"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 26 gennaio 2020

Eventi. 27 N° "11152"=Edith Steinschreiber Bruck.


27 di gennaio dell’anno 1945: liberazione del campo di sterminio di Auschwitz da parte della “Armata Rossa”. Tratto da "Perché ho ancora paura", intervista di Brunella Giovara ad Edith Steinschreiber Bruck – “poetessa e scrittrice, reduce dal campo di sterminio, oggi dice: «Sento crescere il vento dell'intolleranza» - pubblicata il 18 di gennaio 2020 sul settimanale “Robinson” del quotidiano “la Repubblica”: (…). Temi la banalità, il senso che si perde? "La televisione trasmetterà quel film con il bambino in pigiama a righe, come si chiama? La vita è bella. Una commedia, tragica se vuoi, ma non insegna nulla. Eppure, tutti conoscono solo quel film. Mi capita di andare in certe scuole, arriva la professoressa e dice "i ragazzi sanno già tutto, hanno visto La vita è bella".
Eppure, tu sei testarda, continui a girare le scuole. "Certo. È faticoso, la notte prima non dormo, "cosa gli dico, capiranno?", e mi rigiro nel letto. Arrivo a pezzi, sento l'artrosi che mi fa soffrire, poi esco più viva che mai. Penso che vale sempre la pena, per cinque studenti che ascoltano musica ce ne sono centocinquanta che capiscono, imparano. Mi è successo in una scuola a Monteverde, e a Bologna. Ho detto "voglio raccontare di mia madre bruciata in un forno, se non vi interessa potete uscire". Cinque sono usciti, gli altri lì, fermi".
E in una scuola è nato il tuo soprannome, signora Auschwitz, giusto? "È successo a Pescara. Una studentessa voleva chiedermi qualcosa, ma io stavo parlando con altri, mi ha chiamata così, "signora Auschwitz!". E io mi sono girata subito, purtroppo".
Cos'è Auschwitz, oggi? "Non ci sono mai tornata, né voglio farlo. Primo Levi ci è tornato, io non ho la sua forza. Sono tornata a Dachau e ho visto quello che è rimasto delle baracche. La mia era la numero 11, è rimasto solo un numero. Trentadue numeri per terra, nient'altro. All'ingresso ce ne è una che sembra svedese, con il tavolo e le panche nuove".
E questo cosa significa? "Che distruggeranno tutte le cose autentiche. L'hanno fatto con il crematorio, ne è rimasto solo uno, nascosto da cespugli alti. Lo elimineranno. Cancelleranno con noi la verità, quando l'ultimo dei deportati sarà morto, via libera alla mistificazione".
Cosa ricordi, del ritorno a Dachau? "In una birreria ho chiesto a un uomo che aveva più di settant'anni dov'era il memoriale. Mi ha risposto "non lo so", e intanto indietreggiava. Ma come, non lo sai? Tu c'eri, ho pensato".
Chi vuole cancellare questa memoria? "Tutti. L'Europa. E i nuovi fascisti, naturalmente. In Polonia hanno manifestato in 150 mila contro gli ebrei. Nei Paesi del Nord devastano i cimiteri ebraici. In Francia hanno ammazzato un ebreo. In America anche. L'antisemitismo ha radici millenarie, e la malerba rinasce, la radice cresce".
E l'Italia? "Non è a questo punto, non ancora. La grande qualità degli italiani è che sono così superficiali... non arriverebbero a uccidere. Si dice: italiani, brava gente. È una sciocchezza con un fondo di verità. Sono meno crudeli. Quando sono arrivata in Italia nel '54, affittavo una stanza da un tipografo, al 36 di via del Babuino. In casa aveva il ritratto di Pio XII, di Mussolini e di Umberto. Ma divideva la zuppa di cavolo con me, "signò, mangia con noi"".

In Italia c'è antisemitismo, e gruppi di neonazisti molto attivi. "Questo mi fa male. La discriminazione verso chiunque, non solo verso gli ebrei, sia chiaro, è male. E il male porta male, l'odio porta odio. Sento tante parole di odio, questo Salvini, ad esempio, ruba alla gente il linguaggio e i pensieri più abbietti, dice quello che la gente vuole sentirsi dire, e la gente vuole l'uomo forte, il padre padrone. Quando c'è un vuoto ideologico, e la crisi economica, e l'emigrazione, lì nasce la discriminazione. La massa non pensa, è cieca, puoi usarla come vuoi. Allora io dico: chi non è migrante? Siamo tutti migranti. Chiunque va accolto e rispettato".
E l'Ungheria, che è il tuo Paese di nascita, com'è? "Da quando c'è Orbán non ci vado più. Le mie amiche non escono di casa perché hanno paura. Non portano più la stella di David al collo, sono spaventate. Io ne ho una piccola, sto pensando di metterla. L'antisemitismo è tornato, è peggio che in Polonia. La destra cresce in tutta Europa, i politici hanno preso sottogamba questa cosa".
Hai paura? "Non per me, ma per il mondo, che è così miserabile. Perché la Segre deve girare con la scorta? Io peraltro non avrei accettato, non voglio nessuno tra i piedi. Ma l'astio verso gli ebrei è tornato, è tutto come allora. L'ebreo è la vittima classica della Storia. Forse sono stati dei ragazzini, a minacciare Liliana, per ignoranza, per stupidità. Ma ricordo anche la storia della mensa di Lodi, quando esclusero quei bambini... E la donna di Padova, intervistata sui migranti all'uscita dalla chiesa, diceva "che affoghino tutti!". È cominciata così, la deportazione".
Come è stato il tuo ritorno a casa, nel '45? "Qualcuno si è fatto il segno della croce, vedendo me e mia sorella Adele, com'eravamo ridotte. Qualcuna ha alzato un angolo di grembiule e si è asciugata la lacrimuccia. Ricordo l'accoglienza di una sorella che si era salvata dal ghetto, in cortile ci ha detto "lavatevi, prima di entrare in casa". Questo è stato il benvenuto, noi pensavamo che ci avrebbero accolte in ginocchio, dopo quello che avevamo passato. Invece, tutto finito, non se ne parli più, e soprattutto non davanti ai bambini. È cominciata la rimozione, in Ungheria come in Italia, più nessuno era stato fascista, o nazista".
Primo Levi ha raccontato questo, il non voler ascoltare di molti. "Tutti zitti, io ho ricominciato a studiare, zitta. Ho taciuto per anni. Poi ho iniziato a scrivere le cose che non si potevano dire. Bisogna farlo. Primo diceva sempre: cosa sarà dopo di noi?".
Cosa sarà? "Temo molto il dopo. Già adesso, quando vedo queste gite ad Auschwitz, certi picnic...
La gente che va in visita, poi esce a cena o va a ballare. Solo una volta, un mio amico ci è andato e al ritorno mi ha detto: "Edith, ti ho lasciato il pane sulla finestra". Lui aveva capito".
Sei dura, il tuo giudizio è sempre severo. "Io sono tornata dai campi più buona, migliore. Ho due lauree honoris causa, ma dico sempre che mi sono laureata con lode ad Auschwitz. Lì si cresce, e si diventa subito vecchi. Ho capito cos'è l'uomo, la vita, la morte. Dopo, niente è stato uguale. Non sono mai stata razzista, non ho mai ucciso neanche una mosca. Non odio. Ho imparato. Però mi stupisco ancora del male".
Un esempio. "Due anni fa, dalle parti di Salerno, mi invitano per premiare un mio libro, poi messo in musica. Il direttore d'orchestra era un prete. Un attimo prima di attaccare, si gira e mi dice: "Perché voi ebrei non riconoscete Gesù Cristo?". Ero sbalordita, né potevo replicare. Avrei voluto dirgli che l'accusa di aver crocefisso Gesù è stata cancellata da papa Giovanni XXIII, ma lui se ne è andato. Ha colpito ed è sparito".

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