"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 18 maggio 2018

Quodlibet. 79 “Le oligarchie, regimi dei privilegi”.


Da “Non c’è pacificazione senza verità e giustizia” di Gustavo Zagrebelsky, pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 18 di maggio dell’anno 2013: (…). «Si sta giocando una partita politica e la posta è elevatissima. È in atto un tentativo di spoliticizzazione, una sorta di mascheramento ».
Un mascheramento, professore Zagrebelsky? «Le maschere sono i tecnici, i saggi, gli esperti. Certo, dell’efficienza un sistema politico non può fare a meno, pena il suicidio. Ma, l’efficienza non esiste in sé e per sé».
Si è insediato un governo di larghe intese che si propone tra l’altro di modificare la macchina dello Stato. Non la convince? «A me pare piuttosto evidente che sia in atto un disegno di razionalizzazione d’un potere oligarchico. In Italia non si è forse radicato un sistema di giri di potere, sempre gli stessi che si riproducono per connivenze e clientele? Parlando di oligarchie, non si pensi solo alla politica, ma al complesso d’interessi nazionali e internazionali, che nella politica trovano la loro garanzia di perpetuità».
Appunto, quale occasione migliore per cambiare quegli assetti, per riformare? «Sono decenni che se ne parla. Ma ora sembra che sia giunta l’ora. Quel complesso d’interessi è sovraccarico e non riesce più a trovare un equilibrio. Rischia l’implosione e s’inceppa. La rielezione del Presidente della Repubblica (Giorgio Napolitano n.d.r.) - impensabile in un sistema di governo anche solo minimamente dinamico - è rivelatrice. L’applauso grato e commosso d’una maggioranza impotente è il segno dell’impasse. Per il futuro, ci vogliono riforme. Ma dal punto di vista democratico, sono in realtà controriforme».
Perché controriforme? «Guardiamo le cose che si intende e le cose che non s’intende fare. Il presidenzialismo, quale che ne sia il modello, è un modo di concentrare in alto la politica e di ridurre dei cittadini a “micro-investitori” del loro voto, a favore d’un gestore d’affari nel cerchio stretto delle oligarchie. In breve: è il protettorato d’un sistema di potere chiuso. Altro che più potere al popolo! Anzi, il popolo deve non sapere o sapere il meno possibile: si è ripresa infatti la discussione sul “riequilibrio dei poteri” a danno dell’indipendenza della magistratura, e sui limiti al giornalismo d’inchiesta (vedi la questione delle intercettazioni). E poi, quel che non si intende fare: vedi il silenzio calato sul conflitto di interessi e sull’inasprimento delle misure contro l’illegalità. Le oligarchie, del resto, sono regimi dei privilegi. Hanno bisogno di compiacenze e illegalità». (…).

Lei parla di consolidamento oligarchico. E la pacificazione di cui si fa un gran parlare? «Chi di noi non è per la pace e per la pacificazione? Ma la pace è esigente, molto esigente. Non può esistere senza condizioni. La pace è la conseguenza della verità e della giustizia. Altrimenti, pacificare significa solo “normalizzare”».
La Convenzione non basta per la pacificazione? «Perché dovrebbe essere affiancata da “esperti”, cioè da persone al fuori dei contrasti politici? Gli esperti sono a loro volta portatori di visioni politiche e saranno messi lì dai partiti in quanto corrispondano ai loro progetti. Saranno “maschere”. Mi auguro che in pochi accettino di assumere questo ruolo».
Insomma, non pone alcuna fiducia nella Convenzione (l’invenzione dei “saggi” per le modifiche costituzionali n.d.r.)? «Mah. La Costituzione, all’art. 138, prevede un procedimento lineare per mutare la Carta. Si vuole, invece, una procedura, per così dire, blindata, dapprima la Convenzione, poi il voto bloccato delle Camere: o sì, o no, senza emendamenti. Mi chiedo come possano i parlamentari accettare una simile umiliazione. Una procedura complicata ma anche totalmente estranea alla Costituzione. Per questo, si prevede - solo dopo - una ratifica con legge costituzionale, che è essa stessa la confessione che si agisce contro la Costituzione».

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