"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 2 luglio 2020

Virusememorie. 31 Una «lettera dal pianeta Terra».


Ritrovo tra le mie carte una riflessione di Philippe Starck - architetto e designer francese - risalente al dicembre dell’anno 2008. La trascrivo di seguito. È una riflessione che indirizza ancor oggi il dibattito sull’ambiente e sulle sue problematiche in ambiti non direi opportunistici ma utilitaristici sì per il genere umano. Stanno tutti a naso in su aspettando l’evento, stanno tutti a dire che da questa pandemia, e lo si era detto anche per la crisi economico-finanziaria globale, ne uscirà un “mondo diverso”; il problema sta proprio in quel “mondo diverso”, in quali inattese forme esso si sostanzierà.
C’è il fondato sospetto che l’antica carità pelosa del primo mondo, industrializzato e cristiano, torni a dettare la direzione per l’intero globo terracqueo. Infatti c’è da sospettare e c’è legittimamente da domandarsi se la crisi attuale a seguito della pandemia, puranco essa divenuta rapidissimamente di dimensioni globali, non spingerà il primo mondo a serrare le fila, a fare muro nei privilegi sin qui acquisiti a danno della stragrande maggioranza degli esseri umani. Ma rispetto ad allora l’avventura degli umani può ben dirsi essere arrivata ad un punto di svolta inatteso. E prima di leggere Philippe Starck mi preme proporre la attualissima voce, autorevolissima, del professor Franco Viviani del dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Padova. Scrive il professor Viviani in una Sua corrispondenza – “Lettera dal pianeta Terra” - pubblicata sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 26 di giugno ultimo: Caro umano, sono il Covid-19, uno dei tantissimi rappresentanti della comunità di Gea, un pianeta dove l’universo sta forse pensando a sé stesso. Sappi che noi virus siamo tra i più abbondanti e geneticamente diversi abitanti degli oceani e probabilmente il ponte tra il mondo degli attuali viventi e quelli antichissimi. Proprio perché “piccolo è bello”, non abbiamo le costrizioni degli organismi complessi come te: mutiamo in continuazione. Grazie a me, Gea ti manda un segnale potente, per farti ravvedere. Ma ne dubito, perché sei un animale mobilitato: prima agisci e poi cerchi le giustificazioni dei tuoi comportamenti. Purtroppo ti sei adagiato su di un potere politico basato su forme di sovranità centrate sulla muscolarità virile, (…). …senza la collaborazione dei virus e di altri microscopici abitanti di Gea, i tuoi antenati mammiferi non avrebbero sviluppato la placenta che ti protegge da noi e serve perfettamente per nutrire i tuoi feti. Tu, invece, basi il tuo potere civico sulla forza fisica e la capacità d’imporre violenza. Sulla ricchezza, che compra beni e menti. (…). Gea ci ha introdotti in voi grazie ad uno dei tanti animali selvatici che state estinguendo, perché vi ravvediate, cogliete il segnale. Non trattate più la parte inorganica del pianeta come state facendo perché un giorno, quando scioglierete le calotte polari, scoperchierete quelli più vecchi tra noi e per voi forse saranno guai. Contrasteremo poi il vostro dissennato utilizzo di piante e animali a vostro uso e consumo. È sacrosanto che cerchiate di difendervi da noi, sappiate però che anche noi lo faremo, mutando rapidamente quando avrete trovato un vaccino, innescando un gioco perverso senza vincitori né vinti. Finitela poi con metafore agonistiche come guerra, battaglia, eroismo, cogliete invece la possibilità di collaborazione con gli altri viventi, noi compresi. Cercate allora di capire a fondo le catene che causano le epidemie che, storicamente, sono collegate al vostro inserimento in zone ad alta biodiversità causandone la perdita, per cui ci siamo giocoforza adattati all’animale più invadente: voi. Volete stare in salute? Smettetela di sfidare il potere di Gea la quale, nella sua ultra-millenaria sapienza, detiene la primazia vera, quella collaborativa e non quella muscolare, che è solo sorda e superba. Avverrà per caso che, come scriveva Philippe Stark, “torneremo a una gerarchia di tipo medievale, dove solo i ricchi potranno avere accesso a questi tesori”, ovvero all’acquisto ed al godimento di tutto ciò che di più avanzato la tecnica e la scienza siano riuscite a creare? È il grosso rischio che si corre. È pur vero che oggigiorno i rapporti di forza planetari sono mutati rispetto ad altre stagioni della storia dell’uomo; ma pur sempre rapporti di forza sono, e nel caso specifico, sono rapporti di forza tra economie stremate dagli eccessi della finanziarizzazione globale prima e dalla pandemia ancora in corso in tanti angoli del pianeta. Una finanziarizzazione globale in verità solo di nome, che di fatto essa è stata, e lo è tuttora, una perversa creazione del primo mondo e per la quale assurda speculazione finanziaria tutto il mondo sarà chiamato a farsene carico. Con tutto ciò che comporta per quelle economie che solo in questo ultimo lasso di tempo si sono affacciate sullo scenario internazionale: La plastica? Ha mille ragioni di esistere. Filosofiche, perché in quanto materiale creato da noi e non da Dio è uno dei risultati più straordinari dell’intelligenza umana. Ecologiche, perché è molto più sensato estrarre dal suolo una sostanza inutile e trasformarla in una materia nobile che non devastare il paesaggio per avere metalli o legname. Politiche, perché solo grazie a lei è stato possibile fabbricare oggetti di alta qualità e accessibili al maggior numero di persone. Oggi l'uso della plastica è senza limiti: se prima provava a copiare delle materie nobili naturali, oggi le sue competenze superano di gran lunga tutti i materiali nobili esistenti in natura. Detto questo, com'è il suo futuro? Formidabile, indispensabile, obbligatorio. A una condizione: e cioè che ci rendiamo conto del pericolo enorme in cui versa oggi questo materiale, dato che le riserve di petrolio non sono infinite. Il mondo si preoccupa delle automobili. Pazzi. L'auto è un'idea vecchia, può benissimo sparire. E comunque esistono carburanti alternativi. La penuria di petrolio condizionerà la produzione di plastica, e il giorno che sparirà non avremo più questi oggetti formidabilmente competenti e accessibili. Torneremo a una gerarchia di tipo medievale, dove solo i ricchi potranno avere accesso a questi tesori - e i poveri avranno forse accesso o a niente o a plastiche riciclate, nelle quali la competenza si perde in modo sensibile. Quello che si vede è una scadenza politica a livello di civiltà, a causa della perdita di una materia importante come la plastica. Parlare di questo problema è un imperativo, ma nessuno lo fa. La plastica va protetta. Certo, ci sono dei problemi, per esempio quelli legati al suo smaltimento. Ma la tecnologia va avanti in modo così rapido che un domani potremo riciclare anche quello che oggi non è riciclabile. E comunque riciclare non è mai stato una vera soluzione. È una pensata dell'industria per poter continuare a sovraprodurre. La cosa bizzarra è che gli ecologisti che domandavano - e con ragione - il riciclaggio, alla fine non hanno fatto che incoraggiare e rendere possibile la continuazione di questo scempio che è la società dei consumi: l'unico atto realmente ecologico è il rifiuto di consumare cose inutili, altro che riciclarle. Quando acquisto qualcosa di inutile, so con precisione che un giorno sarà riciclato; e questo costerà energia, tempo, impegno, spazio. Le prese di coscienza globali sono importanti e fa bene parlarne, ma non vedo molta gente parlare di riflessioni prima dell'acquisto. Perché tutto il sistema è basato sull'acquisto d'impulso, quindi con la minore riflessione possibile. Perché se ci venisse lasciato il tempo di riflettere, non acquisteremmo niente. Ha così risposto Michele Serra – curatore della rubrica settimanale del periodico - al professor Viviani: Caro professor Viviani, mi rassicura sapere che quanto io posso solo intuire ha invece una sua efficace traduzione scientifica. Nelle dinamiche terrestri biologia, fisica e chimica decidono tutto. Durante la pandemia molti di noi sono stati finalmente costretti a capire che un concetto apparentemente filosofico, come “tutto è connesso”, si stava manifestando in tutta la sua oggettiva potenza e in tutta la sua implacabile durezza. Sì, tutto è connesso, ma il rischio di dimenticarcene appena la febbre cala, e ci sembra ovvio tornare a fare le stesse cose di prima, con la stessa frettolosa indifferenza ai tempi e ai modi della natura, è fortissimo. È per questo che tracce come quelle che lei lascia nella sua lettera sono preziose. Per fortuna se ne incontrano sempre più spesso, di queste tracce, sono tante le voci di scienziati, medici, ricercatori che, in aggiunta a scrittori, intellettuali, rari politici, leggono la lezione di Covid-19 come un ammonimento a cambiare la nostra direzione di marcia, nonché la nostra attitudine nei confronti del mondo. Pur nella coscienza di essere infinitamente meno armati di quella “sovranità virile”, bellicosa, sopraffattrice e corroborata da fiumi di denaro che lei evoca nella sua lettera, possiamo però contare sulle ragioni della conoscenza. Gea (che è femmina) funziona come dice lei, non come credono i predatori dell’Amazzonia o certe sciocche leadership politiche. E dunque, dalla nostra parte, c’è la realtà delle cose: non è poco.

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