"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 31 dicembre 2020

Cosedaleggere. 93 «Doveva essere una sorpresa per Natale».

Orrori delle feste comandate. 1 Come per dire che, se le cose degli umani avvengono in date ben precise, c’è proprio da crederci che “il cielo è vuoto”, così come è cantato nel brano di Cristiano De André: “Il cielo è vuoto, c'è soltanto il sole Che acceca la terra e fa esplodere il grano E noi che intanto bruciamo”.

mercoledì 30 dicembre 2020

Strettamentepersonale. 31 Catanzaro: «È città rupestre e a pan di zucchero, come Orvieto in Umbria e Avranches in Normandia...»

 

A lato. Veduta settecentesca di Catanzaro in una incisione di Claude-Louis Chatelet.

Questo è un “post” che dedico alla mia “piccola città”, per dirla con Francesco Guccini.

martedì 29 dicembre 2020

lunedì 28 dicembre 2020

Leggereperché. 56 «"Che fare?", una domanda che la politica, ridotta ad analisi dei sondaggi e a una campagna elettorale senza fine, è incapace di soddisfare».

 

Tratto da “Sì, compagni il comunismo si è realizzato” di Maurizio Ferraris, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 28 di dicembre dell’anno 2018: (…). Malgrado quello che si dice e si pensa, siamo la società più vicina al comunismo che la storia abbia mai conosciuto. Sicuramente, più vicina di quanto lo fossero le esperienze storiche di comunismo realizzato, e senza dimenticare che la più grande esperienza di comunismo realizzato è tutt’ora in corso e tutt’altro che in crisi, visto che la Cina si sta avviando a diventare il potere egemone del XXI secolo. Conviene dunque smettere il gioco futile del condannare il capitalismo e rimpiangere il comunismo. Il comunismo è già qua, nella rivoluzione in corso.

domenica 27 dicembre 2020

Virusememorie. 52 «Una cosa il Covid ce l’ha insegnata. Che senza riti la collettività entra davvero in sofferenza».

 

Tratto da «Il rito rubato del Natale “senza”» di Marino Niola - antropologo culturale -, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 24 di dicembre 2020: (…). I social tracimano suggerimenti sui modi di aggirare il Dpcm. Ma non è solo l’impuntatura puerile e irresponsabile di chi non vuol saperne di saltare, anche solo per una volta, l’appuntamento con tavolate, rimpatriate, abbuffate, scampagnate. In realtà la posta in gioco è diversa. E va al di là della dipendenza capricciosa dalle abitudini, dall’inerzia ripetitiva delle consuetudini. Dietro le resistenze e le resilienze, c’è una sorta di istinto cerimoniale custodito nelle profondità del nostro genoma culturale. E che spinge a difendere ad ogni costo una festa che non è una semplice festa religiosa o consumistica. Ma è l’ultimo grande ciclo rituale dell’Occidente. Che ha abolito uno dopo l’altro tutti i riti e tende a considerare i giorni non lavorativi come finestre del calendario vuote. Come pause improduttive, come tempo morto. Ecco perché Natale non è singolare ma plurale. Non una festa ma le Feste, per antonomasia.

sabato 26 dicembre 2020

Cosedaleggere. 92 Giorgio Bocca: «la vita vera, la felicità cominciavano quel mattino in cui un grido di mia madre mi tirava giù dal letto: “Giorgio, Giorgio, nevica”».

Il 25 di dicembre dell’anno 2011 Giorgio Bocca ci lasciava. Di seguito, la testimonianza di Roberto Vignolo – “biblista”, docente presso la Facoltà Teologica di Milano – riportata sul quotidiano “la Repubblica” di giovedì 24 di dicembre 2020 con il titolo “Quando Bocca provò a parlare con Dio”:

venerdì 25 dicembre 2020

Eventi. 33 «Natale resta una festa dell'intimità, una possibilità di gustare gli affetti e di un po' di tempo insieme, celebrando la vita».

 

Ci sono “parole” che offendono il “silenzio”. Così come ci sono parole che vivificano, come per incanto, il “silenzio”. Ed il Natale – per credenti o non credenti - abbisogna del “silenzio”. Poiché nel “silenzio” del Natale le parole dette o scritte hanno tutte il fascino di quelle verità non più dette, non più ascoltate, al tempo delle vite che affannosamente ruinano sotto i colpi (oggi) della pandemia e non solo. Ha scritto Enzo Bianchi – già priore della comunità di Bose - in “Le parole giuste del Natale diverso”, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del lunedì 21 di dicembre 2020: (…). Abbiamo ascoltato annunci davvero stolti: Natale senza festa, Natale dimesso e rassegnato, Natale triste... Ciò mi ha spinto a domandarmi più volte che cosa rende il Natale una festa e che cosa al contrario lo contraddice, lo impedisce. Pur assumendo diversi significati per i cristiani e per i non cristiani, Natale resta un'occasione di festa. Per i cristiani è la memoria della nascita di Gesù, (…). Per quelli che non conoscono l'avventura della fede cristiana, Natale resta una festa dell'intimità, una possibilità di gustare gli affetti e di un po' di tempo insieme, celebrando la vita.

giovedì 24 dicembre 2020

Cosedaleggere. 91 «Oggi in Occidente, come in Oriente, esiste finalmente un solo, vero, e unico dio: il Dio Quattrino».

 

Ha scritto Errico Buonanno in “Falso Natale” – UTET editrice (2019) -: Le classi operaie e contadine, all’alba dell’età vittoriana (Londra, 24 di maggio 1819 – Cowes, 22 di gennaio 1901 n.d.r.), avevano perso praticamente ogni rapporto con il Natale.

lunedì 21 dicembre 2020

Uominiedio. 30 «La storia del cristianesimo come l'abbiamo raccontata fino adesso è finita».

Tratto da “Nel Natale di Gesù il cristianesimo è a una svolta”, intervista di Marco Cicala allo “storico del cristianesimo” Giancarlo Gaeta pubblicata sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 18 di dicembre 2020: (…). "Da anni (…) lavoro sulla natura dei testi evangelici. Che per i credenti sono scritture ispirate, dunque perfettamente attendibili, sulla vicenda di Gesù Cristo. Mentre la critica storica ne ha dato letture svariate. Ebbene, la mia idea è che i Vangeli siano animati da un contrasto. Perché da un lato furono scritti mezzo secolo dopo i fatti o, come nel caso di Giovanni, a 70-80 anni di distanza. Ma in quella lontananza temporale cercano di ricreare una vicinanza con Gesù, di renderlo nuovamente presente nella fede".

Operazione telescopica. Soggetta al rischio di qualche deformazione ottica. "Certo. Nessuno degli evangelisti è stato testimone diretto, contemporaneo di Gesù. Ognuno di loro si pone il problema del linguaggio con cui comunicare quella vicenda alla comunità della quale fa parte. La morte di Cristo, quel tipo di morte, ha prodotto un trauma, ha spezzato il legame tra lui e i suoi seguaci, ha scavato un vuoto, una mancanza, un'assenza. Ma proprio di quel vuoto si nutrirà la fede dei credenti".

domenica 20 dicembre 2020

Lalinguabatte. 100 «La sovranità è sempre popolare».

C’è da diffidare alquanto allorquando, da qualche antro malsano e maleodorante della politica, si invoca il popolo sovrano quale arbitro supremo, o illuminato, delle dispute politiche.

venerdì 18 dicembre 2020

Cosedaleggere. 89 «Babbo Natale l'autocertificazione per "comprovate esigenze lavorative" l'aveva in tasca».

 

In un “N.B.” posto a chiusura del Suo “Babbo Natale contro Jeff Bezos”, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” di oggi venerdì 18 di dicembre 2020, Giacomo Papi ha scritto: “A parte Babbo Natale, che esiste, tutto il resto è vero”.

giovedì 17 dicembre 2020

Leggereperché. 55 «La mia vita scolastica era intrisa di religiosità, quella domestica, ai miei occhi infantili e conformisti, di dissolutezza».

Tratto da “Tutte le insidie dell'ora di religione” di Claudia de Lillo – in arte Elasti – pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 17 di dicembre dell’anno 2011: Sono nata in una famiglia di atei. Per metà, per giunta, ebrei. E anche un po' comunisti. Sono cresciuta con due genitori separati e poi divorziati, negli anni '70, quando ancora, quelli come me, erano considerati bambini molto sfortunati.

mercoledì 16 dicembre 2020

Virusememorie. 51 «L’oscena congrega dei no-mask, che attira le bombe sulle case degli altri».

Stati d’animo. 1 Tratto da “L'osceno egoismo dei no-mask” di Michele Serra pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 13 di novembre 2020: (…). …mi tocca il cuore il parallelo tra le (…) memorie di guerra e l’odierna clausura.

martedì 15 dicembre 2020

Leggereperché. 54 «Non sappiamo che cos'è bello, cos'è buono, cos'è giusto, cos'è vero, cosa è santo, ma unicamente che cosa è "utile"».

 

Tratto da “La passione per il denaro” di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 15 di dicembre dell’anno 2012: È l'elemento umano che rende irrazionale il mercato. Ma nella sua forma più sregolata, la corruzione, è un tratto molto italiano. Tocca alla buona politica correggerlo. (…). …due cose: 1. Se l'egemonia del mercato non confligga col mondo della vita, riducendo l'uomo a puro funzionario di apparati e prevedendolo solo come produttore e consumatore. 2. Se la corruzione della politica italiana non abbia aggravato ulteriormente la situazione, infrangendo le regole del mercato e quel che resta della sua razionalità. Per quanto concerne la prima domanda possiamo dire che il mercato, rispetto al furto, alla rapina, alla guerra è, come diceva Max Weber nel primo decennio del secolo scorso, la forma più razionale per regolare gli scambi. La stessa parola "ragione" è nata in campo economico con l'introduzione del "redde rationem" che prevede che negli scambi si dia un bene equivalente a quello che si riceve. Naturalmente il mercato non è la forma più alta di razionalità perché è ancora condizionato da una passione umana che è la passione per il denaro. La tecnica, ad esempio, che non soffre di questa passione (e quindi di questo sottofondo di irrazionalità che caratterizza tutte le passioni) è molto più razionale dell'economia. In quanto sufficientemente razionale, il mercato non è una sciagura, a meno che non diventi l'unico regolatore delle relazioni umane come oggi sembra sia diventato, al punto che più non sappiamo che cos'è bello, cos'è buono, cos'è giusto, cos'è vero, cosa è santo, ma unicamente che cosa è "utile". Il criterio dell'utilità economica prevede gli uomini come semplici produttori e consumatori, e quando di certe cose non si sente proprio il bisogno, il mercato, attraverso la pubblicità, non esita a "produrre" gli stessi bisogni, in ciò affiancato dalla moda, per cui, ad esempio un cellulare, che ancora svolge la sua funzione, viene sostituito con quello di nuova generazione perché non è più di moda, dando ragione al filosofo Günther Anders secondo il quale la data di scadenza non riguarda solo gli alimentari, ma tutti i prodotti, "la cui fine" è "il fine" per cui sono stati costruiti. Quante volte ci siamo sentiti dire che un pezzo di ricambio costa di più dell'acquisto di un modello nuovo? In questo portare le cose il più rapidamente possibile alla loro fine io vedo un esempio concreto del nichilismo sotteso alla logica di mercato che per produrre ha bisogno che le cose si consumino il più rapidamente possibile.

lunedì 14 dicembre 2020

Cosedaleggere. 88 «La morale evapora e tutti possono sentirsi innocenti».

 

Tratto da “Perché scienza e politica devono essere libere” di Gustavo Zagrebelsky, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 14 di novembre 2020: (…). …è possibile, anzi necessario, precisare il significato che si intende attribuire a queste due parole: scienza e politica. La scienza si occupa di ciò che è "per natura"; la politica, di ciò che è "per artificio". Altrimenti detto, la scienza si rivolge a dure e testarde verità che stanno al di fuori della volontà e dei desideri degli umani; la politica riguarda mutevoli e discutibili preferenze. La scienza si propone di conoscere; la politica, di scegliere. In sintesi, la scienza si occupa di ciò che è indipendentemente da noi; la politica, di ciò che vogliamo che sia e crediamo che possa dipendere da noi. Una distinzione chiara? Non direi: c'è il dubbio che la "scienza politica", insegnata in tante università, nasconda un ossimoro insidioso. Innanzitutto, un chiarimento. Usando la parola politica, non intendiamo cose che riguardano la politica dei partiti, ma ciò che ha a che vedere con ciò che si fa, da chiunque si faccia, per modellare e governare la dimensione pubblica della vita, cioè la pòlis. Per questo "politica". Un concetto larghissimo che comprende, certamente, l'attività dei partiti, ma non l'esaurisce. Esclude i pensieri e le attività che nascono e muoiono nella dimensione individuale e privata e che, a bene pensarci, sono assai poco numerose. Non è vero che tutto è politico, come diceva l'ingenuo '68, ma è vero che moltissimo è politico. Nelle società libere, scienza e politica sono a loro volta libere. Anzi, il segno più chiaro delle società che amano la libertà è la libertà della scienza (e dell'arte, naturalmente) e della politica. Ciascuna di esse pretende di non avere limiti: se si prostituissero - come fu per la chimica, la fisica, la sociologia, l'arte sotto il bolscevismo e il nazismo, e in generale in tutti i regimi totali o totalitari - le condanneremmo come tradimenti. Lo stesso per la politica: nei regimi liberi, la politica è, per definizione, libera di darsi i suoi fini. Che ne sarebbe se fosse costretta a ubbidire a una religione, a una ideologia, a una verità pre-confezionata? "L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento"; tutti i cittadini sono liberi di associarsi per determinare la politica nazionale: così parla la Costituzione. Libere, ciascuna nel suo ambito, ma ciò non significa che non si incontrino. Al contrario. L'espansione dell'una implica la riduzione dell'altra. Contro ciò che si pensa generalmente, lo spazio della scienza, della scienza "pura", incontaminata dalla politica, si è ridotto grandemente a vantaggio di quest'ultima. L'umanità è sempre più in condizione di creare condizioni artificiali, cioè politiche nel senso ampio anzidetto, là dove un tempo operava la "natura incontaminata". Perfino ciò che riguarda la vita e la morte, la costituzione degli esseri viventi e le loro dotazioni sessuali, le funzioni cerebrali, tutte cose fino a non molto tempo fa appartenenti integralmente alla natura intatta, è entrato nella sfera delle realtà artificiali. La bio-politica è questa espansione, da un lato, e questa restrizione, dall'altro. Se e quando gli esseri umani riusciranno a creare la vita dal nulla o sconfiggere la morte con le loro arti demiurgiche, si potrà dire che l'artificio ha vinto su tutta la linea.

domenica 13 dicembre 2020

Uominiedio. 29 «Essere ad un tempo cristiani e scienziati».

 

Tratto da “Il conflitto interiore di certi scienziati” di Umberto Galimberti – “che si pongono il problema di come si possa essere a un tempo cristiani e ricercatori scientifici” -, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” di ieri sabato 12 di dicembre 2020:

sabato 12 dicembre 2020

Leggereperché. 53 «In ognuno dei commensali c'era un pezzetto di mio padre, che ho catturato, con un apposito retino acchiappa ricordi».

 

A lato. "Porto di San Francisco" (2019), acquarello di Anna Fiore.

Tratto da “I ricordi abitano nelle case dove hai vissuto” di Claudia de Lillo – in arte Elasti – pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 12 di dicembre dell’anno 2015:

venerdì 11 dicembre 2020

Cosedaleggere. 87 «Non saremo più “liberisti”, ma finalmente liberi».

Tratto da “Mercati, anatomia da colpo di stato” di Massimo Fini, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 6 di dicembre 2020: (…). C’è un’ovvia differenza fra l’industria e la finanza. L’industria produce cose, oggetti, vestiti e, in campo alimentare, il più essenziale di tutti i beni, il cibo. La finanza non produce nulla, partorisce semplicemente altra finanza, è denaro che partorisce altro denaro, cosa che scandalizzava Aristotele per il quale il denaro essendo inanimato non poteva essere fertile (Politica). La finanza è una semplice “partita di giro” a somma zero. “Nulla si crea e nulla si distrugge”, diceva Democrito. Si può star certi che se c’è un rialzo alla Borsa di New York altri, in diverse aree del mondo, stanno perdendo qualcosa, non necessariamente denaro ma per esempio posti di lavoro. Le Borse vanno in visibilio quando una grande azienda licenzia un migliaio di dipendenti. La finanza, a differenza dell’industria che ha bisogno di operai, di tecnici, di impiegati, di portieri, non dà nemmeno lavoro. Basta un individuo particolarmente abile con computer veloce e costui schiaccia un pulsante e mette in ginocchio un intero Paese. Intendiamoci, questi trucchetti sul denaro ci sono praticamente da quando esiste il denaro, anche se nel corso dell’evoluzione, chiamiamola così, hanno preso dimensioni un tempo sconosciute. Nel Medioevo il grande mercante pagava le maestranze in moneta povera, sostanzialmente rame, che i poveracci usavano fra di loro (sarebbe stato inutile e assurdo tesaurizzarla) mentre il mercante realizzava sui mercati internazionali in oro e argento. È quanto succede anche oggi nei Paesi sottosviluppati, detti pudicamente “in via di sviluppo”, dove i locali spendono moneta locale, che non val nulla, mentre i loro datori di lavoro realizzano in dollari, euro, sterline. Il mercato è onnipresente. Esiste una vera e propria “dittatura dei mercati” di cui si preferisce non parlare o solo bisbigliare, anche se di recente due film, non a caso americani, The Wolf of Wall Street di Scorsese e Panama Papers di Soderbergh hanno affrontato in modo serio la questione. Questa dittatura però è sfuggente perché anonima. Sono finiti i bei tempi in cui il dittatore era un soggetto in carne e ossa e quindi potevi sempre sperare di sparargli col tuo fucilino a tappo e farlo fuori. Sparare contro “i mercati” è come cercare di colpire un fantasma. Il mercato è quindi invincibile? Teoricamente no. Al mercato si oppone l’economia di Stato quale è esistita, per fare l’esempio più noto, in Unione Sovietica. Ma l’economia di Stato è infinitamente meno efficiente di quella a libero mercato. Se l’Urss ha perso la Guerra fredda con l’Occidente non è perché aveva meno atomiche, meno bombardieri, meno carri armati, insomma meno armi, meno popoli arbitrariamente soggiogati, l’ha persa sul piano dell’economia. Un Paese a economia di Stato circondato da Paesi “liberisti” è spacciato. Dovrebbe essere talmente forte da occupare una buona parte del globo, per questo Trotzkij affermava “la Rivoluzione o è permanente o non è”. E infatti non è stata. Gli antichi Imperi fluviali, sostanzialmente collettivisti, comunisti, dov’era prevalente il concetto di “equivalenza” e di una ragionevole redistribuzione della ricchezza fra i sudditi, hanno potuto resistere tremila anni perché così immensi da non temere una concorrenza esterna.

giovedì 10 dicembre 2020

Cosedaleggere. 86 «Metà del mondo mi pare superstiziosa quanto i contadini medievali».

 

Tratto da “Torniamo alla scienza”, intervista di Antonello Guerrera allo scrittore inglese Ian McEwan pubblicata sul quotidiano “la Repubblica” dell’8 di dicembre 2020: (…). McEwan, con la piaga pandemica e la scienza sempre più "pop", tempismo perfetto per "Invito alla meraviglia" (ultima pubblicazione dello scrittore inglese, Einaudi Editore, pagg. 115, euro 14 n.d.r.). "Questa grave crisi è arrivata in un contesto di duro anti-razionalismo, populista, superstizioso, a volte violento e furioso. Gli Stati Uniti degli ultimi anni ne sono stati esemplari, a causa di un presidente immaturo, per cui le mascherine erano una questione politica. DI lì, si sono moltiplicati i negazionisti del Covid. Se trent'anni fa immaginavamo una nuova, imminente era di umanesimo secolare, laico, dettato da evidenze scientifiche, beh, ci sbagliavamo. Negli ultimi decenni, nelle democrazie più avanzate dell'Occidente, abbiamo mandato sempre più spesso i nostri figli all'università, ma ciò non sembra esser stato efficace. Perché quasi metà del mondo mi pare superstiziosa quanto i contadini medievali".

 

martedì 8 dicembre 2020

Virusememorie. 50 «Fiora, ho vissuto tanto, ho vissuto bene. Vivere così non ha senso. Mi manca tutto, mi mancate voi. Mi manca la musica».

Ha scritto Michele Serra in “Frottole di Natale” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 6 di dicembre 2020: (…). Non c’è niente da fare, l’idea che la pandemia sia solo un subdolo pretesto per rovinare l’esistenza alle brave persone, e adesso per guastare le feste, non riesce a uscire dalla testa della nostra destra e di quelle del mondo intero, che da quando è arrivato il Covid non sanno dire altro, non arrivano a formulare un pensiero appena più articolato e soprattutto meno monotono.

lunedì 7 dicembre 2020

Storiedallitalia. 90 «Il Montezemolo, detto “Libera e bella” per il crine fluente e cotonato d’un tempo».

 

Ha scritto Alessandro Robecchi in “Altro che imprenditori: il partito del Pil sono gli italiani che lavorano” pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 5 di dicembre dell’anno 2018: Prima di tutto una precisazione.

domenica 6 dicembre 2020

Cronachebarbare. 77 «Ora, le fake news sono vecchie come il mondo. Si chiamano bugie, menzogne, balle».

Sosteneva Mark Twain – al secolo Samuel Langhorne Clemens – che, «nel tempo in cui una bugia fa il giro del mondo, la verità non si è ancora allacciata le scarpe». E sì che l’anagrafe - Florida, 30 di novembre dell’anno 1835 – Redding, 21 di aprile dell’anno 1910 - di quel grande non consentirebbe di pensare che a quel Suo tempo le “fake news” siano state il “pane quotidiano” della grande o piccola stampa. È che “fake news” sì o “fake news” no, o come diavolo si saranno chiamate a quel tempo, le “bugie” della stampa di allora, come della televisione poi e di internet ultimamente trovano la loro esistenza e la loro ragione nel servizio che i mass-media rendono – in tutte le epoche - o sono costretti a rendere al potente di turno.

sabato 5 dicembre 2020

Leggereperché. 52 «Dio è solo una metafora di cui ci serviamo per dare un nome al nostro bisogno di trascendenza».

 

A lato. "Bergerac" (Francia, 2019), acquarello di Anna Fiore.
 
"Tratto da “Cosa cerchiamo nel fondo della notte” di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 5 di dicembre dell’anno 2015:

giovedì 3 dicembre 2020

Leggereperché. 51 «I bambini sono convinti di essere circondati da creature straordinarie».

Tratto da “Anche le montagne a volte si spezzano” di Claudia de Lillo – in arte Elasti – pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 3 di dicembre dell’anno 2016: La mamma sa tutto. La maestra ha ragione. I papà non piangono. La nonna non dice parolacce. Lo zio ha un mucchio di fidanzate. Il nonno è fortissimo. I bambini sono convinti di essere circondati da creature straordinarie, portentosi X-Men ognuno con il suo super potere. I grandi, ai loro occhi, non vacillano, non dubitano e non si rompono. Possono, e devono, risolvere problemi, proteggere, sorridere, accogliere, conoscere il mondo, distinguere il bene, che va difeso, dal male, che va disintegrato. Sono una sublime sintesi di qualità umane, morali e fisiche. I bambini hanno bisogno di sicurezze per crescere sani e forti e l'ingrato, arduo compito di dispensarle spetta a noi adulti, con i nostri sì e i nostri no, con le nostre verità, con le nostre granitiche certezze e, soprattutto, con la quotidiana messa in scena della nostra presunta invulnerabilità. Quando ero piccola, mia mamma era per me un gigante sorridente e invincibile, anche se, a pensarci oggi, la sua vita di madre separata e lavoratrice lasciava di certo ampi margini di malinconia, solitudine e disorientamento, di cui ero all'oscuro.

martedì 1 dicembre 2020

Virusememorie. 49 «Ciò che chiamavamo vita normale è stata in realtà la condizione di possibilità di questa tragedia».

Ha scritto il filosofo Leonardo Caffo in “Dopo il Covid-19 Punti per una discussione” – “nottetempo” editrice – al tempo della prima ondata della pandemia: “Chiusi nelle nostre case, posto che anche la chiusura in casa implica un problema legato a disparità di classe che avevamo ignorato col falso mito del benessere collettivo, oggi ognuno di noi sa che nulla sarà come prima: il cambiamento ci terrorizza, ma è altrettanto vero che, paradossalmente, forse nessuno si era mai sentito così vivo come in questo momento.