"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 12 novembre 2019

Lalinguabatte. 81 «Il segreto del dominio sta in un sistema a scatole cinesi».


Ove si discorre delle intriganti figure dei “liberi servi”, figure che nel bel paese s’affacciano con prepotenza, con smisurata arroganza, tanto da volerne diffondere le ignobili, infide loro nature ed essenze per le ridenti ed ubertose contrade dell’italica terra; ché l’essere “servi” sembra essere titolo di merito per acquartierarsi presso il signorotto di turno e raccoglierne dalla tavola, all’uopo imbandita, ciò che sono i resti del suo lauto banchettare; ora che tutto ciò sale alla ribalta delle cronache con la inevitabile, dissacrante caduta negli spiriti di quel che un tempo era per i popoli tutti l’aspirazione ad essere uomini compiutamente e completamente liberi; ora, mi preme trascrivere cosa ne pensasse dei “liberi servi “ del Suo tempo Etienne de La Boétie (1530-1563) in quel Suo straordinario libello che ha per titolo “Discorso sulla servitù volontaria” – Chiarelettere editrice (2011), pagg. 71, € 7,00 –. Autore grande e prematuramente mancato Etienne de La Boétie, che il professor Gustavo Zagrebelsky ha citato nella parte prima del Suo “Antropologia del conformista che fugge dalla libertà” e dal quale autorevole ultimo Suo lavoro, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica”, si trascriverà di seguito la parte seconda. Scriveva  Etienne de La Boétie: “(…). Quale vizio, o meglio quale orribile vizio vedere un numero infinito di uomini non obbedire ma servire; non essere governati, ma tiranneggiati, senza più avere come propri né beni, né genitori, né donne, né figli e neanche la loro stessa vita; subire le rapine, i brigantaggi, le crudeltà non da un esercito, non da un’onda di barbari, contro cui si dovrebbe dare il proprio sangue e la propria vita, ma da uno solo; non da un Ercole o da un Sansone, ma da un qualche omuncolo che spesso è il più vigliacco e il più effeminato della nazione; non da uno avvezzo alla polvere delle battaglie, ma da chi a mala pena è abituato alla sabbia dei tornei; non da uno capace con la forza di comandare degli uomini, ma da chi è incapace di servire vilmente l’ultima donnicciola. Definiremo tutto ciò mollezza? Chiameremo vili e codardi gli uomini che servono? Se due, se tre, se quattro cedono a uno solo è cosa strana, ma comunque possibile; forse a buon diritto potremmo dire che è mancanza di coraggio. Ma se cento, se mille sopportano uno solo, non si dirà forse che non vogliono, e non già che non possono affrontarlo, e che non è per viltà quanto per abiezione e mancanza di dignità? (…). “Abiezione e mancanza di dignità”: chi ne possegga in cotanta misura da menarsene vanto assai è come una rapa dalla quale diviene impresa stolta e vana volerne ricavare un delizioso nettare. Parte seconda, ove si tratteggia la figura dell’”opportunista”: (…). L'opportunista è un carrierista, disposto a mettersi al traino. Il potere altrui è la sua occasione, quando gli passa vicino e riesce ad agganciarlo. Per ottenere favori e protezione, che cosa può dare in cambio? Piaggeria e fedeltà, cioè rinuncia alla libertà.
Messosi nella disponibilità del protettore, cessa d'essere libero e si trasforma in materiale di costruzione di sistemi di potere. Così, a partire dalla libertà, si creano catene soffocanti che legano gli uni agli altri. Si può illudersi d'essere liberi. Lo capisci quando chi ti sta sopra ti chiede di pagare il prezzo dei favori che hai ricevuto. Allora, t'accorgi d'essere prigioniero d'una struttura di potere basata su favori e ricatti, che ti prende dal basso e ti solleva in alto, a misura del tuo servilismo. Quel de la Boétie, già nominato, ha descritto questo meccanismo. Il segreto del dominio sta in un sistema a scatole cinesi: un capo, circondato da pochi sodali che, distribuendo favori e cariche, a loro volta ne assoldano altri come complici in prevaricazioni e nefandezze, e questi altri a loro volta. Così la rete si estende, da poche unità, a centinaia, a migliaia, a milioni. Alla fine, il numero degli oppressori è quasi uguale a quello degli oppressi, perché appena compare una cricca, tutto il peggio, tutta la feccia degli ambiziosi fa gruppo attorno a lui per aver parte al bottino. Il tiranno genera tirannelli. Ma questi sono uomini liberi o parassiti come quelli che infestano il regno animale e vegetale? (…).

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