"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 20 novembre 2019

Dell’essere. 15 «L’adolescenza è per costituzione un regno povero».


(…). …più si cerca di avvicinare l’adolescenza con un pignolo metro da sarto, suddividendola in centimetri e millimetri, valutandone i vestiti, le mode, le inclinazioni, più si perde di vista la sua essenza e si rimane delusi, quasi infastiditi di fronte a quel segreto.
Poiché l’adolescenza è la vita senza aggettivi e senza argini, è un regno prerazionale vicino all’origine, dove ogni contraddizione è permessa,  dove gli opposti coincidono e lo stupore non si è ancora  trasformato in volontà. E’ un lungo pomeriggio malinconico in cui per un attimo si svela la verità dell’esistenza, qualcosa che somiglia al nulla e che s’intreccia disperatamente con la bellezza. (…). Il Dominio è il centro esatto dell’adolescenza, il giardino perso nel bosco che poi non si ritroverà mai più, l’ora magica in cui la vita si manifesta interamente, tutta insieme, amore e pena, slancio e caduta, desiderio e impotenza, amicizia e solitudine. Ognuno di noi è stato (…) nel Dominio, ogni ragazzo vi transita e lo perde. Ci si arriva come in uno stato di ispirato sonnambulismo, portati dall’animale e dalla grazia che sono in tutti noi, e lì si vede, si comprende ogni cosa e poi si viene espulsi. Il resto della vita lo si passa tra progetti e impegni, allontanandosi sempre più da quell’istante in cui tutto era chiaro e evidente, in cui noi e la vita eravamo la stessa identica cosa. Quel dono viene dimenticato, o forse ci è tolto, e cominciano le domande che non significano nulla (…). I giovani vanno amati  (…) come sorgenti di un’acqua che solo più a valle finirà per incanalarsi, per essere usata. (…).  Oggi esistere costa parecchio, ma l’adolescenza è per costituzione un regno povero, dove ogni meraviglia e ogni pena viene data in dono. Fine della citazione, per tornare al tempo presente. E del tempo presente ripiego il giornale quotidiano e resto lì a riflettere amaramente. La notizia – frequentissima - è quella riportata da tutti i media: un giovine, un adolescente, massacra la fidanzatina. Quante volte sono state lette cronache di questo tipo? Un movente? Un motivo? Nessun movente, nessun motivo, all’apparenza. Neanche dinnanzi ai magistrati che li hanno interrogati, quei giovani adolescenti riescono ad “inventare”, ad “improvvisare” un movente che sia. Nulla. Il nulla dell’adolescenza, il nulla che è pure il “segreto” di quell’età così come lo definisce Marco Lodoli in quella Sua stupenda corrispondenza – prima trascritta - pubblicata sul quotidiano “la Repubblica“ del 20 di giugno dell’anno 2001. Ho conservato gelosamente il ritaglio di quel numero remoto di quel quotidiano e ricordo bene come mi adoprassi, allora, a socializzarne il contenuto con i miei colleghi di lavoro. Insegnavo ancora, a quel tempo, e ritennevo necessario assai che la stupenda riflessione di Marco Lodoli, insegnante anche lui e scrittore di grandissimo valore, divenisse acquisizione e patrimonio comune all’interno della mia scuola. Dal tempo di quella riflessione di Marco Lodoli sono trascorsi tanti lustri e sono convinto che sussistano, se non esasperati ancor di più, le condizioni di negatività sociale per le quali l’illustre Autore ebbe a scrivere che “oggi (era l’anno 2001 n.d.r.) esistere costa parecchio, ma l’adolescenza è per costituzione un regno povero, dove ogni meraviglia e ogni pena viene data in dono”. È come affacciarsi sull’orlo di un pozzo oscuro e profondo assai dal quale provengano, spessissime volte, richieste di aiuto, inascoltate il più delle volte, incomprese per lo più all’interno delle istituzioni, della scuola innanzitutto e della famiglia, che sono preposte alla educazione ed alla formazione delle generazioni adolescenziali. È che, nella prima di quelle istituzioni, i problemi relazionali sono liquidati con un sarcastico “professore, non facciamo poesia!”, mentre nella seconda, la famiglia, il “problema adolescenziale” è disconosciuto se non volutamente ignorato. È questo un punto fondamentale: la conclamata non-curanza rispetto alle grida di aiuto che provengono da un “Io” che faticosamente, se non drammaticamente, in mille occasioni del duro vivere, cerca la sua completezza d’essere umano. Ho continuato a rovistare tra i miei ritagli per aggiungere alla bellissima riflessione del Lodoli un’autorevole, scientifica, inquadratura del “problema” adolescenziale. Ho ritrovato, e mi soccorre in queste mie annotazioni fatte quasi a margine dei due straordinari ed importanti scritti, un “pezzo” del professor Umberto Galimberti pubblicato sul supplemento “D” del quotidiano “la Repubblica” del 2 di agosto dell’anno 2008 col titolo “Adolescenti senza adulti” che di seguito trascrivo: Scrivono Miguel Benasayag e Gérard Schmit in L'epoca delle passioni tristi (Feltrinelli): - Cosa succede quando la crisi non è più l'eccezione alla regola, ma essa stessa regola, nella nostra società? - Due attenti studiosi parigini, Miguel Benasayag filosofo, e Gérard Schmit psichiatra, docente all'università di Reims, hanno aperto dei consultori per adolescenti in crisi, che né la famiglia né la scuola sanno come soccorrere nel loro percorso di crescita scarsamente motivato, nella loro frequentazione assidua di droghe leggere, nei loro eccessi di violenza intervallati da periodi di ignavia, nel non-senso che pervade la loro ancor breve esistenza. La conclusione a cui i due studiosi sono giunti è che i giovani d'oggi non soffrono tanto di una crisi psicologica, per la quale sarebbe sufficiente il ricorso a un buon psicoterapeuta, quanto di una crisi che loro definiscono storica, caratterizzata da un cambiamento di segno del futuro: dal futuro-promessa al futuro-minaccia. Quando non è una promessa, il futuro non retroagisce sul presente motivando impegno, applicazione, entusiasmo, slancio, prospettiva, ma fa implodere ogni iniziativa in quella domanda inevasa che inutilmente chiede: a che scopo?, perché?. Siamo a quella diagnosi: il nichilismo, che più di un secolo fa Nietzsche aveva profetizzato come atmosfera del futuro, così definendolo: - Nichilismo: manca il fine, manca la risposta al perché?. Che cosa significa nichilismo? Che i valori supremi perdono ogni valore -. Ora, che i valori si svalutino non è un gran problema. La storia registra le sue scansioni proprio grazie al crollo di certi valori e all'affermazione di altri. Ma quel che oggi si registra è che, dopo il collasso dei valori della tradizione, non se ne intravedono altri, per cui i giovani si trovano appiattiti su un presente che, non offrendo prospettive credibili, va vissuto in tutta la sua intensità, quando se ne ha la forza, o in tutta la sua insignificanza quando la demotivazione, come un tarlo, ha fatto breccia nell'anima. A questo punto i processi educativi collassano, perché, in mancanza di prospettive, ogni principio di autorità naufraga. I genitori sono costretti a diventare contrattuali con i loro figli (se sei promosso ti compro il motorino, se ti laurei l'automobile) astenendosi dai divieti e dalle punizioni per timore di ribellioni o fughe da casa. E i giovani percepiscono, dietro l'ansia dei genitori, la loro debolezza, e cominciano quei percorsi senza direzione che oscillano tra il senso di colpa e il bisogno incontenibile di libertà. Libertà di fare tutto ciò che può essere gratificante al presente, non libertà di impostare un futuro che ai loro occhi appare, se non indecifrabile, senz'altro di incerte prospettive. I possibili rimedi? Difficili da reperire, perché quando la società era povera, i suoi messaggi coincidevano con quelli che i figli apprendevano in famiglia. Oggi, invece, la società esercita richiami che contraddicono le discipline che scuola e famiglia tentano di impartire. Il risultato è che gli insegnanti si demotivano e i genitori, tra coercizioni dettate più dall'ansia che dall'opportunità, e concessioni dettate dalla speranza che rapporti più amichevoli siano in grado di creare migliori condizioni di convivenza, annaspano in quel labirinto dei doppi messaggi che è quanto di più catastrofico un adolescente in formazione possa ricevere.

1 commento:

  1. Carissimo Aldo, anche io ricordo con un pizzico di nostalgia il tuo ammirevole impegno a condividere con noi, tuoi colleghi, contenuti significativi, racchiusi in quei preziosi ritagli di giornali... È vero "sono trascorsi tanti lustri" e nulla è cambiato in meglio,anzi... Quello che è importante e valido sempre, secondo me,è saper ascoltare e rispondere sempre alle richieste di aiuto degli adolescenti. Il compito difficile dell'adulto è quello di mantenere viva la propria curiosità nei loro confronti, senza assillarli. Bisogna sintonizzarsi emotivamente sulla loro stessa frequenza e comprendere di cosa parla l'angoscia determinata dai silenzi di un adolescente. Bisogna essere capaci di comunicare con loro, riconoscere e apprezzare i loro successi e trasmettere ottimismo. Anche e soprattutto questo contribuisce a favorire un'efficace educazione emotiva. "Il professore migliore è quello che conserva ancora le inquietudini e gli slanci dell'adolescenza, che sa come mescolarli con la ragionevolezza dell' adultita'... Deve saper legare tutto ciò che sa al tempo presente, creando ponti leggeri tra una sapienza antica e le domande contemporanee ". Marco Lodoli - La Repubblica 1 Marzo 2016. Grazie per questo prezioso post e buona continuazione. Agnese A.

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