"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 27 maggio 2018

Primapagina. 94 “La democrazia è quello che c’è di meno peggio”.


Quale miglior “primapagina” di “Non è democrazia, è bonapartismo” di Eugenio Ripepe - ordinario di Filosofia della Politica all'Università di Pisa, già preside della facoltà di Giurisprudenza, direttore del dipartimento di Diritto pubblico e direttore del Centro interdipartimentale di Bioetica – pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 26 di maggio 2018, miglior “primapagina” – Ettore Scola ha insegnato - a chiusura e coronamento di una “giornata particolare” che certamente passerà alla Storia: (…). Persa la bussola dell’ideologia, troppo spesso rivelatasi uno strumento che porta a sbattere sugli scogli, i partiti e i loro succedanei, hanno pensato bene di affidarsi a qualche presunto grand’uomo per farsi guidare da lui come meglio crede. Conseguenza? Un paese di sessanta milioni di abitanti in mano a quattro persone, costretto a trattenere il respiro in trepida (e non poco avvilente) attesa di sapere se e cosa di volta in volta quelle persone hanno deciso, generalmente a due a due. E che persone, del resto.
Un pregiudicato spregiudicato, a dir le cui virtù – a parte qualche milione di altre cose – basta il sorriso stampato sulla sua faccia in similbronzo quando auspica che le sorti di uno stato siano affidate a lui che, come risulta per tabulas, lo ha frodato in modo ignobile: (…).
Poi un ossimoro vivente (non è una parolaccia, eh) che si è sistemato pour la vie come politico professionista dell’antipolitica, continuando a tuonare contro i professionisti della politica.

E un altro ossimoro vivente, capo politico di un partito a democrazia diretta, che ti mette davanti a una alternativa secca: o lui ne è davvero il capo, e la democrazia diretta di quel partito è una fandonia; o il suo è davvero un partito a democrazia diretta, ed è una fandonia che lui ne sia il capo. Infine, un caro leader che vive di rendita sul mito fondativo della sua superiore statura politica costituito da una vittoria alle Europee del 2014, che se una cosa dimostra, alla luce delle tante sconfitte che l’hanno seguita, è che all’apertura di credito ottenuta dagli elettori tre mesi dopo la presa di potere, quando ancora lo conoscevano poco, è subentrata una crescente mancanza di fiducia via via che hanno avuto modo di conoscerlo meglio.
Quanto ai militanti di partito al seguito di questi leader, l’impressione è che la loro educazione politica sia stata ispirata a una frase di don Milani lievemente modificata: da “l’obbedienza non è più una virtù” a “l’obbedienza è l’unica virtù”, avendo come canone fondamentale il detto evangelico “sia il vostro parlare sì, sì; no, no”, anch’esso però lievemente modificato – amputandolo delle ultime due parole – in “sia il vostro parlare: sì, sì”. Non che tutti i militanti acriticamente proni alle decisioni dei capi-partito lo siano però per conformismo e spirito gregario. Ce ne sono diversi che attribuiscono doti sovrumane e poteri miracolosi al loro leader a giusta ragione, e cioè per averne avuto una dimostrazione empirica quando, da mezze calzette che erano, si sono visti trasformare da lui in ministri, deputati, presidenti o direttori di qualcosa. E senza nemmeno bisogno che li baciasse: altro che le principesse che tramutavano i rospi in principi azzurri! Insomma, d’accordo: sebbene non possa essere considerata il meglio del meglio, la democrazia è pur sempre quello che c’è di meno peggio. Ma anche questa democrazia? E non avremo altra democrazia al di fuori di questa?

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