"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 31 agosto 2018

Sullaprimaoggi. 21 “Tempo scaduto per capitan Fracassa?”.


Ha scritto Marco Travaglio in “Rinuncia da Cazzaro” su “il Fatto Quotidiano” del 29 agosto 2018: (…). Salvini non vede l’ora: lui alla sbarra e tutt’intorno due ali di folla acclamante. Per giorni ha sfidato il pm a indagarlo, l’ha dissuaso dal prendersela con oscuri funzionari, ha ripetuto che gli ordini li dava lui, ergo l’avviso di garanzia spettava in esclusiva a lui. Alla fine il pm l’ha accontentato, sia pur solo con un’iscrizione sul registro, che comunque è meglio che niente. Ora però il Cazzaro Verde ha letto che dovrà pronunciarsi il Senato e s’è di nuovo allarmato: come sarebbe a dire? E se il Senato dice no e mi frega il mio processo? Allora ha annunciato: “Rinuncio all’immunità parlamentare”. E tutti i tg e i giornaloni dietro: hai visto il Capitano? Avrebbe l’immunità, ma rinuncia con nobile gesto e porge impavido il petto nudo al plotone d’esecuzione. Che eroe! A nessuno viene in mente di domandargli a quale immunità stia rinunciando, visto che per i reati ministeriali non ne è prevista alcuna.
Quella parlamentare fu abolita nel 1993, eccezion fatta per arresti, perquisizioni e intercettazioni (che nessun pm ha mai chiesto per lui), mentre restano insindacabili i voti dati e le opinioni espresse in Parlamento (che non c’entrano un fico con i suoi eventuali reati ministeriali).(…). Di seguito, “Tempo scaduto?” di Marco Travaglio, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 30 agosto 2018: (…). Salvini non ha alcuna intenzione di risolvere i problemi, ma solo di usarli. È sempre in giro a farsi propaganda. In questo somiglia spaventosamente a B. e Renzi: l’amministrazione, primo dovere di un ministro-vicepremier, forse lo annoia, forse non gl’interessa proprio. Vinta un’elezione, già pensa a come stravincere quella successiva. Fermarsi a lavorare sui dossier è un’inutile perdita di tempo che lo distoglie dal perenne giro d’Italia per conquistare altri voti a suon di sparate. E anche di errori grossolani. Come l’assurdo braccio di ferro sulla Diciotti, che alla fine l’ha visto cedere dopo aver inflitto a quei 167 disperati un inutile surplus di sofferenze; ma, quando finalmente avrebbe dovuto spiegare la retromarcia ai suoi fan, è arrivata provvidenziale l’arma di distrazione di massa. Cioè l’incriminazione giudiziaria, ottimo pretesto per parlar d’altro. O come la tragicomica alleanza col fascista ungherese Viktor Orbán, un Salvini senza porti e senza mare: lui i migranti non li vuole a casa sua, li preferisce a casa nostra. Se la nuova Europa passa da quell’asse, peggio per noi, ma anche per Salvini. Altro che “prima gli italiani”: semmai, prima gli ungheresi e i loro compari di Visegrad. I 15mila milanesi in piazza a Milano a fine agosto, al seguito di una sinistra che pareva morta, dovrebbero suggerirgli qualche pensiero. Anche molti elettori di centrodestra non vogliono aver nulla a che fare con quel truce e trucido figuro e mai hanno sognato – se non come incubo – un’alleanza con certa gentaglia. Intanto Conte e Moavero tessono pazientemente, fra mille difficoltà, la tela diplomatica e ottengono ogni tanto qualche piccolo risultato per risalire la china degli accordi-capestro firmati dagli scriteriati predecessori, sui migranti e non solo. E la linea dura sull’immigrazione, pur fra mille contraddizioni e forzature, ha portato a un nuovo crollo delle partenze dei barconi e dunque delle morti in mare, anche se le condizioni dei campi-lager in Libia restano agghiaccianti. Ma le cose buone fatte da un governo che è anche il suo e dalla maggioranza che è anche la sua (taglio dei vitalizi alla Camera, dl Dignità, un Dg indipendente alla Rai, revisione delle concessioni di beni pubblici a partire da quella regalata ad Autostrade&Benetton) sembrano non interessare Salvini. Che anzi le vive come un fastidio e un inciampo alla sua scorribanda demagogica e solitaria di Cazzaro Verde solo contro tutti. A questo punto è evidente che la maionese è impazzita. I 5Stelle non possono passare il loro tempo a fermare la mano dell’alleato e a prenderne le distanze. Né lasciarsi logorare da un partner che non ha alcuna intenzione di governare e ogni giorno, cinicamente, li sputtana. La catastrofe di Genova, poi, ha dimostrato che le lobby – orfane dei vecchi sponsor e complici – puntano tutto sulla Lega per salvare i loro privilegi: infatti i governatori nordisti Fontana, Zaia, Fedriga e Toti han subito fatto cambiare idea a Salvini sulla ri-nazionalizzazione di Autostrade: preferiscono tenersi buono il mondo confindustriale, che li usa come ultimo baluardo per le sue greppie. Prima o poi, anzi più prima che poi, se nulla cambia, Di Maio & C. dovranno porsi seriamente il problema del che fare: cioè se e quando staccare la spina. Anche perché presto o tardi, più presto che tardi, prima delle Europee 2019 o subito dopo, lo farà Salvini. (…).

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