spettacoli, delle merci e di tutte le scemenze, ma
anche, dall'altra parte, tra horror vacui e cupio dissolvi, lo sconvolgimento
aveva messo in causa la psiche e l'anima di milioni di persone oscurando un
riscatto che si trasmetteva persino nei funerali, con le bandiere rosse che
aspettavano sul sagrato fuori delle chiese. Di nuovo la vita, di nuovo la
politica che si accartocciava su se stessa abbandonando l'umanità. Gloriose
comunità in decadenza si erano arrese quasi subito a Mani Pulite. Al loro posto
un brusìo, un formico lì o, rabbiosi sarcasmi, disprezzo in sovrabbondanza,
solitudine. Così vale forse la pena di alzare la testa e allargare le braccia
in segno di sconcertata rassegnazione. Non è colpa di nessuno. Quando le stesse
maschere vacanziere di Ventotene saranno invecchiate senza capirci più niente,
ecco, è la storia che scrive soggetti e sceneggiature. Spiace qui abbandonarsi
a una prosa risoluta, ridicolmente oracolare. Ma dopo trent'anni di
incomunicabilità, la politica ha fatto a tempo a diventare pienamente la
scimmietta di quella che c'era prima. Sembra tutta una recita, "la
democrazia recitativa" non a caso l'ha designata lo storico Emilio
Gentile. Il tifo, il divano, i complotti, l'ignoranza, le fregnacce, gli
strilli dei talk show, le minacce social, il saluto romano, l'armocromia,
l'orgoglio italiano, te lo raccomando! Ancora la vita, sempre più lontana,
ancora la storia. "Le cose passate fanno luce alle future perché el mondo
fu sempre di una medesima sorte e ciò che è e sarà è stato in altro tempo".
Con il dovuto ringraziamento che si deve a Francesco Guicciardini, e anche a
Paolo Virzì, non sai mai bene se bisogna essere lieti o preoccuparsi prima di
andare al cinema, forse l'una cosa non esclude l'altra.</i></b> </p><p></p>
ilcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-53527242343431573882024-03-01T18:17:00.007+01:002024-03-02T23:06:41.511+01:00Lavitadeglialtri. 26 Alessandro Robecchi: «La dichiarazione di guerra è stata consegnata: ai poveri». <div style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4x9IqM5xZt-T0Lfgs_3juysOg_nWbZPafgKhMCRpL0Rtl0rCJ68SeQZK-2LWEIR1g5RmdlodtpeN3UvCJCqRh-4EdWaO2Q4vsZ9JcCIUCDunAb2qNpLVRJ8z_0olGEd6ABG1tbED1lIF6VIg2QFQdCupFtXQgf1D66f360f-ATh3HdMlyvwNEpfX-m00-/s500/poveri.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="363" data-original-width="500" height="290" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4x9IqM5xZt-T0Lfgs_3juysOg_nWbZPafgKhMCRpL0Rtl0rCJ68SeQZK-2LWEIR1g5RmdlodtpeN3UvCJCqRh-4EdWaO2Q4vsZ9JcCIUCDunAb2qNpLVRJ8z_0olGEd6ABG1tbED1lIF6VIg2QFQdCupFtXQgf1D66f360f-ATh3HdMlyvwNEpfX-m00-/w400-h290/poveri.png" width="400" /></a></div><br /><span><a name='more'></a></span>A
Mario mancano tre anni alla pensione, da 35 è impiegato nella grande
distribuzione, in un supermercato Pam di Corso Svizzera a Torino. A un certo
punto la vita comincia a precipitare: il mutuo di casa schizza alle stelle, sua
moglie si ammala. Mario stringe i denti, dà fondo ai risparmi. Ma con questi
lavori mica metti in banca milioni e i risparmi finiscono presto. Un giorno
perde la testa, sono parole sue, e ruba sei uova e una scamorza affumicata
dagli scaffali del supermercato, gli stessi che aveva riempito e su cui aveva
vigilato per tanti anni. Lo beccano subito perché lui non è un ladro di
professione, è solo un uomo disperato e affamato. Appena viene sorpreso con la
scamorza nel sacco, ammette tutto e chiede scusa: "Ho sbagliato, ma vivo
una situazione privata ed economica al limite del sostenibile. Non è una
giustificazione, solo una spiegazione". All'azienda le scuse e la
mortificazione non bastano. Il licenziamento in tronco arriva per raccomandata:
"Appare particolar-mente grave che lei abbia deliberatamente prelevato
dagli scaffali di vendita alcune referenze per un valore complessivo di 7,05
euro e sia poi uscito dal negozio senza provvedere al pagamento delle stesse.
Le scuse da lei fornite non possono giustificare in alcun modo l'addebito
contestato. Considerati violati gli obblighi generali di correttezza, diligenza
e buona fede, ritenuto venuto meno l'elemento fiduciario, avendo abusato della
sua posizione all'interno dell'organizzazione a proprio indebito vantaggio e a
danno della società, le comunichiamo la risoluzione del rapporto di lavoro per
giusta causa". I sindacati, giudicando la misura del licenziamento
sproporzionata, hanno fatto ricorso. Anche Jean Valjean, il protagonista dei
Miserabili, ruba un mezzo pane e per tutta la vita viene inseguito da Javert,
il poliziotto che diventerà il simbolo universale della giustizia ottusa e,
appunto, sproporzionata. Ma questi sono gli aggettivi della burocrazia e dei
tribunali, abbiamo bisogno di altre parole per capire un sistema disumano, che
si basa su uno schiavismo legalizzato che (anche) nella grande distribuzione
trova terreno fertile. Questo sistema feroce - in cui si sono polverizzate le
reti sociali (in un alimentari a gestione familiare la vicenda di Mario sarebbe
andata a finire nello stesso modo?) e milioni di individui sono esposti alle
intemperie del mercato - è pensato a discapito della maggioranza e a vantaggio
dei pochi che si spartiscono le ricchezze del mondo, con l'avallo dei governi.
Il nostro, nonostante una situazione di crescente, paurosa povertà, ha abolito
il Reddito di cittadinanza anche grazie a un'indegna campagna di stampa portata
avanti dai principali giornali italiani per conto di lorsignori. In un bel
libro appena uscito per Einaudi, Antologia degli sconfitti, Niccolò Zancan
mette in fila le storie dei nuovi Valjean: nella discesa agli inferi
dell'emarginazione gli apre la porta Egle, un'anziana signora che fruga
nell'immondizia del mercato di Porta Palazzo, in cerca di verdura per fare il
minestrone. Ma nella vita di prima c'erano state una casa, una famiglia, le
vacanze a Loano sulla 500. Poi si è ritrovata a vivere con la pensione di
reversibilità del marito e la dignità perduta in un cassonetto della
spazzatura. In questo atlante della disperazione c'è tutto il catalogo degli
emarginati: un padre separato, un senza casa che dorme in auto, un
cassintegrato, prostitute, migranti, rider. E un ladro di mance che viene
licenziato come Mario. L'aiuto cuoco gli dice: "Da te non me lo sarei mai
aspettato". E lui gli risponde, umiliato, "nemmeno io". Invece è
tutto prevedibile e ha un nome semplice: si chiama povertà. Dei poveri però non
frega niente a nessuno, incredibilmente nemmeno dei lavoratori poveri: sono
solo numeri nelle statistiche dell'Istat. Finché non rubano sei uova e una
scamorza</i></b>. (Tratto da <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Ecco il
lavoro povero spiegato coi numeri: 6 uova e 1 scamorza”</b> di Silvia Truzzi
pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di ieri, giovedì 29 di febbraio 2024).
</div><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Destra
sociale. <a name="_Hlk160209200">La dichiarazione di guerra è stata consegnata:
ai poveri</a>”</b>, testo di Alessandro Robecchi pubblicato su “il Fatto
Quotidiano” del 7 di febbraio ultimo: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">La dichiarazione di guerra è stata
consegnata nelle mani di alcuni milioni di italiani, quelli poveri, che si ostinano
a esserlo e a rimanerlo, nonostante i proclami del clan famigliare al governo e
le magnifiche sorti del Paese illustrate ogni sera dai cinegiornali Luce, un
tempo detti Tg. Una sistematica opera di bonifica ai danni di una parte non
esigua della popolazione, quella che fatica a mettere insieme il pranzo con la
cena, quella che – anche lavorando – si ritrova ai confini della soglia di
povertà, o addirittura sotto. Tolto il reddito di cittadinanza a un milione di
famiglie (a 400.000 via sms), dopo una campagna stampa trasversale durata anni
tesa a descrivere ogni meno abbiente del Paese come un bieco truffatore, le
famiglie con un sussidio sono oggi 288 mila, ma il sussidio sono due carote e
un pomodoro, e per averlo bisogna avere un Isee di tipo sahariano: 6.000 euro
all’anno, che in una città come Milano, per dire, non ti bastano nemmeno per
andare alla Caritas in tram. Alcuni – fortunelli – hanno ricevuto da Yo soy
Giorgia una carta alimentare, una moderna carta annonaria, da 382,5 euro
all’anno (1,04 euro al giorno, non scialate). Insomma, chi non ce la faceva, o
ce la faceva a malapena con grande fatica, è stato prima preso a ceffoni dai
giornali (i famosi fannulloni sul divano) e poi direttamente affamato dal
governo. Chi ha fatto i conti stima più o meno un risparmio di 4 miliardi per i
tagli al reddito e un esborso di mezzo miliardo per il caritatevole obolo di un
euro al giorno, che fa un risparmio secco di 3 miliardi e mezzo: non volendo
prenderli dagli extraprofitti delle banche – sacrilegio! – li si prende dagli
extrasfigati, componente sociale in continuo aumento. Naturalmente finché c’è
la salute c’è tutto, e se la salute non c’è, cazzi vostri. Se ti serve un esame
urgente o una cura veloce e non puoi aspettare un anno, e non puoi pagarti una
sanità privata (tipo quella che possiedono i giornali che sostengono
vibratamente Yo soy Giorgia) che ti devo dire, pazienza, verremo al funerale.
Alla sanità sono finiti 3 miliardi, che andranno quasi tutti in contratti del
personale, e undici italiani su cento rinunciano a curarsi per mancanza di
soldi. Il grande vanto e ostentazione della famiglia (sur)reale di Chigi Palace
per la valanga di soldi destinati agli anziani è tragicomico. Un po’ perché si
sventolano soldi che già arrivavano, e un po’ perché la platea è composta da
ultraottantenni non autosufficienti, gravissimi, con un Isee inferiore a 6.000
euro: meno di trentamila persone nel 2025 e meno di ventimila nel 2026 (la
strategia è puntare sulle esequie, insomma). Però, per fortuna, si aiutano le
donne. Oddio, non esageriamo. Forse era una buona idea quella della
decontribuzione (fino a 3.000 euro lordi) per le donne che lavorano, poi però
ecco la sorpresa: vale solo per le donne che hanno tre figli (tre!) e che siano
lavoratrici assunte regolarmente a tempo indeterminato, nell’ecosistema
italiano animali piuttosto rari. Se vuoi lo sconto sui contributi – ma solo per
un anno – devi avere almeno due figli, se no zero. È una variante dei
fannulloni sul divano: solo che qui si consiglia di stare sul divano a
figliare. Tra l’altro, se hai un bambino solo, ti paghi l’asilo, perché per
avere un contributo di figli devi averne almeno due, se no zero pure qui. Questo
è il contenuto della dichiarazione di guerra. Come andava di moda dire, c’è un
aggressore e un aggredito, che nei cinegiornali della sera non si vede mai.</i></b></p><p></p>ilcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-81267524537889477602024-02-29T19:34:00.001+01:002024-03-01T18:19:32.245+01:00Lamemoriadeigiornipassati. 66 Da un canto himalaiano: «Ho pietà di coloro / che l'amore di sé lega alla patria. / La patria è soltanto un campo di tende in un deserto di sassi». <div style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghn3vNQhF8drKwwxLVbypGiUUmB_qZyxzup8ftPrO4Gjmg2KX1OiSESfV8KXLrLkcfSCG2oEyA8ipWTSc7QFLd3RFGLoPtAk2Ii16cCXLUVOK2_lN-3POhH6kjDxGEwDjdCGlboFElSjdkA1sFWaJRwIwzAG3LQlFaARl73zovounagIYXkzySzlZpWT-i/s829/Terzani_9788850254774_0_536_0_75.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="829" data-original-width="536" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghn3vNQhF8drKwwxLVbypGiUUmB_qZyxzup8ftPrO4Gjmg2KX1OiSESfV8KXLrLkcfSCG2oEyA8ipWTSc7QFLd3RFGLoPtAk2Ii16cCXLUVOK2_lN-3POhH6kjDxGEwDjdCGlboFElSjdkA1sFWaJRwIwzAG3LQlFaARl73zovounagIYXkzySzlZpWT-i/w259-h400/Terzani_9788850254774_0_536_0_75.jpg" width="259" /></a></div><br /><span><a name='more'></a></span>Dice Ursula von der Leyen, presidente della
Commissione Ue e badante di Joe Biden, che “dobbiamo muoverci velocemente” contro
una fantomatica “minaccia di guerra” fabbricando nuove armi sempre più
distruttive, “come è già stato fatto con i vaccini”. E nessun infermiere porta
via questa squilibrata che paragona farmaci che hanno salvato tante vite umane
a strumenti di morte che ne stermineranno altrettante. (…). Per capire la
follia che annebbia le menti delle classi intellettuali e dirigenti europee
basta unire i puntini degli ultimi due anni: più armiamo l’Ucraina e
sanzioniamo la Russia, più la Russia avanza in Ucraina e l’Europa si dissangua,
i ceti medi e bassi si impoveriscono, crollano i partiti bellicisti e crescono
quelli pacifisti e i multipolari, ma purtroppo anche i fascisti e gli
ultranazionalisti, votati da chi si sente ancor più solo e meno protetto
dinanzi a regole e austerità asimmetriche valide per lui, ma non per i miliardi
e le armi inviati a getto continuo a Kiev, che già fa concorrenza sleale sui
cereali. Nello splendido libro I sonnambuli. Come l’Europa arrivò alla Grande
Guerra, Cristopher Clark smonta la storia scritta dai vincitori che incolpa in
esclusiva gli imperi di Germania e Austro-Ungheria per la Prima guerra mondiale
e le conseguenti tragedie del comunismo, del fascismo e del nazismo: “Lo
scoppio della guerra non è un giallo di Agatha Christie, alla fine del quale si
scopre il colpevole con la pistola ancora fumante accanto a un cadavere. In
questa storia… ciascun personaggio principale ne ha in mano una. I tedeschi non
erano i soli imperialisti… in preda a ossessioni paranoiche. La crisi che portò
alla guerra nel 1914 fu il frutto di una cultura politica condivisa”: destre
nazionaliste, liberaldemocratici e socialisti rivoluzionari. Tutti “sonnambuli
apparentemente vigili, ma incapaci di vedere, tormentati dagli incubi ma ciechi
di fronte alla realtà dell’orrore che stavano per portare nel mondo”. Oggi i
sonnambuli vestono i panni degli “euroatlantisti” che ci trascinano
spensieratamente verso la terza guerra mondiale, portano i voti con le orecchie
ai fascisti e poi, appena escono i sondaggi o si aprono le urne, danno la colpa
a Putin per non doversi guardare allo specchio</i></b>. (Tratto da <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“I nuovi sonnambuli”</b> di Marco Travaglio
pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di oggi, 29 di febbraio 2024).
</div><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">“<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">G</span></b>uerrae<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">P</span></b>otere”. Dalla prefazione di Tomaso
Montanari al libro di Tiziano Terzani <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Lettere
contro la guerra”</b> pubblicata su “il Fatto Quotidiano” di oggi: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Il 16
settembre 2001, cinque giorni dopo quell'11settembre, Tiziano Terzani pubblica sul
Corriere della Sera il primo di alcuni articoli che poi diventeranno le Lettere
contro la guerra. In quel momento l'Occidente è profondamente scosso
dall'attentato alle Torri Gemelle: dilaga una totale identificazione con gli
Stati Uniti ("siamo tutti americani"), insieme a un esplicito
desiderio di vendetta, che presto sfocerà in una guerra di civiltà contro
l'Islam, travestita da "guerra al terrorismo". Terzani rompe un lungo
silenzio per prendere pubblicamente, e quasi da solo in Italia, la posizione
opposta. (...). Rileggere oggi queste Lettere di Terzani significa ritrovare le
parole per denunciare il veleno del patriottismo occidentale, che oggi torna a
inquinare cuori e discorsi: "Ho pietà di coloro / che l'amore di sé lega
alla patria. / La patria è soltanto un campo di tende in un deserto di
sassi", dice un vecchio canto himalaiano citato da Fosco Maraini nel suo
Segreto Tibet. Per costruire la pace dobbiamo liberarci da questa retorica del
"noi contro loro" e ricordare invece, ancora con Terzani, che la
guerra "viene usata oggi per la militarizzazione delle nostre società, per
produrre nuove armi, per spendere più soldi per la difesa. Opponiamoci, non
votiamo per chi appoggia questa politica, controlliamo dove abbiamo messo i
nostri risparmi e togliamoli da qualsiasi società che abbia anche lontanamente
a che fare con l'industria bellica. Diciamo quello che pensiamo, quello che
sentiamo essere vero: ammazzare è in ogni circostanza un assassinio". Dirlo
ha un prezzo, e non da ora. Nel 1914 Rolland fu trattato da traditore della
patria e dell'Occidente: "Il nemico peggiore - notava - non si trova al di
là delle frontiere, esso è all'interno di ciascuna nazione, e nessuna nazione
ha il coraggio di combatterlo. Questo mostro a cento teste si chiama imperialismo,
un orgoglio e una volontà di dominio che vuole assorbire, sottomettere o
distruggere tutto, che non tollera alcuna libera grandezza al di fuori di se
stesso". Rolland citava il giudizio sulla civiltà occidentale che il
grande poeta indiano Rabindranath Tagore aveva appena pronunciato a Tokyo:
"Essa consuma i popoli che invade; stermina o annienta le stirpi che ostacolano
la sua marcia di conquista. Una civiltà di cannibali. Opprime i deboli e si
arricchisce a loro spese. Col pretesto del patriottismo essa tradisce la parola
data, tende senza vergogna i suoi tranelli di menzogne, erige idoli mostruosi
nei templi dedicati al Guadagno, il dio ch'essa adora. Ebbene noi profetizziamo
che tutto ciò non durerà per sempre". Rolland supplicava: "Avete
sentito uomini europei? Non tappatevi le orecchie!". Ebbene, siamo di nuovo
qui, e di nuovo abbiamo bisogno di aprire le nostre orecchie e il nostro cuore:
a questo servono le pagine straordinarie di questo piccolo, grande libro. La
sua è una prospettiva di conversione, di cambiamento radicale dei nostri
pensieri sulla guerra e sulla nostra posizione nel mondo. Terzani sa vedere che
la radice della guerra è la stessa del violento dominio maschile sulle donne e
della devastazione dell'ambiente: l'istinto di possesso e comando. Citando
Gandhi, egli torna a ripeterci: "Finché l'uomo non si metterà di sua
volontà all'ultimo posto fra le altre creature sulla Terra, non ci sarà per lui
alcuna salvezza".</i></b></p>
ilcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-90737366249247457842024-02-28T19:10:00.007+01:002024-03-01T18:18:36.063+01:00Lamemoriadeigiornipassati. 65 Massimo Colaiacono: «È la democrazia che si vergogna di se stessa la più grande minaccia alla democrazia». <div><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSBaSycy7KS28is1BElKmR4lc_45U-1qeC2vvQ0n38z59kTpGoGMJ7iNgXhhgjF9vPhuiTJVqwfuu4-ybEs5-aoQK3XrS8aNxupzwwmZkZnDvqc2QM2OIILJTAy8StARIwSpRSVZ84YCbVzNmRUKHLPviNgyesONNolGea00ITb-SY9s0kjBThEE2NYCoB/s800/Fascismi_180818051-a7630222-43de-4ec4-b45f-58b5789a88cf.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="800" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSBaSycy7KS28is1BElKmR4lc_45U-1qeC2vvQ0n38z59kTpGoGMJ7iNgXhhgjF9vPhuiTJVqwfuu4-ybEs5-aoQK3XrS8aNxupzwwmZkZnDvqc2QM2OIILJTAy8StARIwSpRSVZ84YCbVzNmRUKHLPviNgyesONNolGea00ITb-SY9s0kjBThEE2NYCoB/w400-h225/Fascismi_180818051-a7630222-43de-4ec4-b45f-58b5789a88cf.jpg" width="400" /></a></div></i></b><!--[if gte mso 9]><xml>
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<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">Nella foto. 1933: parata militare della gioventù
hitleriana a Norimberga davanti a Baldur von Schirach che fa il saluto nazista,
pubblicata sul quotidiano “la Repubblica” del 26 di febbraio 2024.</p>
<br /></div><div style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span><a name='more'></a></span>(…). Non credo che il fascismo sia stato una
fase “inevitabile” della storia italiana. È stata una risposta violenta e
locale ai moti socialisti e poi comunisti di inizio secolo, ben foraggiata da
agrari e industriali. Ha potuto prevalere per la grande gracilità della nostra
borghesia, incapace di costruire, come in Francia, un’idea di Nazione laica e
democratica. Dovremmo qui risalire, forse, al micidiale impedimento, in
funzione anti-moderna, costituito dal secolare potere temporale della Chiesa, (…).
Al netto della grande fatica ideologica che tutti condividiamo, il confine tra
democrazia e dittatura, tra libertà e costrizione, mi sembra ancora molto
chiaro. Prima e dopo il fascismo l’Italia è stata una democrazia, con tutti i
suoi evidenti limiti. Durante il ventennio no, e tanto basta per dirmi
antifascista. Di più, e forse di peggio, c’è la “forma” specifica del fascismo.
La sua etica e la sua estetica. Il mito grottesco dell’Impero, la retorica
bellica e ginnica, la virilità da parata, la boria di cartapesta, e su tutto il
mascherone tragicomico del Duce. La prima volta che lo vidi in televisione non
la dimenticherò mai. Avrò avuto dieci anni. Gigioneggiava, mani sui fianchi,
fez in testa, petto in fuori, sguardo roteante. In quegli anni si era abituati
alle meste grisaglie e ai pallori dimessi dei democristiani. Chiesi a mio
padre: ma chi è quel matto? (testuale) Mio padre (cinque anni di guerra alle
spalle, tre anni di prigionia in Africa) allargò le braccia e mi rispose:
purtroppo è Mussolini. Come per dire: incredibile ma vero, è da lui che è
dipeso il mio destino e quello del mio Paese. E mio padre non era certo di
sinistra: votava Malagodi, che era un po’ il Calenda dell’epoca. (…), le mie
due scuole di formazione (la borghesia liberale nella quale sono nato, il
partito della classe operaia, il Pci, nel quale mi sono formato) sono entrambe
sconfitte. Ha stravinto la piccola borghesia massificata che fu l’ossatura
sociale del fascismo ed è la base elettorale della nuova destra. Sempre tenendo
fede alla spericolata sintesi che mi sono ripromesso: io sono dunque
doppiamente antifascista, lo sono al cubo. Come borghese e come ex comunista. (…)</i></b>.
(Tratto da <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Antifascista al cubo”</b> di
Michele Serra pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 2 di
febbraio 2024).</div>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“L’uomo che
smascherò i fascismi”</b>, testo di Massimo Colaiacono pubblicato sul quotidiano
“la Repubblica” del lunedì 26 di febbraio 2024: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">(…). Il fascismo è nato il 23
marzo 1919, a piazza San Sepolcro, oppure il 28 ottobre 1922, giorno della
marcia su Roma, o ancora il 10 giugno 1924 con l’assassinio di Giacomo
Matteotti? La storia funziona un po’ come uno specchio retrovisore. Chi la
scrive dispone di date, eventi, protagonisti e può allineare tutto e
ricostruire circostanze, contestualizzare atti politici e coglierne il
significato alla luce delle conseguenze da essi prodotte. È attorno a queste
domande che la storiografia si è arrovellata per decenni a cercare risposte,
trovandole ogni volta in misura più o meno soddisfacente, ma sempre parziali. Fino
al 1974, cioè mezzo secolo fa, quando George Lachmann Mosse, docente di storia
nelle Università di Madison e di Gerusalemme, erede di una ricca famiglia di
editori tedeschi, ha impresso una svolta dimostrando l’assoluta inutilità della
fatica di cercare un certificato che rechi la data di nascita del “fascismo” e
dei “fascismi” europei del Novecento. Il secolo (…) ha avuto, nell’analisi di
Mosse, una gestazione lunga, addirittura secolare. (…). Le radici dei
“fascismi” europei affondano (…) in quella parte del Settecento in cui la
rousseauiana “volontà generale” ha finito per intorbidare le acque,
faticosamente rese chiare da Montesquieu con la sua divisione fra potere
legislativo, esecutivo e giudiziario. Mosse individua due fattori all’origine
dei totalitarismi: la manipolazione della tradizione, attraverso il recupero di
simboli, lessico, favole popolari e liturgie che laicamente si sovrappongono
alla tradizione religiosa cristiana; l’esigenza di rompere tutti i filtri
formali, procedurali e istituzionali che impediscono il rapporto diretto fra il
capo e il popolo, fino allora impedito dalle élite in quanto custodi dei valori
“borghesi”. Le origini del totalitarismo sono in parte comuni alle sue varianti
fascista e comunista. Con alcune differenze significative: il fascismo, per
esempio, puntava a recuperare la simbologia del potere della Roma antica, e la
partecipazione delle masse alle adunanze “oceaniche” di Piazza Venezia, come
pure l’inquadramento capillare della popolazione, per fasce di età, nelle
manifestazioni pubbliche e negli eventi sportivi, erano i canali privilegiati
per costruire il rapporto diretto fra il capo e il popolo. «Milioni di persone
videro nelle tradizioni di cui parlava Mussolini - scrive Mosse - una
possibilità di partecipazione politica più vitale e più significativa di quella
offerta dall’idea “borghese” di democrazia parlamentare, e questo poté
succedere solo perché esisteva una lunga tradizione rappresentativa non solo
dei movimenti di massa nazionalisti, ma anche dei movimenti di massa dei
lavoratori». Da questa forma di sedazione collettiva delle coscienze si arriva
agevolmente all’annullamento dell’identità individuale. (…). Mosse ha indagato
il totalitarismo con una ricchezza di strumenti mai prima impiegati:
dall’antropologia, al teatro, alle organizzazioni sportive, dalla sociologia
alla religione alla danza. Senza schematismi né pregiudizi che ne avrebbero
infiacchito l’analisi, ci mette in guardia su un punto: guai a pensare che i
“fascismi” non avessero matrice e tendenze democratiche. Mussolini e Hitler, (…),
hanno distrutto la democrazia parlamentare per via democratica, attraverso
libere elezioni. Quanto al livello di dispotismo via via sviluppato, esso è
esattamente in rapporto al grado di adesione manifestato dalle masse, alla loro
capacità di assorbimento di quei valori “borghesi” sui quali era stata costruita
la Nazione. La massificazione di simboli e liturgie in cui riconoscersi ha poi
completato il processo di nazionalizzazione. Sterilizzata la coscienza
individuale e soffocata ogni capacità di giudizio critico, il potere
autoritario si ritrova titolare degli strumenti necessari per reprimere ogni
forma di dissenso sulla base di una legalità “di massa”. Perché, e qui Mosse
devia e innova rispetto al giudizio fino ad allora diffuso, se è vero che il
nazionalsocialismo ha anche usato il terrore, è altrettanto vero che il suo uso
è stato limitato alla luce «della genuina popolarità della letteratura e
dell’arte naziste». È possibile filtrare gli eventi del nostro tempo alla luce
delle analisi di Mosse? Se è vero, come affermava Croce, che la storia è sempre
storia al presente, nelle pagine del grande studioso ci sono indizi importanti
seguendo i quali le turbolenze di questi anni trovano una loro collocazione
storica e ci chiamano a nutrire una sana e robusta inquietudine per le sorti
della democrazia parlamentare, sempre meno attrattiva e resa tale da quelle
forze che vivono il Parlamento come un inutile ingombro, a memoria dell’aula
“sorda e grigia” che Mussolini avrebbe voluto fare, e poi fece, “bivacco di
manipoli”. La democrazia totalitaria, studiata nella sua genesi da Jacob
Talmon, non è necessariamente il punto di approdo per l’Occidente. L’Europa,
più degli Stati Uniti, è circondata da regimi autoritari, da “democrature”,
secondo un neologismo orrifico, come può essere la Turchia di Erdogan e, sull’altra
sponda del Mediterraneo, l’Egitto o la Tunisia. L’aggressione di Putin
all’Ucraina ha risvegliato demoni che generazioni spensierate, venute su a pace
e benessere, avevano frettolosamente sepolto nel pozzo della storia. Le stesse
generazioni sfilano per le vie di Londra, Roma, Parigi, New York agitando
bandiere palestinesi, invocano la fine del conflitto a Gaza e la condanna di
Israele per “genocidio”. Confermando così che è la democrazia che si vergogna
di se stessa la più grande minaccia alla democrazia.</i></b></p><p></p>ilcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-64276634019100375282024-02-27T17:43:00.011+01:002024-02-29T19:40:45.072+01:00ItalianGothic. 99 All’art. 17 della Costituzione Italiana: «I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica». <div><p style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"></i></b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEib9mKpIVcoGyYvH1wAwB7kl7uB5YFJhF4qE56b2CyP_kylSDUUs00ba4deEQYBSBRqBXdOiv9z70j4pxtaZpzmcTcTt2mMhcwhNOYVzhjV1Rrv4C-nZxiQSmB_4y098ALbGMhF0Fc6iiFazGSfpLLRpYGExSwb4VVonA538bhSmnxdkqhlMSLhBGNYnPZj/s1500/Biani_FUMDFbMWIAAK1ma.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="842" data-original-width="1500" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEib9mKpIVcoGyYvH1wAwB7kl7uB5YFJhF4qE56b2CyP_kylSDUUs00ba4deEQYBSBRqBXdOiv9z70j4pxtaZpzmcTcTt2mMhcwhNOYVzhjV1Rrv4C-nZxiQSmB_4y098ALbGMhF0Fc6iiFazGSfpLLRpYGExSwb4VVonA538bhSmnxdkqhlMSLhBGNYnPZj/w400-h225/Biani_FUMDFbMWIAAK1ma.jpg" width="400" /></a></i></b></div><div style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">(…). Non per fare i pierini, o i pedanti, o
i babbioni, ma nella Costituzione la Patria è menzionata con grande misura,
solo due volte. La prima all'articolo 52, là dove è scritto che "La difesa
della Patria è sacro dovere del cittadino", e non sfugge a nessuno la
potenza lessicale di quel "sacro". La seconda volta la si incontra
all'interno dell'articolo 59, nel quale è detto che "il Presidente della
Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno dato lustro
alla Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e
letterario", e anche in quest'altro caso le parole usate segnalano un
senso profondo, "altissimi" meriti che danno "lustro",
quindi luce, onore, distinzione. </i></b></div><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span><a name='more'></a></span></i></b><div style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">E da qui, con il dovuto ritardo, comincia a
rotolare giù per la china la rubrichetta, che giunge trafelata al disegno di
legge intitolato "Istituzione del premio di Maestro dell'arte della cucina
italiana" da poco approvato alla Camera e in attesa del via libera dal
Senato. Il ddl comporta una spesa di 2.000 euro all'anno ed è presentato dal
ministro dell'Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste,
l'implacabile Lollobrigida: stabilisce appunto di premiare ogni anno con quel
titolo e una medaglia di bronzo sei cittadini "che si siano in maniera
encomiabile distinti nel campo della gastronomia e, con la loro opera, abbiano
esaltato il prestigio della cucina italiana illustrando la Patria - eccotela là
- e contribuendo a valorizzare l'eccellenza nazionale". Ora, non tutti
sono tenuti a sapere che nel progetto di riforma presentato, pur con qualche
bel pasticcetto, dal governo dei patrioti, sono aboliti i senatori a vita che
illustravano la Patria. Ma ecco che tale degna ed encomiabile condizione
troverà nuova vita lessicale nella bronzea patacca dei sei Maestri da
scegliersi fra gelatai, pasticcieri, cuochi, vitivinicultori, olivicultori e
produttori di formaggi. Loro sì che danno lustro, gli altri bye bye. Intanto la
Patria resta una e anche un po' invasiva, come la mamma o il genitore 2, ma al
posto dei senatori si avranno finalmente i gelatari a vita. </i></b>(Tratto da <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Gelatari a vita”</b> di Filippo Ceccarelli
pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 23 di febbraio 2024).</div></div><p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Così
iniziano i regimi. Con il premierato sarà anche peggio”</b>, intervista di
Serenella Mattera a Gustavo Zagrebelsky pubblicata ieri, lunedì 26 di febbraio, sul quotidiano “la Repubblica”: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">«Questo proliferare di cariche e manganelli,
questo clima di repressione per ora tiepida, diffondono un senso di
insicurezza. Alle mie figlie e nipoti, se avessero l’età di quei ragazzi di
Pisa, sentirei la responsabilità di dire di pensarci due volte prima di
scendere in strada. Ma così si comprime un diritto, si diffonde una cattiva
aria. Il diritto a manifestare è il primo ad essere colpito nei regimi
autoritari. In Russia, in Afghanistan, in Iran, in certi regimi islamici, nei
Paesi golpisti del Sud America, la prima repressione si fa nelle strade». (…).</i></b></p><p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">«Con i ragazzi i manganelli esprimono un
fallimento», ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Un
intervento non consueto. Non ricordo un precedente tanto netto, un tanto chiaro
richiamo ai principi della convivenza civile e ai principi costituzionali. Non
è un caso di moral suasion, è una presa di posizione ufficiale che, per quel
che vale, ha la mia condivisione totale. Mi ha inquietato che abbia dovuto
intervenire il presidente della Repubblica».</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Si riferisce al silenzio della presidente
del Consiglio Meloni? «Mi sarei aspettato che le prime reazioni indirizzate a
ricordare i limiti e la funzione della polizia, venissero dal governo,
responsabile della corretta gestione dell’ordine pubblico. Dalla presidente del
Consiglio e dai due ministri più strettamente coinvolti, il ministro della
Giustizia Carlo Nordio e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi».</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Piantedosi, nell’occhio del ciclone,
rivendica di dover mantenere l’ordine pubblico, sua competenza. «Competenza e
responsabilità. Ma quale ordine pubblico? Una cosa è l’ordine pubblico dei regimi
autoritari, che è l’ordine nelle strade. Altra cosa è l’ordine pubblico nella
Costituzione, che non è repressione ma garanzia dell’ordinato sviluppo delle
libertà costituzionali. Brutto segno che abbia dovuto ricordarglielo il
presidente della Repubblica. Mi pare che vari ministri non conoscano la
Costituzione e neanche certi prefetti e questori, e spesso neanche i
giornalisti che parlano di manifestazioni non autorizzate».</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Sta sostenendo che a prevalere è la libertà
di scendere in piazza? «L’articolo 17 della Costituzione dice che tutti i
cittadini hanno il diritto di riunirsi, a condizione che la riunione sia
pacifica e senz’armi. È sotto il fascismo che occorreva l’autorizzazione
dell’autorità pubblica: l’esercizio dei diritti allora era subordinato al
beneplacito del governo. La nostra Costituzione non prevede alcuna
autorizzazione: delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato semplicemente
un preavviso alle autorità. Il preavviso non è la richiesta di
un’autorizzazione. Il principio è il diritto, l’eccezione è il divieto che può
essere disposto eccezionalmente solo con provvedimento motivato in relazione a
“comprovati” motivi di sicurezza o incolumità pubblica».</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Il ministro dell’Interno fa sapere che la
polizia voleva proteggere la sinagoga a Pisa e il consolato Usa a Firenze,
luoghi sensibili. Non è un argomento valido? «Luogo sensibile può essere
qualsiasi cosa, una strada, un cimitero, un’ambasciata, una sede di partito o
di sindacato. Ci sono naturalmente luoghi in certe circostanze storiche più
esposti alla violenza, come lo sono in questo momento quelli evocativi del
conflitto in Medio Oriente. Ma in questi casi si giustifica non il divieto
della manifestazione, bensì la disciplina, anche rigorosa, delle modalità di
svolgimento: gli organizzatori devono dare un preavviso, che serve all’autorità
per predisporre le misure necessarie all’esercizio pacifico del diritto a
manifestare. Solo quando ciò non è possibile si può disporre il divieto».</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">E se gli organizzatori non danno il necessario
preavviso? «La violazione dell’obbligo di preavviso comporta sanzioni soltanto
a carico dei promotori e non anche di chi partecipi pacificamente alla
manifestazione. Tale partecipazione — cito una sentenza della Corte
costituzionale, la n. 90 del 1970 — “si risolve nel concreto esercizio di un
diritto costituzionalmente protetto”. E invece non solo questi ragazzi hanno
incontrato un abuso del diritto da parte dello Stato, ma sono incorsi
direttamente nella sanzione di una manganellata. È stato un episodio
poliziesco. L’autorità di pubblica sicurezza non è lì per reprimere ma per
garantire l’esercizio di quello che è un diritto, fino a quando in concreto,
non ipoteticamente, non trasbordi in violenza».</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Come si spiega dunque quelle manganellate
agli studenti? «Non ne capisco la ragione, se non in termini di intimidazione.
Finora per nostra fortuna non c’è stato alcun episodio che abbia provocato
ferite gravi o addirittura mortali. Ma questa violenza per ora tiepida, ma che
può surriscaldarsi, diffonde un senso di inquietudine e insicurezza. Non voglio
fare fastidiose citazioni. Ma un grande saggio del passato ha detto che la
libertà consiste precisamente nella sicurezza dei propri diritti».</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">La sicurezza dei diritti è compressa anche
dalle identificazioni? Con la polizia che chiede i documenti al loggionista
antifascista della Scala o a chi depone fiori per Navalny. «In sé per sé,
l’identificazione può essere un’utile misura di prevenzione e repressione dei
reati. Ma diventa un problema quando è ‘mirata’ e suscita il sospetto che serva
ad altri fini».</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Piantedosi obietta: anche io sono stato
identificato. «Sembra che dica “che male c’è?” Ma, l’identificazione non
finisce mica lì. Chi viene identificato è schedato, incasellato in un rapporto
di polizia. E la schedatura, che si può fare intercettando le telefonate o
controllando gli spostamenti e la partecipazione a manifestazioni pubbliche,
accresce, insieme alle manganellate, il clima di apatia che sempre piace a
tutti i regimi illiberali».</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Insomma, le ragioni di ordine pubblico
servono a giustificare la limitazione del dissenso? «Rendono difficile ciò che
la Costituzione vorrebbe fosse facile. E in questo senso si può parlare di
limitazione».</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Siamo su un crinale pericoloso? «La domanda
che è lecito porsi è: quel che accade è un rigurgito di cose del passato o il
preludio a qualcosa del futuro? Nessuno di noi è profeta, ma ciascuno di noi ha
la sua parte di responsabilità nei confronti del futuro. Se questi episodi si
ripeteranno e se si è in quella parte del popolo italiano, io penso
maggioritaria, che vuole evitare di imboccare la strada di involuzioni
autoritarie, è buona cosa che ci si mobiliti. Manifestare per poter
manifestare. Mi pare che qualcosa stia già accadendo».</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Salvini le risponderebbe: “Noi stiamo con i
poliziotti”. «È inquietante il ‘sempre e comunque’ che accompagna queste
professioni di fede. Tutti siamo con la polizia quando difende i diritti
costituzionali ma, nello stato democratico, esiste la necessità di controllare
chi esercita poteri di qualunque tipo essi siano. ‘Sempre e comunque’
ciecamente con qualcuno, mai».</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">È ancora convinto che la riforma del
premierato di Meloni voglia portarci verso il modello Orbán? «Quella riforma
costituzionalizzerebbe un’idea di democrazia del vincitore e del vinto. Il
vincitore si può facilmente considerare abilitato a usare tutti gli strumenti
della vittoria. Quale più classico del manganello?».</i></b></p>ilcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-30533586178735382352024-02-26T22:31:00.010+01:002024-02-27T17:49:09.712+01:00Lavitadeglialtri. 25 26.02.2023 Cutro. «La sinfonia del Legno venuto dal mare».<p><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 16pt;"></span></b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 16pt;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhvgok9oftd8Sv23yPdc9n5gPR4s7WLB749vsDCqLfjRA9dEnd4QdZ3HI3kzA6y59Xl4Bt_m_v75-acBCvfn2p6xCELKBNxEm7pXSb_T_gxQh3xQmpqCKsBC6STvYejETo8EctYLUzZyc6xW5hU7w6yjR1SZuAM1nM9kbeGXtff_17Ob3KPpxzzyUyRHaha/s800/Cutro_26_02_2023_194903135-9d423d2b-90e7-4c09-b689-b22562efb083.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="800" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhvgok9oftd8Sv23yPdc9n5gPR4s7WLB749vsDCqLfjRA9dEnd4QdZ3HI3kzA6y59Xl4Bt_m_v75-acBCvfn2p6xCELKBNxEm7pXSb_T_gxQh3xQmpqCKsBC6STvYejETo8EctYLUzZyc6xW5hU7w6yjR1SZuAM1nM9kbeGXtff_17Ob3KPpxzzyUyRHaha/w400-h225/Cutro_26_02_2023_194903135-9d423d2b-90e7-4c09-b689-b22562efb083.jpg" width="400" /></a></span></b></div><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">1</span></b>. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Vediamo se riuscite a</i></b><p></p><p><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">riconoscermi: puzzavo di</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">salsedine e di vomito quando</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sono approdato a questa terra...</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span></span></i></b></p><a name='more'></a><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Non so se mi credete...io sono il</i></b><p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Legno venuto dal mare. Ero</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sfinito, a pezzi, ricordate? Ma</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">in principio ero Dio e la mia</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">fibra, forte come il ferro.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Forse per questo, immagino, i</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">mercanti mi chiamano “Iron</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Wood”. Loro non sanno che è</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">l’armonia la mia forza</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">segreta, e che il mio nome vero</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">è A-ZO-BE’.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Così mi ha battezzato la</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Foresta in una notte piena di</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">tamburi…</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">In quei tempi felici</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">rombavano i torrenti del mio sangue,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">le termiti temevano</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">la voce del mio tronco.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">La mia ombra pesante</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">tracciava un cerchio sacro nella giungla.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Avevo per fratello l’Ippopotamo…</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">vivi e morti cercavano rifugio</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">dentro di me e le scimmie</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">tenevano assemblee sugli alti rami.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ascoltavo in preghiera</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">lo scroscio delle piogge equatoriali</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e il canto delle donne</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sulla fiaba di Songo, il re dei pesci,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">che sposa una ragazza</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">di pelle liscia e bruna come l’ebano.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Che notti! Vedo tutto come allora…</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">denti d’avorio che mordono il buio</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">scintille di bracieri</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">che se ne vanno nel cielo stellato</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e la Dea Luna, enorme, che mi sfiora</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">allungando le dita sul mio corpo.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">E quando usciva l’astro del mattino</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sentivo fermentare nelle vene</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">il canto del Malimbe</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">come la schiuma di birra di sorgo.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ma un pomeriggio tacquero i tamtam.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Veniva il malaugurio,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">veniva gente di razza padrona.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">E subito ringhiò una motosega</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">con denti acuminati che squarciarono</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">il silenzio, scalfendomi la carne.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Diedi ai bastardi del filo da torcere</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">il bosco emise cori di protesta,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e quelli si fermarono, allibiti</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">tracannarono rum, si detersero</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">il sudore. Pensai che se ne andassero</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">ma no: tra le bestemmie e le zanzare</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">la sciabola dentata ripartì.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Si ribellarono ragni e formiche…</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">ma non servì. Ci fu uno scricchiolio,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sangue nero schizzò</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e sprofondai con un tuono tremendo</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">assieme agli antenati</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">abbarbicati al mio tronco possente.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">La luna piena si fece di ruggine,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">l’onda sonora cinse l’equatore</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e gli anelli del ceppo, denudati</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">svelarono i miei anni</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">pari alla vita di dodici uomini.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">2</span></b>. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">E traversai il grande mare di dune</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">un viaggio interminabile</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">fino a una terra nuda</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">che non donava il conforto dell’ombra.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Più non udivo il grido del Malimbe</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">ma solo lo sciacquio della risacca.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">E restai solo, mentre i miei fratelli</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">viaggiavano nel vento e nella neve</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">per essere umilianti traversine</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sotto i bisonti di ferro dei Bianchi.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ma accadde che un mattino</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">un pescatore mi tastò la pelle</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">con alfabeto Braille di polpastrelli</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e sussurrò: “Azobè, diventa barca!”.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Conosceva il mio nome,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">così lo lasciai fare, docilmente.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">E lui, seguendo ogni nervatura,</i></b></p><p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">trasse da me le costole ricurve</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">mi cinse di fasciame resinato</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">poi mi piallò con cura</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e mi coprì di vernice a colori.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ebbi per nome una sillaba sola:</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Oud”, sì, proprio così,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">una parola cava e musicale</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">che il mare ripeteva</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">dalla Fenicia fino a Gibilterra.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ero una chiglia, ero un grembo materno</i></b></p><p></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">che ricalcava la linea perfetta</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">della barca degli Umili.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Volai sul mare rigato di schiume…</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Il vento costruiva sinfonie</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">creava turbolenze nelle scotte…</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e io con la mia fibra sostenevo</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">la grandiosa portanza della vela</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">che cantava in tre tempi</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">su lunga linea verde di palmeti.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Nel ruggito del mare</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">l’uomo alla barra doveva artigliare</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">la mia criniera d’Africa</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">con tutte due le mani per frenarmi.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Feci man bassa di alici e di sgombri,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">spesso abbordavo le navi dei ricchi</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">con pentole fumanti di frittura.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Pescai finché morì il mio capitano.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">E lì rimasi solo, senza vela,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sotto stelle straniere.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Mi tormentavano il sale e le raffiche</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e Tramontana, ululando instancabile,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">diceva che quel mare</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">era una tomba, una trappola infame</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">dove i poveri andavano a spiaggiarsi</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">in una bianca linea di dolore.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">3. </span><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Molti
anni passarono…</i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 14pt;"></span></i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">la sabbia smerigliava le ferite</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">ma una sera funesta</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">vennero bestie con denti di cane</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">mi palparono i muscoli</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">dissero: “Vecchio, il tuo ultimo viaggio</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sarà di sola andata”.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Mi piantarono chiodi nella carne</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">legarono una gomena alla prua</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">urlando “muovi il culo, barca schifa”</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">poi mi stiparono dentro creature</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">terrorizzate, anche donne e bambini,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">più di cinquanta in sette metri e mezzo.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Mi trascinava un motore impaziente</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">là dove non avevo mai osato:</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">verso l’immenso deserto di sale.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Per far coraggio ai miseri, un ragazzo</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">si erse a prua e gridò: “Ricordate!</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Il nostro nome è Hariq, gli incendiari,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">capaci di bruciare le distanze!</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Quando saremo oltre</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">daremo fuoco anche a questa chiglia</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">faremo come Tariq Bin Ziyad</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">che conquistò la Spagna</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">dopo avere incendiato le sue navi!</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Noi bruceremo pure la miseria</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e questa morte lenta</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">che giorno dopo giorno ci sfinisce”.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Le madri da lontano li imploravano:</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Guardatevi dal gorgo senza fondo!</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Attenti agli spietati zabaniyyah,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">che con corone di spine vi aspettano</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e con calici colmi di erbe amare!”.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ma i padri senza cuore li incitavano:</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">“La vostra è l’ordalia dell’età adulta...</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">in questo mondo sei uomo o sei preda…</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">piuttosto che esser prede, meglio morti”.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">E appena le mascelle</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">del mare nero morsero il fasciame</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e fulmini si videro a distanza,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">i demoni del dubbio si svegliarono</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e si levò una triste litania:</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Dio dove sei, insostenibile assenza,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">schiaccia col piede il malvagio serpente”.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">La prua saliva al cielo e sprofondava</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">mentre una rete a strascico dragava</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">anime perse in mare che avvertivano:</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">“State passando Ginan al-gahimstate</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">passando i giardini d’inferno,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">noi siamo i trentamila senza nome</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">che ingrassano gli abissi</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">con carni bianche di donna e bambino.”</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Ahi!”, gridarono i miseri</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">se lo spietato mare ci tradisce</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sii tu, oh Terra Madre, a trarci in salvo!</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Tu che hai milioni di figli nel grembo</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">porgici ancora i tuoi dolci capezzoli!”</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">E quando l’Orsa Maggiore affondò</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">la barra del timone all’orizzonte,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">si vide come un’ombra accovacciata</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">ferma nella tempesta</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">poi una linea di luci lontane.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">E proprio allora i mercanti di schiavi</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">ci lasciarono soli</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e furono inghiottiti dalla notte.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Sentii gridare: “Dio,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">salva mio figlio, che ha solo tre anni!”</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ma io fui molto più svelto di Dio</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">io, schiavo figlio dell’Africa Nera,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e senza più catene, liberato,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">gridai forte nel buio:</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Non voglio che il mio legno sia una bara!”</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e proprio in quel momento</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">vennero in sogno i miei legni fratelli</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">con un machete, a sfoltire le schiume.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Rimasi per un attimo sospeso</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">al vertice dell’ultimo frangente</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">finché un rullio crescente di tamburi</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">riuscì a precipitarmi nella tenebra...</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">…e mi spiaggiai con le ultime forze</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sulla battigia di Terra Promessa.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Puzzavo di sentina e cherosene</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">vomitai stracci, ciabatte, forchette</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">poi fui marchiato a fuoco con un numero</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e, come me, altri legni fratelli</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">legni sfiniti di madre lontana</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">che ripetevano “OUD” nella notte,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e il lungo monosillabo vibrava</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">pareva “WOOD”, il legno degli Inglesi.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">4. </span><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Pensavo
mi bruciassero</i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 14pt;"></span></i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">come in Spagna le barche</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">di Tariq Bin Ziyad conquistador:</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e invece no, fui portato lontano,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sentii di nuovo motori ruggire</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">ruote rullare su nastri d’asfalto.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Alla fine del viaggio</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">fui sprangato da sbarre</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">sentii eco di ferri e chiavistelli</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e grida rauche, in fondo a corridoi.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Pensai che fosse vicina la fine...</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">… e invece mi toccarono altre mani.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Mani infelici, forse, mani sporche,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">ma anche benedette dal dolore.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">E quelle dita, come di sciamano,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">con infinita cura</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">pulirono la morchia e le vernici</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">chiusero le ferite una per una</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e vollero scompormi,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">indovinando ogni nervatura,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">fino al mio nucleo radiante segreto.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Quando ho sentito tendersi le corde,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">la chiglia diventare cassa armonica</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e la prua un bel manico ricurvo,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">quando mi sono accorto</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">che OUD suonava concavo di nuovo…</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e le lacrime e il sale</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">rendevano più morbido il mio canto,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">lì ho risentito i tamburi di un tempo</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e ho risvegliato il brivido</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">di quand’ero felice tra le schiume</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e il vento mi arpeggiava nelle sartie.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">E ora, in questa conca venerabile</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">è tempo che la musica si spanda</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e scorra come vino</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">per gli invitati alle nozze di Caana,</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">tempo che l’umile barca da pesca</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">suoni per voi la “Sinfonia del mare”</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">canti con voce dei mille più mille</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">rimasti sui fondali senza nome</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">urli, per quelli che avete respinto</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e per quelli buttati sulla strada</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">ma chieda anche perdono</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">per aguzzini, negrieri, necrofili</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e anche per i tanti indifferenti</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">che han dimenticato</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">i padri con valigia di cartone.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">La vecchia barca venuta dal mare</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">si carica anche Giuda sulle spalle</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">e fa questa promessa:</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Non sarò più sarcofago, ma culla.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Nella sua terza vita</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">il mio legno sonoro non si limiti</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">a distillarvi una... “furtiva lacrima”</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">ma rompa finalmente i catenacci</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">che tengono in prigione il vostro cuore”.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">E così sia.</i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">(Sopra, <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“La
sinfonia del Legno venuto dal mare”</b>, “Ode” di Paolo Rumiz letta dall’Autore
il 12 di febbraio ultimo alle ore 20.30 nel teatro alla Scala di Milano in
concomitanza al concerto dell’”Orchestra del mare” ad archi fondata da Arnoldo
Mosca Mondadori, gli strumenti della quale sono stati realizzati dai detenuti
del carcere di Opera con i resti delle barche naufragate, “Ode” riportata alla
stessa data sul quotidiano “la Repubblica”). </p>
ilcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-80781493327451791792024-02-25T18:26:00.008+01:002024-02-26T22:36:26.944+01:00Lamemoriadeigiornipassati. 64 Barbara Spinelli: «È l’Europa della Difesa magnificata da chi si proclama europeista e atlantista. Lo spegnersi in Occidente della paura della guerra e dell’atomica mette spavento». <div><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgECLNUdzst2K6TxmwNuQ77TrJCQ08vOfwJH7ESMQs9bcln6HVIa4pWwnWu2_kB5SqQLtinqtmrQQ5G_cZKCFrvCqrO6lZnnAY_uyFJsxUyxVYovHUmBM1oNY1vW0_bChu2TZQqFfYpwNU52GXMaVRXAYNvaxs8XdwXvtwX3zx3BePBnqWVyQDmA_e7muQ/s306/Biani.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="306" data-original-width="244" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgECLNUdzst2K6TxmwNuQ77TrJCQ08vOfwJH7ESMQs9bcln6HVIa4pWwnWu2_kB5SqQLtinqtmrQQ5G_cZKCFrvCqrO6lZnnAY_uyFJsxUyxVYovHUmBM1oNY1vW0_bChu2TZQqFfYpwNU52GXMaVRXAYNvaxs8XdwXvtwX3zx3BePBnqWVyQDmA_e7muQ/w319-h400/Biani.jpg" width="319" /></a></div><br /></i></b></div><div style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span><a name='more'></a></span>“(…). Navalny, nazionalista russo che nel
2012 lanciava appelli per la superiorità degli slavi e immaginava deportazioni
di massa per i non slavi, ripulito, costruito a tavolino e reso presentabile
dall’Occidente diviene l’icona della Nato, l’oppositore di Putin quando di
fatto non raggiunge il 10% dei consensi. Punito con un carcere duro in Siberia,
muore in circostanze non chiarite. Un dissidente massacrato dal potere. La sua
scomparsa è strumentalizzata per sostenere la guerra contro Mosca, per un invio
senza termine di armi e finanziamenti. Chi osa affermare che il regime lo
lasciava comunicare sui social, non aveva bisogno di ucciderlo in quanto già
seppellito in una prigione, oppure che la sua morte giova alla propaganda
occidentale, rischia il linciaggio. Naturalmente gli stessi che si commuovono
per la morte del dissidente (…) non hanno mai pronunciato una parola a favore
di Assange e di Stella Morris, “consorte bruna” che da anni chiede clemenza per
il marito, giornalista che ha avuto il coraggio di svelare i crimini di guerra
Usa. (…)”</i></b>. (Tratto da <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“La soap
opera a Monaco per la guerra mondiale”</b> di Elena Basile pubblicato su “il Fatto
Quotidiano” del 21 di febbraio 2024).
</div><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“La falsa
memoria dell’Occidente verso un futuro di morte”</b>, testo di Barbara Spinelli
pubblicato su «il Fatto Quotidiano» del 23 di febbraio 2024: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">(…). È
nell’aprile del 2014 che inizia l’offensiva dell’esercito ucraino contro una
parte del proprio popolo, i russofoni del Donbass (più di 14.000 morti in otto
anni): un regolamento di conti voluto da chi a Kiev si propone di riscrivere la
storia e spezzare il legame millenario russo-ucraino e russo-europeo. Ma, per
capire come si sia giunti a quella guerra civile, occorre risalire ancora
indietro negli anni ed evocare i primi allargamenti della Nato, compiuti
nonostante la promessa fatta a Gorbaciov nel 1990: non estendere d’un pollice
l’Alleanza (parola di James Baker, segretario di Stato americano). Fin dal 2007
alla conferenza di Monaco sulla sicurezza, Putin aveva avvertito quelli che
ancora chiamava partner occidentali: “Abbiamo il diritto di chiedere: contro
chi s’intende espandere la Nato? E cosa è successo con le garanzie dei nostri
partner occidentali dopo la dissoluzione del Patto di Varsavia? Dove sono oggi
le dichiarazioni di allora? Nessuno riesce neanche a ricordarle”. Non meno dura
la replica, durante la stessa conferenza, alle parole del ministro della Difesa
italiano (Arturo Parisi, governo Prodi), secondo cui non solo l’Onu ma anche
l’Unione europea e la Nato “possono legittimare l’uso della forza per
combattere la violenza ingiusta e ripristinare la pace”. “Forse non ho udito
correttamente – così Putin – ma i nostri punti di vista divergono. L’uso della
forza può essere legittimato solo se la decisione è presa dall’Onu. Non abbiamo
bisogno di sostituire l’Onu con la Nato e l’Unione europea”. Già allora il
monito di Putin fu ignorato: si scelse lo scontro con una potenza russa
ritenuta moribonda. Ragion per cui l’espansione Nato proseguì. E nel 2008
l’Alleanza assicurò le porte aperte a due paesi confinanti con la Russia:
Ucraina e Georgia. Ciononostante, nel 2010 una legge costituzionale in Ucraina
decretò il non allineamento del Paese. Non fu gradito, e l’abbandono della
neutralità venne annunciato nel 2014, dopo un semi-colpo di Stato voluto da
Washington (e orchestrato dal vicesegretario di Stato Victoria Nuland), che
infiltrò il movimento democratico Euromaidan con l’aiuto di miliziani
neonazisti e destituì il governo Yanukovich, giudicato filorusso. L’adesione
della Crimea alla Russia avvenne dopo le porte aperte della Nato all’Ucraina e
alla Georgia, mentre imperversava l’offensiva dell’esercito e delle milizie
ucraine in Donbass. Nel 2019 la volontà di adesione alla Nato fu iscritta nella
Costituzione di Kiev. Una volta riconosciuta questa storia lunga, il cammino
verso la pace potrebbe un po’ accorciarsi, nonostante il cumulo di morti e
l’inacidirsi dell’ostilità che ormai l’intralciano. Può accorciarsi a due
condizioni: che si attivi la diplomazia e che si torni alla neutralità del
2010. Gli occidentali insistono a non volerlo. I governi di Washington e Londra
hanno bloccato ogni tregua, perfino quando Kiev accettò un piano di pace nel
marzo 2022, poche settimane dopo l’invasione russa. Pur d’impedire la
neutralità prevista dal piano, l’invio di armi continua. L’intento è vincere la
partita con Mosca fino all’ultimo soldato ucraino morto. È la prova che i
nostri governanti – in Italia, in Europa e negli Stati Uniti – si stanno
abituando alla guerra e addirittura sembrano esservi affezionati come mai era
accaduto dal 1945. Nessun governo europeo ha obiettato quando il segretario
Nato Jens Stoltenberg il 10 febbraio ha incitato a prepararsi a un’economia di
guerra e a “decenni di confrontazione con la Russia”. È finita l’epoca dei
grandi accordi di disarmo negoziati in piena Guerra fredda, degli sforzi per
sventare un nuovo conflitto mondiale, della grande paura dell’atomica. Forse
perché i responsabili del crimine a Hiroshima e Nagasaki, essendo usciti
vincitori dalla guerra, non sono mai stati processati. È finita anche l’Unione
europea così come concepita in origine: come strumento per garantire la pace
nel continente, non come fortilizio contro Mosca. </i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">La parola d’ordine oggi è
riarmo, a tutti i costi. A questo deve servire l’Unione europea. Questo
promette Ursula von der Leyen, candidata alla rielezione come presidente della
Commissione: difesa comune con più spese militari e meno investimenti nella
transizione ecologica, troppo costosi in tempi di riarmo e di anteguerra. È
significativo in questo quadro il nuovo Patto di Stabilità approvato il 10
febbraio da Consiglio Ue e Parlamento europeo. Per la prima volta l’aumento
delle spese militari figura tra le riforme che gli Stati membri devono attuare
per non rischiare infrazioni (punto 2.3 del Patto). I precedenti Patti di
Stabilità avevano umiliato la sovranità della Grecia con il ricorso alla
“governance” della trojka (Commissione, Banca centrale europea, Fondo
monetario), ma almeno non contenevano alcun vincolo di natura militare. Ora a
esercitare la governance sono gli apparati militari-industriali e le loro
lobby. Sono loro che nell’Ue si “unificano”. La guerra è così accettata,
chiamata. Diventa lievito delle industrie. Promette “crescita e posti di
lavoro”, come assicurato a ottobre dal segretario di Stato americano Blinken e
dal ministro della Difesa Austin. È sinonimo di stabilità. Questa è l’Europa
della Difesa magnificata da chi si proclama europeista e atlantista. Lo
spegnersi in Occidente della paura della guerra e dell’atomica mette spavento.</i></b></p><p></p>
ilcavalierdelamanciahttp://www.blogger.com/profile/12431086810111426258noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1395422691139541517.post-86468990843594017302024-02-24T19:47:00.008+01:002024-02-26T22:37:04.642+01:00Lamemoriadeigiornipassati. 63 Antonio Scurati: «Benito Mussolini diceva di sé: "Io sono l'uomo del dopo”». <div><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi73jEGPitFz0BKhjEy8Z-aitKmbMDnw8dTd5jsr6ZjmWQb-7EyOpE5H0YPnpd9dcBaw28AXiXbX6xuS7B5uwdFIX3wG8EqMi1_s1gL9nUZhsdqQMpTThXoa9lbtiQxbn-HNZqeJisEoGUVoZEa1l5LFVYDgpvYSmzRR6QwtnY0gNdwr8mondAFO7nzubd8/s800/Mussolini_d7hftxdivxxvm.cloudfront.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="800" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi73jEGPitFz0BKhjEy8Z-aitKmbMDnw8dTd5jsr6ZjmWQb-7EyOpE5H0YPnpd9dcBaw28AXiXbX6xuS7B5uwdFIX3wG8EqMi1_s1gL9nUZhsdqQMpTThXoa9lbtiQxbn-HNZqeJisEoGUVoZEa1l5LFVYDgpvYSmzRR6QwtnY0gNdwr8mondAFO7nzubd8/w400-h400/Mussolini_d7hftxdivxxvm.cloudfront.jpeg" width="400" /></a></div><br /></i></b></div><div style="text-align: justify;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span><a name='more'></a></span>(…). Si è spesso sottolineato il tatticismo
assoluto di Mussolini, il suo spregiudicato opportunismo, il pragmatismo cinico
di un leader pronto a ogni trasformismo e camaleontismo, a qualsiasi cambio di
rotta, di posizione, di alleanze. Tutto vero. Ma questo suo
"immoralismo" sistematico non può essere ridotto a mera questione
morale perché l'intera linea di condotta del Mussolini "animale
politico" discendeva da una lungimirante intuizione su ciò che sarebbe
diventata la politica nell'era delle masse, che allora si apriva e oggi
prosegue nella sua fase matura. Alla fine della Prima guerra mondiale,
Mussolini è tra i primi a intuire che nell'era delle masse, esse saranno
guidate da un leader che non starà dinnanzi a loro, che non le precederà, come
la parola inglese "leader" suggerirebbe - to lead, condurre stando
davanti – ma anzi le dominerà seguendole, stando un passo dietro a loro. La
terza legge del populismo mussoliniano impone, cioè, un nuovo tipo di leader,
il condottiero che guida le masse non precedendole ma seguendole. Pensiamo a
uno dei più celebri e altisonanti motti del fascismo (il quale, in realtà,
aveva la sua origine storica nella Rivoluzione francese, anzi, nella
controrivoluzione vandeana). Uno slogan spesso scritto sui muri, sulle case
cantoniere. Se avanzo, seguitemi. Se arretro, uccidetemi. Se cado, vendicatemi.
Che cosa proclamava il duce del fascismo con queste parole? A una prima lettura
sembrano evocare un Mussolini che guida il popolo come un ufficiale in
battaglia, avanzando alla sua testa. No. Questa era la retorica ufficiale. La
verità sulla sua leadership dobbiamo cercarla in un'altra sua frase, sussurrata
non proclamata a gran voce. Benito Mussolini diceva di sé: "Io sono l'uomo
del dopo”. E lo diceva con orgoglio, vantando la propria scaltrezza politica.
Io sono l'uomo del "dopo", cioè io arrivo un attimo dopo sulla scena
dell'evento politico. Non precedo, seguo. Fuor di metafora, cosa significa?
Significa che il leader populista, com'è il Mussolini delle origini, non ha e
non deve avere idee proprie, non ha convinzioni irrinunciabili, non ha fedeltà,
non ha lealtà, non ha strategie di lungo periodo, non guida le masse verso un
obiettivo lontano, alto, che lui scorge ma le masse non vedono. Al contrario,
quel leader conosce solo tattica e nessuna strategia, solo occasioni e nessuna
convinzione, solo prassi e nessuna teoria. Quel leader non ha e non vuole avere
alcun contenuto, è un uomo cavo, è un vaso vuoto, un dispositivo efficacissimo
nell'esercitare la supremazia tattica del vuoto. Sì, perché se tu sei vuoto, se
non hai principi, non hai fedi, non hai lealtà, non hai programmi
irrinunciabili, non hai obiettivi strategici prefissati, non hai orizzonti
imprescindibili, se consideri sacrificabile tutti i tuoi alleati, in politica
sarai tatticamente vincente. Sarai vincente perché quel vaso vuoto di volta in
volta si riempirà di ciò che si orecchia nelle conversazioni da bar, di ciò che
si annusa in un giorno di mercato, di ciò che si percepisce stando dietro la
folla, venendo un attimo dopo. (…). </i></b>(Tratto da <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">“Fascismo e populismo”</b> di Antonio Scurati, Bompiani editrice,
2023).
</div><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">“<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">I</span></b>l<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">d</span></b>elitto<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">M</span></b>atteotti”. <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: 14pt;">7 </span>“Le urla di Matteotti e i colpi
di clacson”</b>, testo di Claudio Fracassi pubblicato su “il Fatto Quotidiano”
di ieri, venerdì 23 di febbraio 2024: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">La zona vicina al lungotevere, attraversata
da via Pisanelli (dove al numero 40 abitava la famiglia Matteotti), di notte
non era illuminata, e sempre deserta. Con la sicurezza dell'impunità, favorita
dal buio, la squadra di assassini reclutata da Amerigo Dumini, al servizio di
Mussolini e proveniente dal vicino hotel Dragoni, accompagnando la lussuosa
Lancia presa in affitto - una splendida berlina nera, targata 55.12169 -
percorse più volte, lentamente, le strade della zona. Gli uomini della banda -
tre dei quali procedevano a piedi - controllavano le distanze, memorizzavano
gli incroci, percorrevano spavaldamente e lentamente qualche tratto di strada,
prendevano appunti, memorizzavano i luoghi e i numeri civici. Non c'erano luci,
e i passanti erano molto rari. L'uomo di guardia piazzato dal commissariato
Flaminio davanti al portone della casa dei Matteotti (com'era d'uso per molti
deputati) disse poi - imbarazzato ma forse sincero - di non essersi accorto di
niente di strano. Non così disinformata si rivelò, nei primi interrogatori del
giorno dopo - quello del rapimento e dell'omicidio - la portiera del numero 12
di una strada contigua, via Stanislao Mancini, che come ogni notte temeva i
ladri. Testimoniò poi: "Notai che sulla strada vi era una macchina chiusa,
verniciata scura; con i fanali spenti andava su e giù per un breve tratto.
Notai ancora tre individui che andavano su e giù per la strada arrivando fino
al lungotevere...''. La donna, preoccupata, riferì lo strano episodio a suo
marito, che rientrava da un'osteria. L'uomo - erano ormai le undici di sera -
annotò su un calendario la faccenda, e aggiunse per scrupolo il numero di targa
della sontuosa "Lancia" che esplorava il lungotevere, destinata -
come vedremo - a diventare il teatro sanguinoso del rapimento e dell'assassinio
di Matteotti: 55.12169. La preparazione dell'agguato, da parte della banda al
servizio di Mussolini, durò fino a mezzanotte. Poi, per parcheggiare la
"Lancia" fino al mattino in un luogo discreto e sicuro, Dumini
scelse, spavaldamente, il cortile di Palazzo Chigi (test. del carabiniere
Giovanni Olivo). Per l'impresa più importante della sua carriera di assassino
di lusso, Amerigo Dumini aveva convocato a Roma un gruppo scelto di
collaboratori: il più prestigioso, nell'ambiente, era Albino Volpi, che
Mussolini aveva definito "pupillo di uno dei miei occhi" e che
secondo il capo della polizia De Bono era "l'enfant gaté della federazione
provinciale fascista e del fascio di Milano"; lo accompagnavano gli
"arditi" milanesi Amleto Poveromo, Giuseppe Viola e Filippo Panzeri;
al gruppo, considerata la mole e le difficoltà di guida della
"Lancia" destinata al rapimento, all'ultimo momento era stato
aggiunto l'industriale milanese Augusto Malacria, anch'egli collegato a Volpi e
apprezzato per la sua esperienza al volante delle grandi auto di lusso. I
processi e le indagini successive non riuscirono a dimostrare, in aggiunta, la
presenza di Aldo Putato, fedelissimo di Dumini. Va rilevato che - di fronte ai
rilievi di polizia e alle risultanze testimoniali - già nella prima fase delle
indagini sulla morte di Matteotti, ma soprattutto nei processi svoltisi nel
dopo-guerra, tra i partecipanti al rapimento si svolse un penoso scaricabarile,
con reciproche accuse di partecipazione attiva all'omicidio. I prescelti per
l'agguato si erano incontrati alle ore 13 di quel martedì 10 giugno 1924 al
ristorante "Il Buco" di via Sant'Ignazio, l'antica strada che a Roma
collega piazza San Macuto e piazza del Collegio Romano, a pochi passi da largo
Chigi. Poco dopo le 14, Malacria si sistemò al posto di guida, che un vetro
separava dall'abitacolo. L'obiettivo era chiaro a tutti i partecipanti. Fu lo stesso
Dumini a esplicitarlo in un "testamento segreto" affidato, anni dopo,
al suo avvocato: "Necessario era nel modo più assoluto mettere il
Matteotti nelle condizioni di non più parlare, di scomparire anzi per sempre.
Non doversi ritrovare più né vivo né morto". L'auto nera si piazzò nei
pressi del lungotevere. Era un pomeriggio di sole. Faceva caldo. Matteotti uscì
di casa senza cappello e senza gilet sotto la giacca del vestito chiaro.
Raccontò poi la moglie, la poetessa Velia Titta (si erano conosciuti, e avevano
convissuto, nel 1912, si erano sposati nel 1916): "È uscito di casa alle
16:30. Era senza gilet e con dieci lire in tasca... aveva con sé una busta di
carta bianchina intestata Camera dei deputati... io lo seguii con gli occhi dal
pianerottolo fino alle scale poi dalla finestra l'ho seguito finché lo potevo
accompagnare con l'occhio...''. Il pomeriggio era caldo, il cielo limpidissimo.
Probabilmente il deputato intendeva camminare sul lungofiume, che a partire da
ponte Margherita era ombreggiato dai platani, per poi piegare verso
Montecitorio attraverso Fontanella Borghese. La scena che si svolse quel
martedì 10 giugno 1924 quando Matteotti sbucò sul lungotevere deserto fu - come
la descrissero i pochi testimoni e, più tardi, alcuni degli aggressori - di
inaudita violenza. All'uomo che camminava veloce e distratto si fecero incontro
due della banda, che gli intimarono di salire sulla Lancia nera, ferma a motore
acceso all'incrocio con via degli Scialoia. Ha confessato uno dei rapitori,
l'exmacellaio Amleto Poveromo: "In tre lo circondarono: lui si accorse
dell'agguato e fece un salto indietro. Ma in un attimo in tre gli furono
addosso e gli sferrarono un colpo al basso ventre... La strada era deserta;
c'erano solo due o tre ragazzini che giocavano e non badavano a quello che noi
facevamo"(Fondo Matteotti, interrogatori). Rintracciati dalla polizia, i
ragazzini così raccontarono la scena, due giorni dopo: "Gli saltarono
addosso, quello si divincolò buttandone uno a terra, ma un altro vestito di
grigio gli dette un pugno in faccia facendolo cadere". </i></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">I rapitori
trascinarono di peso l'aggredito verso la macchina scura; lo tenevano a forza
due per le gambe e due per la testa. Lui "si dibatteva e urlava
aiuto" e allora uno dei banditi "gli assestò un altro pugno sulla
pancia". Poi la Lancia Lambda accelerò verso ponte Milvio, mentre
l'autista, nel silenzio di quell'assolato pomeriggio, suonava freneticamente il
clacson (senza altro scopo, confessò poi uno degli assassini, che coprire le
urla di Giacomo Matteotti, il quale all'interno dell'abitacolo era ormai
consapevole di combattere per la vita). L'aggredito agitava disperatamente le
gambe. A un certo punto, spaccato il vetro posteriore con un calcio, riuscì a
gettare fuori la sua tessera di deputato. Quando, due giorni dopo, fu
sequestrata dalla magistratura, la lussuosa Lancia era in condizioni pietose:
in frantumi il vetro separatorio dietro l'autista, a pezzi il lunotto
posteriore, schegge di vetro dietro la spalliera del sedile anteriore, sangue
ovunque: il disastro era così impressionante che - prima della restituzione, a
pagamento e senza spiegazioni, della vettura all'autorimessa di via dei
Crociferi - un pietoso tentativo di lavaggio e il taglio della tappezzeria non
erano riusciti a occultare il disastro. Confessò per iscritto anni dopo uno
degli assassini: "L'interno della macchina era letteralmente intriso di
sangue" (Memoriale Dumini). Nel corso dei processi e delle analisi
condotte con scrupolo dagli anatomopatologi, i periti arrivarono alla conclusione
che "il Matteotti Giacomo, deputato", era morto per "una ferita
della regione toracica antero-laterale superiore sinistra, prodotta da arma da
punta e da taglio" (perizia Belluzzi-Massari). Un colpo di pugnale. </i></b></p><p></p><p></p>
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