"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 2 settembre 2020

Leggereperché. 34 «Nietzsche: vince chi, pur riconoscendo l'inganno dell'esistenza, gioiosamente lo accetta».


A lato: "Villaggio portoghese" (2020) "acquarello e penna" di Anna Fiore.
Tratto da “Sì ad illusioni e maschere, se ci aiutano a vivere” di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 2 di settembre dell’anno 2017:  Lo diceva anche Nietzsche: vince chi, pur riconoscendo l'inganno dell'esistenza, gioiosamente lo accetta. (…). Noi, al pari di tutti i viventi, siamo funzionari della specie. E siccome non ci rassegniamo, abbiamo inventato niente meno che la storia, per sentirci autori e soggetti delle azioni che compiamo. Gli uomini più delle donne le quali, vincolate com'erano fino a pochi anni fa a una sessualità sostanzialmente riproduttiva, non hanno avuto tempo, a differenza degli uomini privi di questo vincolo, di giocare, come hanno fatto gli uomini, prima alla caccia, poi alla guerra; appena più evoluti, hanno inventato i miti, poi le religioni, in seguito le ideologie, da ultimo la scienza e la tecnica al momento al servizio del mercato, dettando le leggi che decidono come deve andare il mondo. Un mondo tutto inventato e contrapposto alla natura, ridotta a materia prima da utilizzare, in vista della costruzione del mondo come da loro concepito. "Il mondo come rappresentazione", direbbe Schopenhauer, per sfuggire alla vera realtà costituita dal "mondo come volontà". "Volontà di vita" che si esprime ovunque trova le condizioni, senza ragione e senza perché, quindi "volontà irrazionale", a proposito della quale Schopenhauer scrive: "Il soggetto del gran sogno della vita è in un certo senso uno soltanto, la volontà di vivere".
E noi siamo in questo vortice capitati per caso, riforniti per un certo tempo di sessualità per la procreazione e di aggressività per la difesa della prole. Poi la specie, che per la sua economia ha bisogno del ricambio degli individui, ci consegna alla morte, con l'indifferenza della Grande Danzatrice che, come vuole l'immagine di Goethe, nella sua danza sfrenata perde gli individui a lei aggrappati, senza consapevolezza, senza fedeltà e senza memoria. Se questo è il senso dell'esistenza: "Meglio per te non esser nato", diceva il saggio Sileno a Re Mida che gli chiedeva quale fosse la cosa migliore e più desiderabile per l'uomo: "E ora che hai voluto sapere quello che per te sarebbe stato più vantaggioso non sentire, la cosa migliore per te è morire presto". Se l'io è un inganno per vivere, se inganni sono i suoi progetti, i suoi sogni, le sue prospettive, i suoi obbiettivi, le sue realizzazioni e, cosa peggiore di tutte, l'adorazione di sé che gli psicologi chiamano "narcisismo", se la ricerca di senso induce a cercare quello che non c'è, trasformando l'illusione in delusione e disponendoci nel frattempo al dolore, perché, a differenza dell'animale, l'uomo non può vivere senza la ricerca di un senso, in vista della morte che è l'implosione di ogni senso, come dare torto a Jean-Paul Sartre là dove scrive che di fronte alla morte è "la stessa cosa avere guidato popoli o essersi ubriacati in solitudine"? Partendo dalla premessa schopenhaueriana - secondo la quale noi siamo vissuti dalla vita, di cui solo per un inganno ci pensiamo autori - Nietzsche coglie l'essenza del tragico, ma proprio per questo anche il beneficio dell'illusione, senza cui non potremmo vivere. In questo modo l'illusione da inganno diventa rimedio, per cui scrive Nietzsche: "Se illusioni e maschere ci consentono di vivere, liberiamo tutte le illusioni, indossiamo tutte le maschere". Fu così che mentre Schopenhauer, nel conflitto tra vita e verità, stava tragicamente dalla parte della verità e perciò invitava alla rinuncia alla vita, Nietzsche prende posizione a favore della vita, capace di offrire il suo dono a chi, pur riconoscendone l'inganno, gioiosamente l'accetta. Per questo ne La gaia scienza Nietzsche scrive: "No. La vita non mi ha disilluso. Di anno in anno la trovo sempre più ricca, più desiderabile e più misteriosa, da quel giorno in cui venne a me il grande liberatore, il pensiero che la vita potrebbe essere un esperimento di chi è vòlto alla conoscenza, e non un dovere, non una fatalità, non una fede. La vita come mezzo di conoscenza. Con questo principio nel cuore si può non solo valorosamente, ma anche gioiosamente vivere e gioiosamente ridere". (…).

2 commenti:

  1. Veramente eccezionale questo post, del quale apprezzo particolarmente la conclusione che rappresenta per me la conferma di un principio in cui fermamente credo. Grazie, Aldo, vorrei solo aggiungere, col tuo permesso, alcune citazioni di Nietzsche, che penso siano attinenti a quanto trattato in questo post:"Le cose buone ci dispiacciono quando non ne siamo all'altezza". "Madre dell'eccesso non è la gioia, ma la mancanza di gioia". "Colui che si è dedicato alla conoscenza, non scende malvolentieri nell'acqua della verità quando è sporca,bensì quando è acqua bassa e superficiale". "Vivere in modo tale che tu abbia bisogno di desiderare di rivivere, questo è il tuo dovere".

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  2. Grazie carissima amica per le citazioni proposte che vanno ad arricchire il post. Una preziosa collaborazione.

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