"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 13 dicembre 2019

Dell’essere. 16 «La vita che mi riguarda».


Ha scritto Eugenio Scalfari nel Suo volume “Per l’alto mare aperto” – Einaudi (2010) – alle pagine 258-259 dell’edizione proposta dal quotidiano “la Repubblica”:
(…). L’io è il prezioso prodotto della coscienza nel momento in cui diviene autocoscienza. È il nome con il quale la mente riflessiva nomina se stessa nel momento in cui diviene consapevole della propria finitezza. Le specie viventi, inconsapevoli dei propri limiti, non possono superare la coattività ripetitiva dei propri istinti. L’evoluzione opera in loro solo attraverso le azioni combinate di molti elementi esterni, a cominciare dal clima e dai processi di adattamento selettivo. Ma non attraverso la volontà di potenza creativa. Tanto meno attraverso la consapevolezza dei limiti. L’uomo riflette su se stesso e si nomina, quindi oggettivizza se stesso e si guarda vivere e pensare, si vede anche invecchiare, si vede innamorarsi, si vede morire. Per sfuggire a questi limiti è spinto a creare. Per sfuggire alla propria fralezza e alla morte che inevitabilmente lo attende, è perfino capace di creare Dio, d’inventarsi il Dio trascendente, il Dio che atterra e suscita che affanna e che consola, il Dio che ci guida verso di lui, verso il mondo che sta oltre il mondo. (…). È ri-leggendo di recente questo passo di Eugenio Scalfari, che ho subitamente e diligentemente annotato per ritornarci in appresso, che mi sono ricordato di uno scritto straordinario del professor Umberto Galimberti, scritto in verità molto datato essendo stato pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” il 9 di luglio dell’anno 2003. La ricerca affannosa di quel “pezzo” di straordinario valore e spessore divulgativo è stata alla fine premiata e di seguito ne trascrivo le parti più salienti. Sono convinto che le citazioni trascritte in questo post contribuiscano a rafforzare il convincimento nell’autocoscienza dell’”io” degli sparuti visitatori di questo b-log, del primato della  “mente riflessiva” sulla realtà biologica degli esseri umani, “mente riflessiva” che, unica nel creato, “nomina se stessa” nella consapevolezza “della propria finitezza” ma, ancor più, nella consapevolezza d’essere unici ed irripetibili nell’universo mondo e di essere presenti e transeunti nel “tempo” storico e di vivere un “tempo” proprio ed irripetibile, che non è astrazione propria e consapevolezza piena di alcun altro degli esseri viventi abitatori del pianeta Terra. Ha scritto Umberto Galimberti: (…). …la vita che mi riguarda e mi coinvolge non è quella biologica che ricevo, ma quella personale che costruisco e in cui mi identifico. Solo specchiandomi in questa seconda vita posso chiamarmi per nome e riconoscermi e pormi in relazione agli altri come quell’io che sono di fronte a quel tu che sei. Certo il corpo organico, sede della vita biologica, mi dà le sue cadenze, ma non l’amore dell’infanzia, l’entusiasmo della giovinezza, la responsabilità dell’età adulta, lo sguardo sereno della vecchiaia. Questi tratti, in cui riconosciamo la vita, anzi la nostra vita, non sono eventi biologici, ma figure di quel nostro essere al mondo, non come le piante o gli animali, ma come quelli che sono al mondo per costruirne uno proprio in cui riconoscere la propria  vita. Perché se la vita non è la  propria è qualcosa che non ci riguarda. (…).

1 commento:

  1. Carissimo Aldo, ti sono grata per questo post eccezionale che appartiene alla sfera dei miei interessi preferiti. La consapevolezza di sé, che ci contraddistingue come esseri umani, è frutto della" mente riflessiva ". Bisogna esplorare l'ombra e riconoscere ciò che non sappiamo di noi e che a volte ci crea un'immensa sofferenza. Disconoscere la propria ombra è come negare delle parti di noi, non voler fare i conti con i propri limiti. È importante non spaventarsi ed avere il coraggio e la voglia di incontrare se stessi, fare pace con certe parti di noi che non ci piacciono. Siamo fatti di luci e ombre, siamo umani. Secondo Jung, luce e ombra andrebbero integrate. L'ombra riconosciuta e accettata è stimolante e costituisce la chiave per arrivare a cambiamenti positivi, in ogni aspetto della nostra vita. Ogni giorno e ogni esperienza, che viviamo, vanno visti come nuove opportunità di crescita. Grazie ancora e buona continuazione. Agnese A.

    RispondiElimina