"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 14 maggio 2019

Sullaprimaoggi. 79 «È tempo di dire basta: le leggi esistenti lo consentono».


Tratto da “Non diamo un futuro al fascismo” di Carlo Ginzburg, pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 10 di maggio 2019: (…). Leggevo su Repubblica di mercoledì scorso che Salvini avrebbe reagito alla domanda "ma lei è antifascista?" rispondendo: "Io sono antifascista, anticomunista, antirazzista, antinazista, tutto l'anti possibile".  Ma questa è una citazione tronca, che lascia fuori la conclusione: "E di calcio non parlo". Queste parole danno senso a tutto il resto. Ancora una volta lo scontro politico su questioni fondamentali viene equiparato da Salvini (come già nella famigerata dichiarazione sul 25 aprile) a un derby calcistico. Questa scelta di deliberata volgarità, di trivializzazione, di diseducazione dell'opinione pubblica riprende per certi versi un costume (un malcostume) che risale a Berlusconi, qui però messo al servizio di un programma politico diverso, perseguito con un uso molto efficace dei mezzi di comunicazione. Che in esso si intreccino elementi vecchi e nuovi è un'ovvietà. Ma di qui bisogna partire. È stato spesso ricordato in questo contesto la conferenza pronunciata da Umberto Eco alla Columbia University nel 1995, intitolata Il fascismo eterno. A mio parere la nozione di "fascismo eterno" o "Ur-fascismo" è, da un punto di vista sia storico sia concettuale, inconsistente e fuorviante. Le caratteristiche di questo "fascismo eterno" scrive Eco "sono tipiche di altre forme di dispotismo o di fanatismo. Ma è sufficiente che una di loro sia presente per far coagulare una nebulosa fascista". Con ciò la specificità storica del fascismo si dissolve in una nebbia, che lo rende indistinguibile da qualunque forma di autoritarismo - e non solo, visto che la prima delle caratteristiche elencate da Eco è la nozione, quanto mai generica e onnicomprensiva, di "culto della tradizione". Lasciamo dunque da parte queste genericità. Che Salvini abbia ripetutamente ripreso parole d'ordine mussoliniane è noto: in questo senso c'è un elemento deliberato di continuità col fascismo. Ma il contesto internazionale è oggi profondamente diverso. Basterà elencarne pochi elementi essenziali: a) crescente globalizzazione (di cui le migrazioni di massa sono un aspetto; b) trasformazione dei mezzi di comunicazione; c) deperimento o scomparsa degli organi di partecipazione politica, a cominciare dai partiti (e forse, in prospettiva, le istituzioni parlamentari). Di questi elementi, il primo era assente quando il fascismo storico (quello italiano) prese il potere; il secondo era in atto, in forme diverse (la radio) e il fascismo seppe approfittarne; al terzo il fascismo contribuì, com'è noto, in maniera esemplare. Anni fa, in un'intervista, mi capitò di dire , con amarezza, "il fascismo ha un futuro". Ho l'impressione che l'immediato futuro mi abbia dato ragione. Certo, la storia non si ripete (anche questo è ovvio). Ma pronunciando quelle parole pensavo a quello che mi disse, forse mezzo secolo fa, Italo Calvino : e cioè che l'esperienza peronista suggeriva una definizione diversa, più ampia (non però generica) del fenomeno fascista. Direi che in quella definizione l'ambiguità ha un posto centrale (si pensi alla traiettoria di Mussolini dal fascismo all'ultranazionalismo, o all'apparente ossimoro "nazional-socialismo"). Quello che viene oggi malamente definito "populismo" (un insulto ai populisti russi) riformula in un contesto nuovo quell'ambiguità: un elemento assente nell'autoritarismo classico. In pagine indimenticabili Palmiro Togliatti definì il fascismo "regime reazionario di massa": un fenomeno nuovo, che implica l'uso di nuovi mezzi di comunicazione (ieri la radio, oggi Internet). Che quello della comunicazione sia un terreno di scontro deciso, è ancora una volta ovvio. E ancora una volta, le parole sono pietre, o peggio. Senza dubbio in Italia i conti col fascismo sono stati fatti in maniera incompleta, e perciò inadeguata. Un caso clamoroso è la rimozione dell'uso dei gas asfissianti in Etiopia. A Milano un parco è intitolato a Indro Montanelli, che l'uso di quei gas negò pervicacemente (in Etiopia aveva preso parte come volontario alla guerra che allora paragonò, come apprendo dalla voce di Wikipedia che gli è dedicata, a "una bella lunga vacanza dataci dal Gran Babbo", cioè Mussolini). In Italia esisteva un potenziale razzista che oggi vediamo esploso, nella cronaca di tutti i giorni, nelle aggressioni, fisiche o verbali, contro rom e immigrati di varia provenienza. Il razzismo che sta emergendo in Italia è certo, anche, l'espressione immediata di tensioni sociali - ma non sempre e non solo. Della produzione libraria di Altaforte (…) conosco solo qualche copertina e qualche titolo. Ma quando vedo titoli come Il burattinaio sotto la faccia di George Soros, o L'invisibile sotto la faccia di Carlo De Benedetti, avverto il puzzo inconfondibile della leggenda sanguinosa (antica, non eterna) del complotto ebraico. Anche questo è un segnale che il contesto sta cambiando. Discorsi, immagini, comportamenti un tempo inammissibili sono ora di fatto tollerati. È tempo di dire basta: le leggi esistenti lo consentono. 

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