"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 7 marzo 2019

Lalinguabatte. 74 «Il mondo si è messo su una strada pericolosa».


Profetiche le pagine che “lalinguabatte” oggi propone. Pagine scritte da Francesco Arcucci in “Gli equilibrismi dell’economia tra low cost e alti profitti”, apparso sul settimanale “Affari&Finanza” del 13 di novembre dell’anno 2006. Non si era a quel tempo nella fase più cruenta di quella che era stata definita la “grande crisi”.
Sin da allora c’erano tutti gli “ingredienti” che hanno concorso a far sì che la “grande crisi” si sia nel tempo trasformata in una “stagnazione” economica e finanziaria e del lavoro. Non “secolare”, ma tremenda “stagnazione”. Allora le voci profetiche non trovavano ascolto, poiché c’era sempre qualcuno che intravvedeva le luci in fondo al tunnel. Tunnel per chi? Sta in questo interrogativo la “storia” vera di questa crisi interminabile ed ancor oggi senza prospettive di una sua risoluzione, una “storia” di una rinnovata – in realtà mai scomparsa - lotta di classe. Poiché una durissima lotta di classe essa è stata e continua ad essere. Si era al tempo delle leggi finanziarie e dintorni, con i sempiterni problemi e schiamazzi. Problemi sempre risolti in un verso, ovvero decurtando sempre più lo Stato sociale. Avete provato a vendere oggigiorno un immobile? Il suo valore si è assottigliato a tal punto che è come vedere la sabbia scivolarvi tra le dita. Anche a quel tempo altissimi lai in indirizzo al dio degli oppressi. Che avendo ben altro da fare li ignora. Bene. Anche allora strilli e starnazzamenti vari. Da parte di chi? Dei soliti ignoti, al fisco ovviamente. Erano e sono gli arricchiti della globalizzazione. Farebbe un bell’effetto vedere quella trinariciuta schiatta di arricchiti occupare le solatie piazze del bel paese per protestare contro l’ingordo stato padrone. E quel 90-95 per cento di impoveriti, come la pensa? Intanto cosa fa? Si accoda e mugugna? Cosa ha da perdere che non abbia di già perso? Scriveva quel 13 di novembre dell’anno 2006 l’illustre opinionista che L'entrata nel mercato globale di quasi tre miliardi di persone negli ultimi 10 anni ha avuto delle enormi ripercussioni sull'evoluzione economica dei Paesi emergenti e di quelli avanzati. Con riferimento a questi ultimi in particolare, le banche centrali hanno potuto prolungare il ciclo del credito. (…). Infatti l'inflazione è stata tenuta a bada, da un lato, dai bassi prezzi dei manufatti di importazione e, dall'altro, dalla pressione sui salari reali della gran massa di lavoratori generici che in moltissimi campi subivano la concorrenza dei cinesi, degli indiani e degli stessi immigrati per lo stesso tipo di attività (si pensi in particolare alla ristorazione, all'edilizia, alla sanità e all'agricoltura). Gli stipendi non hanno seguito la crescita della produttività: si può calcolare che il monte salari è diminuito negli ultimi anni dal 63% al 59% del Pil, mentre la produttività del lavoro è cresciuta del 15 %. Questa circostanza è alla base dell'aumento dei profitti. Nei principali Paesi essi tradizionalmente oscillavano fra il 6% e il 7% del Pil, negli ultimi anni vi è stata una impennata per cui oggi è corretto parlare del 13% 14% almeno in America, in Europa Occidentale e in Giappone. Una fetta importante dell'accresciuta produttività è andata a coloro che svolgono lavori di alta qualità non soggetti alla concorrenza dei Paesi emergenti. Si pensi ai professionisti affermati (avvocati, ingegneri, architetti, medici, fiscalisti, etc.) e ai managers delle aziende medie e grandi. Come ricorda Paul Krugman i capi azienda, o CEO, delle principali società americane negli anni '60 e '70 del secolo scorso, guadagnavano in media 40 volte il salario di un impiegato di basso livello. Alla fine degli anni '90 e in questo primo decennio del 2000 la paga del top manager è pari a 367 volte il salario dello stesso tipo di impiegato anche per merito delle stock options. I capitalisti (con i profitti delle imprese e le plusvalenze degli immobili), i managers importanti (con stipendi e incentivi vari), i professionisti di successo (con le loro parcelle) hanno visto aumentare nettamente la loro fetta di dolce, cioè di Pil, a scapito dei titolari di lavori di più bassa qualità, che rappresentano circa il 90% 95% di coloro che svolgono un'attività lavorativa nel settore pubblico o privato. Si calcola che la ricchezza delle persone più ricche (i superricchi) dal 1990 al 2000 sia cresciuta di 6 volte, dal 2000 al 2002 ci sia stata una contrazione di circa il 20% in coincidenza con la flessione delle borse e da allora, con l'esplosione dei prezzi degli immobili e i sensibili rialzi dei prezzi in borsa, la ricchezza della fascia più ricca del tessuto sociale si sia almeno di nuovo raddoppiata. Questo spiega come mai è esploso il consumo dei beni di lusso, dai gioielli agli orologi, dai prodotti finiti di alta marca alle automobili di lusso, agli yachts, etc. C'è da domandarsi, quindi, come mai in questo contesto la classe media sia rimasta tranquilla e nel complesso soddisfatta. Tre principali circostanze hanno concorso a ciò. La prima è l'aumento del valore degli immobili che ha reso quasi tutti partecipi di questa grande corsa al benessere. La seconda è l'abbondanza di liquidità che ha consentito alle famiglie di non rinunciare al tenore di vita precedente (quando i salari reali erano superiori), indebitandosi in vari modi e, in particolare, con i mutui a basso tasso e per valori molto elevati del bene dato in garanzia, con i prestiti personali e con le carte di credito revolving. La terza è il basso costo dei manufatti standardizzati che vengono prodotti a getto continuo nei Paesi emergenti e commercializzati in Occidente. Si pensi a fenomeni come Wal Mart, Ikea o le catene Hard discount, etc. La globalizzazione, quindi, direttamente attraverso l'appropriazione di una maggiore fetta dell'aumento della produttività o, indirettamente, attraverso l'incremento dei prezzi delle case e mediante la facilità di indebitarsi, sembra aver favorito un po' tutti. Moltissimo alcuni, un poco anche gli altri. (…). Certo gli squilibri del mondo sono aumentati e soprattutto quello della bilancia dei pagamenti correnti degli Stati Uniti e prima o poi, con la caduta dei prezzi degli immobili, il malcontento del 90% 95% della popolazione comincerà a serpeggiare e si farà sempre più sentire. C'è il rischio che questo impoverimento del 90% 95% della popolazione dei Paesi avanzati provochi un blocco dei consumi, specie negli Stati Uniti quando il valore dei debiti non sarà più compatibile con i redditi familiari. A quel punto si potrebbe assistere ad una crisi da eccesso di offerta e scarsità di domanda. Questi avvenimenti potrebbero essere dietro l'angolo o anche molto lontani nel tempo. Certamente il mondo si è messo su una strada pericolosa e rischia di profilarsi una sorta di 1929 su base non più solo americana, ma del mondo globalizzato. (…).

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