"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 9 dicembre 2017

Cronachebarbare. 48 “La descrizione televisiva del mondo”.

Il 26 di febbraio dell’anno 2002 il quotidiano “la Repubblica” pubblicava un articolo di grande interesse a firma del professor Umberto Galimberti. Titolo dell’articolo, che di seguito trascrivo in parte: “ Se è in Tv sarà vero”. Quello stesso giorno si leggeva sulla prima pagina del quotidiano l’Unità: “Per Berlusconi l’opposizione è una bomba. Alle 4 del mattino un ordigno esplode accanto al Viminale. Il premier: - Siete voi del Palavobis –“. Quello stesso giorno, alla pagina sette del quotidiano “Libero”, – libero da chi? libero da cosa? libero per cosa? non lo si è mai potuto sapere – si poteva leggere: “E a forza di girotondi ci è scappato l’attentato. Dopo aver aizzato la piazza, adesso da sinistra si grida alla strategia della tensione. Con deliri degni degli anni settanta”. Alla data del 26 di febbraio dell’anno 2002 Alice Oxam, nel Suo “Diario di un’americana a Roma 2001-2006” annotava: “(…). È inutile. Ho ascoltato a Radio Radicale il dibattito alla Camera sul conflitto di interessi. La maggioranza fa passare o non può fermare la legge salva Berlusconi che prevede l’incompatibilità solo per la gestione e non per la proprietà delle imprese. E così Berlusconi ha raggiunto il suo scopo. Nel frattempo, come in un film political-horror, il governo Berlusconi tenta di stabilire che la bomba esplosa ieri in via Palermo, a Roma, è il risultato della protesta sociale al Palavobis di sabato scorso. E dunque è stata anche colpa mia, perché io c’ero al Palavobis. Siamo colpevoli in 40 mila, bambini inclusi. In una folla simile non c’è stato neanche il minimo incidente. Una folla così pacifica praticamente non esiste: siamo completamente, straordinariamente innocenti. Ma il gioco è troppo pericoloso per i semplici cittadini in un paese che ha un governo-gang.” A chi credere? Quale la realtà? Si era nell’anno del signore 2002. Sembra trascorsa una eternità. Ma il declino dell’oggi ha quelle radici. Il quotidiano attentato – non ancora sopito, c’è da crederci - al vivere costituzionale dell’oggi prende l’abbrivio dalla assoluta certezza che il lavoro fine, condotto con indefessa e scientifica applicazione dagli anni novanta del secolo ventesimo, sull’indistinto popolo, avrebbe prodotto i suoi “benefici” effetti. E l’allarmata ed allarmante scrittura di allora del professor Galimberti avrebbe potuto cogliere risultati maggiori  nella sensibilità sociale e nella tenuta della legalità nel bel paese, sol che alle fonti della comunicazione alternativa fossero accorse schiere più nutrite e consapevoli di “liberi” cittadini. Il piccolo “mostro” domestico, nel frattempo, divorava, a mo’ di un altro conte Ugolino, i miseri figli:
(…). Non esiste altro mondo di quello descritto in TV. Religione, politica, mercato, guerra, gioia, dolore, morte sono descritti lì, e da lì impariamo come si prega, come si governa, come si vende, come si compra, come si lotta, come si gode, come si soffre, come si muore, allo stesso modo di come un tempo queste cose si apprendevano dall’ambiente in cui si viveva. Oggi la televisione è il nostro ambiente. Anche quando non la vediamo, per il fatto che altri l’avranno vista, nel loro agire quotidiano sarà leggibile il loro apprendimento. Interagendo con loro, entreremo in contatto con lo schermo, che dunque è sempre acceso per la comprensione pubblica del mondo. Oggi c’è ancora qualcuno convinto che esistano le cose al di là delle parole? Che esista un mondo al di là della descrizione del mondo? Chiamiamo questa descrizione informazione, ma l’informazione è una parola che non sta al suo posto, perché nel mondo dei media, l’informazione è costruzione. Non solo perché i grandi condottieri del mondo non esisterebbero se i media non ce li proponessero di continuo, ma perché un enorme numero di azioni non verrebbero compiute se il mezzo televisivo non ne desse notizia. Oggi il mondo accade perché lo si comunica, e il mondo comunicato è l’unico che abitiamo. Prima dei piccoli spot che interrompono i film, c’è quel grande Spot che è l’accadimento del mondo in vista della comunicazione. Non più un mondo di fatti e poi l’informazione, ma un mondo di fatti per l’informazione. Solo il silenzio restituirebbe al mondo la sua genuinità. Ma questo non è più possibile. E in un mondo di fatti che nulla contano rispetto alla loro comunicazione, non è più possibile discernere il vero dal falso, non perché la televisione mente, ma perché nulla viene più fatto se non per essere telecomunicato. Il mondo si risolve nella sua narrazione. Questo ovviamente comporta dei rischi per la democrazia. Infatti la democrazia è il gioco dei consensi. Ma se la realtà del mondo non è più discernibile dal racconto del mondo, il consenso non avviene sulle cose che non ci sono più, ma sulla descrizione delle cose che ha preso il posto della loro realtà. Nella democrazia tutti possono dire la loro, cioè fare la loro descrizione del mondo. Ed è in questo senso che un tempo i partiti rappresentavano le diverse opinioni della gente, i sindacati rappresentavano i lavoratori, la confindustria rappresentava gli imprenditori; ora è la televisione a rappresentare tutte queste rappresentazioni; ed è in questa rappresentazione di secondo grado che si descrive il mondo e si costruisce il consenso. I fatti contano infinitamente meno delle loro descrizioni, ma soprattutto i fatti sono fatti per la descrizione. Se chiamiamo questa descrizione lo spot, si comprende quanto sia inessenziale discutere se gli attimi allucinatori venduti dagli spot pubblicitari abbiano il diritto o meno di interrompere la Grande Allucinazione che è la descrizione televisiva del mondo. (…).

Nessun commento:

Posta un commento