"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 30 aprile 2021

Leggereperché. 80 «Gli amici possono essere il filo che ci lega al passato, la traccia del nostro passaggio, lo specchio del nostro presente».

 

A lato. "Porto olandese" (tempera, anni '80) di Anna Fiore.

Tratto da “Vecchi amici si diventa a tutte le età” di Claudia de Lillo – in arte Elasti – pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 30 di aprile dell’anno 2016:

Solo quelli nati a scuola sono legami profondi, diceva la nonna. Ma per fortuna non è così. Me lo disse qualcuno, un giorno, quando frequentavo ancora la scuola elementare. Poi, qualcun altro me lo ripeté, alcuni anni dopo. E, poco più tardi, si premurarono di ricordarmelo, aggiungendo veridicità e sostanza a una dichiarazione che poteva farsi promessa, minaccia o condanna. «Le vere amicizie - quelle che restano per sempre e su cui puoi contare - si fanno a scuola. Le conoscenze successive sono solo effimeri incontri occasionali». Avevo circa 8 anni la prima volta che questo mantra fu pronunciato. A quel tempo c'era N****, la bambina bionda del terzo piano: la nostra era una simbiosi perfetta, una sublime sorellanza, l'alfa e l'omega della mia socialità acerba e timida. Lei mi bastava e, pensavo, mi sarebbe bastata per sempre. Fuori dal nostro idillio c'era il deserto, fatta eccezione per la temibile P*** O***, con i suoi boccoli, la sua villetta, la sua mamma casalinga e la sua Barbie cavallerizza, ambita ma per me inarrivabile, in quanto, secondo i miei genitori, sessista e diseducativa, ai limiti dell'abiezione. Alle medie ero un'aliena. Sbagliata, difettosa, inetta e secchiona, brancolavo nelle tenebre della mia età ingrata. La mia unica amica era una ragazzina giunonica e violenta. Spesso mi minacciava. «Ti aspetto fuori e ti meno», mi diceva. Ne ero terrorizzata. A 14 anni, la mia vita di relazione contava una finta sorella, un'O*** con i boccoli, un'energumena assetata del mio sangue e poco altro. Col senno di poi, non stupisce che, quando mia nonna ribadì che quelli sarebbero stati i capisaldi dell'amicizia fino alla fine dei miei giorni, scoppiai in singhiozzi isterici. Durante la scuola superiore andò un po' meglio, ma non abbastanza da rassegnarmi all'idea che l'amicizia fosse quel giardinetto, seppur grazioso, seminato in gioventù e poi ineluttabilmente recintato e chiuso a ogni nuova, estranea intrusione. «E se, nel corso della vita, cambio? Se cambiano loro, gli amici? Se partono e si allontanano? Se non avremo più nulla da dirci? O ci diventeremo antipatici?», mi domandavo con apprensione. «Il dado è tratto. Dopo, nessuno si mette in gioco come a vent'anni. Dopo, nessuno apre la porta a un estraneo con altrettanta fiducia. Dopo, ci saranno solo rapporti superficiali, amichevoli ma mai più amicali». È veramente così? La nostra scorza s'indurisce a tal punto da precludere ulteriori accessi al nostro giardino? La scoperta di un altro a noi affine, esperienza inebriante e intima, cugina lontana ma somigliante all'innamoramento, si è irrimediabilmente bruciata, esaurita, persa in un passato remoto? Molti ne sono convinti. Io no. Certo, esistono affetti che affondano le loro radici sotto un banco di scuola, in una vacanza studio in Inghilterra, tra gli scaffali di una biblioteca universitaria, tra il primo e il terzo piano, di un palazzo degli anni '50, abitato da figlie, poi madri, ora nonne, in un susseguirsi di generazioni e bambini vecchi e nuovi. Ma ci sono anche germogli tardivi, che sbocciano in un tempo in cui, secondo alcuni, le caselle della nostra socialità sono già tutte sistemate ai loro posti. Ho incontrato miei simili, divenuti colonna portante, astri, consiglieri e conforti della mia esistenza, nell'open space di un ufficio in cui talvolta sembravano regnare nevrosi e follie, durante la presentazione di un libro, in un cortile un pomeriggio di primavera guardando i miei figli giocare a pallone, in uno scambio incidentale di mail, durante un viaggio in un luogo impervio e improbabile, correndo lungo il Naviglio una domenica mattina. E mi piace pensare che non sia finita qui. Voglio essere sorpresa dietro l'angolo, in coda al cinema, al corso di step nella palestra di quartiere. Desidero farmi catturare da un guizzo familiare in uno sguardo sconosciuto, da una conversazione arguta, da un'empatia inaspettata. Perché gli amici possono essere il filo che ci lega al passato, la traccia del nostro passaggio, ma anche lo specchio del nostro presente e, perché no, del nostro luminoso e ancora ignoto futuro.

1 commento:

  1. "Un amico è ciò di cui il cuore ha sempre bisogno".(Henry van Dyke). "Molte persone entreranno ed usciranno dalla tua vita, ma soltanto i veri amici lasceranno impronte nel tuo cuore".(Eleanor Roosevelt). "Ancora oggi non conosco nulla di più prezioso al mondo di una solida e sincera amicizia".(Hermann Hesse). "Un amico è un altro me stesso". (Zenone di Cizio). "Il mio migliore amico è colui che tira fuori il meglio di me".(Henry Ford). "Una delle qualità più belle della vera amicizia è capire e essere capiti".(Lucio Anneo Seneca). Carissimo Aldo,non vorrei imporre dei limiti alle opportunità future, ma personalmente ritengo che sia difficile "farmi catturare da un guizzo familiare in uno sguardo sconosciuto...." In questo non sono d'accordo con Elasti... Non mi capita più da parecchio tempo, ma credo fortemente nel valore dell'amicizia vera, in quelle amicizie che la mia sensibilità riconosce come profondamente sincere e importanti. Grazie per questo bellissimo post e buona continuazione.

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