"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 27 marzo 2020

Letturedeigiornipassati. 100 «“Dov’è finito il bosco? Scomparso. Dov’è finita l’aquila? Scomparsa. È la fine della vita e l’inizio della sopravvivenza”».


Ha scritto Federico Rampini “nei cupi giorni” del “coronavirus” sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 21 di marzo ultimo: “(…). …le nostre religioni monoteiste ci hanno ispirato un malsano senso di superiorità. Fatti a immagine e somiglianza di Dio, abbiamo ricevuto da Lui il diritto-dovere di dominare la natura.
La fede biblica e coranica ci ha resi arroganti, prevaricatori. L’induismo della reincarnazione educa a percepire l’essere umano come una tappa di transizione fra diverse forme di vita; impone perciò il rispetto di tutte le specie naturali. (…). Gli Stati-civiltà dell’Oriente prolungano oggi una vicenda ininterrotta dai tempi dei popoli delle steppe, delle orde che traversavano l’Eurasia portando aggressioni militari e religiose. L’Islam fu per molti secoli la fede dei conquistatori stranieri. Nei flussi e riflussi secolari viene sempre il momento in cui l’invasore viene respinto e diventa perseguitato. (…)”. Ha scritto Andrea Satta – pediatra, musicista, scrittore - in “Le nuvole nei giorni cupi dell'atomo”, pubblicato sul quotidiano “l’Unità” del 27 di marzo dell’anno 2011: Cosa sono le nuvole? Sono sogni in movimento. Pezzi di cielo maneggiati dalla fantasia, plastilina in vapore. Stupiti, col naso all’aria, io e Geo le guardiamo rinnovarsi tra le carezze del vento. Siamo in Romagna, nella valle della Marecchia, stamattina a giocare...
- “Guarda un cane! –
- “No, a me sembra l’Australia” – faccio a Geo.
- “Quella sembra un rospo e quello, un dentifricio e quello, il Giappone” - risponde lui.
- “La nube dovrebbe passare oggi. Si sa, ma non si dice. Passerà, ce l’hanno detto, ma non ci succederà niente, Geo. Io mi sento pure in colpa a pensare a tutti quei morti, mentre ho terrore di immaginare un pico-grammo radioattivo su di noi, sdraiati in mezzo a questo prato, il primo sabato di primavera”.
“Ero su un prato verde anche quel giorno di Chernobyl, sai? Era una domenica dolcissima di aprile. Anche allora il peggio ce lo dissero dopo”.
- “E io?”.
- “No, Geo, tu non c’eri proprio quel giorno, eri fra quelle nuvole. Ecco, sai come funziona? Quando una di quelle più bianche prende le forme di un bambino, quel bambino viene sulla terra …”.
- “C’è una casa col tetto a punta sulla collina tonda-tonda, da quella parte ... Andiamo a vedere cosa si vede da lassù, papà? Si vedranno le radiazioni cadere? O lì saremo sopra la nube?”.
- “No quelle no. E poi tu non devi farti venire in mente questi pensieri, non devi. È importante solo la notizia delle radiazioni, loro no, loro non ci riguarderanno. Piuttosto ascolta: questa nuvola, questa, Geo, questa proprio sopra di noi, fra poco cambierà forma, poi nasconderà il sole, eppure è sempre lei e vedrai che, fra poco, dalla collina tonda-tonda, la vedremo diversa, così trasformata da considerarla un’altra cosa; eppure la staremo respirando.
- “Guarda, papà, un aereo ora l’attraversa, non gli farà male? Va velocissimo e la punge. È un caccia da guerra, vero? Sembra l’ago del dottore. E la nuvola non piange? E se la nuvola è piena d’acqua, è così che piove? E dove va quell’aereo? E perché sento il rumore anche quando scompare? È immenso questo fracasso!”.
- “Cosa sono le nuvole amore mio…? Il posto da dove potremo guardare il mondo, tutto insieme, in un respiro, un giorno, ancora vicini, scalciando, per gioco, l’ossigeno e l’azoto.
Facciamoci la doccia, a casa, stasera, che è sempre meglio. Oggi passava la nube cattiva, quella fatta dagli uomini. Dice che non c’è pericolo, ma a volte... Geo? Fai come me: stendi le manine sull’erba e cerca con i polpastrelli le margherite che ti senti crescere tra le dita, chiudi gli occhi e ascolta, qualunque cosa piova. Ha così scritto, in una lettera dell’anno 1854, un nativo, un semplice Capo Seattle, al potente Franklin Pierce (23 di novembre 1804 – 8 di ottobre 1869), 14º Presidente degli Stati Uniti d'America: “Tutto ciò che accade alla terra accade anche ai suoi figli. Non è l’uomo che ha tessuto la trama della vita: egli ne è soltanto un filo. Tutto ciò che egli fa alla trama lo fa a sé stesso. Anche i bianchi spariranno, forse prima di tutte le altre tribù. Contaminate i giacigli dei vostri focolari e una notte vi troverete soffocati dai vostri stessi rifiuti. Dov’è finito il bosco? Scomparso. Dov’è finita l’aquila? Scomparsa. È la fine della vita e l’inizio della sopravvivenza”.

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