"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 5 dicembre 2018

Lalinguabatte. 66 «Il mondo drogato dalla vita a credito».


Ricordo nitidamente i miei tempi di bambino e poi di adolescente. Tempi duri assai. Erano i tempi in cui moltissime famiglie facevano ricorso al “credito alimentare” per sbarcare il cosiddetto lunario. Non si parlava ancora della quarta o della terza settimana allora: le settimane, allora, avevano tutte lo stesso sapore e la stessa fame. E ricordo bene il nostro salumiere, ma anche il nostro macellaio o il nostro verduraio,  come tenessero aggiornati i libretti – tale era il loro nome - sui quali venivano registrati i debiti alimentari dei loro clienti. Definisco “primitiva” quella forma di “credito alimentare”, ovvero di credito tout court, poiché per gli altri acquisti esistevano di già le cambiali; esso, il “credito alimentare”, si costruiva sulla reciproca fiducia non esistendo per il commercio al minuto, soprattutto dei generi alimentari, alcuna forma di titolo a garanzia del credito concesso. Quella forma “primitiva” di credito era soprattutto esercitata dalle famiglie meno abbienti quelle che, in poche parole, si trovavano allora molto vicine, se non dentro, alla fascia della povertà.
Sentivo ed ascoltavo con interesse i discorsi che a tal riguardo si andavano facendo in casa; ebbene, ricordo nettamente che furono pochissimi i casi narrati di insolvenze dei debiti maturati. Ci si indebitava per l’essenziale allora, per le necessità primarie della sopravvivenza. Altri tempi mi si dirà! Ma viveva allora, soprattutto tra le famiglie meno abbienti che facevano ricorso a quella forma primitiva di credito perché costrette, viveva in esse dicevo un senso della misura che poi è andato progressivamente spegnendosi con il boom ed oltre. Sopravviveva in quelle famiglie anche un senso del decoro e dell’onestà che oggigiorno non albergano più in nessuna delle classi sociali, e ripeto in nessuna delle classi sociali; decoro ed onestà che portavano quelle stesse famiglie indebitate per i generi di prima necessità ad onorare i loro debiti il più puntualmente possibile. Oggigiorno mi tocca ascoltare gli alti lai lanciati, con facce atteggiate ad un pensieroso ragionare, dagli opinionisti, dai politici e da tutta l’intellighentzia ruspante del bel paese sul calo dei consumi, sulla mancata ripresa e quant’altro ancora. Orbene, mi sembra che tutto sia un grande bluff, o un azzardo insostenibile. Viene da tanti esperti dell’economia e della finanza lanciato, di quando in quando, l’allarme per il buco nero, al momento sconosciuto, che sarebbe stato creato dall’utilizzo sconsiderato delle carte di credito. Che dire? Che fare? Non sono nelle condizioni per spingermi in altre non documentate considerazioni. Ma ho trovato molto interessante riprendere il ritaglio di un articolo apparso sul quotidiano “la Repubblica” l’8 di ottobre dell’anno 2008 - “Il mondo drogato dalla vita a credito” - del sociologo Zygmunt Bauman che di seguito trascrivo in parte. Stracciarsi le vesti per il calo dei consumi? Perché l’economia non decolla? Decollare per dove? Disperarsi perché rallenta il Pil? E quando il Pil non c’era nelle teste intronate dei consumatori, ché forse si viveva nell’infelicità perenne? Ne dubito. E sì che esisteva allora un’altra dimensione della vita! Con meno fumo e molto più arrosto, come soleva dirsi un tempo! Nostalgie? Non lo so.  (…). C´era un vecchio aneddoto su due agenti di commercio che giravano l´Africa per conto dei rispettivi calzaturifici. Il primo inviò in ditta questo messaggio: inutile spedire scarpe , qui tutti vanno scalzi. Il secondo scrisse: richiedo spedizione immediata di due milioni di paia di scarpe, tutti qui vanno scalzi. La storiella mirava ad esaltare l´intuito imprenditoriale aggressivo, criticando la filosofia prevalente all´epoca secondo cui il commercio rispondeva ai bisogni esistenti e l´offerta seguiva l´andamento della domanda. Nel giro di qualche decennio la filosofia imprenditoriale si è completamente capovolta. Gli agenti di commercio che la pensano come il primo rappresentante sono rarissimi, se ancora esistono. La filosofia imprenditoriale vigente ribadisce che il commercio ha l´obiettivo di impedire che si soddisfino i bisogni, deve creare altri bisogni che esigano di essere soddisfatti e identifica il compito dell´offerta col creare domanda. Questa tesi si applica a qualsiasi prodotto, venga esso dalle fabbriche o dalle società finanziarie. La suddetta filosofia imprenditoriale si applica anche ai prestiti: l´offerta di un prestito deve creare e ingigantire il bisogno di indebitarsi. L´introduzione delle carte di credito è stata un segno premonitore. Le carte di credito erano state lanciate sul mercato con uno slogan rivelatore e straordinariamente seducente: «Perché aspettare per avere quello che vuoi?». Desideri una cosa ma non hai guadagnato abbastanza per pagarla? Beh, ai vecchi tempi, ora fortunatamente andati, si doveva procrastinare l´appagamento dei propri desideri: stringere la cinghia, negarsi altri diletti, essere prudenti e parchi nelle spese e depositare il denaro così racimolato su un libretto di risparmio nella speranza di riuscire, con la cura e la pazienza necessarie, ad accumularne abbastanza per poter realizzare i propri sogni. Grazie a Dio e al buon cuore delle banche non è più così! Con la carta di credito si può invertire l´ordine: prendi subito, paghi dopo. La carta di credito rende liberi di appagare i desideri a propria discrezione: avere le cose nel momento in cui le vuoi, non quando te le sei guadagnate e te le puoi permettere. (…). Quello che nessuno spot diceva apertamente, lasciando la verità ai cupi presagi del debitore, era che le banche prestatrici in realtà non volevano che i debitori pagassero i debiti. Se lo avessero fatto entro i termini non sarebbero stati più in debito, ma sono proprio i loro debiti (il relativo interesse mensile) che i moderni, disponibili (e geniali) prestatori di denaro hanno deciso, con successo, di riciclare come fonte prima del loro profitto costante, assicurato (e si spera garantito). I clienti che restituiscono puntualmente il denaro preso in prestito sono l´incubo dei prestatori. Le persone che si rifiutano di spendere denaro che non abbiano già guadagnato e si astengono dal prenderlo in prestito, non sono di alcuna utilità ai prestatori ? perché sono quelli che (spinti dalla prudenza o da un senso antiquato dell´onore) si affrettano a ripagare i propri debiti alle scadenze. Una delle maggiori società di carte di credito presenti in Gran Bretagna ha suscitato pubbliche proteste (che certo avranno vita breve) nel momento in cui ha scoperto il suo gioco rifiutando il rinnovo delle carte ai clienti che pagavano ogni mese il loro intero debito, senza quindi incorrere in sanzioni finanziarie. L´odierna stretta creditizia non è risultato del fallimento delle banche. Al contrario, è il frutto del tutto prevedibile, anche se nel complesso inatteso, del loro straordinario successo: successo nel trasformare una enorme maggioranza di uomini e donne, vecchi e giovani, in una genìa di debitori. Perenni debitori, perché si è fatto sì che lo status di debitore si auto-perpetui e si continuino a offrire nuovi debiti come unico modo realistico per salvarsi da quelli già contratti. Entrare in questa condizione, ultimamente, è diventato facile quanto mai prima nella storia dell´uomo: uscirne non è mai stato così difficile. Tutti coloro che erano nelle condizioni di ricevere un prestito, e milioni di altri che non potevano e non dovevano essere allettati a chiederlo, sono già stati ammaliati e sedotti a indebitarsi. E proprio come la scomparsa di chi va a piedi nudi è un guaio per l´industria calzaturiera, così la scomparsa delle persone senza debiti è un disastro per l´industria dei prestiti. Quanto predetto da Rosa Luxemburg si è nuovamente avverato: comportandosi come un serpente che si mangia la coda il capitalismo è nuovamente arrivato pericolosamente vicino al suicidio involontario, riuscendo ad esaurire la scorta di nuove terre vergini da sfruttare… (…). Quello che si dimentica allegramente (e stoltamente) in quest´occasione è che l´uomo soffre a seconda di come vive. Le radici del dolore oggi lamentato, al pari delle radici di ogni male sociale, sono profondamente insite nel nostro modo di vivere: dipendono dalla nostra abitudine accuratamente coltivata e ormai profondamente radicata di ricorrere al credito al consumo ogni volta che si affronta un problema o si deve superare una difficoltà. Vivere a credito dà dipendenza come poche altre droghe, e decenni di abbondante disponibilità di una droga non possono che portare a uno shock e a un trauma quando la disponibilità cessa. Oggi ci viene proposta una via d´uscita apparentemente semplice dallo shock che affligge sia i tossicodipendenti che gli spacciatori: riprendere (con auspicabile regolarità) la fornitura di droga. Andare alle radici del problema non significa risolverlo all´istante. È però l´unica soluzione che possa rivelarsi adeguata all´enormità del problema e a sopravvivere alle intense, seppur relativamente brevi , sofferenze delle crisi di astinenza.

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