"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 30 agosto 2019

Cronachebarbare. 68 Quel “rieccolo” che stroppia assai.


Sulla prima pagina del quotidiano la Repubblica del 28 di agosto campeggia la figura del “presidente del consiglio” incaricato affiancata da un altisonante titolone: “Rieccolo”. Una scelta avventata del titolista del quotidiano. Poiché quel “rieccolo” era stato puranco utilizzato sul settimanale L’Espresso – della stessa casa madre del quotidiano - qualche anno addietro per un altro personaggio della vita politica del bel paese: l’uomo di Arcore. Aver affiancato i due personaggi è stata una scelta che certamente non rende bene per l’immagine di quel quotidiano e della casa editrice nel suo complesso.
Solamente il giorno appresso, per fortuna, sullo stesso quotidiano ci ha pensato Michele Serra in “Il liberale immaginario” a ristabilire il giusto equilibrio tra storia, cronaca e faccende della (mala)politica del bel paese. Ha scritto Michele Serra che “il Berlusconi anziano, porcellanato e imperterrito che, uscendo dal colloquio con Mattarella, invoca una svolta liberale, una destra liberale, un futuro liberale per un'Italia liberale in un'Europa liberale, evidentemente si è sottoposto all'intervento di chirurgia plastica più arrischiato e definitivo: il lifting della memoria mediante l'asportazione delle parti scomode. La morte della destra liberale (quel poco di cui disponeva l'Italia) è avvenuta soprattutto per sua mano. Salvini e il populismo sono figli suoi. L'idea di rottamare "il teatrino della politica" e sostituirlo con l'applauso plebiscitario dell'audience è figlia sua. La sostituzione dei cittadini con i consumatori è figlia sua. La riduzione della politica a un format mediatico, rendendo afasici e inservibili i famosi corpi intermedi, è figlia sua. È lui che coniò lo status di "unto del Signore" e di "eletto dal Popolo" come condizione che pone il leader al di sopra di ogni limite di potere, per primo il potere della magistratura. Lui che sdoganò ufficialmente, per primo, i neofascisti. Lui che comiziò (ben prima di Salvini) davanti a una vistosa selva di saluti romani: molti camerati, prima di venerare Salvini, venerarono lui. Per sua sfortuna, la nostra memoria è ancora piuttosto vegeta. Ricordiamo bene gli anni della cosiddetta Seconda Repubblica, le cadute di stile e l'ignoranza delle regole spacciate per simpatica spontaneità, la ridente distruzione del faticoso, inane lavoro dei padri (antifascisti) della Repubblica. Di una destra liberale avremmo un disperato bisogno tutti quanti, anche noi di sinistra. Che sia Silvio Berlusconi, a evocarla, è la prova provata che ne siamo ancora disperatamente lontani”. Quel “rieccolo” suona bene altroché per l’uomo di Arcore, stona quando lo si incolla alla figura del presidente incaricato. E lo sostengo da “non-leghista”, da “non-cinquestelle”, solamente da orfano di quella “sinistra” lobotomizzata all’epoca dell’uomo di Rignano sull’Arno. Occorre una operazione di “pulizia storica” affinché vengano ristabilite quelle verità che così artatamente ed improvvidamente si tradiscono. Ci soccorre su “il Fatto Quotidiano” del 30 di agosto dell’anno 2015 una intervista a firma di Silvia Truzzi con il politologo Massimo Fini, intervista che a quel tempo veniva così titolata: “B. ha fatto molto, in peggio. E Renzi fa finta che non c’era”:
(…).  Proviamo a definire l’oggetto: cos’ha significato combattere il sistema Berlusconi? - Affermare il rispetto e il primato della legalità. Il suo opposto, il berlusconismo, è stato il riuscitissimo tentativo di affermare che la legge esiste solo per i poveri cristi. Infatti è stato creato un doppio diritto: uno per i poveracci, che obbedivano al “dura lex sed lex”, e quindi “in galera subito e buttiamo pure le chiavi”, come disse Daniela Santanchè; e poi un secondo diritto inesistente, riservato ai potenti che in sostanza erano legibus soluti -.
L’antiberlusconismo che avrebbe paralizzato l’Italia quale sarebbe stato? - Ai tempi, quelli del Pd dicevano: “Non mi prenderai per un girotondino?”. Cioè: non farmi il torto di considerarmi uno che chiede il rispetto della legge anche per potenti. Tutto risale però agli anni Ottanta. Il tentativo di impedire a Berlusconi di possedere l’intero comparto radio-televisivo italiano fu fatto dalla magistratura. Poi intervenne Craxi e fu fatta la legge Mammì. Quando violi un principio, non sai mai dove vai a finire -.
Perché il presidente del Consiglio ha scelto di dire adesso questa cosa (“Il berlusconismo e per certi versi anche l’antiberlusconismo hanno messo il tasto pausa al dibattito italiano: perse occasioni clamorose”)? - Renzi rappresenta l’italiano tipo che durante la lotta tra fascismo e antifascismo aspettava di vedere chi avrebbe vinto per poi schierarsi. Nel periodo berlusconiano ha fatto il pesce in barile e ora gli fa comodo presentarsi come l’uomo nuovo, che non era stato toccato da quella contrapposizione né in un senso né nell’altro -.
Il patto del Nazareno l’ha fatto lui. - Vero. Ma ha poco a che vedere con la questione morale: è un’intesa che poteva firmare con lui come con chiunque altro -.
Bè, forse non proprio. Non è affatto neutro per un premier di sinistra stringere alleanze con Berlusconi. - Non è neutro nella misura in cui tratti con un “delinquente naturale” come lo ha definito il Tribunale di Milano. Però già allora Berlusconi era politicamente quasi morto -.
Dicono: è una polemica vecchia e di nessuna attualità. - Sembra esserlo. In realtà non lo è se la traduciamo in battaglia per il rispetto delle legalità. La più grave responsabilità di Berlusconi – condivisa anche dalla sinistra – è stata aver tolto al popolo italiano quel poco di senso di legalità che gli era rimasto -.
È vero che l’Italia è stata paralizzata? - È stato fatto molto, ma in peggio. È lungo l’elenco delle leggi che hanno cercato, riuscendoci in parte, di cancellare principi come l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Producendo effetti che durano ancora oggi, perché l’importanza dello Stato di diritto è molto scesa nella percezione dei cittadini. Mafia capitale ne è un esempio, ma è solo uno dei tanti -.
All’inizio dell’ultimo ventennio era così? - No. La parabola di Di Pietro secondo me è la cartina di tornasole di questo ragionamento. Da eroe osannato, insieme al pool e a Borrelli, è diventato nel giro di pochissimo tempo il peggior nemico di quasi tutti. In fondo il sistema d’illegalità diffusa non dispiace agli italiani. Certamente non è il loro primo pensiero. Spiace dirlo, ma le battaglie che alcuni di noi hanno fatto sono state perfettamente inutili -.
Gherardo Colombo, in un’intervista a questo giornale, ha detto che gl’italiani sono più sudditi che cittadini. - Ricordo nel 2002 una manifestazione di Micromega a piazza San Giovanni. C’erano un milione di persone: portare in piazza così tanta gente su un tema così – non per il lavoro o la crisi economica – non è facile. Il guaio è che non è servito a nulla. L’italiano oggi è fatto in questo modo, ma non è sempre stato così. Sono abbastanza vecchio per ricordare che negli anni Cinquanta l’onestà era un valore, nel mondo contadino, negli ambienti borghesi come in quelli proletari. È una degenerazione etica e culturale cui hanno contributo moltissimi fattori: Berlusconi è uno di questi, ma non il solo. Basta pensare a cos’era la televisione di Bernabei e cos’è stata dopo, con il pluralismo e infine con l’avvento del commerciale. Un processo che ha fatto rincretinire la gente: sembra che il popolo non aspettasse altro. Sennò non si capisce il capovolgimento per cui Tangentopoli da simbolo di riscossa è diventata un modello negativo. La democrazia è un sistema di parole, il modo migliore per ingannare la gente. (…) -.

Nessun commento:

Posta un commento