"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 5 ottobre 2020

Virusememorie. 40 «La modernità intera è stata di fumo: ciminiere, sigarette, locomotive, transatlantici, automobili, bombe atomiche».

 
Ha scritto Giacomo Papi in “Lo spazzacamino, eroe della modernità” pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 6 di ottobre dell’anno 2012: (…). Guardo fuori dalla finestra. Il cielo è terso. È tutto spento. Le polveri sono così sottili che non si vedono proprio. Quand'ero bambino, invece, tutto fumava. Le fabbriche, le macchine, gli adulti. L'universo era avvolto dai gas. I bambini disegnavano le casette con i comignoli accesi e nelle fiabe - cammina cammina - il fumo annunciava il miracolo del riscaldamento e del cibo sul fuoco. In Romanzo popolare (Mario Monicelli, 1974) l'operaio Ugo Tognazzi spiega a Ornella Muti: "La fabbrica si distingue dal fumo, come una bandiera. Ma lo sai che un lavoratore quando vede il fumo della sua fabbrica è come un bambino davanti al panettone? Guarda, ci sono i fumi grigi, rossi, verdi. Ecco, vedi, la mia fabbrica è quella là, a sinistra, quella col fumo giallo, dopo il gasometro". A Milano c'era sempre la nebbia. Chissà dov'è andata a finire. Il fumo era ovunque, in ufficio, al ristorante, nei bar. L'odore - che oggi sarebbe insopportabile - non era neppure percepito. Fumavano tutti: Humphrey Bogart, James Dean, Che Guevara, il bruco di Alice. Mio nonno le Alfa, mia nonna le Stop, mio padre le Amadis. Dalla Francia, ogni tanto, qualcuno portava le papier mais, con la carta gialla. Arrivarono enfisemi, infarti e tumori, naturalmente. Ma il fumo continuò ad avvolgere il mondo come una sfida insensata, una risata o un colpetto di tosse, una pernacchia alla morte. Perché fumare era sapersi finiti, ma non averne paura. Il fumo colora di bianco il respiro, il ritmo primo dell'essere vivi, quello che traduce l'esterno in interno. La cenere, intanto, si depositava sulle cose, e tingeva l'universo di nero. (…). Nel dicembre 1952 Londra fu sommersa da una colata di smog. Morirono in migliaia, ma senza darsene troppo pensiero. La modernità intera, a pensarci bene, è stata di fumo: ciminiere, sigarette, locomotive, transatlantici, automobili, bombe atomiche. Alla fine del secolo, però, il fumo, da segno di forza e potere, si trasformò in minaccia universale. Si è fatto strada il dubbio che tutto sia un veleno. Spesso è vero (come nel caso del tabacco o dell'Ilva di Taranto), e questo rende ancora più paralizzante la nostra paura. La scienza ha dimostrato che, in assenza di guerre e miseria, la morte e le malattie dipendono anche dalle condotte individuali. Dunque, diventano scelte. Diventano colpe. Il corollario (l'illusione) è che se ci si comporta bene - se si evita di respirare (e mangiare) veleni - non si morirà mai. È nello scenario dipinto magistralmente da Giacomo Papi che si sono creati (?) i presupposti per la pandemia di oggi. Traggo riflessioni dall’intervista di Antonello Caporale ad Enrico Giovannini pubblicata oggi su “il Fatto Quotidiano” con il titolo “Dopo il virus saremo più cattivi, impauriti e forse meno liberi”: (…). Professore, la pandemia doveva liberare le nostre energie creative. Doveva essere il nuovo inizio. Invece saremo più poveri e più cattivi. - Quando le crisi si fanno ricorrenti il sistema diventa instabile e ci si avvicina a quelli che si definiscono “punti di non ritorno”. In Europa, in dieci anni abbiamo conosciuto la crisi del 2009, quella del 2011, quella migratoria del 2015 e l’attuale da Covid -.

L’Occidente traballa infatti. - Secondo la teoria dei giochi applicata alla democrazia quest’ultima è come un mercato in cui i cittadini chiedono soluzioni ai loro problemi e i politici, usando diverse piattaforme, le offrono -.

Le offrono? - Le offrono prima delle elezioni. Dopo, quando non le realizzano, i politici possono spiegare i motivi dell’ostacolo: ora la recessione, ora l’Europa, ora la burocrazia e per i cittadini è difficile capire se sono motivi seri o scuse. Chi ha il potere gode di questo vantaggio informativo e questo spiega perché politici incapaci possono essere rieletti -.

Il potere sta sempre al coperto, non porta mai responsabilità. - Una delle conclusioni di questi modelli è che le elezioni non sono in grado, da sole, di risolvere questa asimmetria informativa e quindi di spingere gli eletti a fare ciò che vogliono gli elettori -.

Non ci resta che l’oligarchia! - No, serve aumentare l’informazione a disposizione dei cittadini. Ma a questi modelli razionali basati su logiche matematiche si contrappongono quelli basati sulle neuroscienze, che ci spiegano che le elezioni si vincono se non si parla solo alla ragione ma anche all’emozione. Drew Westen, che è stato consigliere di Obama, ha affrontato in un saggio i motivi per cui, dai tempi di Roosevelt in poi, Clinton fosse stato l’unico democratico a essere rieletto alla presidenza, mentre solo un repubblicano avesse fallito la battaglia per la rielezione. Westen fa di più: effettuando la risonanza magnetica su un gruppo di democratici e su uno di repubblicani, dimostra che la pancia conta più della testa e la ragione, che è democrat, soccombe davanti all’emozione, molto più capace di essere stimolata dai repubblicani -.

Anche la paura è un’emozione. - Altro che! Ma i social media e la profilazione degli elettori grazie ai big data mettono in crisi il funzionamento stesso della democrazia perché riescono a manipolare in modo puntuale, persona per persona, l’emozione. Il politico che usa il social può riuscire invece a inoculare nel corpo elettorale una motivazione estranea all’autonoma elaborazione: così facendo induce i cittadini a domandare soluzioni ai problemi scelti dal politico. In questo modo, una questione, in sé speciosa o solo propagandistica, diverrà un tema sentito e popolare e guarda caso il politico appare come quello che ha proprio la soluzione di quel problema -.

È per questo che lei chiede che i fondi del Next Generation Eu siano indirizzati al sostegno di programmi per la conoscenza? - Sì, ma non si tratta solo dello sviluppo del nostro sistema scolastico, ma di un’azione di formazione continua. L’ultima indagine Ocse sulle competenze della popolazione adulta ci pone, nella classifica degli incompetenti, al posto d’onore. Circa il 30 per cento della popolazione raggiunge solo il primo livello, quello basico, di capacità di comprendere un testo, fare calcoli matematici, ecc., mentre negli altri Paesi solo il 5 per cento di persone ricade in questa classe -.

Altro che creativi e talentuosi. - Certo, i talenti non mancano. Gli incompetenti però sono tanti di più -.

La paura sale. - Anche la democrazia si basa sulla paura, ma una quantità modica. Quando aumenta oltre certi limiti le persone sono pronte a tutto pur di farsi difendere, anche a dar via la libertà -.

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