"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 24 gennaio 2019

Sullaprimaoggi. 55 «Quella dell'utilità marginale decrescente».


Tratto da «La "pazzia" di tassare i ricchi» di Paul Krugman, pubblicato sul “The New York Times”  e riportato sul quotidiano la Repubblica dell’11 di gennaio 2019: (…). Quella dell'utilità marginale decrescente è l'idea di buon senso secondo cui un dollaro in più vale molto meno in termini di soddisfazione economica per le persone con redditi molto elevati rispetto a quelle con redditi bassi. Se diamo a una famiglia con un reddito annuo di 20.000 dollari una somma extra di 1.000 dollari, questo fa una grande differenza per la loro vita. Se invece diamo questi mille dollari a uno che ne guadagna 1 milione, probabilmente nemmeno se ne accorge. In termini di politica economica, questo significa che non dobbiamo preoccuparci degli effetti di una politica sui redditi dei molto ricchi.
Una politica che rende i ricchi un poco più poveri interessa solo un piccolo gruppo di persone e avrà un peso impercettibile sulla qualità della loro vita, dato che saranno ancora in grado di comprare tutto ciò che vogliono. Allora, perché non tassarli al 100 percento? La risposta è che ciò eliminerebbe qualsiasi incentivo a fare quello che fanno per guadagnare così tanti soldi, e questo danneggerebbe l'economia. In altre parole, la politica fiscale verso i ricchi non dovrebbe avere nulla a che fare con gli interessi dei ricchi, di per sé, ma dovrebbe solo preoccuparsi di come gli effetti di incentivazione cambino il comportamento dei ricchi e di quanto questo interessi il resto della popolazione. Ma è qui che entrano in gioco i mercati competitivi. In un'economia perfettamente competitiva, senza potere di monopolio o altre distorsioni - che è il tipo di economia che i conservatori vogliono farci credere che abbiamo - ognuno viene pagato nella misura della sua produttività marginale. Questo significa che, se vieni pagato 1000 dollari all'ora, è perché ogni ora in più del tuo lavoro aggiunge un valore pari a 1000 dollari ai risultati economici. In questo caso, tuttavia, perché ci preoccupiamo di quanto lavorano i ricchi? Se un ricco lavora un'ora in più, aggiungendo 1000 dollari all'economia, ma viene pagato 1000 dollari per i suoi sforzi, il reddito combinato di tutti gli altri non cambia, vero? E invece sì, perché su quei 1000 dollari in più ci paga le tasse. Quindi, il beneficio sociale derivante dall'ottenere che gli individui ad alto reddito lavorino un po' di più è il gettito fiscale generato da questo reddito addizionale - mentre il costo del loro lavorare di meno è la riduzione delle tasse che pagano. O per dirla in modo un po' più succinto, quando tassiamo i ricchi, dobbiamo preoccuparci solo di quante entrate riscuotiamo. L'aliquota fiscale ottimale per le persone con redditi molto alti è il tasso che riscuote il più alto livello di entrate possibile. Questa è una cosa che possiamo stimare, sapendo quanto sia reattivo il reddito ante imposte dei ricchi alle aliquote fiscali. (…). …Diamond (Peter Diamnond premio Nobel per l’economia n.d.r.) e Saez hanno stabilito il tasso ottimale al 73 percento, Romer a oltre l'80 percento. (…). Una riflessione a parte: che cosa succede se prendiamo in considerazione la realtà che i mercati non sono perfettamente competitivi e che c'è in giro tanto potere monopolistico? La risposta è che questo quasi sicuramente giustifica aliquote fiscali ancora più elevate, dal momento che le persone ad alto reddito presumibilmente incassano molte di queste rendite di monopolio. (…). I repubblicani sostengono quasi universalmente imposte basse sui ricchi, pretendendo che i tagli fiscali ai più ricchi avranno enormi effetti benefici sull'economia. Questa pretesa si basa sugli studi di... nessuno. Non esiste nessuno studio serio a supporto delle idee fiscali del Grand Old Party, perché le prove contro quelle idee sono schiaccianti. L'America aveva livelli di tassazione molto alti per i ricchi – (…) - e tutto andava bene. Da allora le aliquote fiscali sono diminuite, e non si può negare che l'economia è andata peggio. Perché i repubblicani aderiscono a una teoria fiscale che non ha alcun sostegno da parte di economisti non schierati ed è confutata da tutti i dati disponibili? Bene, chiedetevi chi trae beneficio da imposte più basse sui ricchi e la risposta sarà ovvia.

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