"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 1 gennaio 2020

Ifattinprima. 29 «Ogni perdita di sovranità intacca la democrazia, allontana il potere dai cittadini».


Tratto da “È l’era della nuova Guerra fredda: le élite europee non lo capiscono”, intervista di Silvia Truzzi a Federico Rampini pubblicata su “il Fatto Quotidiano” del 31 di dicembre dell’anno 2019: (…). “La simbiosi tra la fabbrica del mondo (cinese) e il suo mercato di sbocco (gli Usa) non c' è più”. La politica economica di Trump è stata demonizzata dalla maggioranza degli osservatori: in realtà l'economia Usa non va male. - Trump ha capito che la globalizzazione come l'abbiamo conosciuta negli ultimi trent'anni non è più sostenibile: regole asimmetriche negoziate per integrare la Cina quando era povera e arretrata, la favoriscono in modo inaccettabile ora che è una superpotenza, in grado di sorpassare l'Occidente nelle tecnologie avanzate. Trump ha fatto sue le critiche che erano anche della sinistra americana, in difesa della classe operaia impoverita dal libero scambio. Ormai i Democratici Usa danno ragione a Trump sulla Cina. Il contenzioso commerciale è solo un piccolo aspetto della nuova guerra fredda che investe tecnologie, spionaggio, espansionismo neo-coloniale, corsa al riarmo, più un vero scontro di civiltà tra modelli politici alternativi -.

Ha scritto che il 2019 è stato "un altro anno nero per gli economisti. È una categoria dalle responsabilità enormi. Se nel mondo soffia il vento del populismo, la colpa è anche loro, in misura sostanziale". Perché? - La guerra dei dazi è un buon esempio: la stragrande maggioranza degli economisti ha incolpato Trump di precipitare il mondo in un' Apocalisse. Il protezionismo doveva scatenare recessione; il conto dei dazi lo paga il consumatore. Abbiamo ormai quasi due anni di dazi alle spalle, e fino all' ultima tregua Usa-Cina sono stati massicci. Nulla di catastrofico è accaduto, anzi: l'inflazione Usa è ferma al 2%, la crescita è robusta, il mercato del lavoro è vicino alla piena occupazione. Ma i Premi Nobel alla Paul Krugman continuano a ripeterci che l'Armageddon è dietro l' angolo. Mai una previsione azzeccata. Non videro la crisi del 2008, in compenso ne hanno "viste" tante altre che non ci sono state. Autocritiche? Poche. Supponenza, tanta…-.
In questa nuova guerra fredda, noi che fine faremo? È giustificato l'allarme per le incursioni cinesi in Italia? - Nella seconda guerra fredda, come nella prima, ricavarsi spazi di autonomia sarà un esercizio ad alto rischio. Il mondo va verso un nuovo bipolarismo, America e Cina usano linguaggi diversi ma entrambe ci chiedono di scegliere da che parte stare. L'allarme sui porti di Genova e Trieste è giustificato. Meno legittime sono le critiche che Bruxelles e Berlino rivolsero a Conte quando firmò il Memorandum sulle Vie della Seta: il gesto simbolico forse fu incauto, ma la Germania si è venduta ai cinesi molto prima di noi e in maniera più sostanziale. L'Europa avrebbe bisogno di regole comuni per filtrare gli investimenti cinesi. Non le ha, questo apre varchi sia alla penetrazione di Xi Jinping sia ai ricatti americani -.
Nel libro (“La seconda guerra fredda”, pagg. 240, Mondadori editore, € 19 n.d.r.) scrive che la globalizzazione non è irreversibile. Cosa vuol dire concretamente? - La globalizzazione è una costruzione politica, non un fenomeno naturale. Cina e India, le due nazioni più popolose del pianeta, non ne hanno mai abbracciato la versione neoliberista. Il protezionismo americano è la reazione tardiva a un protezionismo cinese ben più determinato. La simbiosi economico-finanziaria America-Cina creò un equilibrio temporaneo ma precario, che si rompe quando Pechino aspira all'egemonia -.
All'indomani del referendum sulla Brexit una larga fetta di opinione pubblica progressista chiedeva di rivotare, gridava all' apocalisse, anzi al genocidio: un'intera generazione era stata uccisa nelle urne. Pensosi editoriali sulla fine del sogno europeo, addio Interrail, Erasmus… L'apocalisse, lei scrive, non c'è stata. E tuttavia i commentatori non si rimangiano le sciocchezze che ci rifilano. - Già all'indomani del primo voto, nel 2016, Londra doveva sprofondare nel Mare del Nord, stando agli economisti e a tutti coloro che ne maneggiano le previsioni. A furia di ripeterlo, l'establishment e tanti opinionisti si sono auto-convinti che il Regno Unito era in una crisi spaventosa e che gli elettori si erano accorti dell'errore del 2016. Tornati alle urne poche settimane fa, quelli non si sono affatto ravveduti. Le élite si consolano da sole: il popolo è rozzo, ignorante, incapace di prendere decisioni lungimiranti. Guarda caso, questo lo pensano anche Putin, Erdogan e Xi Jinping -.
Lei punta il dito contro i tecnocrati che "hanno imposto all'Eurozona i parametri inflessibili del Patto di Stabilità, infliggendole un decennio di stagnazione". La colpa non è anche della politica che si è consegnata mani e piedi a organismi privi di rappresentanza? - La critica contro il Patto di Stabilità e l'ideologia dell'austerity fu a lungo un patrimonio del pensiero neo-keynesiano e quindi della sinistra. Poi venne dimenticata quando la sinistra di governo voleva legittimarsi a Bruxelles. Il trasferimento di potere decisionale verso organi tecnocratici è una tradizione che risale all' autonomia delle Banche centrali, per isolare la politica monetaria dal ciclo elettorale. Ha una logica ma va maneggiata con cura e a piccole dosi, perché ogni perdita di sovranità intacca la democrazia, allontana il potere dai cittadini, crea dei poteri separati auto-referenziali. Se poi questi poteri finiscono intrappolati nell'ideologia sbagliata, è un disastro. La Federal Reserve americana ha la crescita dell'occupazione tra i suoi obiettivi istituzionali, la Bce no -.
(…). Tre anni fa lei ha detto: "Siamo stati troppo a lungo la cassa di risonanza di proiezioni fatte dagli uffici studi delle Banche centrali o di Goldman Sachs e amplificavamo questi messaggi rassicuranti, mitologici su una globalizzazione felice per tutti e anche su una società multietnica che doveva essere un paradiso terrestre dell' armonia". La sua autocritica è rimasta una voce isolata. Si è chiesto perché? - Ogni volta che ho presentato il mio libro La notte della sinistra (che contiene quelle autocritiche, ndr) in luoghi frequentati da elettori del Pd, mi hanno colpito le manifestazioni di consenso. La frase più frequente: era ora che qualcuno dicesse queste cose. Non mi sento isolato. Anche in America quando partecipo a dibattiti su questi temi sento serpeggiare una ribellione di massa contro il politically correct -.

Nessun commento:

Posta un commento