"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 10 settembre 2018

Lalinguabatte. 60 «La ritorsione del denaro».


(…). Che succede quando il denaro diventa il generatore simbolico di tutti i valori? Che differenza c'è tra un permesso di studio e un permesso di lavoro? (…). Se dovessimo capire l'arcano sotteso a queste differenze in una civiltà, l'Occidente, che si ritiene la più evoluta della terra, se dovessimo cercare la ragione per cui i neri che dall'area sub-sahariana giungono da noi, se solo riescono a compiere quel viaggio e a non finire annegati in mare, non assomigliano in nulla a tutti quei neri che in Europa giocano sui campi di calcio osannati e strapagati, non avremmo difficoltà a trovare la spiegazione nel fatto che il razzismo, o anche solo la diffidenza nei confronti dello straniero, non riguarda il colore della pelle, ma la capacità o meno che un immigrato ha di diventare per noi fonte di profitto.
E allora diciamolo che noi occidentali, dopo aver celebrato l'umanesimo, e poi l'illuminismo, e con la rivoluzione francese rivendicato uguaglianza, libertà, fraternità, e con gli organismi internazionali i diritti dell'uomo, poi in pratica nelle relazioni umane e nei dispositivi legislativi che emaniamo per regolarle assumiamo come unico criterio e generatore simbolico di tutti i valori il denaro e la capacità di produrlo, conservarlo e accrescerlo. E allora, non possiamo pensare che la crisi finanziaria che stiamo attraversando e a cui tentiamo di porre riparo con misure che tagliano l'assistenza, la sanità, la scuola, le pensioni, e in generale lo stato sociale, sia innanzitutto il segnale più chiaro che denuncia come la nostra cultura, al di là delle proclamazioni umanistiche e umanitarie, di fatto ha pensato unicamente al denaro che, svincolato da qualsiasi finalità che non sia il suo accrescimento, oggi si ritorce contro di noi, contro le condizioni della nostra vita, e a maggior ragione contro le condizioni di vita di chi, (…), è giunta da noi? È quanto ha scritto Umberto Galimberti in “La ritorsione del denaro” pubblicato sul settimanale D del 10 di settembre dell’anno 2011. A sette anni di distanza e con una crisi che non accenna di finire ma che sostanzialmente potremmo oggigiorno ben configurare come quella “stagnazione secolare” dai tanti intravista, il “demone” denaro è divenuto l’icona di questo mondo senza dio, anzi con un unico dio, il denaro per l’appunto. Questa “iconizzazione” (un neologismo?) del denaro ha informato e sottomesso tutta la vita del cosiddetto mondo occidentale e cristianizzato (sic!), processo di “iconizzazione” il quale, prepotentemente sognato, voluto ed imposto dal liberismo di Reagan e della signora Thatcher e di seguito dalla selvaggia capitalizzazione finanziaria, non ha risparmiato la politica per la qual cosa Michele Serra, in una Sua corrispondenza del 24 di agosto 2018, arriva a scrivere: (…). …la crisi della politica, (…), è anche crisi della sua capacità di “filosofare”, di immaginare nuove relazioni sociali e nuovi modelli di vita, insomma di organizzare il pensiero anche prescindendo dal Pil. (…). …il sistema definito “società dei consumi” (…) sembra strutturalmente costruito per generare frustrazione e invidia. La frustrazione di non raggiungere mai l’obiettivo (illimitato) della crescita, perché ci sarà sempre qualcuno che ha lo smartphone più nuovo del nostro; la conseguente dilagante invidia per chi, magari si Instagram, è in grado di postare immagini più seducenti e più lussuose delle nostre. Una società di frustrati e di invidiosi non può generare altro che frustrazione e invidia. Se ne uscirà (forse) il giorno in cui il piacere delle cose ben fatte, delle azioni sostanziose e sapienti, sarà alla portata, se non di tutti, della grande maggioranza; e lo sarà anche privatamente, anche silenziosamente, senza che se ne faccia pubblico spettacolo. Ci saranno pure un falegname felice, una giardiniera felice, un marinaio felice, un prete felice, una poliziotta felice; che trovano dentro la loro vita privata quotidiana, senza ossessioni comparative, il piacere di essere nei propri panni. Una società troppo competitiva, dunque troppo comparativa, è come una gara dalla quale sarebbe meraviglioso riuscire a chiamarsi fuori. Anche per ritrovare un migliore rapporto con gli altri, (…). E dell’ineluttabilità – come un destino segnato e non più controllabile ed indirizzabile - dei predetti processi deformanti del vivere sociale e personale degli esseri umani si sono fatte traditrici e tonitruanti, perversi megafoni anche tutte quelle forze politiche della sedicente “sinistra” che non hanno saputo e non hanno voluto opporsi alla “iconizzazione” del “dio” denaro. «La ritorsione del denaro», per l’appunto, che come un dio malefico acceca e rende folli gli imbelli abitatori di questa parte detta occidentale ed ancor più detta cristianizzata di questo sperduto angolo dell’universo.

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