"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 8 settembre 2017

Paginatre. 95 “8 di settembre: anniversario crudele negli annali d'Italia”.



Da “I giorni della resa (e del riflusso)” di Franco Cordero, pubblicato sul quotidiano la Repubblica dell’11 di settembre dell’anno 2014: 8 settembre è anniversario crudele negli annali d'Italia. L'estate calda non finiva mai. Dopo vent'anni, otto mesi, 25 giorni, nella notte del 25 1uglio 1943, domenica, l'era delle false aquile svanisce come l'ombra d'una lanterna magica: le cronache annoverano un solo suicida; spariscono insegne e divise. Mussolini in asilo segreto. Governa l'Italia diroccata Badoglio, famoso sornione. Truppe in servizio d'ordine pubblico sparano sui manifestanti antifascisti. Nella cuneese piazza Torino muore un bambino. Tra i pochi superstiti portava a casa una pleurite, ferita e medaglia d'argento, disgusto delle retrovie corrotte, tanto acuto da farsi rispedire in prima linea sul Don. Poi l'inferno bianco, nella steppa dal 30 gennaio al 10 febbraio. Ancora sofferente, cova pensieri tristi. Ha sbattuto la porta, uscendo dalla Casa del Fascio dove un funzionario elefantiaco raccomandava versioni eufemistiche, ma la conversione resta imperfetta: lunedì 26 luglio ascolta perplesso l'avvocato Galimberti che dal balcone chiede guerra contro Hitler; nella baraonda conta i trasformisti; «è fascista», grida un omuncolo rissoso, sfollato da Genova. Dall'autunno 1942 prestava servizio nel II Alpini un sottotenente senior, classe 1914, antifascista organico: Leonardo Dunchi, scultore, viene dalle Alpi Apuane, anarchico, incline all'azione contro il mondo perverso; compatisce i sofferenti. Le sue Memorie partigiane filano discorso scabro e vivo, dialoghi, descrizioni d'una natura poeticamente percepita. Lunedì 6 settembre, nell'«ombra azzurrognola dello studio», tra codici voluminosi e «generali dipinti», riceve direttive da Galimberti, col quale aveva intese: manca poco all'armistizio; consta da fonte sicura; sarà guerra per bande dalle valli; se ne formeranno a Madonna del Colletto e in Val Grana; il suo posto è sulla Bisalta. Mercoledì 6 guardava le rondini verso sera quando suona la ritirata: Badoglio parla alla radio stando nel vago; in caserma colonnelli non pensanti dicono d'aspettare ordini. Nella notte sferragliano autocarri. Era il preludio d'un riflusso caotico. La IV Armata irrompe dalla Francia disseminando vetture, cavalli, muli, armi, farina, formaggio in ruote, roba variopinta: basta chinarsi e raccogliere, materia da grassa borsa nera; fioriscono mercati mai visti. I fuggitivi cercano abiti borghesi. Comandava il II Alpini un colonnello maniaco dei fiori. Li visita ogni mattina, salutato dal picchetto con tromba.
Giovedì 9 settembre carica i gerani sui camion e manda a casa i piemontesi:lascino armi, divise, bagagli; i toscani saranno inquadrati, Dio sa come, ossia vadano dove vogliono; «arrivederci presto» e scompare. Dunchi lancia parole d'ordine estreme: disfarsi dei gaglioffi cominciando dal floricultore; stanare i fascisti; combattere i tedeschi. Revelli ascoltava, spalle al muro, gambe incrociate, una mano sotto l'ascella: chiede la parola; e, sempre immobile, gli da del matto pericoloso. Il diverbio finisce lì. Lo scultore porta alpini toscani sulla montagna a due punte. L'antagonista rimette piede nella caserma vuota sabato 11, a seppellire i residui della frode fascista, ma vuole ancora credere nell'esercito, entità metafisica,quindi in due vanno alla porta d'un ferreo tenente colonnello, molto ammirato: non rispondeva; compare nel pigiama a righe; sbarra il passo; guarda storto. Lo implorano: venga; al suo comando gli uomini combatteranno. Fuori dei piedi, pidocchi. Piangono. Ogni illusione cade martedì 28 settembre. Con 15 ufficiali da maggiore in su, inflessibile guerriero s'è presentato al sanguinario Sturmbannführer Joachim Peiper, le cui SS hanno incendiato Boves massacrando gli abitanti. Corrono complimenti: bravi, veri soldati; tornino con una valigetta d'indumenti; e li spedisce in Germania a fare numero nei 750 mila internati (carniere badogliesco: quel vuoto d'ordini era calcolato; nessuno doveva muoversi disturbando gli occupanti). Revelli va in montagna. Dunchi compie memorabili avventure. Vede spesso Ignazio Vian e conversano: aveva dubbi sulla violenza omicida, anche quando i fini siano giusti (parlavano d'un ex pugile seviziatore dei prigionieri antifascisti); l'altro glieli confuta. «Piombo con piombo», refrain d'un canto anarchico. Strenuo combattente, cattolico, monarchico, Vian passa in Val Corsaglia e nelle Langhe, finché lo prendono, 19aprile 1944: ha la sorte segnata; è macabra variante impiccarlo tre mesi dopo (Torino, 22 luglio). Duccio Galimberti comandava l’apparato militare piemontese Giustizia e Libertà. L'ammazzano sgherri neri domenica 3 dicembre 1944. Gli succede Livio Bianco e post beìlum figura tra i consultori, disquisenti a Montecitorio in vista d'eventi elettorali: il seggio alla Costituente costa 40 mila voti; lui ne conta 12 mila. Miete la De, irresistibilmente sostenuta dalle parrocchie. Era un sogno spegnere l'anima reazionaria incarnata nel ventennio nero. Il fascismo è forma transitoria d'una costante italiana. Chiusa l'esperienza politica attiva, lo sconfitto dalle urne torna al mestiere colto, finissimo giuscivilista. Aveva la montagna nel destino. Domenica 12 luglio 1953, con i due soliti compagni d'escursione, saliva al Saint-Robert, nello scenario visibile da piazza Galimberti. Scalata come incarnata nel da ma è nel codice della causalità universale che un appiglio ventennio nero ceda, e vola giù. La Camera appena insediata, seconda legislatura repubblicana. Lo 6 commemora Antonio Giolitti, transitoria eretico nel plumbeo Pci, dal quale uscirà dopo l'orribile repressione ungherese, applaudita dagli ortodossi: condividono compianto e lodi tre parlamentari, socialista, socialdemocratico, liberale; resta muto lo scudo crociato. Deambulano Madonne pellegrine. Prendono piede neofascisti governativi. Al diavolo i rigoristi giacobini, siamo nell'Italia restaurata.

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