"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 24 settembre 2019

Letturedeigiornipassati. 48 «Mms, email e social trasformano le nostre vite in un'infinita carrellata di diapositive».


Il mio personale “calendario” mi offre l’occasione per scrivere delle diapositive. In verità lo devo a Giacomo Papi che il 24 di settembre dell’anno 2011 pubblicava sul settimanale D un “pezzo” che ha per titolo “Le diapositive”, per l’appunto.
Perché ne scrivo? Da qualche tempo dedico parte del mio tempo ad una operazione di recupero della “memoria”. Non mi si fraintenda. Non è la mia memoria psichica che abbisogni di esercizio o recupero. È una memoria, questa di cui vado scrivendo, che un tempo addietro assai si era materializzata in centinaia e centinaia di “diapositive”. Chiedo: chi guarda oggigiorno le “diapositive”? In casa non le si guardava da decenni. Da qualche tempo ho iniziato a digitalizzare le nostre “diapositive”. È stato come imboccare un lungo, lunghissimo tunnel di una “memoria” che si era quasi de materializzata e che oggi, mutata in file, ritorna come d’incanto alla vita e restituisce brandelli e brandelli di “memoria” della quale si erano persi contenuti e contorni. Una esperienza straordinaria spericolata al contempo che lascia il segno. Non è possibile rimanere indifferenti a quel file che restituisce care persone che ci hanno da tempo abbandonato. Così come suscita perplessità notare come il ricordo che si conservava amorevolmente di una persona non possedesse il potere di restituire, per esempio, come quella tale persona non possedesse il dono del sorriso nelle istantanee scattate. E scoprire invece sorrisi smaglianti su tanti altri volti, sorrisi che la vita si è impegnata a spegnere forse per sempre. Ho parlato di questa esperienza come straordinaria, esperienza che non reputo sia immune affatto dalla possibilità di ricavarne momenti di terribile malinconia. Ciò mi comporta di non abbondare con il tempo che ad essa quotidianamente dedico; appena il magone accenna a sopraffarmi non mi resta che spegnere il computer e precipitarmi all’aria aperta per una lunga, lunghissima inspirazione, come se quella operazione di recupero mi avesse creato un deficit d’aria. Scriveva Giacomo Papi a proposito delle “diapositive”: Da bambino il lupo cattivo mi faceva il solletico e le streghe sghignazzare. Avevo terrore di una cosa soltanto: che Massimo e Gaia, due amici dei miei, ci invitassero a vedere le diapositive delle vacanze. Avveniva ogni anno, due volte, a settembre e a gennaio. Lui armeggiava con il proiettore, mentre lei abbassava le tapparelle e fissava al muro un lenzuolo bianco con lo scotch. Poi, il supplizio iniziava. "Qui è Massimo che fa Tutankamen". "Ed ecco a voi Gaia sul cammello". "Qui siamo noi davanti alle piramidi". Gli spettatori cadevano narcotizzati uno dopo l'altro. E io mi annoiavo a morte immaginando un maleficio: l'ultimo bambino rimasto sveglio sarebbe stato venduto alla coppia per accompagnarli nei viaggi e fotografarli ovunque. Tutto questo, per fortuna, non esiste più. La mia paura è svanita. Le diapositive sono morte e non potranno più fare male a nessuno. L'ultimo rullino Kodachrome è stato sviluppato a mezzogiorno del 30 dicembre 2010 in un laboratorio di Parsons, Arkansas. Nell'ultimo scatto, ovviamente trascurabile, il proprietario Dwayne Steinle e i suoi collaboratori sorridono. La forza della fotografia non è mai stata immortalare e mostrare cose belle e interessanti, ma offrire a ognuno la possibilità di essere immortalato e mostrato come se lo fosse. Oggi al ritorno dalle vacanze nessuno si sognerebbe più di propinarti le sue fotografie. La ragione è assai semplice. Te le ha già propinate. Lo facciamo tutti continuamente, ogni giorno, a ogni ora, e per ogni occasione. Il digitale realizza il programma politico di Massimo e Gaia: mms, email e social network trasformano le nostre vite e relazioni in un'infinita carrellata di diapositive. La rivoluzione digitale non è soltanto la riproduzione infinita di immagini, film e suoni. È anche moltiplicazione incontrollata dei supporti per riprodurli. (…). Da insieme concreto radunato in un luogo, il pubblico si trasforma in un'astrazione fatta di singoli sparpagliati e impalpabili. La fruizione collettiva tramonta. (…). La singolarizzazione dell'esperienza estetica - che si tratti di cinema o diapositive non fa differenza - ha un solo antecedente. Il passaggio dall'oralità alla scrittura. Anzi, forse è il compimento di quel processo millenario. Sappiamo che Agostino sbalordiva per la capacità di Ambrogio, vescovo di Milano, di leggere a mente. Scrive nelle Confessioni: "I suoi occhi correvano sulle pagine e la mente ne penetrava il concetto, mentre la voce e la lingua riposavano". Ogni giorno, senza sbalordirci, vediamo accadere qualcosa di simile. Come piccioni d'inverno sui cornicioni, file di adolescenti con le cuffie dell'iPod stanno insieme sulla stessa panchina ognuno ascoltando canzoni diverse; nelle tavolate di adulti tutti sono impegnati a titillare il proprio cellulare; e in auto i bambini vedono due distinti dvd montati sui sedili di mamma e papà. Come la lettura, anche visione e ascolto diventano attività individuali. (…).

1 commento:

  1. Carissimo Aldo, capita, a volte, anche a me di dedicarmi a quell'esperienza "straordinaria spericolata al contempo che lascia il segno" come tu giustamente affermi! Non tutti i giorni, però, e non sempre per mancanza di tempo, ma perché spesso riconosco di non avere lo stato d'animo adeguato né la forza necessaria... Le diapositive, le fotografie hanno la facoltà di ripetere ciò che è stato e che non potrà più accadere. Ci permettono di rivivere momenti, esperienze, sensazioni, emozioni del passato, consentendoci di superare le barriere del tempo. Ricordi e nostalgie riempiono il nostro cuore e spesso ritornano agli occhi generando qualche lacrima... Solo la maturità fa apprezzare alcuni momenti trascorsi, esperienze che hanno dato un'impronta alla nostra vita, della quale non avevano prima colto il vero e profondo significato. Il tempo si ferma e quello scatto ci consente di esplorare quelle parti profonde di noi, che solo in certi momenti possiamo cogliere. È un modo per creare un ponte tra passato e presente, che ci mette a disposizione le chiavi di lettura della nostra storia. Ci consente di osservarla come spettatori esterni, rendendoci consapevoli del percorso fino ad ora compiuto. Grazie per le tue recenti ed eccezionali condivisioni e buona continuazione. Agnese A.

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