"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 26 ottobre 2017

Primapagina. 54 «Hai fratelli ebrei. F.to C.L.».



Da “Le gaffe non fanno più ridere” di Francesco Merlo, pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 25 di ottobre 2017: (…). «Hai fratelli ebrei, da Claudio... » è la dedica scritta a penna, proprio con l'acca del verbo avere, sulla corona di fiori bianchi e azzurri che sono i colori della Lazio ma anche della bandiera israeliana. Ed è una di quelle coincidenze che la psicanalisi definisce sincroniche e Lotito "sinestetiche". (…). …l'entrata in scena di Anna Frank è illuminante. Improvvisamente ci conferma infatti, e per sempre, che abbiamo colpevolmente troppo riso di Lotito perché serviva al nostro giornalismo spettacolo, dal "Processo del lunedì" alla "Domenica Sportiva" a "Tiki Taka" sino alla prosa colta degli intellettuali raffinati che si compiacciono nell'esegesi del plebeismo, quasi fosse l'essenza popolare del calcio, un po' come Machiavelli che amava giocare a carte nelle bettole. Per anni ci siamo divertiti per i sei telefoni che a volte suonano tutti insieme nelle tasche dove Lotito tiene rotoloni di contanti. E, ancora, abbiamo riso del suo rapporto con Tavecchio che definì «l'ometto mio». Tutti abbiamo collezionato le sue frasi più strampalate da «le diastole non sono dialisi» a «prendere le vacche per le zinne e i tori per le palle». Ma Anna Franche cosa c'entra, com'è arrivata nel mondo di Lotito? «Come è diventato possibile che Anna Frank sia considerata un modo per offendere? », si è chiesto (…) Mario Calabresi (direttore del quotidiano la Repubblica n.d.r.). (…). …l' immondizia antisemita contro la Roma ha radici nella sua storia. Pubblicato da Giuntini è appena arrivato in libreria «Presidenti» di Adam Smulevich che racconta la biografia di Renato Sacerdoti, presidente della Roma, fascista ed ebreo, che, quando furono promulgate le leggi razziali fu allontanato dalla squadra e mandato al confino nonostante fosse un veterano della marcia su Roma. Il libro aggiunge che tra i fondatori della Roma c'erano le grandi famiglie ebree: Spagnoletto, Coen, Della Seta, Ascarelli, Spizzichino... (…). E finalmente capisco che a Roma il vero nemico degli ultrà è lo sbirro. È Franco Gabrielli, il prefetto, il capo della polizia che ha messo le telecamere nelle curve dove la folla protegge e nasconde i vigliacchi, gli attentatori, i razzisti. Lo stadio infatti è l'anomìa, la dimensione del fuorilegge, l'impunità appunto, che nel calcio è molto antica, almeno quanto le corna dell' arbitro. E si capisce che per gli estremisti le telecamere siano molto più pericolose di quell' elicottero che ai vecchi tempi ogni tanto si abbassava, faceva vento, emetteva fantastici fasci di luce rossa, con un effetto cinema che piaceva molto ai beduini, agli ultrà in cerca di sensazioni forti. Ecco perché, in mattinata, quel Lotito che portava i fiori in Sinagoga è sembrato a tutti quasi imbarazzato, di sicuro meno insolente e gradasso del solito. Uno degli omoni che gli fanno corona, un dirigente con la cravatta nera e lo stemma della squadra, mi confessa: «Non l'avevo mai visto così. Ascolta la voce, è strana; come se dice, è 'na voce cotta». E voleva dire rotta. Dice Lotito: «Io li ho combattuti ». Chiediamo: «Quando?». Risponde: «In illo temporis» con il suo famoso latinorum, quello di «est modus in sciaradis». Poi evoca il complotto e aggiunge, con la voce che davvero gli si rompe: «Quelle figurine sono state preparate artatamente». Ripete l' avverbio artatamente almeno tre volte. Lo scandisce pure: «ar-ta-ta-men-te». La signora ebrea che mi accompagna è convinta che «gli ultrà romanisti e gli ultrà laziali, solitamente divisi dalla stupidità del calcio, sono invece uniti nell' uso di un antisemitismo cieco che non capiscono, e che a loro arriva come un' eco. E poiché sono, anche loro, cretini intelligenti visto che smanettano google, invece di mettere la maglietta giallorossa al solito Shylock con il naso adunco che si fa pagare in libbre di carne umana, tirano fuori Anna Frank. Non sanno che è olandese, non sanno come è morta, sanno però che scrisse un diario che non hanno letto, e che è ebrea come tutti i nemici. Sono confusi come il loro presidente, ma la confusione non assolve nessuno». Confuso, dunque? Lunedì sera, quando organizzava la cerimonia di riparazione, cercando al telefono un consenso dalla Comunità ebraica che non gli è arrivato, Lotito non sapeva dove sta la Sinagoga, e chiedeva con insistenza l'indirizzo di una lapide, di una stele, di un monumento: «C'è la lapide ai deportati», gli hanno suggerito. E lui: «Quali?». Risposta: «Quelli del 16 ottobre». E Lotito: «Ma quale 16 ottobre, domani è 24 ottobre». Chiedo, nel covo della Lazio: «Sapete cosa accadde il 16 ottobre del 1943?». Ma la discussione diventa difficile e dunque evito l'interrogazione. Di sicuro sanno più di Anna Frank che del "sabato nero" nel ghetto di Roma.
Dice la mia amica ebrea: «Mai visto un antisemitismo così. E non crediate che quest' intossicazione plebea sia soltanto di destra». E però ieri la tv ha mostrato le svastiche sui muri e, a San Giovanni, la scritta «Anna Frank cantastorie». A Prati, in via Cola di Rienzo: «Ogni palestinese è come un camerata / Stesso nemico stessa barricata». Sull'antisemitismo a Roma è stato scritto molto. Salda la sottocultura terzomondista alla pulsioni neofasciste: xenofobia e saluti romani. Le provocazioni hanno coinvolto persino l'Organizzazione dei partigiani (Anpi). E ovviamente la Rete è piena di immondizie, «Roma è fragile, più di Tel Aviv» ripetono quelli della Comunità ebraica. «A Tel Aviv, i commando palestinesi, che combattono l'esistenza degli ebrei di Israele, esprimono un odio etnico e religioso che ha i suoi interessi economici e le sue radici nella storia, si muovono dunque nel codice della spietatezza e qualche volta persino della dignità della guerra. A Roma invece si nutrono di un tifo ridotto a immondezzaio». A sera, quando termina la mia full immersion laziale, due tifosi mi inseguono: «Te dobbiamo ringrazià, mica lo sapevamo che Anna Franche era stata presa al ghetto de Roma, il 16 ottobre del 1943».

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