"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 21 gennaio 2019

Sullaprimaoggi. 54 Un conto da rapina pagato dagli europei.


Tratto da “Superstipendi, benefit e sprechi. Il conto della Ue” di Lorenzo Cipolla, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 20 di gennaio 2019: Il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker, fresco di pentimento sulle politiche di austerità, percepisce 27.436,90 euro al mese cioè il 138% dello stipendio del funzionario con più alto grado tra i commissari. Non sfigura però nemmeno la ministra degli Esteri dell’Ue, l’alto rappresentante Federica Mogherini che ne prende 25.845,35, circa 3mila euro di più di tutti gli altri commissari, che si fermano a 22.852,26 euro al mese. Pierre Moscovici, commissario per gli affari economici e monetari, 22.367 euro. Incarichi importanti, lautamente retribuiti. Che da qualche giorno sono finiti nel mirino del Movimento 5 Stelle Europa, che ha lanciato la campagna per il taglio degli stipendi dei commissari Ue, “uno schiaffo – dicono – agli oltre 100 milioni di poveri dell’Unione”. Anche perché i benefit non finiscono con la conclusione del mandato: c’è un “sussidio – denuncia ancora M5S Europa – che i Commissari ricevono alla fine del loro mandato per una durata di due anni” che consente loro di ricevere fino al 65% dello stipendio. Una spesa che impegna 682mila euro nel bilancio europeo 2019. Sarà un anno di spese straordinarie, questo. Con le elezioni di maggio e il turnover tra chi entra e chi esce si spenderanno diverse centinaia di mila euro in più tra viaggi, entrata in servizio o cessazione, indennità di prima sistemazione, traslochi e uscite varie. In totale, la cifra messa in preventivo per gli stipendi degli eurocommissari è di 2,4 milioni in più rispetto al 2018 (da 10,2 miliardi a 12,6). Il bilancio complessivo della Commissione per il 2018 è stato di 3,56 miliardi. La maggior parte se n’è andata in stipendi, esclusi i 10 milioni e 200 mila euro dei commissari: funzionari e staff sono costati in totale 2,2 miliardi di euro. Un altro miliardo è servito per le spese amministrative; 164 milioni in apparecchiature informatiche, affitti e rimborsi e spese di sicurezza per le abitazioni, 291 milioni per spese di rappresentanza, meeting e convegni. Più sobrio, in termini assoluti, l’Europarlamento che ha speso 1,9 miliardi nel 2018. Ma basti solo pensare che ha ben tre sedi, Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo. Questa giostra gira dal 1992 e la Corte dei conti ha stimato uno spreco di 114 milioni di euro ogni anno. Se si accorpassero le sedi il risparmio sarebbe di 127,2 milioni. Spesso si votano mozioni che vanno in questa direzione, ma la Francia – dove il Parlamento ha una delle tre sedi – pone sempre il veto. Gli europarlamentari, che già “costano” 313 euro per ogni giornata passata a Bruxelles o a Strasburgo, ricevono anche un’indennità di viaggio particolare perché funziona al contrario. Più vicini restano, più intascano di rimborso, 23 euro e spicci se non vanno oltre i 50 chilometri, 0,03 centesimi se superano i mille. Se le trasferte non superano gli 800 chilometri i parlamentari non devono presentare alcun rendiconti, se devono anche pernottare percepiscono un’indennità doppia ma devono portare le ricevute. Quanto agli staff, se non altro, in Europa va meglio che da noi per i 2000 assistenti parlamentari: gli stipendi, tutti in regola e pagati direttamente dall’istituzione, partono da 1800 euro mensili. Mentre in Italia siamo riusciti ad abolire, nel 2014, il finanziamento pubblico ai partiti, all’Europarlamento non si discute nemmeno. Anzi, le spese – comprensive anche dei costi per le campagne elettorali – aumentano. Anche qui, il 2019 come ovvio sarà anno di extra: sono stati messi a budget quasi 50 milioni per i partiti e una ventina per le fondazioni. Tra le spese straordinarie in vista dell’arrivo del fine mandato c’è anche l’indennità di transizione: per i parlamentari uscenti c’è un mese di stipendio per ogni anno da eletto, con un minimo di sei mesi e un massimo di due anni. Ma pure una buona pensione, 1500 euro puliti, che si possono cumulare con altri redditi e addirittura raddoppiano se il parlamentare ha fatto due mandati. Arriveranno allo scoccare dei 63 anni, per il resto della vita.

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