"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 17 novembre 2019

Lalinguabatte. 83 «Siamo sicuri di reggere le conseguenze della libertà?».


Ove si parla dell’uomo “debole”. E si principia con il brano di seguito trascritto, brano postato anni addietro sul sito “manginobriochesblog.unita.it” col titolo “Il sospetto di zia Emma: Harry Potter siamo noi”: «Me la spieghi, questa cosa? Che non ho capito bene come funziona». «Niente, zia, come funzionano sempre queste cose. Al potere c'è uno solo, un individuo spregevole, interessato solo a se stesso e a quanto più a lungo può conservarsi e conservare il suo dominio su cose e persone. Non gli interessa altro, e usa qualunque mezzo».
«Ma ci sono pure quelli che lo seguono». «Certo. Ha un gruppo di fedelissimi. Non sono molti, ma sono una minoranza-maggioranza che basta a controllare tutto il Paese. Finché stanno con lui, sono potenti anche loro. E sono disposti a qualunque cosa, pur di continuare così: spergiurano, tradiscono, stravolgono la verità, chiudono gli occhi, eseguono i compiti più disgustosi».
«E la gente?». «La gente soffre in silenzio, per lo più... Persino quelli a cui lui piaceva, pensa. Quelli che erano ammaliati, dal suo potere. Anche perché il Paese cade a pezzi attorno a loro, tutti sono più poveri e più infelici, e poi anche spaventati».
«Ma la gente lo sa che se si mette assieme, tutta assieme, può sconfiggerlo?». «Diciamo che lo ha dimenticato, e poi c'è un momento in cui diventa pure difficile, anzi sembra proprio inutile, organizzarsi e lottare. Ma c'è chi continua a fare la resistenza, e piano piano... ».
«Ah, ecco, volevo dire. Comunque vada, anche se non funziona o non funziona subito, la resistenza ci fa restare umani». «Assolutamente, zia. La resistenza ci tiene svegli. Anche quella degli altri, anche quando noi non siamo capaci».
«E insomma, alla fine ci sono speranze per tutti?». «Sì, alla fine sì. Ma si dovrà lottare, rischiare, mettersi in gioco».
«Lo sai che comincia a piacermi, questo – come si chiama – Harry Potter? Devi portarmi a vederlo, nipote». «Quando vuoi, zia». «Sai, ho il sospetto che siamo noi, Harry Potter». Mi garba assai, a conclusione della pubblicazione dell’ultima parte della “Antropologia del conformista che fugge dalla libertà” di Gustavo Zagrebelsky, ripreso e trascritto dal quotidiano “la Repubblica”, riportare una straordinaria metafora di quel pensatore fine, prematuramente scomparso, che fu Etienne de La Boètie. La metafora è tratta dall’opera Sua, di recente riscoperta grazie all’editrice Chiarelettere, “Discorso sulla servitù volontaria”: (...). Come il fuoco, partito da una piccola scintilla, s’ingrossa e man mano rinvigorisce, e quanto più legno trova, tanto più ne brucia, e senza che vi si getti acqua per spegnerlo, solo non aggiungendo più legno, non avendo più nulla da consumare, si consuma da solo, perde vigore e non è più fuoco; allo stesso modo i tiranni, quanto più saccheggiano, tanto più pretendono, quanto più rovinano e distruggono, tanto più ricevono, quanto più li si serve, tanto più si fortificano e diventano sempre più forti e più capaci di annientare e distruggere tutto; ma se non gli si consegna niente, se non gli si obbedisce affatto, senza combattere, senza colpirli, ecco che restano nudi e sconfitti, non sono più nulla, come rinsecca e muore il ramo che non riceve più linfa dalle radici. (…). È ciò che ha compreso perfettamente zia Emma: «Ah, ecco, volevo dire. Comunque vada, anche se non funziona o non funziona subito, la resistenza ci fa restare umani».
Resistere. E resistere. Restare umani. Basta non averne paura. D’essere umani, intendevo dire. In fondo i tiranni sono sempre degli uomini resi, dalle loro stesse cattive azioni, uomini soli. Parte quarta: (…). La libertà può fare paura ai timorosi. Siamo sicuri di reggere le conseguenze della libertà? Bisogna fare i conti con la nostra costituzione psichica, dice Freud: l'uomo civile ha barattato una parte della sua libertà per un po' di sicurezza. (…). A dispetto dei discorsi degli idealisti, l'essere umano aspira solo a liberarsi della libertà e a deporla ai piedi degli inquisitori, in cambio della sicurezza del pane terreno, simbolo della mercificazione dell'esistenza. Il pane terreno che l'uomo del nostro tempo considera indispensabile si è allargato illimitatamente, fino a dare ragione al motto di spirito di Voltaire, tanto brillante quanto beffardo: il superfluo, cosa molto necessaria. È libero un uomo così ossessionato dalle cose materiali, o non assomiglia piuttosto alla pecora che fa gregge sotto la guida del pastore? Conformismo, opportunismo, grettezza e debolezza: ecco dunque, della libertà, i nemici che l'insidiano liberamente, dall'interno del carattere degli esseri umani. Il conformista la sacrifica all'apparenza; l'opportunista, alla carriera; il gretto, all'egoismo; il debole, alla sicurezza. La libertà, oggi, più che dal controllo dei corpi e delle azioni, è insidiata da queste ragioni d'omologazione delle anime. Potrebbe perfino sospettarsi che la lunga guerra contro le arbitrarie costrizioni esterne, condotte per mezzo delle costituzioni e dei diritti umani, sia stata alla fine funzionale non alla libertà, ma alla libertà di cedere liberamente la nostra libertà. La libertà ha bisogno che ci liberiamo dei nemici che portiamo dentro di noi. Il conformismo, si combatte con l'amore per la diversità; l'opportunismo, con la legalità e l'uguaglianza; la grettezza, con la cultura; la debolezza, con la sobrietà. Diversità, legalità e uguaglianza, cultura e sobrietà: ecco il necessario nutrimento della libertà.

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