"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 26 dicembre 2019

Lalinguabatte. 88 Don Milani: «Non si possono amare tutti gli uomini. Si può amare una classe sola».


Quanto siamo disposti a concedere al cosiddetto fisico “stretto contatto” con il prossimo nostro? Intendendo prossimo nostro certamente non l’invisibile corrispondente del nostro vacuo ciattare, dell’incontrollabile, inutile e neghittoso cicaleccio della rete, non l’incauto visitatore che stabilisca un improvvisato approccio telematico con noi, ma quell’essere in carne ed ossa, umori corporali ed odori spesso nauseabondi, che ci passa accanto, che ci olezza con i suoi effluvi nel bus o nel tram, che ci sta davanti agitandosi inopportunamente nella fila all’ufficio postale o in banca o in un qualsiasi altrove frequentato dagli animali umani o resi tali. Quanto siamo disposti a cedere del nostro recinto personale a questo prossimo nostro? Sembra, stando ai meglio informati, che sia una questione di ormoni, di feromoni, di ghiandole endocrine ed intrecci neuronali, insomma un qualcosa di quel “determinismo biologico” che tanto ci spaventa e che mette in forse la nostra convinzione nella assoluta nostra libertà personale di determinarci, insomma il tanto decantato nostro “libero arbitrio”. Ecco, corre meglio dire “arbitrio” senza aggettivazione alcuna. Ne ha scritto come sempre da par Suo l’indimenticato Vittorio Zucconi, con quella Sua sempre graffiante scrittura, su di un supplemento del quotidiano “la Repubblica” (2010?) col titolo “Non abbracciate un americano”. Di seguito trascrivo in parte quello scritto non senza ricordare quanto ebbe a dire, anzi a scrivere, quell’indimenticabile Don Milani a chi gli chiedeva quale e quanto dovesse essere l’amore  da portare al prossimo nostro: “(…). So che a voi studenti queste parole fanno rabbia, che vorreste ch’io fossi un uomo pubblico a disposizione di tutti…non si possono amare tutti gli uomini. Si può amare una classe sola. Ma non si può nemmeno amare tutta una classe sociale se non potenzialmente. Di fatto si può amare solo un numero di persone limitato, forse qualche decina  forse qualche centinaio. E siccome l’esperienza ci dice che all’uomo è possibile solo questo, mi pare evidente che Dio non ci chiede di più… Quando avrai perso la testa, come l’ho persa io, dietro poche decine di creature, troverai Dio come premio. (…).” Grande quel Don Milani, che amò fortemente una certa classe sociale e non un’altra, quella dei derelitti, ed utilizzò tutta per intero la Sua breve vita per soccorrere, istruire ed amare i pochi di quella tale classe sociale, senza grandi pronunciamenti e solennità di sorta, proprio come il maestro Suo di Nazareth! Ha scritto l’indimenticato Vittorio Zucconi: Spazio. (…). I confini dello spazio personale, l'aria che deve separare due esseri umani perché si sentano a proprio agio sono incomparabilmente più larghi in America di quanto siano in Italia. Pare che questa differenza dipenda dall'amigdala, un gruppetto di cellule cerebrali che funzionano come quei radarini nelle automobili di lusso che misurano le distanze e cominciano a emettere gracidi e pigolii, bip-bip e poi lamenti strazianti quando la distanza fra i paraurti si fa pericolosamente stretta. Gli americani devono possedere amigdale di dimensioni colossali e attivissime, perché sono il popolo che meno di ogni altro (con l'eccezione dei pastori della Mongolia abituati a vivere nelle steppe) sopporta la vicinanza fisica con un'altra persona, che non sia colui o colei con i quali ogni tanto si deve interagire mettendo a tacere queste amigdale. Per un europeo del sud, come noi, la distanza minima accettabile prima di gridare aiuto o di spogliarsi è di circa 60 centimetri, fino a 90 per le popolazione del nord. Per un americano, se si scende sotto il metro e venti, il doppio di noi, si rischia una denuncia per molestie o una proposta per uscire insieme a cena. La bolla invisibile che ciascuno porta attorno, e che schiere di studiosi del comportamento degli animali, noi inclusi, hanno calcolato, può essere bucata soltanto con l'autorizzazione di chi sta dentro la bolla. Non vedrete mai due uomini americani baciarsi, certamente non come quei vecchi dirigenti comunisti dell'Est che si slinguavano a ogni visita di stato per il disgusto dei presenti, girare a braccetto, tenere le braccia sulle spalle del vicino, se non per foto di gruppo o per eccitazione sportiva davanti a una vittoria, che sbriciola ogni bolla e spinge uomini ad avvinghiarsi, intrecciarsi, montarsi, allacciarsi l'uno con l'altro in pose e atteggiamenti che, senza il gol, la meta realizzata, il canestro da tre punti all'ultimo secondo, verrebbero considerate come manifestazioni di omosessualità divorante. Anche le donne, pur meno fanatiche nella difesa dello spazio personale o forse dotate di amigdale meno irritabili, hanno inventato il famoso air kiss, il finto bacio scambiato con le labbra al vento e il bacino rigorosamente spinto all'indietro. Quando proprio la sacra distanza di almeno un metro e venti (grosso modo quella che separa due uomini quando si stringono la mano) si deve ridurre a zero e i corpi entrano in contatto forzato, come sulla metro all'ora di punta o nei seggiolini infernali costruiti da ex torturatori delle SS per le compagnie aeree low cost, il cervello americano soccorre le amigdale con un trucco.
Immagina che quel ciccione che vi ansima accanto, quella donna che involontariamente rimbalza il suo sedere contro il vostro a ogni fermata, quel chiacchierone che a dieci centimetri dalla vostra faccia deve raccontare la propria vita tutta punteggiata di lettere p e t con conseguenti lanci di sputacchini, siano manichini, esseri inanimati. Non so dire, neppure dopo avere letto alcuni importanti saggi sullo spazio personale, se l'ansia e la furia con la quale gli americani si lanciarono nello spazio extraterrestre appena ne ebbero i mezzi arrivando fino al vuoto perfetto della Luna, sia stato un effetto delle loro amigdale iperattive, ma forse esiste un rapporto. Il fatto che per arrivare allo spazio senza confine quei poveri astronauti abbiano dovuto trascorrere settimane chiusi dentro una lattina come la buona carne in scatola, facendosela addosso nei pannoloni, respirando il respiro rigenerato degli altri e sperando che nessuno di loro soffrisse il mal d'aereo e vomitasse (come invece accadde) è soltanto la dimostrazione di quanto contraddittoria sua la natura umana. (…).

1 commento:

  1. Carissimo Aldo, mi sono soffermata con piacere sulla lettera di questo meraviglioso post che mi ha consentito di riflettere a lungo... L'amore è una scelta che spesso fa paura. Amare vuol dire agire sempre con amore, deve diventare un atteggiamento costante. Possiamo scegliere di amare sempre, anche se in maniera diversa, perché quanto più decidiamo di agire con amore, tanto più saremo felici. È una scelta che presuppone, comunque, il rispetto di determinate regole che illumineranno ogni nostra azione, in questo importante cammino che conduce alla realizzazione completa di una vita autenticamente umana. L'essere umano si trova costantemente ad un bivio. Da una parte "la legge del piacere" e dall'altra "la legge della realtà". La prima è amorale e cerca in ogni modo di soddisfare un bisogno. La seconda, squisitamente umana, agisce come freno inibitore nei confronti della prima e comprende il senso di responsabilità, di umanità e di giustizia. Penso che chi da bambino è stato amato a lungo e nel modo giusto, da adulto avrà una marcia in più per arginare alcuni aspetti della legge del piacere. Cosa che risulterà difficile, anzi impossibile per chi non può e non sa superare il narcisismo che lo spinge a seguire la legge del piacere. Grazie per la condivisione e buon lavoro. Agnese A. 0

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