"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 30 aprile 2021

Leggereperché. 80 «Gli amici possono essere il filo che ci lega al passato, la traccia del nostro passaggio, lo specchio del nostro presente».

 

A lato. "Porto olandese" (tempera, anni '80) di Anna Fiore.

Tratto da “Vecchi amici si diventa a tutte le età” di Claudia de Lillo – in arte Elasti – pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 30 di aprile dell’anno 2016:

giovedì 29 aprile 2021

Leggereperché. 79 Georges Devereux: «considererò Freud non come il fondatore di una nuova scienza ma come uno studioso particolarmente meticoloso».

 

Tratto da “Il complesso di Edipo? Neppure Freud sosteneva verità assolute” di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 29 di aprile dell’anno 2017: Le coppie omosex svelano nuovi aspetti dei meccanismi che regolano l'identificazione con i genitori. Con il complesso edipico Freud intende illustrare come il bambino acquisisce la sua identità attraverso l'identificazione col padre, onde acquisirne le caratteristiche che gli consentano di sedurre la madre (modello del mondo femminile), da cui prende avvio la sua capacità di instaurare relazioni. Questo vale per il bambino. Per la bambina, Freud confessa che: "Le cognizioni da noi acquisite intorno a questo processo evolutivo nella bambina sono insoddisfacenti, lacunose e incerte". Per quale ragione Freud per illustrare come si acquisisce "identità" e "relazione" usa la metafora sessuale? Perché, come gli ha insegnato Schopenhauer, da lui considerato suo "precursore", egli ritiene che il vero soggetto della nostra esistenza è la "specie" che ci prevede come suoi funzionari, e perciò ci fornisce per un certo periodo di sessualità per la riproduzione e di aggressività per la difesa della prole. Ma noi non ci rassegniamo a essere semplici funzionari della specie, perciò rimuoviamo nell'inconscio questa nostra condizione, per vivere secondo la rappresentazione che il nostro Io si costruisce per riflettersi nei suoi desideri, nei suoi obiettivi, nei suoi progetti, nei suoi sogni, per poi disperarsi di fronte alla morte. La nostra fine, infatti, chiude il sipario su questi scenari, rispetto ai quali la specie è del tutto indifferente nel suo destinarci alla morte, come un tempo alla nascita e alla procreazione. L'omosessualità esprime una sessualità che non è procreativa. Come tale non rientra nell'economia della specie, ma in quella dell'individuo e del suo Io. Sotto questo profilo la relazione omosessuale non è "naturale", ma "culturale". E questo non contrasta con la vicenda umana che non ha mai vissuto secondo le leggi della pura natura, ma secondo le leggi della natura acculturata. Che ne è allora, (…), dei figli adottati dalle coppie gay, dove è impraticabile il rapporto edipico che Freud prevede essere alla base della costruzione di quelle figure che sono "l'identità" e la "relazione"? Se adottiamo l'ipotesi di Freud, non possiamo negare che i figli delle coppie gay possano avere qualche problema. Ma l'ipotesi di Freud è incontrovertibile? No. E ne danno conferma la gran parte degli antropologi che hanno studiato come crescono i figli là dove, dopo la procreazione, è del tutto assente la coppia genitoriale nella cura dei neonati e nel percorso della loro crescita. Georges Devereux, per esempio, antropologo e psicoanalista ungherese naturalizzato francese, in proposito scrive: "Non postulo affatto a priori la validità universale della psicoanalisi. Per psicoanalisi io intendo solo una serie di conclusioni socio-psicologiche indotte dallo studio intensivo della classe media viennese degli anni precedenti la prima guerra mondiale. Per la stessa ragione, considererò Freud non come il fondatore di una nuova scienza, ma come uno studioso di psicologia e di sociologia particolarmente meticoloso, che ha lavorato con gli indigeni di Vienna e ha formulato una serie di conclusioni generali valide per i soli viennesi".

mercoledì 28 aprile 2021

Notiziedalbelpaese. 08 «Voi giovani sapete che non c’è gioia senza futuro, non c’è felicità nella successione dei giorni».

Non riesco proprio a trattenermi dal condividere la straordinaria corrispondenza di Umberto Galimberti – “L’apatia dei giovani” - pubblicata sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 24 di aprile ultimo. E la ragione di tanta mia premura la ritrovo e la giustifico in una conversazione di qualche giorno addietro durante la quale il mio interlocutore, commentando le ripetitive immagini televisive, mi prospettava l’esasperazione, giunta ai limiti estremi, dei nostri imprenditori a seguito della pandemia e delle restrizioni da essa imposte per la tutela della pubblica incolumità e salute. Credo di avere scandalizzato quell’interlocutore con la mia replica con la quale sostenevo che da “che mondo è mondo” tutte le “attività di impresa” dovrebbero mettere nel loro conto quello che un tempo andato si definiva “il rischio d’impresa”. D’altronde, aggiungevo, anche l’”impresa del vivere” nel quotidiano non può in alcun modo scansarne i rischi in essa insiti, e ricordavo come tanti capitani d’impresa del tempo andato si siano ritrovati in grossissime difficoltà se non sul lastrico dopo pandemie, guerre, eventi tellurici o catastrofi che non si sono mai risparmiate dal segnare la vita degli umani, senza che gli Stati o i governi di quel tempo mettessero in atto sussidi o ristori di alcun genere. Aggiungevo, a quello scandalizzato interlocutore, che la canea che ha accompagnato i provvedimenti dei governi per concedere “ristori” agli imprenditori, “ristori” ritenuti dagli stessi fortemente insoddisfacenti, trovano – e non potrebbe essere diversamente - la loro fonte economica nell’allargamento di quel debito pubblico che graverà essenzialmente, se non esclusivamente, sui giovani di oggi e sulle generazioni a venire. Le regole dell’economia, per quanto molto imperfette, trovano la loro concretezza ed utilizzabilità nel fatto che le risorse finanziarie degli Stati – ed in Italia particolarmente - e dei privati sono fortemente limitate, per la qual cosa i “ristori” di oggi sono il risultato primo di economie e di finanze non proprio floride, che esigono ed impongono pertanto limiti di spesa. È ciò che esponevo, forse molto maldestramente, al mio basito interlocutore. La lettera che di seguito riporto di Umberto Galimberti, per il suo notevolissimo spessore, ridona conforto ed un po’ di sostegno al mio sghembo argomentare e ne giustifica  la decisione di una rapida sua – la lettera - condivisione:  Caro E***, lei non è depresso, perché, anche se al pari del depresso vive l’insignificanza dell’esistenza, che è poi la verità (…), lei, a differenza del depresso, questa insignificanza non la trova dentro di sé come tratto tipico della sua personalità come accade al depresso, il quale, senza nessuno sguardo rivolto al futuro, abita solo il proprio “passato” che ha desertificato amori che non si sono radicati, creatività estinte al loro sorgere, ricordi che non hanno nulla a cui riaccordarsi, avvolto da quella solitudine che trova espressione nell’immobilità marmorea del suo volto e nel suo silenzio che nessuna parola riesce a perforare. Lei invece avverte l’insignificanza del suo “futuro”, da cui si sono congedati anche gli ultimi residui della speranza. E le parole che alla speranza alludono, le parole più o meno sincere che gli adulti rivolgono a voi giovani, le parole che vi invitano a non rassegnarvi, le parole che insistono nel prospettarvi un avvenire, le parole che promettono languono intorno a voi come rumore insensato che tradisce la nostra insincerità e smaschera la finzione e l’inconsistenza dei nostri incoraggiamenti. Voi giovani sapete che non c’è gioia senza futuro, non c’è felicità nella successione dei giorni. Il sole che muore è lo stesso che ogni giorno risorge e, nel cerchio perfetto che il suo ritorno disegna, naufraga il progetto a cui per un giorno vi eravate affidati per reperire un senso nella vostra vita. Diventate inevitabilmente apatici, come lei dice, perché vedete troppa progettualità nello sguardo e nelle parole degli adulti, troppa speranza che vuol seppellire la vostra malcelata disperazione, che avvertite ogni volta che sporgete lo sguardo sul vostro avvenire.

martedì 27 aprile 2021

Paginedaleggere. 15 «La corruzione morale discese giù per li rami invadendo quasi l’intera società civile».

Ha scritto Raffaele Simone in “Il paese del pressappoco” – Garzanti editore (2007) -: (…). L’Italia, (…), è un paese in cui può accadere di tutto. I paesi in cui “può accadere di tutto” sono quelli in cui un gran numero di atti derivanti dalla sfera pubblica non hanno esito sicuro, ma il cui risultato è indefinito, incerto o sicuramente fallimentare. In un paese di questo genere, è bassa o nulla la fiducia dei cittadini nell’efficacia degli atti e prestazioni dei servizi e dei poteri pubblici. Nessuna delle prestazioni offerte da queste reti ha una qualità scontata: il risultato che si ottiene incorpora sempre un elemento di sorpresa. In un paese in cui lo stato sia un’entità condivisa, al contrario, gli atti sono derivanti dalla sfera pubblica il cui esito sia imprevedibile sono pochi, rari, eccezionali… Da questo punto di vista il nostro non è allo stesso livello dei paesi davvero infelici: certo, non è come Haiti o il Sudan, ma sta – ci piaccia o no – sulla stessa scala, anche s e ne occupa l’estremo positivo. La differenza si può descrivere così: nei paesi in cui non può accadere di tutto, l’atteggiamento previo dei cittadini dinanzi ai servizi principali è di attesa positiva e fiduciosa, perché tutti sanno e credono che accadrà più o meno quel che è previsto. Negli altri, è invece di attesa negativa o indifferente: nessuno dà più per scontato che un’operazione qualunque avrà esito sicuro. La risposta di un pronto soccorso o di un’ambulanza, il funzionamento di un mezzo di trasporto pubblico, il comportamento di un poliziotto o di un funzionario, l’efficienza di un ospedale, la qualità e la decenza di una scuola, il funzionamento di un aeroporto, il rimborso di una società assicurativa… Accanto a ciò, è straordinariamente italiano il fenomeno connesso: la virtuale impossibilità di identificare i responsabili delle inefficienze e di rimuovere la causa del difetto. (…). Gli italiani, sfibrati dall’inadeguatezza delle prestazioni e dei servizi che ricevono e privi come sono di senso di appartenenza, versano in un perpetuo stato di ansia, di delusione, di eccitazione astiosa, d’impazienza, perfino di odio civico. Hanno sempre i nervi scoperti, si sentono presi nella rete di un impalpabile ma micidiale bellum omnium contra omnes, e sono così ridotti ad essere i più poderosi masticatori di chewing gum del mondo… Con una formula alta, per descrivere lo stato in cui versiamo potremmo prendere in prestito questa citazione: “Gli uomini sono malvagi perché infelici, perché in preda alla tristizia che ne diminuisce la gioia o il potere di esistere e che li precipita spesso sempre più in basso, avvitandoli in una spirale di distruzione e autodistruzione. Lo Stato (con la sua inefficienza, la sua irrazionale crudeltà, la sua sostanziale estraneità alla nostra vita) è uno dei motivi principali della nostra tristizia collettiva. (…).

lunedì 26 aprile 2021

Virusememorie. 72 «Siamo umani in prova. In crisi. In ansia».

Quanti sono stati e sono tuttora i “negazionisti” del Covid-19 in questo destrutturato bel paese? Ricordate la “bagasse” dell’ultima estate gridare, in riva al mare della solatia Trinacria, “’u coviddi non c’è”? E divenire – per altissimi meriti acquisiti sul campo – l’eroina dei forzati della “tintarella” - e non solo -, ovvero l’eroina di tutti i dissennati della rete? E quanti sono gli “aperturisti” di questo distrattissimo bel paese?

domenica 25 aprile 2021

Eventi. 42 «“25 aprile. Resistenza: storia di una parola”».

A lato. Squadra di partigiani della 36esima “Brigata Garibaldi” nelle Langhe (1944-’45).

Tratto da “25 aprile. Resistenza: storia di una parola” di Giacomo Papi, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 25 di aprile 2021:

sabato 24 aprile 2021

Eventi. 41 Marisa Ombra, staffetta nelle brigate Garibaldi: «“Siate partigiane, per essere libere sempre”».

 

“Verso il 25 aprile: la Resistenza delle donne, di ieri e di oggi, per continuare a essere libere” - letto sul sito (21 di aprile ultimo) de “ilfattoquotidiano.it” su cortese segnalazione dell’amica Agnese A. - di Michela Ponzani - storica, autrice e conduttrice televisiva di programmi culturali per Rai Storia -: Si avvicina il 25 aprile e a dispetto del linguaggio bellico utilizzato nell’ultimo anno di pandemia (cominciò l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri quando disse che il Covid aveva fatto più morti in Lombardia che i bombardamenti durante la seconda guerra mondiale), forse vale la pena ricordare che la Resistenza non è stata solo un affare maschile-militare. Nella guerra totale che, fra l’autunno del 1943 e la primavera del 1945, investe le popolazioni civili, sono soprattutto le donne a resistere e combattere. Rimaste sole con i mariti al fronte, dispersi o catturati come prigionieri di guerra, le donne diventano protagoniste di una Resistenza senz’armi, fatta di piccoli-grandi gesti di sopravvivenza quotidiana. Oppresse tra fame, solitudine e abbandono, corrono nei rifugi per salvare la vita dei figli, durante i bombardamenti; sopportano il freddo da sfollate, fanno la fila per il pane sperando, ogni giorno, di riuscire a sfamarli. Staffette per il trasporto di armi, cibo e medicinali, o combattenti nelle bande partigiane che operano in montagna e in città, le donne rischiano di essere fermate ai posti di blocco tedeschi, di cadere nella rete delle spie, di finire nelle camere di tortura della polizia fascista, dove lo stupro è liberamente usato per estorcere confessioni. Bersagli strategici dei nazisti e dei militi della Repubblica sociale, sono le donne a scontare con maggiore crudeltà una strategia terroristica fatta di stragi e rastrellamenti, di incendi a paesi e villaggi; di fucilazioni e torture sui corpi dei prigionieri politici. Ma nella disperata lotta per la sopravvivenza, le donne decidono di non essere più vittime. E si ribellano a quella cultura di guerra che usa lo stupro come arma per umiliare il nemico sconfitto, riducendo il corpo femminile a bottino e preda degli eserciti (occupanti o liberatori). Le memorie taciute delle donne raccontano storie di coraggio e di rivolta. E come ho ricordato in Guerra alle donne (Einaudi), ciò vale soprattutto per gli stupri di massa, compiuti dalle truppe marocchine e algerine nella primavera-estate del 1944 e le violenze subite dalle donne costrette a prostituirsi nei campi bordello, costruiti dall’esercito tedesco dietro la linea Gotica. Veri e propri tabù nella memoria nazionale e nel senso comune dell’Italia del dopoguerra. La lotta partigiana delle donne è quindi una guerra di liberazione anzitutto contro la criminale violenza nazifascista; ma è anche una scelta di libertà. Una guerra privata, combattuta per l’emancipazione dalle discriminazioni e da ogni forma di subalternità sociale e culturale. Per le donne, la Resistenza è un atto di disobbedienza radicale; uno strappo definitivo con la società patriarcale, la liberazione dall’educazione fascista improntata al rispetto delle gerarchie fuori e dentro le mura domestiche, che le condanna ad essere la “pietra fondamentale della casa, la sposa e la madre esemplare”. Che non permette d’iscriversi alle facoltà scientifiche e considera irrazionale la mente femminile, perché “il genio è maschio”. Ma perché oggi una ragazza dovrebbe appassionarsi a vicende che hanno più 70 anni? Al di là di discorsi ingessati o retorico-celebrativi, forse la risposta sta nel fatto che quelle storie – con le emozioni, le paure, i tormenti che segnano la scelta partigiana, dolorosa e carica di responsabilità – continuano a parlare al nostro presente. Perché se oggi il destino delle donne non è più quello di stare a casa e di lasciare tutto il mondo agli uomini, è grazie alle ragazze che hanno combattuto la dittatura fascista, rinunciando alla spensieratezza della gioventù. E che nel dopoguerra hanno continuato a battersi, affrontando discriminazioni insopportabili. “Donna partigiana, donna puttana” si sentì dire Carla Capponi, medaglia d’oro al valor militare, durante un dibattito alla Camera da alcuni deputati della destra postfascista, con tanto di inequivocabili gesti osceni. E Marisa Rodano (che ha da poco festeggiato i 100 anni) ha raccontato che “negli anni ’50 le carceri erano piene di adultere”. Il marito poteva spedire la moglie in galera, se questa aveva una relazione con un altro uomo. Fortissime erano poi le disparità nella sfera domestica e professionale: le donne non potevano divorziare o interrompere una gravidanza, né diventare giudici o poliziotte perché troppo fragili. Persino ucciderle non era così grave: la legge, concedeva le attenuanti se un uomo, per ragioni di onore, uccideva la moglie, la sorella o la figlia (il delitto d’onore sarà abrogato solo nel 1981). Altre norme permettevano di picchiare la moglie per correggerne il carattere e giustificavano lo stupro se seguito da un matrimonio riparatore (solo nel 1996 diverrà reato contro la persona e non contro la morale). Le ragazze della Resistenza lasciano dunque il testimone alle generazioni future. Non scorderò mai quella studentessa di liceo che trovò il coraggio di parlare delle violenze subite in famiglia, dopo aver letto il diario di una partigiana. Le venne il desiderio di diventare una donna libera (disse proprio così). Grazie al movimento #MeToo, abbiamo squarciato il velo d’ipocrisia sugli abusi e le molestie sessuali (non solo nel mondo dello spettacolo) e abbiamo più coraggio nel denunciare gesti e parole di offesa, urlate o allusive. E possiamo dichiarare, senza il timore di essere considerate pazze o esagerate, di non sopportare più allusioni sessuali non richieste (in ufficio, a un colloquio di lavoro o all’università), o di vederci sminuite nella nostra professione; come quando la dottoressa che ti visita in ospedale viene definita signorina. Ma l’emergenza Covid-19, che ci ha rintanate in casa, ha visto aumentare i femminicidi. Perché quando si è fragili e abbandonate a una vita di isolamento e degrado, è proprio la famiglia a trasformarsi in un’orrenda prigione. E ci arrivano come macigni le notizie di uomini che odiano e ammazzano le donne: “buoni padri di famiglia” che uccidono per “troppo amore”; uomini “per bene” travolti da un raptus perché “lei voleva lasciarlo”. E allora festeggiamo questo 25 aprile con le parole che Marisa Ombra, staffetta nelle brigate Garibaldi ha dedicato a tutte noi. “Siate partigiane, per essere libere sempre”.

venerdì 23 aprile 2021

Leggereperché. 78 «Chi è custode della memoria se non la donna».

 

Scriveva Umberto Galimberti in “Vestali della memoria”, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 7 di giugno dell’anno 2003: (…). Chi è custode della memoria se non la donna, il cui ancoraggio alla natura, che al pari della donna è madre, la rende così solidale alla vita, da spingerla a ricostruirla là dove passa la potenza distruttiva degli uomini, il cui ancoraggio alla natura è davvero flebile e immemore rispetto al fascino che su di loro esercita, quel campo da gioco che è per loro la storia? Non la storia antica, che avendo parentela con l’origine e la nascita delle civiltà è evento femminile, ma con la storia di oggi, che, sradicata dalla memoria delle origini, è pura volontà di potenza. (…).

giovedì 22 aprile 2021

Leggereperché. 77 «La psiche umana è anche un evento culturale, è quindi diversa da cultura a cultura e di epoca in epoca».

A lato. "Porto di Brixham" (acrilico, 2010) di Anna Fiore.

Tratto da “Tutte le altre parole che servono dopo aver detto ti amo" di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 22 di aprile dell’anno 2017: Se la razionalità della tecnologia prenderà il sopravvento, rischiamo di rendere superflua ogni sfumatura espressiva. Conoscere la natura è molto più facile che conoscere se stessi. Perché la natura è fuori di noi e possiamo esaminarla come un oggetto. Noi invece non possiamo guardarci dall'esterno come si guardano gli oggetti se non negando la nostra soggettività. La distinzione tra scienze della natura e scienze dello spirito introdotta da Wilhelm Dilthey (1833-1911) segna, oltre che la differenza tra i due tipi di sapere, anche il nostro limite in ordine alla conoscenza di sé.

mercoledì 21 aprile 2021

Cronachebarbare. 88 «Tra la memoria e l’oblio è possibile solo un pareggio. Un compromesso, per dirla con le parole della politica».

Ha scritto di “lui” Francesco Merlo il 21 di aprile dell’anno 2013 in “Aspettando il capo invisibile”, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica”: (...). Un vaffa detto prima può anche far ridere e persino pensare, pur nella sua stupidità volgare, ma il vaffa detto dopo, (…), è il colpo di grazia, una botta di remo sulla testa di un naufrago, lo sparo alla nuca su un corpo rantolante, insomma è esattamente l'opposto della finezza di modi e della difesa dei diritti elementari, soprattutto degli sconfitti, che si celebra negli insegnamenti di quel sottile ed equilibrato giurista che è Stefano Rodotà. E infatti Rodotà ieri per ben due volte si è dovuto dissociare dall'adunata contro Napolitano e dal linguaggio eversivo di Grillo: «Si dissente nelle sedi e nelle forme istituzionali» E dunque mentre a Roma ieri manifestavano nel suo nome era evidente che è ai contrari di Stefano Rodotà che Beppe Grillo si ispira. Per esempio a Maramaldo, il vile che uccideva un uomo morto, (…), facendo saltare tutti i codici di guerra che sono fatti di onore e di rispetto verso il vinto. E si ispira, sia pure in versione genovese, a Ciceruacchio, quando conta il suo popolo a milioni di milioni e straparla di «fine della democrazia», «giornata nera della repubblica». (…). Il “lui” di cui si parla è divenuto d’un colpo l’uomo del giorno. Ha fatto oltremodo notizia, esercizio che, da buon teatrante quale è, non ha mai disdegnato di praticare. Lo è tanto teatrante da avere ispirato al vignettista Riccardo Mannelli la bellissima ed al contempo atroce vignetta di oggi su “il Fatto Quotidiano” nella quale gli fa invocare, nella sua perfida teatralità, d’essere arrestato lui – “arrestate me” – al posto del figliuol prodigo suo, come se lo stato di “diritto” fosse cosa ambigua, ondivaga, come il suo fare e disfare nella politica del bel paese. Scriveva Ezio Mauro sempre di “lui” – “Grillo, la setta dell'altrove” – sul quotidiano “la Repubblica” – del 12 di gennaio dell’anno 2017: (…). La politica è un po' più complicata, a lungo andare, soprattutto negli intervalli tra una campagna elettorale e l'altra: per fortuna non tutto è performance, blog, comizio, una volta ogni tanto bisogna trasmettere l'idea che oltre a distruggere si è capaci anche di costruire qualcosa. L'Europa, poi, è complicata ancor di più. Esistono famiglie politiche, perché esistono vicende storiche e civili che hanno selezionato interessi, valori e persino personalità producendo cultura politica (mi scuso per l'espressione fuori moda): e da quella cultura, semplicemente, sono nate le costituzioni e le istituzioni nelle quali viviamo - potremmo dire - nelle difficoltà degli uomini ma nella libertà del sistema, in questo nostro lungo dopoguerra europeo di pace. Bene, se questa è la cornice, il quadro non è solo un infortunio senza precedenti, da inserire per anni nei repertori comici in teatro, per far ridere la platea. È la conferma di una mancanza di sostanza, di qualità e addirittura di significato politico. Qui succede che un movimento nasce contro l'euro e contro l'Europa, oltre che contro tutte le inefficienze, le disfunzioni e le corruzioni della nostra democrazia indigena. Entra nel gruppo antieuropeista di Farage, campione della Brexit e dell'insularità britannica. Poi, dopo uno stage sul bordo-piscina di Briatore a Malindi, ecco la rivelazione keniota del fondatore, l'idea che per prepararsi a governare conviene abbandonare alleati così radicali, e spostarsi in un'area più tranquillizzante. I liberali? Perché no, vanno bene come qualsiasi opzione che non costringa a scegliere davvero tra destra e sinistra, per non dividere il fascio di consensi. La post-modernità della post-politica è questa: mani libere, destra e sinistra sono superate, il nuovo vive in un altrove indistinto che si può manipolare a piacere e abitare con comodo, interpretandolo come una pièce che si aggiorna di piazza in piazza, secondo l'estro del capocomico. Il fatto di aver ironizzato sui liberali per anni e di aver polemizzato ripetutamente con loro non conta, perché tanto nell'altrove non esiste un'opinione pubblica interna, cui rendere conto.

martedì 20 aprile 2021

Paginedaleggere. 14 «Se c'è cosa che più di tutto dimostra il fallimento della scuola è la noia».

A lato. "Movimento di danza", penna ed acquerello di Anna Fiore (2021).

Ha scritto Marcello Benfante in “Cattivi pensieri sulla scuola di un insegnante meridionale” – riportato nel capitolo VII del mio volume “I professori” (AndreaOppureEditore, 2006) – che “dopo cicliche delusioni, amarezze, disillusioni, riscopro, altrettanto ciclicamente, che il mio lavoro mi piace e che non vorrei farne altri. Mi piace rispondere alle domande degli studenti (detesto invece farle). Mi piace ammettere di non saper rispondere (ho imparato da poco a non vergognarmene).

lunedì 19 aprile 2021

Paginedaleggere. 13 «Sulla terra non potrà mai darsi equilibrio tra dolore e piacere finché esisteranno fratelli privi di diritto».

 

A lato. "Flipper" (08/05/2017). Foto di Eva Collica (dog sitter).

Ha scritto il “misterioso” Filelfo alla pagina 74 della Sua straordinaria “favola ecologica” “L’assemblea degli animali” (Einaudi, 2020, pagg.184, euro 15): “Nessun metodo, nessun esercizio umano possono eguagliare la naturalezza di un cane nello stare sempre sul chi vive. Che cos’è un corso di storia o filosofia o poesia, per quanto ben scelto, o cosa sono la migliore frequentazione o la più ammirevole pratica di vita, di fronte alla disciplina di guardare sempre ciò che deve essere veduto, fiutare ciò che deve essere annusato, fare ciò che deve essere fatto?

sabato 17 aprile 2021

Virusememorie. 71 «Nella notte tra il 18 e il 19 marzo, nell’anno di disgrazia 2020, siamo resi inermi nei nostri appartamenti italiani».

 

L’immagine che accompagna questo post è del fotografo danese Mads Nissen. Essa è stata premiata come “foto dell’anno” nel concorso internazionale “World Press Photo of the Year”. È stata scattata il 5 di agosto dell’anno 2020 in una struttura di accoglienza per anziani di San Paolo del Brasile. In essa viene ritratta l’anziana signora Rosa Luzia Lunardi – ottantanovenne, ospite della struttura – abbracciata, in uno slancio di affetto mancato, ad una operatrice sanitaria. Per non dimenticare. Tratto da “Non se ne sono andati” di Giuseppe Genna, pubblicato sul settimanale “L’Espresso” del 20 di dicembre dell’anno 2020:

venerdì 16 aprile 2021

Virusememorie. 70 «Davanti alla solita immagine, vagamente sadica, dell’ago che buca il braccio».

 

A lato. Edward Hopper, "Portrait of Orleans" (1950), olio su tela.

Meritoria assai l’opera intrapresa dalla scrittrice siciliana Elvira Seminara che vuole “costruire” le immagini e/o le memorie – per gli umani del futuro – di quelle che sono state le “sfere emotive” degli umani al tempo della “pandemia”. In questa Sua opera di minuziosa ricerca e ri-costruzione - a futura memoria - di quelle “sfere” ha già percorso la “sfera” della “invidia” – riportata in questo blog nel post del 29 di marzo – e la “sfera” della “nostalgia” – riportata nel post dell’11 di aprile -.

giovedì 15 aprile 2021

Paginedaleggere. 12 Altiero Spinelli «diceva che la solidarietà è politica, è la coscienza dell'Europa».

 

Giusto un anno addietro appariva sul quotidiano “la Repubblica” di mercoledì 15 di aprile un pezzo a firma di Ezio Mauro – “Dov’è l’Europa dell’audacia” –, senza l’interrogativo.

mercoledì 14 aprile 2021

Virusememorie. 69 «Ricucire reti, esistenze, relazioni, traffici di mare e di terra».

A lato. "Ulisse e Calipso" sulla spiaggia di Ogigia.

“Parole della pandemia”. “I” come “Isolamento”, di Elvira Seminara (nata a Catania), pubblicato sul settimanale “L’Espresso” dell’11 di aprile 2021:

martedì 13 aprile 2021

Paginedaleggere. 11 «È subentrata un'individualità dai mille volti, che non esprime una biografia, ma solo una serie di riflessi fugaci».

 

A lato. "Suonatore di jazz a Las Vegas" (2021), acquerello di Anna Fiore.

L’amica carissima Agnese A. ha lasciato questo Suo commento al post di ieri – «La mancanza di prospettive future ha inaugurato l'epoca nichilista» -: “Carissimo Aldo, tra le mie modeste, personali riflessioni, che hanno seguito l'appassionante lettura di questo importantissimo post, una in particolare vorrei sottolinearne e riguarda la necessità di sensibilizzare i giovani, e non solo loro, ad abbandonare l'individualismo che è la sorgente di tutti i mali piccoli e grandi della vita e della società... (…)”.

lunedì 12 aprile 2021

Leggereperché. 76 «La mancanza di prospettive future ha inaugurato l'epoca nichilista».

 

Tratto da “Solitari e ribelli: così i ragazzi si salvano dal nulla” di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 12 di aprile dell’anno 2014: Troppi giovani non hanno fiducia perché sono persuasi, come scrive il sociologo Falko Blask, che: «Se la vita è uno stupido scherzo, dovremmo almeno riderci sopra». Quando eravamo poveri, penso agli anni Cinquanta e ai primi anni Sessanta, i valori impartiti in famiglia coincidevano con quelli della società. Oggi, che stiamo diventando poveri, ma in una società che non nasconde l'opulenza, la famiglia insegna ancora, anche se sempre più debolmente, valori che sollecitano l'impegno, l'applicazione, la disciplina, il rispetto, mentre la società, sempre meno etica e sempre più mercantile, diffonde valori che sollecitano il consumo, il successo, il potere, avendo come alleato il principio del piacere a cui i giovani sono già naturalmente portati.

domenica 11 aprile 2021

Virusememorie. 68 «Non è vero che eravamo felici. È un difetto di prospettiva. Eravamo solo inconsapevoli, assuefatti».

 

A lato. "The dancer" (2021), acquerello di Anna Fiore.

Ha scritto il filosofo e scrittore Gilles Lipovetsky – “L'impero dell'effimero” (1989), in Italia edito da Garzanti; “Le bonheur paradoxal - Essai sur la société d'hyperconsommation” (2006) edito da Gallimard -: Siamo alla ricerca di una felicità paradossale. Comprare è un imperativo, un impeto, una sete: siamo tutti affetti da iperconsumismo. Compriamo oggetti piccoli o ingombranti, costosi e superflui, compriamo quello che abbiamo già, compriamo quello che possediamo. Durante un viaggio recente in Brasile, ho visitato alcune favelas e ho visto bambini, genitori e ragazzi che non si preoccupano di non avere da mangiare, ma di non sembrare poveri: lottano per avere un logo da sfoggiare, un paio di scarpe firmate, un telefonino, un'antenna parabolica. Con un marchio addosso si sentono più forti, dimenticano le umiliazioni quotidiane. C'è una nuova società dell'effimero e non c'è un modello teorico che la riguardi. Una volta c'era il benessere anni '50, '60, '70. Adesso c'è un mondo che sembra un frappé, un grande pasticcio, un eccesso di oggetti, logo, brand. La felicità è il fondamento della società dei consumi: è questo l'obiettivo, ma chi è felice oggi a trent'anni? I ragazzi cercano tutti esperienza, sensazioni, emozioni e il consumo è lì, pronto, a portata di mano, è il mezzo per portare piccole novità, frammenti di eccitazione, scosse infinitesimali che compensano i vuoti. È la conseguenza di un mondo che ha democratizzato l'ideale di felicità, una società individualista, dove io, lei, tutti ci sentiamo soli. E allora eccola, la terapia: comprare, continuare a comprare. Trent'anni fa era tutto nuovo: acquistare la macchina era eccitante, acquistare una macchina fotografica era straordinario. E tutti eravamo più passivi: un solo canale televisivo, forse due, tutti insieme al bar.

sabato 10 aprile 2021

Notiziedalbelpaese. 07 «La domanda potrebbe essere così formulata: perché il Pd non è mai nato?».

 

In materia di correttezza e di responsabilità. Scriveva Marco Travaglio in “Scilirenzi” pubblicato su “il Fatto Quotidiano” dell’8 di febbraio dell’anno 2015: (…). Renzi è sempre stato molto (…) tranchant: chiunque cambi partito deve dimettersi ipso facto da parlamentare per non tradire i suoi elettori.

venerdì 9 aprile 2021

Notiziedalbelpaese. 06 «Lo conosce, Renzi? “Certo. Un giovane molto intelligente, decisionista, svelto. Troppo svelto”».

Sull’evolversi della situazione politica - attuale - nel bel paese ne ha scritto Michele Serra in “La Leopoldona di Letta” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 7 di aprile 2021:

giovedì 8 aprile 2021

Leggereperché. 75 «Per i giovani non c'è tempo nella stagione in cui l'informatica ha soppresso lo spazio».

Ha scritto Michela Marzano in “Una disabile in classe e il senso della vita” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 28 di febbraio dell’anno 2014:

mercoledì 7 aprile 2021

Uominiedio. 33 «“Katholikós” significa “universale” e a questo Küng mirò da sempre: a unire il più possibile gli esseri umani».

Ha sostenuto il teologo svizzero Hans Küng – (Sursee, 19 di marzo dell’anno 1928 – Tubinga, 6 di aprile 2021) che ha appena lasciato questo mondo – in una intervista di Andrea Tarquini – “Ora il Vaticano deve riconoscere la profonda crisi della Chiesa” - pubblicata sul quotidiano “la Repubblica” del 14 di febbraio dell’anno 2013:

martedì 6 aprile 2021

Paginedaleggere. 10 «Consumare significa portare al nulla tutte le cose nel tempo più rapido possibile».

A lato. "Roses a glass" (2021) acquerello di Anna Fiore.

Ha scritto Michele Serra “nel bel mezzo” del Suo “…Ed esiste anche il rischio d’impresa”, pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 2 di aprile 2021 che “il cuore della questione sia il meccanismo profondo del nostro modo di vivere e che abbia dunque a che fare con la perdita collettiva del concetto di limite”.

lunedì 5 aprile 2021

Leggereperché. 74 «Sono le idee che creano la realtà, non la realtà che crea se stessa».

 

Tratto da “L'anima spiega i segreti del cuore” di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 5 di aprile dell’anno 2014:

domenica 4 aprile 2021

Leggereperché. 73 «Più che di "libertà", dobbiamo parlare di "caso", a cui segue un "destino"».

 

A lato. "Orchidee" acquerello (2021) di Anna Fiore.

Ha scritto Paulo Coelho in “Il diavolo e la signorina Prym”: (…). …esistono due cose che impediscono a una persona di realizzare i propri sogni: pensare che essi siano impossibili, oppure – grazie a un improvviso scarto della ruota del destino – vedere che si trasformano in qualcosa di possibile quando meno ce lo si aspetta. In quel momento, affiora la paura di un cammino ignoto, di una vita piena di sfide sconosciute, della possibilità che le cose a cui siamo abituati scompaiano per sempre. Le persone vogliono cambiare tutto e, nello stesso tempo, desiderano che ogni cosa continui a essere come prima. (…).

sabato 3 aprile 2021

Dell’essere. 25 «Gesù è stato condannato dal potere religioso innanzitutto perché liberava l’uomo».

 

Sopravviene la “Pasqua” dei credenti. Sopravviene in fondo per tutti, anche per chi non “crede”. Ma sopravviene un sussulto ed un augurio in chi non “crede” a leggere quanto l’ex priore della Comunità di Bose Enzo Bianchi ha scritto in “Se questo è un uomo” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 29 di marzo 2021: (…). Secondo il Quarto vangelo, Pilato, il procuratore romano, durante il processo presenta Gesù torturato alla folla che ne vuole la morte con le parole: “Ecco l’uomo!”, un uomo debole e colpito con violenza dai soldati, un uomo deriso, disprezzato e sfigurato, quell’uomo che è sempre presente nella storia e che noi dobbiamo vedere nel povero, nell’oppresso, nella vittima del potere, in chi non conta nulla in questo mondo. Quello spettacolo della vigilia di Pasqua nel pretorio è lo spettacolo di cui noi siamo ancora spettatori nel nostro oggi. Non si tratta di nutrire visioni doloristiche, ma semplicemente di essere consapevoli che quella passione, quella vicenda di ingiustizia e di violenza mortifera continua anche oggi, e che ciascuno di noi deve dire: “Ecco l’uomo!”. Ecco l’umanità! E anche pensare: “Se questo è un uomo…”, in quella condizione disumana che vorremmo non vedere o vedere con rassegnazione. Questa è anche l’epifania di cosa significa essere nella disumanità, essere nel profondo dell’alienazione, essere uno scarto in questa corsa che il mondo fa senza interrogarsi sulla violenza, il sopruso, la guerra e l’ingiustizia di cui è capace. Nei secoli passati la cristianità, proprio per non assumersi la responsabilità della violenza da lei perpetrata sugli uomini, ha inventato il deicidio attribuendolo agli ebrei, impedendo così di vedere in quella di Gesù nient’altro che la passione di un innocente perseguitato. Rileggere, meditare la passione di Gesù non ci porta a concludere che noi siamo al riparo dalla sofferenza, ma ci rivela che ci può essere una fiducia che non viene meno neanche in chi soffre, che ci può essere un vivere l’amore che si dà e che si riceve anche quando si è colpiti dalla potenza dell’odio, che si può nutrire la speranza anche nell’apparente fallimento. E dobbiamo riconoscere che anche altri umani, uomini e donne come Gesù, hanno saputo vivere così la loro “passione”. Sì, Gesù è stato condannato dal potere religioso innanzitutto perché liberava l’uomo da perverse immagini di Dio ed è stato ucciso dal potere imperiale totalitario perché “pericoloso” e, dobbiamo riconoscerlo, come tanti altri ancora oggi! Ma per tutte queste vittime della storia è nostro dovere fare memoria che sui cammini di sofferenza può risplendere la capacità dell’umanità di amare, di sperare, di perdonare per spezzare il cerchio infernale dell’odio e della violenza. Il racconto della passione di Gesù si conclude con le parole “iniziavano a splendere le luci del sabato”, un nuovo giorno nella storia dell’umanità. (…).

venerdì 2 aprile 2021

Leggereperché. 72 «Dirsi di sinistra voleva dire distinguersi e riconoscersi anche per abitudini, gusti, architetture, romanzi, riviste, case editrici, film, canzoni, desideri, consumi, anche».

 

A lato. "Funerali di Togliatti" (1972) di Renato Guttuso.

Tratto da “Cara sinistra che fine han fatto le salamelle?” di Filippo Ceccarelli, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 2 di aprile dell’anno 2019:

giovedì 1 aprile 2021

Notiziedalbelpaese. 05 Conte vs Angela Merkel: «“State guardando alla realtà di oggi con gli occhiali di dieci anni fa”».

Ha scritto Michele Serra in “Un Paese a breve termine” pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 18 di settembre dell’anno 2020: (…). Non so (…) se anche nel dopo-Covid, con una ripartenza così fortemente finanziata, “tutto sarà come prima”.