"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 29 giugno 2020

Leggereperché. 17 «Le persone che dovrebbero essere al centro di ogni politica».


Tratto da “Possiamo permetterci ancora il lusso della democrazia?” del sempre compianto Oliviero Beha, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 29 di giugno dell’anno 2016:

sabato 27 giugno 2020

Virusememorie. 30 «Oltre un certo limite, la crescita si traduce in privazione».

Sembra una provocazione questo post al tempo della pandemia, una “provocazione” almeno per il titolo – “Benvenuta recessione” – della intervista che il post riporta, intervista in verità datata che l'ambientalista George Monbiot ha concesso alla giornalista Mara Accettura (nel 2008?), intervista pubblicata su di un supplemento del quotidiano “la Repubblica”.

venerdì 26 giugno 2020

Cosedaleggere. 51 «La domanda è dunque questa: quanti altri modelli esistono per stare al mondo?».


Ha scritto il filosofo Leonardo Caffo in “Dopo il Covid-19” – Nottetempo editrice -: «Usciremo dalle nostre case, certo, ma non per rimetterci in un tram affollato e lavorare dodici ore al giorno, perché quel mondo, fortunatamente, oggi o domani crollerà. Abbiamo pensato ingenuamente di avere un immenso potere sulla natura, un potere che in realtà era un rapido percorso verso l’autodistruzione. La domanda è dunque questa: quanti altri modelli esistono per stare al mondo? (…). …il futuro dell’Homo sapiens è più simile al suo passato più remoto che alle ideologie con cui avevamo imbottito le nostre pseudo-certezze. Potrei sbagliarmi, magari non sarà il Covid-19 ma il Covid-25 a darci questa “occasione”: ma il tempo per ragionare e prepararci a ciò che si è detto è comunque poco. Iniziamo subito». Ha scritto Furio Colombo in “Virus: non è la fine, non è il principio” pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 17 di maggio 2020: (…). Una prova del vuoto in cui siamo sospesi ce la danno coloro che si sono dati il lodevole compito di rasserenarci. Scrivono testi su mondi che saranno migliori, in cui noi saremo i fortunati protagonisti, dopo la prova superata. Nella loro e nella nostra immaginazione manca il percorso. Come si arriva a questo mondo nuovo e pulito dove saremo di muovo felici o, almeno, adatti alla felicità? Se qualcuno lo sa non lo dice per non toglierci il gusto della conquista. Ma è più probabile che tutti tacciano per essere sicuri di non perdere il segnale di ripresa (ricominciare, ripartire, sono le parole) quando verrà. Una cosa è certa, ed è nuova: soffriamo di una malattia che colpisce indifferentemente le persone e le imprese, il pensiero e il lavoro, la poesia e la falegnameria, l’immaginazione e la realtà. Per dirla tutta, sono due malattie. Una rientra nei canoni delle terapie mediche (anche se non esiste una cura). L’altra è una crisi economica che piove sul lavoro come “l’Agente Orange” pioveva sulle foreste del Vietnam, lasciando soltanto rami secchi. Ottimi economisti possono trovare la cura per il male aziendale, e la scienza medica potrà giungere a trovare la risposta clinica. Ma perché intervengano i medici bisogna fermare i manager. E perché i manager portino ai risultati necessari bisogna sgomberare i medici e le loro prescrizioni dalla scena. O si salvano tutti e non lavorano. O lavorano tutti e non si salvano. Se allarghiamo la scena vediamo qualcosa di più, anche se non è detto che capiremo qualcosa di più. Esempio. Da che esiste il potere, due classi distinte fronteggiano la guerra: una parte comanda, una parte combatte. Anche questa volta accade così, ma solo per la parte manageriale della malattia: restare in fabbrica, lavorare, produrre, mantenere i livelli previsti e remunerativi, e per la salute speriamo in bene.

giovedì 25 giugno 2020

Leggereperché. 16 «Andy Warol: "In futuro ognuno sarà famoso in tutto il mondo per 15 minuti"».


Tratto da “Il pubblico” di Giacomo Papi, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 25 di giugno dell’anno 2011: (…). Il primo a intuirlo fu Luciano Bianciardi che il 28 luglio 1959 sull'Avanti!, riferendosi a Mike Bongiorno e ai suoi concorrenti, scrisse: "Anche loro hanno saputo, da buoni italiani degli anni Cinquanta, aspettare il quarto d'ora di celebrità e di fortuna". La definizione, non si sa seguendo quali strade, se per coincidenza o scopiazzatura, ritornò nel 1968 nel catalogo di una mostra di Andy Warhol al Modern Museet di Stoccolma doveva l'artista scriveva: "In futuro ognuno sarà famoso in tutto il mondo per 15 minuti". Nel 1979 Warhol proclamò che la profezia si era avverata, ma poi per noia iniziò a contraffarla: "In futuro saranno famose 15 persone" o anche "Ognuno sarà famoso in 15 minuti". È che la definizione della fama girava a vuoto. Occorreva un ribaltamento di prospettiva.

martedì 23 giugno 2020

Cosedaleggere. 50 «L'unica bussola è stata quella dell'economia, e il mercato è vissuto come un'invincibile legge naturale».

Il 23 di giugno dell’anno 2017 ci lasciava Stefano Rodotà. Per ricordarne la persona ed il Suo pensiero propongo un Suo scritto tratto da “Assalto alla Costituzione” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 3 di maggio dell’anno 2013: (…). Sono stati descritti, in questi anni, alcuni caratteri che veniva assumendo la società italiana, caratterizzata da una serie di fratture profonde, non riferibili soltanto alla sfiducia crescente verso politica e istituzioni, ma soprattutto alla progressiva lacerazione del tessuto sociale. Ma queste rilevazioni oggettive non sono mai state prese seriamente in considerazione. Poiché l'unica bussola è stata quella dell'economia, e il mercato è vissuto come un'invincibile legge naturale, tutto il resto è stato ritenuto "sacrificabile". E infatti la parola "sacrifici" è stata correntemente usata con allarmante leggerezza, senza essere capaci di rendersi conto che così veniva messa a rischio la coesione sociale e s'inoculava il virus della violenza. (…). Siamo ormai di fronte ai drammi dell'esistenza, e la capacità di governo dei processi sociali si misurerà proprio in questa dimensione, che non può essere dominata dalla prepotenza dell'economia. Se la politica vuole ritrovare il filo costituzionale perduto, deve pur ricordare che la Costituzione parla di "esistenza libera e dignitosa" collegata alla retribuzione, sì che né il lavoro può essere considerato una merce, né l'azione pubblica può essere pensata solo come rimedio per le situazioni di povertà, pur essendo evidente che interventi in quest'ultima direzione siano urgenti. (…). Legalità e Costituzione ci portano al non detto del programma di governo, al suo essere prigioniero della logica della sottrazione. Non una parola del presidente del Consiglio (al tempo del governo di Enrico Letta n.d.r.) sui diritti civili, terreno sul quale in tutto il mondo si discute, si sperimenta, si innova, si legifera. I prossimi anni saranno quelli di un isolamento civile del nostro paese? (…). Conosco la vecchia obiezione. I diritti sono un lusso in tempi di crisi, Bertolt Brecht fa dire a Mackie Messer, nell'Opera da tre soldi, "prima la pancia, poi vien la morale". Ma la dignità delle persone, il rispetto dovuto a ciascuno sono ormai un elemento costitutivo delle società democratiche. Possiamo dimenticarlo, sia pure per un momento? Peraltro, la cancellazione della dimensione dei diritti contraddice la dichiarata attenzione per l'Unione europea, dove ormai la Carta dei diritti fondamentali ha lo stesso valore giuridico dei trattati e afferma chiaramente l'indivisibilità dei diritti. Le convenienze purtroppo spingono in questa direzione, e tuttavia questo erode la legittimità del governo e la credibilità del Pd, cosa che dovrebbe preoccupare assai, e spingere ad azioni concrete, quei parlamentari che hanno manifestato critiche e preoccupazioni. E che dovrebbero essere memori, di nuovo, degli 8 punti di Bersani, dove comparivano la legge sui conflitti d'interesse e sull'incandidabilità, sul falso in bilancio e sulla prescrizione dei reati. Tutti temi che, malinconicamente, sembrano archiviati. (…). Preoccupa il collegamento tra riforma elettorale e modifiche costituzionali, che contraddice la proclamata urgenza del cambiamento della legge elettorale e rischia, in caso di crisi, di farci tornare a votare con il porcellum (legge che contiene un clamoroso vizio d'incostituzionalità). Preoccupa la spensieratezza con la quale si parla di mutamento della forma di governo. Preoccupa lo spostamento in una sede extraparlamentare di un lavoro che - cambiando il titolo V della Costituzione, l'articolo 81, le norme sul processo penale - le Camere hanno dimostrato di poter fare, con il rischio di avviare un improprio processo costituente "suscettibile di travolgere l'insieme della Costituzione" (parole di Valerio Onida nella relazione dei "saggi"). Inquieta la pretesa di Berlusconi di vedersi attribuire la presidenza di questa Convenzione, dopo essere stato l'artefice di una riforma costituzionale clamorosamente bocciata nel 2006 da sedici milioni di cittadini. (…).

lunedì 22 giugno 2020

Virusememorie. 29 «“Perché scegliete soprattutto gli anziani? Noi non scegliamo. Siamo imparziali. Siamo naturali”».


Tratto da “Anche noi Covid teniamo alla pelle” di Massimo Fini, dialogo tra un “Covid” ed un “infettato” pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 21 di giugno 2020: C. “Come zono piccolino, come zono piccolino”.
I. “Sento un brusìo fastidioso all’orecchio. Non capisco cos’è. Non vorrei fosse la pressione alta che mi fa dei brutti scherzi”.
C. “Macché pressione alta, quella è una bagatella. Sono io”.
I. “Io chi?”.
C. “Il Covid 19”.
I. “Il Covid? E dove sei?”.
C. “Prova a immaginare”.
I. “Non lo so…”.
C. “Nel tuo corpo, ovviamente”.
I. “Ma io non ho nessuno dei sintomi covid”.
C. “Non gli hai ancora i sintomi covid. Eppoi non è nemmeno vero. Hai presente quella tossettina secca secca che ti viene la mattina quando ti alzi? Ebbene sono io”.
I. “Ma il medico dice che non è nulla”.
C. “Lascia stare. Quelli non ci capiscono nulla di noi Covid. Ti sei già dimenticato delle figuracce dei vari virologi, epidemiologi, infettivologi?”.
I. “Ma la mia temperatura è sicuramente sotto i 37 e 5. Dopo il lockdown sono andato in un paio di ristoranti e le misurazioni hanno dato esito negativo”.
C. “Anche su questo metodo di misurare la temperatura, a distanza, avrei parecchio da ridire. Sai, noi a furia di frequentare medici finiamo per saperla lunga. Era meglio quando vi ficcavate il termometro nel culo, anche più piacevole, cari criptofinocchi. Ah la tecnologia… Comunque sì, al momento la tua temperatura è normale, anzi un po’ bassina, diciamo sui 35. Se non incombessero accidenti ben peggiori sarebbe da preoccuparsi, ma non è il caso. ‘Oh, oh come zono piccolino, come zono piccolino’”.
I. “Piantala con questa salmodia, comincia a darmi sui nervi. Dimmi che intenzioni hai?”.
C. “Per un po’ resto qui al calduccio, nei bronchi. In posizione d’attesa. Devo verificare questa storia del plasma che fermerebbe la malattia, come voi la chiamate, cioè ci ucciderebbe. E anche noi Covid ci teniamo alla pelle. Ma credo che questa del plasma sia una bufala. Appena lo accerto scendo nei tuoi polmoni e ti faccio secco”.
I. “Ma se mi uccidi uccidi anche te stesso”.
C. “Grullo. Io ti infetto in modo irrimediabile, ma prima che i miei segni siano evidenti mi trasferisco su qualcuno che ti è vicino e qui faccio l’asintomatico. L’epidemia è questa, non lo avete ancora capito?”.
I. “Perché scegliete soprattutto gli anziani?”.
C. “Noi non scegliamo. Siamo imparziali. Siamo naturali. Non siamo né morali né immorali. Siamo amorali. Non aggrediamo gli anziani più dei giovani, solo che gli anziani sono soggetti più deboli, tutto qua. Certo che se li ficcate tutti insieme in qualche RSA, per noi è uno spasso, saltiamo da uno all’altro con grande facilità. Però, come in tutte le cose, è una questione di tempi. Quando ne sono rimasti in piedi due o tre balziamo su un parente e così ci troviamo finalmente all’aria aperta, liberi. Anche noi non amiamo il lockdown. Però un’eccezione alla nostra imparzialità la facciamo: per i bimbi. Noi non siamo umani. Voi all’inizio della Rivoluzione industriale avete mandato a lavorare in fabbrica dei bambini di sei anni, una vergogna. Leggi Marx ed Engels”.
I. “Sembri piuttosto informato, Covid. Come fai?”.
C. “Leggo i giornali e anche qualche libro”.
I. “Leggi i giornali!”.
C. “Sì, io scorrazzo liberamente per il corpo, ecco anche perché è difficile individuare i sintomi, sono troppi. Hai mai sentito un po’ di male agli occhi, una leggera congiuntivite? Sono io. Nel periodo del lockdown, quando stavi sempre a casa e leggevi non avendo altro da fare, ho avuto il tempo di farmi una cultura”.
I. “A me la cultura non è mai servita a nulla, solo a soffrire. Senti Covid, toglimi una curiosità. Ogni Covid agisce individualmente o siete una colonia come la Turritopsis, sai quella simpatica medusetta? La conosci?”.
C. “Benissimo. Siamo amici, se non altro per le dimensioni. Anche se io sono un milionesimo di una Turritopsis, si fa fatica a vedermi al microscopio. ‘Oh, oh come zono piccolino’”.
I. “Non hai risposto alla domanda”.
C. “Noi Covid agiamo individualmente, ma siamo diretti da una centrale”.
I. “Ah, interessante. E dove sarebbe questa Centrale?”.
C. “Come sei curioso. Facciamo un giochino. Ti do tre possibilità di indovinare”.
I. “In Cina?”.
C. “Vuoi scherzare? Quelli in un mese ci hanno distrutto”.
I. “In Russia, allora”.
C. “Non siamo mica matti. Putin sarebbe capace di sterminare milioni di asintomatici pur di poter dire che nel suo Paese l’epidemia non c’è”.
I. “Negli Stati Uniti?”.
C. “Gli americani sono meravigliosi. Dei veri fenomeni nell’autodistruggersi. Quelli dell’Isis proprio non li capisco, che bisogno c’era di buttar giù le Torri Gemelle? Trump poi è veramente delizioso, ci ha permesso una marcia trionfale simile al loro far west. Comunque no, non sono nemmeno loro. Game over. Hai perso”.
I. “Dai Covid, ti prego. Se mi dici dov’è questa Centrale, io vendo l’informazione all’Oms per qualche milione di dollari e poi facciamo a metà”.
C. “Ah, ah. Il solito italiano tangentocrate. Nemmeno a un passo dalla morte rinunciate a rubare. Pensa piuttosto alla tua anima. Noi Covid non siamo idolatri del denaro. Ci nutriamo di carne umana, non di aria fritta. Voi lo adorate e così vi siete messi nel sacco da soli. Siete nel pieno potere delle Banche, della Borsa, della Finanza, della globalizzazione. Tranne qualche rara eccezione siete solo degli ‘schiavi salariati’. Leggi un libro di un autore misconosciuto, nemmeno io ne ricordo il nome, il cui titolo però è eloquente: Denaro. ‘Sterco del Demonio’”.

domenica 21 giugno 2020

Cosedaleggere. 49 «Davvero non siamo responsabili dell’incuria con cui abbiamo trattato e continuiamo a trattare la natura?».


Tratto da “Sono tre i virus da sconfiggere” di Umberto Galimberti, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 18 di giugno 2020: All’inizio pensavamo che il virus fosse un’infezione che attaccava i nostri corpi, e per difenderci dal contagio che ci allarmava ci siamo chiusi disciplinatamente nelle nostre case auto-limitando la nostra libertà, con la paura alimentata ogni giorno dal numero impressionante dei ricoveri e da quello più tragico delle morti. Poi ci siamo accorti che il virus stava infettando anche la nostra economia creando disoccupazione a povertà, e qui la paura è aumentata con un tasso d’angoscia crescente che non investiva drammaticamente solo il presente, ma anche il futuro a medio e a lungo termine. (…). …queste due paure non pongono termine all’infettività del virus.

venerdì 19 giugno 2020

Cosedaleggere. 48 «“Altro che saremo migliori dopo, il dopo è già peggio del prima”».


Ha scritto Michele Serra in “La crescita infelice” del 18 di giugno 2020, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica”: Forse per l'euforia della ripartenza, sembra passata in secondissimo piano l'idea che almeno alcuni dei paradigmi sui quali si reggeva la nostra società potessero mutare, e magari mutare per il meglio. Si è di nuovo tutti aggrappati alla stessa coperta troppo corta, in un incrocio di rivendicazioni e lamentele che è perfettamente comprensibile, data la grave crisi, ma non assomiglia per nulla a quel cartello - "non torniamo alla normalità, perché la normalità è il problema" - che campeggiò in alcune città durante la pandemia. Alla normalità, invece, stiamo tornando a grandi passi. Finito il tempo delle ironie sulla decrescita infelice alla quale ci aveva costretto il virus, a reclamare nuovamente la scena è la solita vecchia crescita infelice, è lo "sviluppo scorsoio" di cui scrisse Zanzotto, è zero dubbi sull'unità di misura (il Pil! Il Pil!) con la quale misurare il benessere delle persone e dell'ambiente, è soprattutto l'assenza quasi totale di spinte politiche e grumi di pensiero abbastanza sostanziosi da costituire un serio impiccio, men che meno un percorso alternativo. Aveva probabilmente ragione, a conti fatti, chi pensava che niente, o ben poco, sarebbe cambiato. Almeno in questo senso si è data troppa importanza alla paura come vettore di cambiamento. La paura non basta, ci vorrebbe la ragione, che in un certo senso è il suo esatto contrario. Ma di un'epidemia di ragione non si vede traccia, per il momento. Sarà ancora il Pil a dirigere l'orchestra, per giunta con ottime recensioni e molti applausi del pubblico. Ci vuole ben altro che la “paura” a raddrizzar l’uomo donde quel Saggio ebbe a scrivere che “da un legno così storto com'è quello di cui è fatto l'uomo non si può ricavare nulla di perfettamente dritto”. La “paura non basta”, non è bastata prima e non basterà in avvenire, come non sono bastate le atrocità compiute, le miserie vissute, opere tremende dell’uomo, il più delle volte compiute in nome di un qualcosa o di un qualcuno non identificabile. Ed in quel qualcosa non è mai comparsa la “ragione”, così come essa viene sollecitata che sopravvenga a raddrizzar quel “legno storto” che è l’uomo. Figuriamoci che riuscisse la pandemia a portare quel “legno storto” verso orizzonti diversi, orizzonti più ragionevoli. Scacciata la paura è un ritorno al “prima” – forse al peggior “prima” - che è stato causa ed effetto della pandemia stessa. Ha scritto il filosofo Leonardo Caffo in “Dopo il Covid-19”: «Avevamo un mondo fatto di comodità e certezze? Certo, ma era anche un mondo pieno di guerre, violenze, uccisioni, massacri della biodiversità… non certo il “mondo normale” a cui pensiamo di poter tornare. Non che per alcuni di noi non fosse un mondo comodo, ma capire che non era “normale” sarebbe già un buon inizio». E così, finita la “paura” che spingeva ad imbandierare i balconi con pensieri beneaguranti per il vicino di balcone e, con un afflato inaspettato, per tutto il genere umano, ciascuno poi per la propria strada; quale strada? Quella del disinteresse verso quelle cause che hanno portato alla pandemia e che inevitabilmente porteranno ben maggiori guai in un futuro prossimo non molto lontano. Ha scritto Maurizio Viroli il 29 di maggio - “Post-Covid? Torneremo gli stessi italiani di prima” – su “il Fatto Quotidiano”: Finita la pandemia, saremo un popolo migliore di uomini e donne più responsabili verso gli altri, più rispettosi della legalità, sinceramente grati ai nostri concittadini che si sacrificano per difendere la vita e la salute di tutti, più caritatevoli verso i deboli e gli indifesi; o saremo un popolo peggiore di uomini e donne chiusi al sentimento di civile fratellanza, felici di affermare la propria individualità violando le leggi, abili a declamare parole di ammirazione per chi assolve i doveri mentre dentro di noi li derideremo come poveri fessi, indifferenti nei confronti delle vittime della condizione umana e delle ingiustizie? Per tentare di rispondere alle domande importanti e difficili è sempre consigliabile consultare i maestri del passato. Ci soccorre il buon Machiavelli che, per una volta, offre una considerazione rassicurante. Dopo le pestilenze, le carestie e le alluvioni, scrive nei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, II.5, “gli uomini sendo divenuti pochi e battuti”, vivono “più comodamente”, e diventano “migliori”. Diventano migliori perché riscoprono i principi del vivere civile: si riconoscono, ovvero ritrovano il loro vero essere, e quindi rinascono come popolo. Sarebbe bello se, superata per il momento la fase più nera della pandemia, avessimo riscoperto i principi del vivere civile e fossimo diventati migliori. Purtroppo, non è così. Siamo lo stesso popolo che eravamo prima del coronavirus. Da una parte medici, infermieri, forze dell’ordine, volontari, amministratori pubblici che per senso del dovere affrontano fatiche enormi, e in molti casi sacrificano le loro vite, e tanti cittadini che rispettano le regole necessarie per combattere il virus.

giovedì 18 giugno 2020

Virusememorie. 28 «Chi ci ha insegnato a oltrepassare il nostro limite e a considerare l'uomo padrone della terra?».


Ha scritto Federico Rampini in “I virtuosi (non) salveranno il pianeta”, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 17 di giugno dell’anno 2017:

martedì 16 giugno 2020

Cosedaleggere. 47 Kant: «abbi il coraggio di servirti del tuo stesso intelletto».

Ha scritto la carissima amica Agnese A. nel commento al post del 9 di giugno ultimo - Kant: «La differenza tra il bene e il male ciascuno la sente naturalmente da sé». Oggi non è più vero -: (…). Leggo sempre con sommo piacere i preziosi scritti del Professor Galimberti, che, oltre ad appassionarmi immensamente, mi fanno molto riflettere. Colgo l’occasione per renderLe sicuramente un “prezioso” omaggio con questo testo tratto da “La libertà di pensiero si conquista” - per l’appunto del professor Umberto Galimberti - pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 18 di giugno dell’anno 2016:

lunedì 15 giugno 2020

Virusememorie. 27 «Il concetto di sostenibilità era già in sintonia con i rischi di epidemie».

Memoria” del lunedì 28 di gennaio dell’anno 2008: Propongo alla lettura ed alla riflessione l’interessante corrispondenza “Il dilemma della Terra: più benessere o più ambiente” di Pietro Greco, corrispondenza pubblicata sul quotidiano “l’Unità”. Con una brevissima personale considerazione. Apprendo, da Pietro Greco, che l’indice denominato “impronta ecologica” per l’Europa è uguale a 3. La soglia limite del predetto indicatore è fissata a 1; ciò vuol dire che come europei siamo stati divoratori di risorse con una voracità spaventevole.

domenica 14 giugno 2020

Ifattinprima. 69 «I politici sono quello che sono, ma certi giornalisti riescono sempre a essere peggio».

Tutto può accadere e tutto può essere impunemente detto in un Paese che non ha mai avuto “memoria” - non dico storica, che sarebbe troppo solamente a pensarci - ma almeno dei fatti in esso avvenuti e delle parole dette o non dette.

sabato 13 giugno 2020

giovedì 11 giugno 2020

Virusememorie. 26 Sofocle: «La natura ha forze tremende, eppure, più dell’uomo, nulla è tremendo».

Traggo da “Smettiamo di crederci padroni del mondo” di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” dell’11 di giugno dell’anno 2016: Religione ed etica laica faticano entrambe a concepire animali e natura come valori in sé, e non beni al nostro servizio. Eppure è il solo modo per salvare il pianeta. Il Papa non ha «negato l'amore per cani e gatti in quanto lo toglierebbe ai vicini di casa», ha semplicemente detto che spesso si riservano agli animali amore e cure che si negano agli uomini. (…). Questa gerarchia è stata inaugurata dalla tradizione giudaico-cristiana che ha posto l'uomo al vertice dell'universo assegnandogli il dominio su tutto il creato: «Poi Iddio disse: facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza: domini sopra i pesci del mare e sugli uccelli del cielo, su gli animali domestici, su tutte le fiere della terra e sopra tutti i rettili che strisciano sopra la sua superficie» (Genesi 1, 26).

martedì 9 giugno 2020

Leggereperché. 15 Kant: «La differenza tra il bene e il male ciascuno la sente naturalmente da sé». Oggi non è più vero.

Ha scritto Umberto Galimberti in “Come si è trasformata la nostra scuola?” pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 9 di giugno dell’anno 2018: “Ha abbandonato ogni intento formativo per limitarsi alla valutazione delle prestazioni oggettive”.

lunedì 8 giugno 2020

Ifattinprima. 68 «A parità di istruzione, la differenza viene fatta dai mezzi finanziari della famiglia».

Al tempo del “mitico” Luciano Barca (1920-2012, che è stato giornalista, scrittore, partigiano e politico) e che è stato pure il padre di Fabrizio Barca - politico ed economista del momento -, parlare di “distanze sociali” avrebbe avuto l’unico netto significato di “diseguaglianze”, ovvero di quelle “diseguaglianze” che “quellichelasinistra” degli ultimi massacranti tempi hanno accettato come “evento” o “destino” inevitabili e dovuti affinché l’affermarsi del mercato finanziario selvaggio non avesse né ritardi né intoppi.

domenica 7 giugno 2020

Leggereperché. 14 «È necessaria la scuola dove si imparano le parole e i ragionamenti».


Le Scuole hanno chiuso o stanno per chiudere alla fine di un disastrato anno scolastico. Quanto la Scuola sia mancata agli adolescenti al tempo del “coronavirus” è difficilissimo dirlo. Quanto sono mancate le fatiscenti – nella maggioranza delle nostre istituzioni scolastiche – aule delle nostre Scuole? Quanto è mancata quella vita di relazione – tra adolescenti e tra adolescenti ed insegnanti, altri “eroi” questi ultimi dimenticati ed abbandonati al loro destino -, vita di relazione dicevo che i nostri adolescenti pur intrattengono nonostante le strutture fatiscenti che il governo della cosa pubblica ha colpevolmente trascurato di curare? Ché la Scuola, alla pari della Sanità - piegata dalla pandemia con il disastroso costo di vite umane del quale tutti abbiamo avuto contezza - è stata falcidiata dai tagli che l’hanno impoverita nelle strutture ma ancor più nella mancata “crescita” delle giovani generazioni, generazioni che soffrono di enormi ritardi al confronto con gli adolescenti degli altri Paesi dell’Occidente. Cosa ne sarà della “DAD” – un acronimo da disperati, ovvero “didattica a distanza” - inventata al tempo del “coronavirus”? Sarà essa la Scuola del domani? Scrive Umberto Galimberti che “a scuola si impara a vivere da uomini”; “a scuola” e non certamente isolando i nostri adolescenti all’interno di pur confortevoli tinelli familiari. La corrispondenza a firma di Umberto Galimberti di seguito trascritta ha per titolo “Agli alunni della V B” ed è stata pubblicata sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 7 di giugno dell’anno 2008 in risposta alla lettera degli alunni della V B della Scuola primaria “R. Fucini” di Albinia:

sabato 6 giugno 2020

Ifattinprima. 67 «Passare da una società competitiva a una comunitaria».


Tratto da “Una Terra diversa”, colloquio tra Carlo Petrini e Michele Serra pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 5 di giugno 2020:

venerdì 5 giugno 2020

Virusememorie. 25 «Siamo figli delle stelle fatti della stessa materia».


Ha scritto Umberto Galimberti in “Offerta di vita”, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 5 di giugno dell’anno 2010: Scrive Nietzsche: - Vi scongiuro, fratelli, rimanete fedeli alla terra -.

giovedì 4 giugno 2020

Strettamentepersonale. 29 «Agnosco stylum romanae curiae».


Esiste un “affaire Enzo Bianchi”. È inutile che lo si nasconda. Lontano, anzi lontanissimo dalla “sensibilità” propria di chi “crede”, non tantomeno ne sono rimasto colpito io che mi arrovello nella “sensibilità” propria di chi “non crede”. Ho letto il pezzo di Enzo Bianchi "Essere umili aumenta la libertà" pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” dell’1 di giugno e non trovo – anche a volerla disperatamente cercare - la “certezza” con la quale quell’”affaire” lo si presenta. Ne dubito molto, conoscendo come quel seggio temporale issato in Roma abbia nei secoli assurto a schiatta non proprio in sintonia con l’insegnamento dell’Uomo di Nazareth. Scriveva il priore di Bose in quel Suo pezzo: “Se vogliamo vivere una vita umana degna di questo nome, ogni giorno dobbiamo trovare tempo per riflettere, per assumere interiormente le esperienze che viviamo”. Come sta quell’”affaire” con un pronunciamento di sì enorme spessore? Può sussistere semmai una ambiguità tra il proprio “professato” e la vita del quotidiano? Mi soccorre alla bisogna una citazione che traggo dall’autobiografia di quel grande del cinema che ha per nome Woody Allen.

mercoledì 3 giugno 2020

Leggereperché. 13 «La nostra psiche ospita un inconscio tecnologico, che sfugge all'interpretazione psicoanalitica».


Tratto da “Ormai anche il lavoro a impatto sociale obbedisce a regole di produttività” di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 3 di giugno dell’anno 2017: Il "pensiero interessato" è diventato l'unico in circolazione, e ha messo fuori gioco la capacità di offrire gratuitamente.

lunedì 1 giugno 2020

Cosedaleggere. 45 «Questa quarantena si ammanta di un suo innegabile fascino claustrale».


Non merita certo di rimanere tra i “commenti” questo altro scritto della carissima amica Agnese A., scritto a commento del post del 30 di maggio ultimo. Il Suo scritto inneggia alla libertà come peculiare fonte di “umanizzazione” laddove sostiene che (…) …la libertà è radicata nella struttura più intima dell'esistenza dell'uomo e pertanto ne caratterizza l'esistenza stessa, cioè "non siamo liberi di non essere liberi".