"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 2 dicembre 2016

Primapagina. 18 “Bestiario costituente”.



“La normale occasione di urne aperte a una consultazione popolare è diventata petulante e scimmiotta il finimondo, una data spartiacque tra versanti opposti. Ma il governo resterà dov’è ora, tronfio o ammaccato e il risultato del referendum resterà disatteso e aggirato, com’è tradizione da noi, se sgradito all’esecutivo. La rappresentazione vuole che ci siano da una parte i promotori di riforme, dall’altra i frenatori del convoglio. Di mezzo c’è la Carta Costituzionale che aspetta di sapere se sarà trasformata. Il verbo più preciso è appunto trasformare e non riformare. Quel testo è la nostra dichiarazione dei diritti dell’uomo italiano e anche l’ordinamento che ne dispone l’applicazione. Si intende trasformarla in altro, secondo il fabbisogno delle democrazie moderne che puntano a ridurre il démos a suddito, aumentando la crazìa, il potere, su di esso. Da noi è in carica per la terza volta in una legislatura un terzo governo non uscito dalle urne, ma dal cappello a cilindro di un ex presidente giocoliere, manovratore di maggioranze accorpate da impreviste convenienze. Per mettere mano a modifiche della Costituzione si dovrebbe aspettare il prossimo rinnovo del Parlamento e un prossimo governo che affermi nel suo programma elettorale di volerla cambiare. Allora avrebbe titolo, mentre questo in carica: no. Il riformismo un tempo aveva una tradizione e un progetto ideale. Opponeva alle rivoluzioni del 1900 una via diversa per raggiungere traguardi di uguaglianza. I riformisti sapevano fare le riforme. Oggi la utile e ben intenzionata riforma della pubblica amministrazione è stata appena cancellata dalla Corte Costituzionale. Evidentemente era male impostata. Se ne ricava che oggi i riformisti non sanno scrivere le riforme. Se ne ricava che questo governo in carica non ha titolo per usare la parola riforma per le trasformazioni della Carta Costituzionale”. Lettera aperta di Erri De Luca “Contro i riformatori incapaci”, pubblicata sul sito fondazionerrideluca.com il 29 di novembre 2016.

Da “Bestiario costituente” di Marco Travaglio, su “il Fatto Quotidiano” del 30 di novembre 2016:

(…). 1. Ogni Regione d’Italia avrà un sindaco-senatore, tranne una che ne avrà due: il Trentino-Alto Adige. La Lombardia, per dire, che è 10 volte più grande e popolosa, ne avrà solo uno. Ma che si fumano, questi ricostituenti, mentre scrivono le leggi?
2. Ogni Regione avrà almeno un consigliere regionale-senatore (oltre al sindaco-senatore). Ma gli statuti delle cinque Regioni speciali vietano ai consiglieri regionali di fare anche i senatori. E chi manderanno, a rappresentarle? I figli, le mogli?
3. Quando si domanda perché mai i nuovi senatori non saranno più eletti, ma 95 nominati dai Consigli regionali e 5 dal Quirinale, Renzi&C. rispondono che sindaci e consiglieri sono comunque eletti dal popolo (non per fare i senatori, ma fa niente). E citano i sindaci delle grandi città eletti con un sacco di voti. I più votati, all’ultimo giro, furono De Magistris a Napoli, la Raggi a Roma, la Appendino a Torino, Sala a Milano. Bene: siccome i loro partiti/movimenti sono in minoranza nei rispettivi Consigli regionali (Campania, Lazio e Piemonte governati dal Pd e la Lombardia dalla Lega), questi nomineranno senatori altri sindaci, molto meno votati di loro e di città molto più piccole.
4. I consigli regionali eleggono i senatori “nel numero corrispondente all’ultimo censimento”. Cioè: se, tra un’elezione e l’altra, una Regione fa più figli e aumenta la popolazione, potrà eleggere un senatore in più, senza toglierne alle altre. E così il Senato, fissato in 100 membri, potrà dilatarsi a un numero imprecisato. Un Senato gonfiabile.
5. La durata del mandato dei senatori “coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti”. Cioè dei consigli regionali: quando questi scadono, scadono anche i consiglieri-senatori. Ma i sindaci vengono eletti in tempi diversi dalle Regioni: quindi possono scadere da senatori prima che da sindaci, ma anche restare senatori quando non sono più sindaci (in attesa che venga rinnovato il Consiglio regionale). Pensate a un sindaco nominato senatore un mese prima di scadere: resterebbe senatore per 3-4 anni senza essere sindaco.
6. La legge Severino (vedi De Magistris e De Luca), prevede la sospensione per i sindaci e i consiglieri regionali condannati in primo grado, o arrestati. Ma non per i parlamentari, che restano in carica fino a condanna definitiva (caso Berlusconi). Quindi avremo sindaci e consiglieri arrestati o condannati in primo o secondo grado che smettono di amministrare città e regioni, ma restano senatori, anche dal carcere: cioè continuano a votare le leggi per tutta l’Italia.
7. La “riforma” prevede una corsia preferenziale per le leggi del governo: il Parlamento dovrà votarle “a data certa”, entro 70 giorni. Purché siano provvedimenti “essenziali per l’attuazione del programma di governo”. E se le Camere bocciano quella legge “essenziale”? Il governo si dimette? No, la riforma dice che non è obbligato a farlo. E se invece la Camera ed eventualmente il Senato approvano la legge, ma in 72-73 giorni, che ne è della norma? Decàde? La Consulta deve dichiararla incostituzionale? Si ricomincia da capo? Mistero.
8. Dicono che i consiglieri senatori saranno eletti dai Consigli regionali in “proporzione” alle rispettive popolazioni e in “conformità” con le indicazioni degli elettori. Ma 10 Regioni su 20 (anzi, 21: il Trentino Alto Adige conta doppio) avranno solo due senatori ciascuna: uno sindaco, uno consigliere. Quindi nessuna “proporzione” e nessuna “conformità”: Val d’Aosta, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Trentino, Alto Adige, Umbria, Marche, Abruzzo, Molise e Basilicata manderanno in Senato un solo consigliere di maggioranza.
9. Sindaci e consiglieri nominati senatori avranno l’immunità parlamentare: non potranno più essere arrestati, perquisiti, intercettati, pedinati senza il permesso del Senato di cui fanno parte. Ora, poniamo che quattro consiglieri regionali si dividano una mazzetta. Poi due diventano senatori (immuni), mentre gli altri due restano consiglieri (non immuni). Quando un pm scopre lo scandalo, chiede e ottiene dal gip di arrestarli tutti e quattro. Ma per i due senatori il Senato nega l’autorizzazione, così finiscono dentro solo gli altri due. Che pagano per tutti, a meno che, una volta usciti, non vadano a cercare i due complici senatori per fargliela pagare con altri mezzi.
10. Altro caso. Un sindaco deve incassare una mazzetta da un imprenditore che ha favorito in un appalto. Prima di ritirarla, tenta di diventare senatore e dunque immune, così non possono né arrestarlo né perquisirlo né pedinarlo né intercettarlo. Se ce la fa, ha ottime possibilità di non essere mai scoperto. Se non ce la fa, si rivolge a un collega più fortunato, che ce l’ha fatta, e gli propone di andare a ritirarla lui, la busta, e poi di dividerla con lui. Così l’immunità del collega divenuto complice si estenderà, per contagio, anche a lui. E la faranno franca entrambi. Vi piace il presepe? Votate Sì.

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