"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 25 novembre 2019

Ifattinprima. 23 «Il fascista tira esibito come un tempo la donna barbuta o il mangiafuoco».



Tratto da “Pur ridicolo, il nazi è nazi: serve da controfigura e utile idiota delle destre” di Alessandro Robecchi, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 13 di novembre 2019: (…). La storia è nota: un consigliere comunale di Bologna, Marco Lisei, meloniano di Fratelli d’Italia, insieme a un deputato della Repubblica, Galeazzo Bignami, meloniano di Fratelli d’Italia anche lui (ma ex Forza Italia), videocamera alla mano, si sono fatti una passeggiata tra le case popolari di Bologna. Hanno così certificato che sui citofoni molti non si chiamano Rossi o Fabbri, come le nostre radici cristiane ci imporrebbero, ma nomi strambi, anche con delle h o delle k. La cosa ha molto turbato i due, che hanno preso al volo quella china dell’ottovolante che conduce alla cretineria assoluta: invasione, prima gli italiani, l’Emilia da liberare, eccetera eccetera. Non tragga in inganno il fatto che i due caratteristi, nell’irresistibile inquadratura-selfie-comizio, sembrino più Totò e Peppino in piazza del Duomo invece che due camicie brune al lavoro, è la solita questione della storia come tragedia e come farsa. Quanto alla camicia bruna, il Bignami ce l’ha veramente, esistono foto che lo ritraggono mentre la indossa, con tanto di pugnale e fascia al braccio con la svastica, e ancora nel relax post prandiale con bandieroni della Repubblica di Salò e del partito hitleriano alle pareti. È roba vecchia, di quand’era capogruppo di Forza Italia in regione, e lui si difese dicendo… indovinate? Goliardia: era il suo addio al celibato (che bella festa, forse pioveva, se no andava a cercare Anna Frank sui citofoni con gli amici). Naturalmente i due incursori hanno dovuto togliere il video dai loro social, nonostante avessero detto esplicitamente che della privacy se ne fottevano alla grande (un sincero “me ne frego”, con la retromarcia, però), ma resta l’enormità di un deputato della Repubblica che se ne va in giro a schedare i citofoni. Piccola storia istruttiva, ma non l’unica. Il fascista tira, produce quel momentaneo, sterile accaloramento che hanno le provocazioni, oppure viene esibito come un tempo la donna barbuta o il mangiafuoco nelle fiere di paese. Paolo De Debbio, per dirne uno che fa quel giochetto lì, esibisce nel suo programma un certo Brasile, energumeno-borgataro-fascista, con duplice effetto. Il primo: minimizzare e fare del nazismo di periferia una macchietta quasi patetica, e al tempo stesso aprire, sdoganare, inserire nella normale dialettica popolar-sovranista un elemento – lo squadrista più o meno ripulito – come se fosse un interlocutore normale.
Interessante il sottopancia che scorreva mentre il camerata Brasile in primo piano diceva cose come “Nella borgata mia devi fa’ quello che dico io”; una scritta illuminante, una vera dichiarazione di poetica: “L’odio della sinistra: la destra è fascista”. Un ribaltamento così sfacciato che sembra una rivendicazione, non più sdoganamento di un’ideologia coi suoi maestri e i suoi mostri, ma un fattivo, operoso fiancheggiamento, cosa che fanno ogni giorno i giornali della destra. La sensazione, insomma, è che ai bravi “liberali” e “sovranisti” e leghisti e meloniani, tutto ‘sto fiorire di volenterosi filonazi (nei comportamenti, nei gesti, nelle parole, nelle scritte sul corpo) non dispiaccia per niente, anzi. È come avere delle controfigure per le scene pericolose: gli squadristi dicono cose raccapriccianti su discriminazione, odio razziale, pulizia etnica, e i potentati politici annuiscono con aria pensosa, quando non incoraggiano apertamente il testacoda ideologico (Salvini che si paragona alla signora Segre per minacce, ne è un buon esempio). Il nazi è nazi, poi è goliardo quando lo sgamano, d’accordo, ma è tanto utile, signora mia.

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