"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 8 settembre 2019

Letturedeigiornipassati. 41 «Corso Andrea Costa e via Anna Kuliscioff».


Oggi è l’otto di settembre. Una data della vita italiana. L’otto di settembre dell’anno 1943 l’armistizio, la fuga precipitosa delle gerarchie politiche nazionali. Un Paese allo sbando. Al pari del 25 di luglio sempre dell’anno 1943, data che ha segnato la fine del fascismo a Roma con il pronunciamento del Gran Consiglio e l’arresto del dittatore, successivamente liberato dai tedeschi per farne il paravento della istituendo repubblichina di Salò. Al pari del 25 di aprile dell’anno 1945, giornata che è ricordata della Liberazione.
L’otto di settembre; non una data come tante altre. Scriveva Maurizio Maggiani l’otto di settembre dell’anno 2018 sul quotidiano la Repubblica “Anna e Andrea separati solo dallo stradario”. Anna chi? Ma l’Anna Kuliscioff, mitica, straordinaria donna dedita alla rivoluzione internazionale. Ed Andrea chi? Ma l’Andrea Costa, il socialista. Una storia tracciata da Maurizio Maggiani tra la politica e l’amore struggente: Via Anna Kuliscioff l’hanno voluta mettere ben distante da viale Andrea Costa, anche a non credere alle anime nell’aldilà e a tutti quei discorsi della pretaglia sulla vita eterna, chi ci avrebbe messo la mano sul fuoco che a tenerli vicini quei due non avrebbero continuato a fare casino e a tenere la gente sveglia la notte fino alla fine dei giorni. Ma comunque alla Anna le hanno trovato proprio una bella via, una via un po’ di periferia, ma Imola è una città così ben tenuta che la periferia è anche meglio del centro; e poi è una via complicata, mica una roba dritta da qui a lì, non si capisce nemmeno bene dove comincia e dove finisce, e così sembra proprio fatta apposta per lei, che era così particolare che nessuno poteva dire di aver capito dove cominciava e se finiva da qualche parte, nemmeno Andreino se è per questo, e non alzasse la cresta quella gattamorta di Turati, che nemmeno lui la capiva da cima a fondo. Ma quanto si sono amati lei e Andreino, ma quanto, ma quanto. E si sono amati alla romagnola che è amarsi tre volte tanto; forse si sono amati anche un po’ alla russa, si sa che anche i russi non scherzano quando c’è in ballo di amarsi, ma qui siamo a Imola mica a Stalingrado, e è alla romagnola che si fanno le cose, con i soviet o senza i soviet. Qui siamo a Imola, e Imola è più rosso fuoco che rosso bandiera, e se date un’occhiata a una fotografia di Andreino, con quei capelli ritti in testa, gli occhi come saette e i baffoni come sciabole, capite cosa vuol dire essere di Imola e fatti di fuoco, ardere di socialismo e ardere di amore, che poi, a pensarci, è un po’ la stessa cosa. E infatti il socialismo d’Italia sono venuti a fondarlo qui Andreino e la Anna quando proprio si amavano a più non posso, il socialismo rivoluzionario, s’intende, il socialismo di Romagna. Sì, hanno fatto bene a tenerli distanti corso Costa e via Kuliscioff, c’era troppo fuoco tra loro, e troppo ardore e troppo socialismo, troppo amore per tutto, e avrebbero continuato così anche da morti, anche oggi come oggi che non arde più niente a essere onesti, e qui a Imola abbiamo appena avuto la vergogna che il sindaco se lo sono preso i grillini; i grillini a Imola, che da quando Andreino ha proclamato il socialismo romagnolo, il sindaco lo ha sempre nominato lui dalla tomba, a parte la parentesi di quello di Predappio, s’intende, che poi era nato figlio di Andreino anche lui. Sì, compagni imolesi, avete fatto bene a tenerli distanti, ma guardate che siete stati illuminati dalla Anna, perché è lei che ha voluto così; a un certo punto la Anna si è anche un po’ stufata di tutta ‘sta furia romagnola, va bene ardere, ma poi bisogna sapersi anche trattenere, e riflettere, e comprendere. E questa non era proprio la specialità di Andreino, che la rivoluzione piuttosto che tenerlo concentrato su ogni cosa lo distraeva da tutto il resto; o magari no, era concentrato su tutto, ma su certe cose un lo era po’ troppo. Anna aveva la misura di ogni cosa, Anna era più grande del suo stesso amore. Tu cerchi in me il riposo, io in te la vita. Io sono per te poco donna, tu per me sei un’astrazione. Tu non mi dai l’umano del contatto fra i sessi diversi. Tu non vuoi o non puoi capire che l’abbandono e la pienezza non sono che la conseguenza d’una vita reciproca piena di comprensione dei pensieri, dei sentimenti, delle aspirazioni. Tanto più che tu sai quanto in una donna un poco non volgare è forte il lato morale nell’amore; Gretehen perfino s’informa al Faust se crede alla religione, e perciò capirai che svanita questa armonia morale, questo legame non esistendo più, quanto doloroso è di conservare il convivere per semplice abitudine, per semplice memoria del passato. Anna lo sentiva e lo sapeva, a tenerli vicini Andreino avrebbe continuato a provarci in eterno, era il suo ardente amore, e a lui gli si rizzavano i capelli a pennacchio solo a pensarla. Io non credo più alle tenerezze che tornano, in queste tenerezze scorgo qualche cosa di offensivo, vi sento il desiderio della specie e non sento l’unione umana. Il tuo volere accarezzare la mia testa non mi riscalda la testa e questo si può fare a ogni donna non brutta e non cretina del tutto, ed io sono effettivamente orgogliosa, non posso soddisfarmi del solo ricevere e dare dei baci e delle carezze. E l’ultima tua visita, se non fosse stata accompagnata da un’insistenza continua del desiderio del possesso materiale della mia avvizzita carne, avrei creduto che mi sbaglio, ma, purtroppo, ho sentito, ed il sentimento fu la base della convinzione, che senza avvertirtene, tu cerchi in me la femmina, ma non la donna. Vuol pur dire qualcosa se il Labriola delucida Friederich Engels, quell’Engels di Karl Marx, del singolare fatto che il socialismo italiano ha un solo uomo e nello specifico quell’uomo è una donna che ha per nome Anna Kuliscioff. Già, la zarina pugno di ferro in guanto di velluto, la solita sciocca sufficienza dei maschi che si tengono stretto il loro monopolio e si guardano bene da spartire con le donne, troppo prematuro, sempre troppo prematuro, il privilegio del voto e l’equità di un salario, i maschi che con tutto il loro saldo monopolio non sono capaci di essere gli uomini del socialismo italiano. Anna ha amato di fervido amore Andrea, dello stesso fervore con cui ha amato il socialismo e la rivoluzione, e la loro figlia Andreina, e le puerpere avvelenate dalle mani zozze delle levatrici, e le lavoratrici divorate dal capitale; ma Anna è un medico e sa che il medico pietoso ammazza l’ammalato, così che non ha mai esercitato la pietà come cura, non lo ha fatto con Andreino, non lo ha fatto con la rivoluzione, non lo ha fatto nemmeno con il suo nuovo amore Filippo, il Turati tutto genio e cuore ma pur sempre esponente del monopolio maschile, e nemmeno ne ha avuto con le sue compagne di lotta e di sesso. Ma impietosa com’era era pur colma di pietà, la pietà che non cura ma si prende cura, e così Anna non ha solo amato Andreino, ma gli ha voluto anche bene, gli ha voluto bene per tutta la vita. E quando il padre del socialismo scopre di esserlo padre anche di una Ninetta così poco socialista che ha varcato la soglia di una chiesa per convolare a nozze con un borghese e coprirlo doppiamente di vergogna agli occhi dei miscredenti proletari di tutto il mondo, prende e con santa pazienza cerca di placarlo, di farlo riflettere e ragionare, gli spiega, gli insegna. Mio caro Andreino, Sì, hai ragione è una gran malinconia. Di dover convincersi che noi non siamo i nostri figli, e che essi vogliono far la loro vita, astrazione fatta dai genitori, come l’abbiamo fatta noi ai nostri tempi. La malinconia non proviene da quel piccolo incidente di matrimonio religioso, ma dal fatto che la nostra figlia non ha né l’animo ribelle, né il temperamento di combattività. È una povera bambina buona, gentile, abbastanza intelligente, affettuosa, creata per la famiglia e per avere figli propri. Essa non fu mai socialista, né miscredente: nel ’ 98 fece voto alla Madonna perché io non fossi condannata, la Madonna non l’ascoltò, allora pregava un Dio astratto. D’altronde come buoni e convinti socialisti dobbiamo rispettare anche la volontà e l’individualità dei nostri figli. È stato un fallimento, come dici tu, ma un fallimento non doloso; poiché se la Ninetta non è l’immagine nostra, è pur una brava ragazza. Io sono stata angosciata per molti anni, io capiva che la povera Ninetta scontava gli slanci generosi della sua madre, io sapeva che un giovane di famiglia borghese, dati i pregiudizi sociali, famigliari e religiosi, difficilmente, se non molto innamorato, la sposerebbe per le presunte colpe della madre, che schiaffeggiava la società sotto tutti i rapporti... Sì, la Anna ha schiaffeggiato impietosa la società sotto tutti i rapporti, ma non ha mai alzato un dito sull’umanità, ha molto amato l’umanità e gli ha voluto molto bene, Andreino e la Ninetta compresi; e tutto sommato a Imola almeno avrebbero potuto tenerli vicini corso Andrea Costa e via Anna Kuliscioff, se anche Andreino avesse preso a smaniare e far casino, Anna avrebbe saputo ancora tenerlo buono, e ancora insegnargli.

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