"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 9 gennaio 2019

Riletture. 58 Tony Atkinson, la povertà e la disuguaglianza.


A lato. Dorothea Lange. 1929,la grande depressione.

Tratto da “Disuguaglianze l’urgenza di un intervento” di Andrea Brandolini, pubblicato sul settimanale A&F del 9 di gennaio dell’anno 2017:
Nelle prime ore del 2017 è morto Tony Atkinson, uno dei grandi economisti dell’ultimo secolo, quello che più di chiunque altro ci ha aiutato a capire come misurare, analizzare e contrastare la povertà e la disuguaglianza. In un articolo del 1970, gettò le basi della moderna teoria della misurazione della disuguaglianza riportandola ai suoi fondamenti etici: la sua misurazione è inestricabilmente connessa con i giudizi di valore e non è un esercizio solo statistico, perché a ciascun indice di disuguaglianza è, implicitamente o esplicitamente, associato un insieme di preferenze collettive. La ricchezza analitica di questo lavoro ha ispirato nuovi campi di ricerca teorica ed empirica sulla distribuzione dei redditi, dei patrimoni e del benessere. Sarebbe però limitativo confinarne il contributo solo alla ricerca sulla disuguaglianza. Ha scritto innumerevoli articoli su tassazione, protezione sociale, disegno e ruolo del welfare state: le sue Lectures on Public Economics, scritte con Joe Stiglitz, sono state il testo avanzato per intere generazioni di studenti. I suoi primi due articoli accademici sono di macroeconomia. In uno osservava come nei modelli di crescita non si prestasse attenzione alla velocità della convergenza all’equilibrio di lungo periodo, nonostante che questa fosse una delle predizioni significative dei modelli: “se gettiamo l’informazione sulla dimensione temporale”, notava, “riduciamo ancor più la nostra limitata comprensione della relazione tra questi modelli e il mondo reale”. Nell’altro suggeriva come il progresso tecnico non muovesse uniformemente la funzione di produzione, come abitualmente postulato, ma riguardasse solo alcune tecnologie; lo sviluppo tecnico è un processo storico che dipende dalle condizioni di partenza. Daron Acemoglu ha ricordato come quest’idea precorresse i tempi, sfidando l’ortodossia nella formalizzazione del progresso tecnologico. I due articoli, pubblicati nel 1969 quando Tony aveva solo 25 anni, mostrano alcuni tratti salienti della sua ricerca futura: lo sforzo di elaborare tutte le implicazioni dei modelli teorici, la predisposizione a esplorare soluzioni analitiche diverse da quelle canoniche, la consapevolezza dei limiti dei modelli. «Troppo spesso gli economisti sono prigionieri di mura teoriche che essi stessi hanno eretto», scriverà nel 2014 discutendo le politiche di austerità, «e non riescono a vedere che importanti considerazioni sfuggono alla loro analisi». Quest’attitudine ha portato Tony a rifuggire dalle spiegazioni mono-causali e dalla ricerca di una grande teoria unificante, un carattere che probabilmente lo distingue da Thomas Piketty. Tony ha rilevato che la disuguaglianza dei redditi si muove in modo irregolare, configurando una sequenza di episodi più che trend ben definiti di lungo periodo. Le cause su cui spesso ci si concentra – progresso tecnologico, globalizzazione, evoluzione demografica – non possono essere separate da fattori nazionali specifici quali le scelte fatte dai governi per i sistemi fiscali e di protezione sociale. Già nel 1999 Tony ammoniva che non è ineluttabile che globalizzazione e progresso tecnico aumentino le disuguaglianze: i governi mantengono uno spazio d’intervento che può contrastare queste tendenze. Tale conclusione si fonda su un’analisi approfondita dei dati. L’attenzione scrupolosa alla loro qualità, un aspetto che non riceve sempre la dovuta attenzione nella professione, ha permeato la ricerca di Tony. Anche uno sguardo fugace ai suoi studi rivela la cura con cui ha scavato gli archivi e documentato caratteristiche e limiti delle statistiche utilizzate. Questa cura si ritrova nelle oltre 300 pagine di appendici della Rodolfo Debenedetti Lecture sulla distribuzione delle retribuzioni nei paesi dell’Ocse o nella costruzione delle statistiche sui top incomes intrapresa con Piketty e altri coautori. Tony ha costantemente messo in guardia i ricercatori che la comparabilità dei dati è una condizione imprescindibile per derivare conclusioni affidabili. È questo un punto centrale del rapporto finale della Commission on Global Poverty, in cui ha delineato i criteri per la stima e il monitoraggio della povertà che saranno di guida alla Banca Mondiale negli anni a venire. L’altissimo profilo scientifico di Tony è intimamente connesso con il fine ultimo della sua ricerca: l’economia è uno strumento per comprendere il mondo e giungere a una decisione informata sulle politiche; ma l’economista deve sforzarsi di comunicare i propri risultati oltre la cerchia ristretta dei decisori politici, rendendoli accessibili per una discussione pubblica. Ha intitolato “Public Economics in Action” un libro del 1996 sui pro e i contro del reddito di cittadinanza e per trent’anni ha partecipato alla costruzione di modelli di microsimulazione fiscale, prima per il Regno Unito e poi per l’Unione europea. L’esigenza di tradurre l’analisi economica in dibattito informato e prassi politica ha contraddistinto tutta la sua vita professionale: dal suo primo volume su povertà e riforma della sicurezza sociale nel Regno Unito, scritto a 25 anni, fino a “Disuguaglianza”. Che cosa si può fare? In questo libro, cui si è dedicato quando già la malattia l’aveva colpito e che per molti versi è il suo testamento intellettuale, illustra un pacchetto di misure concrete per ridurre le disuguaglianze che abbraccia tutti i campi dell’azione dei governi, dagli investimenti pubblici alle politiche per l’innovazione, dalla garanzia di un rendimento minimo per gli investimenti dei piccoli risparmiatori alle politiche redistributive di reddito e ricchezza. Si può dissentire da queste proposte, concludeva le presentazioni del libro, ma se si crede che la disuguaglianza sia un problema, vi è allora il dovere di formulare realistiche proposte alternative.

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