"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 22 maggio 2021

Cronachebarbare. 90 «In che cosa si riconosce l'Occidente? I disperati della terra vengono a ricordarcelo».

 

Scrive Carmelo Lopapa in “La disumanità sovranista e la zattera del governatore” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” - nella edizione di Palermo – di ieri venerdì 21 di maggio 2021: C'è una disumanità che non si piega nemmeno di fronte alla "Pietà" del neonato di Ceuta salvato dalle braccia della guardia civil Juan Francisco. C'è una spregiudicatezza politica che sogna profitti elettorali passando perfino sulle vite e sulle tragedie dei più indifesi. È una storia, un dramma, che ci tocca da vicino. Quel bimbo di poche settimane può galleggiare da qui a qualche notte - e non col medesimo esito fortunato - sul mare che lambisce la costa di Lampedusa. La stessa giovane madre nordafricana può perderlo dalle sue mani nel Mediterraneo di fronte a noi. È successo, succederà ancora. Eppure, nelle ore in cui il mondo si ferma davanti a quell'immagine, di più, mentre una nave con 414 disperati peregrina davanti al porto di Terrasini, poi di Palermo, per approdare infine a Pozzallo, prigioniera dei veti di una burocrazia senz'anima, Matteo Salvini irride i profughi che "sbarcano con il telefonino, le cuffiette e il cagnolino". In una satira macabra eppure così funzionale alla Bestia della sua propaganda. Il capo sovranista lamenta che "proprio nell'estate della ripartenza" non possiamo permetterci "l'arrivo di migliaia di persone ogni settimana". Non farebbe quadrare i conti al ministero del Turismo che la Lega occupa da qualche mese. Peggio, annuncia che gli amministratori leghisti non accetteranno la redistribuzione dei profughi. Come se il fenomeno epocale della migrazione fosse un affare esclusivo dei siciliani o degli andalusi spagnoli. (…).
Ha scritto Umberto Galimberti in “Cosa vengono a ricordarci i disperati del mare”, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 25 di ottobre dell’anno 2013: Se mi si dovesse chiedere che fare per evitare le tragedie a cui vanno incontro i disperati della terra che giungono da noi, (…) confesso che non saprei rispondere. Perché da un lato è evidente che non possiamo accogliere quanti nei loro Paesi non hanno speranze di vita, e tanto meno di futuro. E il loro numero è impressionante. Dall'altro non possiamo assistere a questa continua strage di vite umane con indifferenza e senza un minimo di senso di colpa. Perché siamo stati noi occidentali, prima con il colonialismo territoriale e oggi col colonialismo economico, coadiuvato dalla fornitura delle armi a quanti nei paesi del terzo e del quarto mondo si contendono il potere, a sottrarre alle popolazioni le condizioni minime di vita. Parlo di “colpa” nella stessa accezione in cui la parola fu impiegata da Karl Jaspers in un corso di lezioni all'Università  di Heidelberg nel 1946, (…). In quelle lezioni Jaspers denunciava una “colpa giuridica”, connessa agli eccidi nazisti, di competenza dei tribunali; una “colpa politica” in quanto tedesco, perché Hitler è stato eletto e la democrazia ci rende responsabili e quindi, negli errori, colpevoli; una “colpa morale” perché sapevamo quel che stava accadendo e abbiamo finto di non sapere; ma soprattutto una “colpa metafisica”, che consiste nel fatto che, “dopo le cose che sono accadute, noi tedeschi siamo ancora vivi. Questa, per noi, è una colpa incancellabile”. Se applichiamo questo ragionamento a noi occidentali, certamente non siamo colpevoli di essere nati in Occidente, ma se è vero, come riferisce il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, che noi occidentali, pur essendo il 17% della popolazione mondiale, per mantenere il nostro tenore di vita utilizziamo l'80% delle risorse della terra, nessuno ci assolve dalla “colpa metafisica” che ci vede vivi e vegeti a spese dei disperati della terra. I quali, (…), giungono da noi, “non come in Europa, in America del Nord, del Sud, in Australia per circa un secolo giungevano gli emigranti italiani, perché per affrontare il rischio della morte, la povertà e la mancanza di lavoro non bastano, ci vuole qualche cosa di peggio: ci vuole la schiavitù, la ferocia sui deboli, le torture, la morte”. Il coraggio che li spinge ad affrontare una morte possibile è pari alla disperazione di chi vede davanti a se la prospettiva di una morte certa. E non sarà un nostro dispositivo legislativo, (…), ad arrestare il loro tentativo per quanti rischi siano ad esso connessi. Con la globalizzazione, noi occidentali abbiamo esportato o tentato di esportare i nostri valori che sono il mercato, la democrazia e i diritti umani. In realtà quando il mercato configgeva con la democrazia e i diritti umani non abbiamo avuto esitazione a salvaguardare il mercato a scapito degli altri valori, col risultato che oggi le merci hanno una libertà di circolazione che gli uomini si sognano. E tutto questo in un Occidente, in parte cristiano e in parte laico, che vien meno sia al principio cristiano che chiede di amare il prossimo come se stessi, sia al principio laico enunciato con forza dalla cultura illuministica che parlava di libertà, uguaglianza, e anche se un po’ trascurata e rimossa, di fraternità. Ma allora in che cosa si riconosce l'Occidente se vien meno ai suoi principi fondanti? I disperati della terra vengono a ricordarcelo. Ci rammentano che abbiamo smarrito i principi fondanti della nostra stessa civiltà.

3 commenti:

  1. "Se non c'è una compassione profonda, diventeremo sempre più spietati e disumani nelle nostre relazioni reciproche e così perderemo il contatto con il senso della vita e con la sua straordinaria profondità e bellezza".(Jiddu Krishnamurti). "Chi non è mosso dalla ragione o dalla compassione ad aiutare gli altri viene giustamente definito un essere disumano".(Baruch Spinoza). "Ogni qualvolta scompare la coscienza che ogni uomo in quanto tale un poco ci riguarda, la civiltà e l'etica cominciano a vacillare".(Albert Schweitzer). "La colpa metafisica consiste nel venir meno a quell'assoluta solidarietà con l'uomo in quanto uomo... una volta che quel male ha avuto luogo e io mi sono trovato presente e sopravvivo, dove un altro viene ucciso, in me parla una voce che mi dice che la mia colpa è il fatto di essere ancora vivo ".(Karl Jaspers). Penso comunque che questa colpa può essere percepita solo da chi si sente parte dell'universo umano, da chi sente un'offesa ad un altro essere umano come un'offesa a se stesso. Grazie, carissimo Aldo, per questo post così toccante che spero possa sensibilizzare profondamente la coscienza di quanti leggeranno. Buona continuazione.

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  2. Agnese, amica carissima, il post da te definito "così toccante" ha scalato la "classifica" dei "post più popolari". Un buon segnale, non credi? Grazie.

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  3. Si,senza dubbio, è un segnale positivo e spero tanto che sia anche di buon auspicio... Grazie ancora per il tuo prezioso e ammirevole impegno.

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