"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 2 gennaio 2019

Memoriae. 06 «Chi è scomodo diventi anche invisibile».


Ha scritto Eugenio Scalfari sul settimanale L´Espresso del 21 di agosto, citazione riportata sul quotidiano l’Unità del 23 di agosto: «Un mio amico siciliano di un piccolo paese mi ha raccontato un suo colloquio telefonico con la mamma: Era più tranquilla, mi ha detto, perché stavano per arrivare i militari. E perché sei più tranquilla? Perché cacceranno gli zingari che rubano soldi e anche i bambini. Ma non ci sono mai stati zingari da noi. No, ma sono pericolosi e rubano tutto. Da noi però c´è la mafia, le ho detto io. Sì, mi ha risposto, ma quelli li conosciamo, sono del paese».
Ecco, per dire che non è solamente la lunga “crisi” o la “stagnazione secolare” ad aver incattivito gli animi. Questa “memoria” – con il suo incipit prima riportato - risale al mercoledì primo di ottobre dell’anno 2008 e gli animi erano già allora esacerbati e disposti alle azioni più marcate d’intolleranza. Ecco, per dire che ancora non si avvertiva l’impoverimento di quel ceto medio ri-emarginato nella perduta lotteria della re-distribuzione delle ricchezze. Gli animi erano già stati conquistati alla intolleranza ed alla xenofobia. Oggigiorno soloni dell’informazione la tirano per le lunghe con dissertazioni ed interpretazioni che cadrebbero nel vano sol che si ri-leggessero cronache e fatti di quegli anni. Annotavo a quel tempo: Molto chiara la “Striscia rossa” ripresa dal quotidiano l’Unità di qualche mese addietro: è la controprova dell’avvenuta realizzazione del capolavoro massimo del cosiddetto teorema della paura; intolleranza verso i diversi, gli ultimi, i diseredati della vita, i paria del ventunesimo secolo. Teorema che paga sempre, elettoralmente parlando soprattutto. Ed al contempo, è un abbassare, nella generale indifferenza, la guardia verso il malaffare degli indigeni nostrani. Un impoverimento del bel paese in fatto di umanità, di accoglienza e di quello spirito cristiano di cui menare vanto. Senza senso però e senza ragione. “chi è scomodo diventi anche invisibile”, scrive l’illustre opinionista, affinché la presenza del diverso non sia motivo di collettiva depressione. Avanzi. Avanzi di umanità insomma, da fare scomparire con mossa lesta del piedino sotto il bel tappeto delle nostre insicurezze. Traggo di seguito alcune riflessioni da “Il Paese dell’odio” di Clara Sereni, pubblicato sul quotidiano l’Unità: (…). Da ogni parte arrivano richieste perché chi è scomodo diventi anche invisibile: le prostitute non devono più farsi vedere per strada, i disabili se non vanno a scuola è meglio, i matti risultano pericolosi come i magistrati e viceversa, i migranti hanno il dovere di farci vivere meglio e non il diritto di affacciarsi ai diritti, le preghiere dei musulmani vanno bene purché non ingombrino, e via cancellando. Tutto questo, tutto insieme, è razzismo. E alberga in ciascuno di noi, anche se ci piacerebbe credere che non è così. Ogni volta in cui ci sembra che il singolo problema - disabilità o Islam, colore della pelle o follia - non ci riguardi, e che dunque possiamo tacere, non opporci, non scendere in strada, rinunciare, quella che avanza è l’idea che si possano tagliar via singoli pezzi di società senza che questo sia una perdita per tutti. Il silenzio uccide l’integrazione, uccide gli invisibili, e ci uccide anche dentro. Così come, quando c’è un vuoto, qualcosa interviene sempre a riempirlo, così nel vuoto di gesti e di parole maturano altri gesti, altre parole. Qualche anno fa, ho studiato gli archivi dell’ufficio per la difesa della razza istituito dal fascismo. Era in gran parte un tremendo elenco di piccole denunce: il tale aveva, in spregio della legge allora vigente, una domestica non ebrea, un altro aveva una radio, strumento anch’esso proibito. Piccole cose, nel piccolo mondo ottuso che dava vita e vigore al fascismo. Piccole e grandi invidie, piccole e grandi paure, piccole e grandi delazioni, il frutto velenoso di egoismi ristretti ha aperto la strada allo sterminio, maturato grazie ad una irresponsabilità e ad un silenzio collettivi. Irresponsabilità e silenzio più gravi in altre parti d’Europa ma che hanno largamente riguardato anche degli italiani, con troppa facilità e continuità messisi al sicuro sotto la coperta calda degli italiani brava gente. Credo che gli italiani siano tuttora, in larga misura, brava gente. Gente con il cuore in mano, soprattutto se il portafoglio è ben custodito. Ma la smemoratezza diffusa a larghe mani, il portafoglio mai come ora in pericolo, i rischi reali e quelli artatamente innescati, il disfacimento progressivo dei legami di solidarietà, la precarietà di una politica incapace di tenere insieme tutti i fili senza farli aggrovigliare, mi fa temere che sempre più siamo e saremo come le famose tre scimmiette: non vedere, non sentire, non parlare, lasciando che qualcun altro se ne occupi, e che gli invisibili affondino nel loro mare (e non solo in senso figurato, come sappiamo). Convinti di salvarci aggrappandoci a privilegi che ci sembrano garantiti e ci fanno sentire al riparo: la cittadinanza, il colore della pelle, la cultura, le disponibilità economiche. Ma nessuno è garantito per sempre, quando i pezzi vanno via senza posa: nel silenzio sempre più cupo alla fine - come scriveva Brecht - entrerò fra gli invisibili anche io, anche tu, e non ci sarà più nessuno a gridare. Per ricominciare a vedere gli invisibili con occhio partecipe, fuori dal silenzio, per non essere razzisti nel nostro fondo, c’è bisogno di un grande salto culturale, di quelli difficili. C’è bisogno che ciascuno riparta da sé, dalle proprie personali scimmiette. Perché, come diceva don Milani, ‘mi riguarda’ è il contrario di ‘me ne frego’: concetto da tenere a mente, in questi tempi di fascismo rinascente. Quando si tende a dimenticare che i problemi li abbiamo tutti, ma uscirne ciascuno per proprio conto è egoismo sterile, mentre uscirne tutte e tutti insieme è Politica. Quella con la P maiuscola.

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