"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 30 luglio 2018

Sfogliature. 98 “Marchionne sa che un operaio su due gli ha votato contro”.


Non finisce di stupire ed incantare lo “spicilegio” sempre più ricco che continua a germogliare a seguito della dipartita del grande “capitano d’industria”. E dal mazzo mi va di estrarne tre di quelle “spighe” di inconsolabile piaggeria. La prima è del quotidiano economico il “Sole 24 Ore”: Allo stesso tempo un capobranco e un maverick, i capi di bestiame privi di marchio lasciati liberi di correre nelle praterie del Far West. Ecco, giusto, per l’appunto un “Far West” nel mondo del lavoro. Uno storico, straordinario risultato. Degno di un grande “capitano d’industria”. La seconda “spiga” una dichiarazione dell’uomo di Arcore: Mi sarebbe piaciuto vederlo alla guida del Paese. Avrebbe ridato dignità alla politica. Capite?  “Dignità alla politica”, proprio quella che manca. Per colpa di chi? Terza “spiga” sul quotidiano della “famiglia” “La Stampa”: Una sera ha fatto portare una pianola, ha messo tutti intorno a un tavolo, scorta compresa, e ha dato il via a una festa. Sai che divertimento! La “sfogliatura” di oggi è della domenica 16 di gennaio dell’anno 2011: Ricordate lo straordinario film di Elio Petri “La classe operaria va in paradiso?”. Ricordate lo straordinario Gian Maria Volontè nei panni di Ludovico Massa, il Lulù operaio di una catena di montaggio nel milanese degli anni ‘70? E ricordate la sua compagna Lidia, impersonata dalla stupenda, non solamente in arte, Mariangela Melato? E che dire dello straordinario Salvo Randone, il Militina dell’ospedale psichiatrico sulla scena? Era quello d’uscita del film l’anno 1971. Avevo appena conseguito la mia brava laurea e mi accingevo a fare il salto nella vita reale e dura. Avevo un intoppo da superare in quel tempo: l’allora obbligo della leva. Decisi di affrontare le dure (sic) selezioni per allievo ufficiale di complemento. Feci i miei bravi test d’ammissione e mi sottoposi al rituale colloquio finale. Ricordo, come fosse oggi, l’incontro che ebbi con un ufficiale esaminatore. Un armadio d’uomo, nel senso di un uomo di robustissima corporatura e solenne portanza della sua notevole mole. Se ne stava seduto dietro la sua scrivania ed al mio ingresso non sollevò neppure gli occhi dai fogli che stava esaminando. I miei fogli, per l’appunto. Aspettai che mi dicesse di sedermi. Poi, con un sorriso quasi beffardo mi rivolse la parola dicendo: - Sono questi i film che preferisce? – Avevo appena visto il film di Petri e lo avevo citato tra gli altri. Capii che la mia aspirazione all’ufficialato era finita di fatto. Andai a fare il militare da buon soldato semplice, senza carriera. Avere ritrovato nelle edicole, quarant’anni dopo, distribuito da Hobby & Work, il DVD di quel film è stato un risveglio impetuoso di un fiume ricordi in fondo mai sopiti. Quel film mi impressionò tanto, allora; era il cinema d’impegno che preferivo e che preferisco tuttora. Erano gli anni ’70. Era un’analisi di quegli anni che sarebbero divenuti difficili. Avremmo avuto di seguito tempi duri nelle fabbriche e nelle piazze e nelle strade; poi sarebbero arrivate le brigate rosse. E fu il terrorismo. L’insensibilità e la miopia di allora, e forse di sempre, dei reggitori della cosa pubblica spianò la strada a quella tristissima stagione. L’ho riveduto il film di Petri, con una grandissima emozione; e sì che la sua visione è legata ad un periodo grande della mia piena giovinezza, della mia vita. Indimenticabile. Petri, per dire oggi di Mirafiori. Per dire degli straordinari esseri umani in tuta blu che stanno a Mirafiori. Esseri umani, per l’appunto, e grandi.
Come i “ragazzi” che hanno di recente protestato per le strade a difesa della scuola e della università. E non solo, con un orizzonte più ampio; il destino proprio, ma soprattutto l’idea, il progetto di società che si vuole costruire nell’era della globalizzazione. Anche Massa, detto Lulù, si era convinto di essere arrivato in paradiso, l’utilitaria, il frigorifero, la televisione, fin quando un giorno… I “Massa” del secolo ventunesimo, possessori del tutto e del superfluo, al pari di quel Massa, avranno da ripensare la propria storia ed il proprio destino, che si erano inopinatamente ed ingenuamente conformati ad uno sviluppo distorto e senza grandi orizzonti, gratificato solamente con la conquista di altri ancora sempre più inutili orpelli del vivere o inerti supporti materiali. Dalle tute blu di Mirafiori ne è venuta una lezione grande, ovvero la riconferma, che è necessaria, e la difesa dei “supporti” di coscienza e responsabilità individuale e collettiva che sono gli unici ingredienti necessari alla realizzazione della propria piena umanità. Una lezione anche per il paese intero, dopo le appena trascorse manifestazioni studentesche. Ed i numeri sono i numeri, alla cui logica non si può assolutamente sfuggire. Necessario farne menzione. Sul totale dei dipendenti di Mirafiori 2.736 si sono espressi per il SI, 2.326 per il No, il 54,05% i primi ed il 45,95% i secondi. Ma attenzione: sul totale degli operai si sono espressi per il Si in 2.315, per il No in 2.306, rispettivamente il 50,10% ed il 49,90%, quasi alla pari. Il dato ultimo è depurato del voto degli impiegati, ed è tutto dire. Ma anche tra le tute blu le sorprese non mancano. Tra gli addetti al montaggio si sono espressi per il Si in 1.386, il 46,80%, e per il No in 1.576, ovvero la maggioranza del 53,20%. Non c’è che dire. Tra gli addetti alla lastratura si sono espressi per il Si in 412, il 49,34%, ed in 423 per il No, il 50,66%; tra gli addetti alla verniciatura in 255 si sono espressi per il Si (56,54%) ed in 196 per il No (43,46%); tra i “turnisti” della notte 262 si sono espressi per il Si (70,24%) e 111 per il No (29,76%). Un quadro esauriente. Gli impiegati. Il loro voto ha concorso a gratificare l’uomo in cachemire, bontà sua: in 421 (95,46%) si sono espressi per il SI e soltanto in 20 – e dico venti – (4,54%) si sono espressi per il No. A Mirafiori c’è stato un voto di “classe”. Grazie al cielo. C’è dunque di che sperare. Di seguito trascrivo, in parte, una interessante riflessione di Paolo Griseri, pubblicata sul quotidiano “la Repubblica” col titolo “In quei no la saggezza delle tute blu”: (…). …più dure sono le condizioni di lavoro, più prevale l´opposizione al piano dell´azienda. Per misurare la durezza del lavoro c´è, da sempre, una unità di misura quasi scientifica: il vincolo. Chi lavora in linea ha una percentuale di autonomia molto limitata e dunque un vincolo molto forte: ogni mansione dura più o meno 90 secondi. L´impiegato ha un´autonomia molto alta: da quando bolla all´ingresso dell´ufficio a quando esce per tornare a casa. Il risultato del referendum è un´applicazione quasi letterale del modello scientifico: più è forte il vincolo, più vince il no. Al montaggio, la classica linea con la scocca che scorre di fronte alle postazioni operaie, il no ha stravinto: 1576 voti (oltre il 53%) contro i 1.386 ottenuti dal sì. Quasi 200 voti di vantaggio, il 10 per cento. Qui, dove c´è il vincolo maggiore, si pagheranno maggiormente gli effetti della nuova organizzazione del lavoro voluta dalla Fiat. Qui si sente la riduzione delle pause e lo spostamento della mensa a fine turno. Qui l´ipotesi dei turni di 10 ore finirebbe per avere effetti più difficili da sopportare. Quasi come alla lastratura, dove però il vincolo è meno stringente del montaggio: ci sono lavoratori che seguono l´automobile lungo la linea (il sistema chiamato «passo-passo») e che hanno dunque la possibilità di gestirsi frazioni di tempo maggiori. E infatti anche qui il «no» vince ma di misura: 423 contro 412 sì. Il consenso comincia a prevalere in verniciatura. Un tempo luogo di duri scontri con l´azienda (come accadde nel 1979 con lo sciopero dei cabinisti) è stata radicalmente trasformata: le vernici ad acqua l´hanno resa meno nociva di un tempo. Oggi la verniciatura è fatta di mansioni di preparazione e di controllo. Il livello di autonomia dal vincolo è abbastanza alto: il «sì» vince con quasi 60 voti di scarto, 255 a 196. Una parziale eccezione alla regola del vincolo è l´andamento del voto nel turno di notte: il seggio comprendeva tutte le aree dello stabilimento coinvolte in questo periodo solo marginalmente dal lavoro notturno. Spesso si tratta di lavoratori che scelgono di fare la notte fissa, «i pipistrelli», come vengono chiamati nel gergo di fabbrica. La notte fissa è considerata un privilegio perché, grazie alle indennità, aumenta significativamente la busta paga. Chi ottiene il privilegio tende ad avere maggiore riconoscenza verso l´azienda. Così i «sì» vincono in modo significativo, 262 a 111. Il discorso sugli impiegati è fin troppo facile. Il loro livello di autonomia sul lavoro è molto alto; non fanno i turni, non hanno il problema delle pause, in buon parte fanno parte del sistema gerarchico di controllo aziendale. C´è da stupirsi che ben 20 abbiano votato «no». Gli altri 421 hanno detto sì. Ma se si escludono gli impiegati dal conto, la fabbrica è divisa come una mela: 2.315 sì e 2.306 no. Oggi Marchionne sa che lungo le linee un operaio su due gli ha votato contro.

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