"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 21 dicembre 2017

Lalinguabatte. 45 “Chi ha rubato il Natale?”.



“(…). Da un quarto di secolo il giorno di Natale non ricorda più la nascita di Gesù, la civiltà dei consumi ne ha fatto il giorno in cui ognuno ricorda la nascita dei propri cari: il borghese ha fatto del Natale una festa endo-famigliare. (…)”. Così scriveva Ferdinando Camon in una Sua riflessione – “Chi ha rubato il Natale?”, pubblicata sul quotidiano “l’Unità” del 27 di novembre dell’anno 2005, anno non ancora toccato da quella “grande crisi” che tuttora affligge il mondo già opulento dell’Occidente-; è che il popolo del bel paese, cattolico  sin nelle viscere a sentire le alte gerarchie ecclesiastiche, non ha solo trasformato il giorno di natale nel più spregiudicato dei giorni di consumismo duro e puro, ma tutte le domeniche e le feste che la chiesa annovera e raccomanda, tanto basta andarsene in giro ed osservare gli immensi parcheggi delle nuove cattedrali, ovvero dei supermercati e dei centri commerciali, che come ife fungine sorgono ovunque, maestosi ed accattivanti per le masse dei credenti e dei non credenti, spingendo alla estinzione il caro negozio di quartiere e di famiglia, spersonalizzando ancor più la vita degli abitatori del bel paese inurbati. “Chi ha rubato il natale?”, si chiedeva l’illustre pensatore e scrittore cattolicissimo, ed una risposta breve breve l’hanno data Giuseppe Oddo e Giovanni Pons nel loro lavoro “L’intrigo, banche e risparmiatori nell’era Fazio” – Feltrinelli (2005) -: “(…). Fiorani (inquisito assieme al governatore Antonio Fazio della Banca d’Italia n.d.r.) raggiunge l’apice della munificenza nel 2003 indirizzando al governatore (della Banca d’Italia n.d.r.) una stilografica Cartier e un apparecchio tv Sony; alla signora Maria Cristina un orologio Baume&Mercier; al figlio Giovanni un orologio d’oro Cartier; alle figlie Anna Maria, Valeria e Chiara tre collane d’oro con ciondoli e un braccialetto d’oro all’immancabile Eugenia. (…).”. Sempre a difesa del risparmiatore e servendo dovutamente il bel paese, al fine di favorirne il rilancio economico e per … - ah, ah, ah, ah, ovvero una cosmica risata -. Scriveva oltre Ferdinando Camon:
Quando trionfava la società dei consumi dicevamo che spendere era una maniera di comunicare: chi non spendeva non aveva niente da dire. S’avvicina un Natale in cui gli italiani spenderanno molto meno dell'anno scorso, perché gran parte della tredicesima è già e amici. Se spendere vuol dire comunicare, nel Natale che s'avvicina avremo un popolo ammutolito. E allora è importante vedere quali sono le parole che il popolo taglia via, con chi rinuncia a comunicare, con chi invece mantiene o aumenta il dialogo. Si risparmierà sui regali e sulle spese per casa e famiglia, mentre sono in crescita l'acquisto di giocattoli per i bambini e le spese per i viaggi. Gli italiani compreranno meno strenne. Non sarebbe un male, se comprassero di più gli altri libri. Le strenne non sono libri: sono libri col prezzo sproporzionato al loro valore. Libri che hanno il compito di strappare un grido di meraviglia a chi li riceve nel momento in cui li riceve, non quando poi li legge, ammesso che mai li legga. Ma non è che calino le strenne e crescano gli altri libri: molto semplicemente, gli italiani andranno meno in libreria. Un bel modo per definire chi legge è dire che vuole impossessarsi delle esperienze altrui, viverle. E dunque: la stretta economica che attanaglia il paese spegne la voglia di conoscere, obbliga ciascuno a fare i conti solo con se stesso, o con i suoi figli. Calano i regali che si consegnano in linea orizzontale, agli amici, ai parenti; crescono i regali che si consegnano in linea verticale, ai figli, specialmente se piccoli. L'ordine in cui si fanno i regali segue la gerarchia degli affetti. Una volta, quando si definiva l'amore che tiene in piedi una famiglia, si diceva che «prima discende (verso i figli), poi si volge all'altro (al coniuge), e infine torna su se stesso»: il capofamiglia veniva per ultimo. L'indagine non lo dice, ma viene spontaneo credere che questa gerarchia valga anche quando si fanno i regali: la prima direzione in cui si taglia è quella dei regali a se stessi, le autogratificazioni. Dicembre è il mese in cui si ammassano i debiti: scadono l'Ici e il canone Rai, di solito si fanno scadere l'assicurazione dell'auto e le rate dei mutui: questo perché per tutto l'anno si conta sulla tredicesima, la tredicesima rompe lo schema del bilancio mensile, raddoppia lo stipendio, e quindi induce le famiglie a ragionare come se le difficoltà di bilancio non ci fossero più. Le difficoltà di stare nello stipendio durano undici mesi, il dodicesimo mese spariscono. Quest'anno succede che molti pagamenti obbligatori, continuamente rimandati, s'insaccano nell'ultima settimana, e fanno di dicembre un mese faticoso come gli altri o anche di più. Ho visto che un grande quotidiano nazionale invita i lettori a mandare offerte per «integrare la tredicesima degli anziani». Se chiedi a Google «tredicesima» salta fuori anche questo invito a integrarla. Una volta sarebbe stato un controsenso, oggi è una necessità. Gli italiani non amano le tasse, le sentono come denaro che gli vien rubato: quando pagano le tasse entrano in lutto. Le tasse che si accumulano a dicembre rovesciano il significato del Natale. Da un quarto di secolo il giorno di Natale non ricorda più la nascita di Gesù, la civiltà dei consumi ne ha fatto il giorno in cui ognuno ricorda la nascita dei propri cari: il borghese ha fatto del Natale una festa endo-famigliare. Ognuno è felice perché esistono i suoi cari. Ma se vien caricato di tutte queste spese obbligatorie, col senso di perdita e di lutto che quelle ingenerano, il Natale perde gran parte della sua festosità: lo chiamano già Natale povero, ma sarebbe meglio chiamarlo Natale luttuoso.

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