"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 2 novembre 2018

Riletture. 36 «Fortebraccio lo chiamava “marxismo-cicchittismo”».


Dell’indimenticato Alberto Statera - Roma, 16 settembre 1947 – Roma, 22 dicembre 2016 - un “pezzo” – “L’intellettuale blairiano di complemento” – di cronaca politica su di una tra le figure immarciscenti della politica del bel paese, “pezzo” pubblicato sul settimanale A&F del 2 di novembre dell’anno 2015. Per dire di una figura dell’ondivaga, intramontabile schiatta che  popola o spopola impunentemente in quella che a suo tempo è stata definita la “casta” al potere:
Qualche anima bella ha pensato che fosse tornato l’allegato “Cuore” di Michele Serra. Invece è proprio l’”Unità” renziana che ha ingaggiato nientemeno che Fabrizio Cicchittto, quel vecchio giovanotto che da quarant’anni piroetta in parlamento come Fregoli tra sinistra e destra, secondo le convenienze del momento. Grande icona del trasformismo nazionale, il compagno Fabrizio è il trotzkista che trent’anni fa tuonava dalle fila dei socialisti lombardiani contro Craxi, recitava Marx a memoria, se la prendeva con la repubblica democratico-borghese, con l’America, con la Cia, con i servizi deviati e la Dc, che avevano inventato le Brigate rosse per escludere il Pci dal potere. Fortebraccio su “L’Unità” lo chiamava “marxismo-cicchittismo”. Iscritto alla Loggia P2 di Licio Gelli (tessera 945) si narra che la scoperta dell’affiliazione gli procurò due sonori ceffoni di Riccardo Lombardi. Così si rivolse al fratello di fede massonica Silvio Berlusconi, che se lo prese in carico per un altro ventennio. A un certo punto, voleva addirittura nominarlo ministro dell’Interno al posto di Scajola, ma il Quirinale fortunatamente lo bloccò. Giuliano Ferrara, smentendo la precedente tesi secondo cui la P2 era un argomento da moralisti un po’ minchioni, lo definì “Fabriziocicchittosignorileortolanigelli”, membro di una consorteria ricattatoria “massonicoaffaristicaspionisticoricattatoria” e ironizzando sulla sua carriera “a luci rosse”. Qualche giorno fa il compagno Ciccchitto, (…), ha festeggiato i 75 anni con un party politico, fiancheggiato da Denis Verdini, il pluriinquisito che cinguetta quotidianamente col sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti, e dal faccendiere pregiudicato Luigi Bisignani. Pare non si sia visto Valter Lavitola, quell’altro gentiluomo che Fabrizio ha lanciato nel mondo politico-affaristico berlusconiano. In compenso,”L’Unità” era autorevolmente rappresentata dal vecchio direttore Peppino Caldarola. Il genetliaco si è così trasformato nel pre-lancio del progetto verdinian-cicchittiano dei cosiddetti moderati per Renzi. Progetto che Cicchitto ha illustrato, con sintassi periclitante, ma con passione: ”La vittoria di Renzi sulla Ditta in storica continuità con il berlusconismo, può far decollare un’esperienza davvero riformista di stampo blairiano”. Lui, che ama il ruolo di intellettuale organico, vuoi marxista vuoi berlusconiano, non si sente affatto il solito trasformista pasticcione cui siamo abituati da decenni, ma lo stratega, con Verdini, di una stagione felice nel Partito della Nazione, o comunque si chiami, con Renzi. Immaginiamo lo sbigottimento degli storici lettori dell’”Unità”, che ormai si contano sulle dita, nel veder descritto sul loro giornale l’incubo dell’Italia renziana che ci aspetta. “In storica continuità col berlusconismo”, il vecchio trotzkista-gelliano invoca “un atto di lungimiranza e coerenza politica”, cioè che “i moderati e i riformisti provenienti dal mondo cattolico e dal mondo liberalsocialista si aggreghino tra loro in un nuovo centro e, se possibile, stabiliscano in prospettiva una alleanza politica.” Ma, per carità, è “lungimiranza e coerenza” giammai trasformismo.

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