"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 22 ottobre 2019

Cosedaleggere. 11 «La sinistra è ciò che lascia il libero gioco al divenire».


A lato: 1913. Il sindacalista Alceste de Ambris festeggia la vittoria socialista alle elezioni a Parma.

Tratto da “La sinistra è un desiderio” di Giuseppe Genna, pubblicato sul settimanale L’Espresso del 13 di ottobre 2019:
La storia della sinistra non è la storia di un fenomeno omogeneo. Forse non è nemmeno una storia, quanto la ricapitolazione di un esodo: un intero popolo in esodo finisce per scorgere soltanto di spalle ciò in cui crede, perché il suo volto non lo si può vedere. Ci si chiede chi ha compiuto in questi anni la ricapitolazione: quale parola, sia pure delirante, è stata davvero pronunciata? Dove risiede la teoria che, in quanto è tale, pretende di non farei conti con nessun realismo, ma non per questo definisce un’utopia? Bisogna morire di realismo capitalista? Che problemi abbiamo con il desiderio sfrenato, che si esprime dove non esiste principio di realtà? Sembra oggi che pensare l’utopia sia un peccato mortale. In ciò si manifesta il principale tra gli effetti di un’abnorme alienazione di ehi avrebbe il diritto e il dovere di desiderare senza fine. Cosa potrebbe essere la sinistra, se non desiderare senza fine? Oggi la sinistra risulta essere la lotta alle disuguaglianze. Si tratta di un errore identitario e di un’insufficienza teorica. Si dovrebbe dire al limite che la sinistra è non lotta, ma distruzione delle disuguaglianze. Ciò stava già nella definizione di Pietro Nenni, per cui il socialismo è ciò che porta avanti chi è nato indietro, ma già Bettino Craxi, nel 1966 parlava di «socializzazione dei processi decisionali e di estensione della partecipazione democratica come metodo del sociali-smo moderno. Si può estendere questo allargamento di orizzonte. E dunque affermare che la sinistra non esiste. Essa non c’è. Non ha rappresentazione, se non illusoria. In particolare, quando sortisce una rappresentazione governativa di sé uccide all’istante se stessa. Ciò non significa che esiste una sinistra più pura quando si sta fuori dal governo delle cose, ma piuttosto che la caratteristica quasi soprannaturale della sinistra, il suo enorme potere, coincide con la sua inesistenza. Il suo non esserci è la sua potenza. La sua predicazione non si basa su nessuna scrittura. La sinistra è la sua stessa reinvenzione. La sinistra è ciò che tutela e promulga le istanze delle comunità. Questo è il centro di ciò che si dice sinistra. La sinistra ha dunque il centro dentro di sé. Cosa significa questa definizione così perentoria? Significa che la sinistra è l’interfaccia vuota che ha per compito di proteggere le istanze delle comunità, di farsi invadere da esse e di promuoverle. Il vuoto della sinistra è un eccesso di potenza, che non coincide con nessun contenuto e soprattutto non esprime nessun imperativo. Essa è un’interfaccia vuota, il che non significa che non agisca. Se l’interfaccia intercettasse e difendesse le istanze non delle, ma della comunità, avremmo la destra. Un’unica comunità, principalmente quella nazionale, a partire dall’unificazione del mondo in un assunto. in una tradizione cogente – ecco la destra. La sinistra è invece ciò che lascia il libero gioco al divenire, dal quale emergono le Istanze che va a rappresentare. Di quali istanze si tratta? Che cosa sono le comunità? Qui si gioca non tanto la critica, ma l’abolizione psichica delle imposizioni dell’intero sistema capitalistico, che si fonda sull’inoculazione dei bisogni. Le comunità sono infatti tali perché esprimono un desiderio e solo in base a quello presentano bisogni. Il rapporto tra popolo e sinistra sì definisce dunque in questa prospettiva: moltissime comunità pretendono che i propri desideri, non i propri bisogni. vengano difesi e promossi. cioè rappresentati, dall’interfaccia che è nata per farlo. In questo punto la sensazione e il senso della delega di rappresentanza ritrovano una vita vivente e intensa, poiché ogni individuo e ogni collettività sono molto legati a chi rappresenta il loro desiderio. Le comunità vengono responsabilizzate. Non sono entità passive, da andare a recuperare stando nei territori. Sono i territori che hanno già da subito il centro a disposizione e questo centro è la sinistra, che raccoglie le loro istanze. Per promuoverle dove? L’interfaccia della sinistra sta tra le comunità e lo Stato. Quale dottrina dello Stato è pensata ed espressa negli ultimi decenni? Cosa si ritiene che sia lo Stato? Ci si limita qui a dire che lo Stato è in due modi, entrambi letterali: lo Stato è ciò che è stato e inoltre è lo stato mentale che si definisce statuale. Per quanto compete ai contemporanei, se non altro in Italia, da quando essi sono nati c’è sempre stato lo Stato. Non hanno mai vissuto privi di Stato e non hanno mai deciso di costruirlo o di inventarlo. Lo Stato è l’eterno presente dei contemporanei. Soltanto l’io ha una simile persistenza. L’io delira e lo Stato fa altrettanto. Si pensa di mangiare grazie all’io, si ritiene di vivere grazie allo Stato. Se viene sottratto un atomo all’io, l’uomo vacilla, e casi pure se viene abolito un singolo ingranaggio dello Stato. A questo incrocio davvero cruciale si pone ciò che scrisse Aldo Moro nel 1943: «La Patria è certo il nostro io, ma non il piccolo io angusto. che si chiude ad ogni considerazione, ad ogni rispetto, ad ogni amore degli altri, ma l’io che si fa, energico e pieghevole, memore di sé ed attento alla vita di tutti, incontro agli altri, e afferma e nega, cede e s’impunta, sicché nel vasto gioco delle azioni di tutti sorga, in libertà e come frutto di libertà, il volto storico della Patria. La tirannia comincia là dove il piccolo io, rotto ogni vincolo di fraternità e di rispetto, dimentico di quella sublime umiltà che fa l’individuo uomo, la sua particolare visione eleva ad universale. Allora la Patria è morta: quella sua grandezza augusta, che è nell’accogliere ogni voce, ogni palpito, ogni gioia, ogni sofferenza dei suoi figli, è spenta». Ciò che definisce Aldo Moro non è la patria: è la sinistra. La sinistra è un’interfaccia tra i desideri delle comunità e lo Stata lo Stato è ciò che soddisfa le istanze delle comunità. Se non le soddisfa, è un problema per le comunità: o si alienano o rivoluzionano lo stato presente delle cose. La sinistra è l’interfaccia vuota in cui accade che le comunità decidono se alienarsi oppure mutare se stesse oppure rivoluzionare lo stato presente delle cose. In questo movimento. la sinistra disabilita la perniciosa identità tra Stato e nazione. E lo fa sempre grazie alle comunità. In quale senso un metalmeccanico di Mondovì non starebbe nella stessa comunità di un operaio di Detroit? La sinistra, per sua stessa natura, è un’interfaccia ovunque. I confini crollano nella potente inesistenza della sinistra. La sinistra rappresenta agli Stati i desideri delle comunità, ma porta a inesistenza i confini. È. questo l’autenticointernazionalismo della sinistra. a cui giunge ben prima di qualunque globalizzazione indotta dal discorso del denaro. In questo processo, la sinistra pretende la grande riforma dello stato. Ogni volta che la sinistra è indisponibile ad accogliere un’istanza comunitaria, provoca la reazione di quella comunità, che istantaneamente diviene dunque reazionaria, il piano di valutazione dei desideri delle comunità determina la natura del socialismo. Non si tratta più della collettivizzazione dei mezzi di produzione. Siamo di fronte alla socializzazione dei soggetti produttivi, non dei mezzi. Ogni persona è un produttore: di idee, di senso, di azione e di mistero. Il personalismo, su cui è imminente l’incontro delle istanze socialiste e di quelle cristiane, è la profonda visione dell’umano come relazione tra tutti i produttori di senso e di mistero. Questa forma politica, questa comunanza, è la più potente e autentica novità politica che incombe nel nostro tempo, molto più della digitalizzazione dei processi sociali. Il big bang della sinistra italiana, che sembra incombere, attende che si propongano persone indeterminate e ibride rispetto alle usuali categorie e che esprimano il desiderio di costituire l’interfaccia, non uno o più partiti (recentemente un’interfaccia è stata costruita da Beppe Grillo con il Movimento, dando corpo al desiderio di chiunque di contare, e non al bisogno di farlo). L’esito di questa situazione in divenire, che oggi è molto più accelerato che in qualunque passito, è il socialismo nuovo.

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