"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 11 maggio 2021

Paginedaleggere. 18 «Si sognarono a vicenda, quella notte, l'uomo e il cane».

Ri-parto da Filelfo o meglio dalla Sua straordinaria favola ecologica che ha per titolo “L’assemblea degli animali” (2020), pubblicata da Einaudi. Ha scritto il “misterioso” Filelfo alle pagine 72-73 che “…si crede di dover portare fuori il cane a mezzogiorno e a sera per i suoi bisogni corporali, ma è un grave errore: sono i cani che ci invitano due volte al giorno alla meditazione. In effetti non è mai chiaro, nelle rodate abitudini e negli itinerari prestabiliti che accomunano uomini e cani a passeggio, chi guidi e chi segua. È di solito un’impresa in cui il comando viene equamente suddiviso: il cane detta il percorso, l’uomo i tempi, ma può accadere che l’uomo cambi tragitto a capriccio o che il cane rivendichi per sopraggiunte esigenze pause più lunghe. Adesso era tuttavia evidente che l’equilibrio di quell’accordo vacillava e il cane aveva conquistato il maggior peso cosicché l’uomo gli aveva conferito pieni poteri. (…)”.
“Quello che i cani sognano”
di Michele Serra, tratto dal volume “Osso” – Feltrinelli Editore, pagg. 128, euro 16, in uscita il 13 di maggio - riportato sul settimanale “Robinson” del quotidiano “la Repubblica” dell’8 di maggio 2021: Non sapremo mai dove si era rifugiato. E neppure sappiamo se davvero abbia sognato. Ma è molto probabile che lo abbia fatto. Forse sognava la ciotola argentea dentro la quale aveva trovato il cibo che lo aveva sfamato. Sognava quel vecchio - dieci volte più grande di lui, un gigante ai suoi occhi - che aveva lasciato la ciotola in mezzo al prato, e poi era sparito dentro la sua immensa tana. Sognava l'uomo e la sua casa, che di notte faceva luce e dalla quale uscivano rumori misteriosi e sconosciuti alle bestie, porte che si chiudono, voci, musica, motori. I suoni della civiltà umana. Magari Osso era nato in una casa, o in un cortile, e aveva già sentito suoni simili. Ma se gli uomini che abitavano in quella casa lo avevano picchiato, o maltrattato, o abbandonato, "casa" e "uomo" per lui non significavano protezione e nutrimento, ma dolore e tradimento. Quando dormono, gli animali e gli uomini si assomigliano molto. Il corpo, dopo tanto camminare, correre, sedersi, alzarsi, piegarsi, finalmente è immobile. Solo il respiro e il battito del cuore dicono che quella figura inerte è viva. Così viva che sta accumulando energia per il tempo che verrà. Nel sonno si diventa orizzontali. Forse, per riposarsi meglio, è necessario adagiarsi lungo la grande linea che separa la terra dal cielo. (Solo il serpente è orizzontale anche da sveglio, e dev'essere proprio per questa sua facoltà che molti diffidano di lui). Certi animali, anche quelli mastodontici, così grandi che quando sono in piedi li vedi a un chilometro di distanza, quando dormono quasi non si vedono. Il corpo di chi dorme è abbandonato sul letto o sul divano, nell'erba della savana o in una grotta, su un prato, sotto un albero, ovunque si senta al sicuro. La mente non deve più governare i movimenti, decidere la direzione da prendere, e nel caso di noi umani non deve più scegliere le parole da dire, compito molto faticoso. Quando si dorme la mente è libera da impegni, è in vacanza, e comincia a girovagare. La mente galleggia nel buio e quasi subito incontra luci impreviste. Sono ricordi profondi, vicini e lontani. Possono essere di poche ore prima oppure dell'infanzia, mescolati tra loro come se non avessero tempo. Possono essere immagini di persone che non ci sono più, eppure qui parlano, sorridono, ti abbracciano quasi fossero ancora insieme a te. E poi, nei sogni, ci sono molte immagini mai viste, una specie di cinema a sorpresa, e al risveglio ci domandiamo da dove sono arrivate. Non le avevamo mai vissute. Le abbiamo solo sognate. Gli antichi credevano che quelle immagini fossero profezie: anticipavano il futuro. Se erano luminose e serene, annunciavano la fortuna. Se erano spaventose o tristi, annunciavano disgrazie. Quando facciamo un bel sogno, ci svegliamo felici. Quando il sogno è brutto, fino a quando la realtà non ha ripreso il sopravvento rimaniamo turbati. È così per gli uomini, è così per i cani. Dunque, se immaginiamo che quella notte Osso abbia sognato il vecchio, proprio mentre il vecchio stava sognando Osso, quasi sicuramente abbiamo immaginato la verità. Si sognarono a vicenda, quella notte, l'uomo e il cane. Ma torniamo al vecchio. Appena uscito dal suo sogno, e dopo essersi lavato la faccia con manate d'acqua fredda, si vestì in fretta, mise il solito giaccone, prese la torcia e andò nel prato. La ciotola era vuota. Anche quella notte - la seconda - il cane aveva mangiato. Furtivo, quando non c'era nessuno. Certo, potevano essere state le bestie del bosco. Ma il vecchio pensava che fosse stato proprio Osso. Ne era quasi sicuro. Forse era ancora lì intorno. Forse Lucilla, sabato, avrebbe potuto vederlo e strillare il suo nome. Mentre la prima luce del giorno cominciava a dare rilievo alle cose del mondo, il vecchio gridò il nome di Osso, ma niente si mosse, attorno a lui. Tutto era fermo, misterioso. Tutto sfuggiva al suo controllo. Il vecchio, solo davanti al bosco, percepì la grande potenza che gli stava di fronte. Da lì, da quel fitto, da quelle ombre era arrivato Osso, e là dentro era tornato a nascondersi. In piedi sul prato, davanti alla sua casa, il vecchio si sentì l'ultimo abitante del mondo conosciuto, alle soglie di un mondo sconosciuto. Se voleva rivedere Osso, poteva solo riempire una ciotola e aspettare. Cercare un cane piccolo e spaventato in quel labirinto di alberi era un'impresa impossibile. Poteva solo aspettare. Rimase per qualche istante a testa bassa, con gli occhi chiusi e le braccia conserte. Sentiva l'aria fresca del mattino sfiorargli le tempie. Respirò forte, e il respiro entrava e usciva dal suo corpo con la forza del vento.

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