"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 12 settembre 2019

Letturedeigiornipassati. 43 «L'identità è un dono che ci fanno gli altri».

Ha scritto Umberto Galimberti in “Sei tu a dirmi chi sono io”, pubblicato sul settimanale D del 12 di settembre dell’anno 2015: Nessuno di noi nasce con un'identità, perché l'identità è frutto del riconoscimento che ci proviene da chi ci è accanto, quindi è un fatto sociale. In un mio filmato dell’anno 2018 realizzato in occasione dei festeggiamenti per i “primi” settanta anni di A.P. ho scritto in una didascalia: “Siamo come gli altri ci aiutano a divenire”. Lo scritto di Umberto Galimberti ha preceduto la mia didascalia; ché quello scritto, di un triennio indietro, abbia ispirato il contenuto della mia didascalia? Scrive oltre Umberto Galimberti: (…). …l'identità è un dono che ci fanno gli altri. Noi non nasciamo con un'identità, ma la acquisiamo dalle relazioni con gli altri che ci approvano e ci confermano nel nostro modo di vivere, oppure ci disapprovano insinuandoci dubbi circa il nostro modo di essere, inducendoci a modificarlo. Ma per comprendere queste cose è necessario capire e soprattutto interiorizzare che il due viene prima dell'uno, perché a generare l'uno è il due. Lo sanno benissimo le donne, più dei maschi, perché il loro corpo, sia che generino sia che non generino, è ordinato biologicamente e psicologicamente anche per l'altro da sé, per cui la relazione viene tendenzialmente prima della loro identità che, in generale, trovano nella relazione. Questo spiega perché le donne tendenzialmente desiderano generare e sono propense, più dei maschi, ad accudire. Ma questo spiega anche perché le donne solitamente esprimono la loro sessualità a partire dalla relazione, mentre i maschi non disdegnano di esprimerla anche a prescindere. Entrando più specificatamente nel tema (…): se quando i bambini in età prescolare esprimono la loro visione del mondo con i disegni che mostrano ai genitori, o con le domande che pongono loro, noi prestiamo interesse e attenzione, questi bambini si sentono riconosciuti e il riconoscimento è alla base della costruzione di un'identità positiva; se invece trascuriamo le loro domande o non valutiamo i loro tentativi di descrivere come avvertono il mondo intorno a loro, il messaggio che mandiamo è che quello che fanno non è per noi di alcun interesse.
E loro concludono che non contano niente ai nostri occhi e quindi che non valgono niente. Premessa, questa, che porta all'autosvalutazione, per compensare la quale costruiscono un'identità negativa. Abbiamo dimenticato infatti che, come dicevano a più riprese gli antichi Greci: «L'uomo è un animale sociale», e perciò non trova una propria identità se non nella relazione con l'altro, che può essere positiva e quindi costruttiva o negativa e di conseguenza distruttiva. Del resto lo diceva con chiarezza Aristotele: «Siccome l'uomo non è autosufficiente, la comunità e quindi la città (pólis) viene per natura prima dell'individuo, e chi non è in grado di entrare in relazione con gli altri, o per la sua presunta autosufficienza non ne sente il bisogno, o è bestia o dio» (Politica, 1295 b). Con l'introduzione del concetto di "anima", il cristianesimo ha affermato il primato dell'individuo rispetto alla comunità, facendoci scordare che la relazione con l'altro e il riconoscimento che dall'altro otteniamo sono il fondamento della nostra identità. E questo anche quando con le guerre uccidiamo i nostri simili, perché, come ci ricorda Hegel: «Mentre gli animali uccidono per nutrirsi, gli uomini sottomettono e uccidono i propri simili per avere dai vinti il riconoscimento del loro superiorità». (…). …non siamo creatori di noi stessi: ci piaccia o meno, anche per la costruzione della nostra identità, quindi anche per ciò che c'è di più intimo a noi stessi, dipendiamo dagli altri.

1 commento:

  1. Si è vero:"L'identità è un dono che ci fanno gli altri". Ma, personalmente, ritengo che gli esseri umani siano poco consapevoli della responsabilità che hanno nel rapportarsi con i loro simili, specialmente quando si tratta di bambini o di persone con cui esiste un significativo legame affettivo. L'essere umano per sua natura è imperfetto ed egoista e non sempre, nonostante l'impegno, riesce a liberarsi da tali limiti! Si tratta della mancanza di una presa di coscienza, che costa molto e, per raggiungere la quale, il più delle volte non basta una vita... La mancanza di una consapevolezza adeguata, pertanto, determina spesso conseguenze dannose e non favorisce la nascita di identità positive.

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