"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 4 aprile 2021

Leggereperché. 73 «Più che di "libertà", dobbiamo parlare di "caso", a cui segue un "destino"».

 

A lato. "Orchidee" acquerello (2021) di Anna Fiore.

Ha scritto Paulo Coelho in “Il diavolo e la signorina Prym”: (…). …esistono due cose che impediscono a una persona di realizzare i propri sogni: pensare che essi siano impossibili, oppure – grazie a un improvviso scarto della ruota del destino – vedere che si trasformano in qualcosa di possibile quando meno ce lo si aspetta. In quel momento, affiora la paura di un cammino ignoto, di una vita piena di sfide sconosciute, della possibilità che le cose a cui siamo abituati scompaiano per sempre. Le persone vogliono cambiare tutto e, nello stesso tempo, desiderano che ogni cosa continui a essere come prima. (…).

Tratto da “Il destino? È questione di carattere” di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 4 di aprile dell’anno 2015: Dove comincia la nostra libertà di scegliere come agire, e dove finisce l'effetto obbligato delle circostanze? Tutto dipende da come ci costruiamo un'identità.(…). …un problema: quanto le azioni degli uomini sono libere e perciò suscettibili di essere premiate, punite o perdonate, e quanto invece sono frutto del destino, per cui non vanno né premiate, né punite, né perdonate, ma, (…), «semplicemente accettate, perché le contingenze hanno fatto sì che quello, e solo quello, potesse accadere». (…). …penso che la nostra persuasione di essere liberi nasce dal fatto che non prestiamo attenzione alle condizioni - o addirittura le ignoriamo - per cui compiamo una certa azione invece di un'altra. A partire dalla nascita, passando per i vissuti infantili e successivamente per le esperienze che si maturano nell'ambiente in cui viviamo e nelle relazioni che stabiliamo con gli altri, si forma infatti in noi un certo carattere o "identità" che non possiamo tanto facilmente cambiare a piacimento, perché proprio sulla sua permanenza o sostanziale immutabilità si fonda il riconoscimento sociale che ci proviene dagli altri e la relazione di fiducia o sfiducia che gli altri ripongono in noi. È a partire da questa identità e riconoscibilità che noi ci fidiamo o non ci fidiamo di qualcuno, e diciamo sorpresi "da lui non me lo sarei mai aspettato", quando l'immagine che ci siamo fatti di una persona viene smentita dalle sue azioni. Ne è prova il fatto che quando uno si comporta alternativamente come il dottor Jekyll e il signor Hyde, parliamo di sdoppiamento della personalità, quindi di una figura patologica. Se la nostra identità è difficilmente modificabile e quindi causa "di necessità" le azioni che noi riteniamo "libere", è tuttavia altrettanto vero che noi non viviamo nel mondo reale, ma nella rappresentazione che ci siamo fatti del mondo, e in questa rappresentazione c'è anche la persuasione che noi siamo liberi. Ora, le persuasioni agiscono come fatti, e tante volte molto più efficacemente dei fatti, per cui se siamo persuasi di essere "liberi" ci riteniamo anche "responsabili" delle nostre azioni e, in quanto responsabili, "punibili". In vista della punibilità, tutte le società diffondono l'idea di libertà e quindi di responsabilità, che noi introiettiamo nella nostra identità comportandoci da persone responsabili. Ma chi per nascita, per precoci abbandoni, per condizioni ambientali, per carenze educative, per mancata istruzione compie atti irresponsabili, compie azioni frutto della sua libertà, oppure frutto delle condizioni in cui è cresciuto, quindi conseguenti "di necessità"? Un'identità che non ha avuto opportunità per modularsi a livello di comportamenti medi accettabili, quando fa qualcosa di inaccettabile è colpevole come chi queste opportunità le ha avute? (…). …le sentenze dei tribunali iniziano a prendere in considerazione queste differenze e, nel farlo, confermano che le nostre azioni non sono davvero "libere", ma conseguenti "di necessità" all'identità che, per mille diverse circostanze, abbiamo avuto la sorte di costruirci in un modo piuttosto che in un altro. Per questo, più che di "libertà", dobbiamo parlare di "caso", a cui segue un "destino".

1 commento:

  1. "Il caso è un sistema di intelligenti combinazioni di probabilità che ci lascia credere di essere liberi e invece ci spinge su un binario solitamente tracciato dal nostro carattere".(Ennio Flaviano). "Il destino è uno dei molti cappelli che indossa la libertà,anche quando pensa di andare a capo scoperto".(Richard Krause). "Ogni uomo ha un suo compito nella vita, e non è mai quello che egli avrebbe voluto scegliersi".(Hermann Hesse). "Non ci è dato di scegliere la cornice del nostro destino, ma ciò che ci mettiamo dentro è nostro".(Dag Hammarskjold). Carissimo Aldo, interessantissimo e molto illuminante questo tuo stupendo post,leggendo il quale mi è stato facile scorgere numerosi, preziosi spunti di riflessione. Grazie e buona continuazione.

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