"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 5 novembre 2016

Lalinguabatte. 23 “Bulimia di potere”.



(…). Il presidente si servì due volte senza risparmiare lodi, e andò in sollucchero per le fette di banana matura fritta e per l’insalata di avocado, anche se non spartì le nostalgie. Làzara si rassegnò ad ascoltare fino al dolce, quando Homero si infilò senza che venisse a proposito nel vicolo cieco dell’esistenza di Dio. - Io ci credo che esiste - disse il presidente, - ma non ha nulla a che vedere con gli esseri umani. È preso da cose molto più importanti -. - Io credo solo negli astri - disse Làzara, e scrutò la reazione del presidente. - Lei in che giorno è nato? . - Undici marzo -. - Così doveva essere - disse Làzara con un sussulto trionfale, e domandò con garbo: - Non saranno troppi due Pesci alla stessa tavola? -. (…). Il brano che avete appena finito di leggere è tratto da “Buon viaggio, signor presidente” di Gabriel Garcìa Marquez. E  così il nostro “egoarca” – copyright di Stefano Benni coniato al tempo dell’uomo venuto da Arcore e che ben si sostanzia oggigiorno nell’uomo venuto da Rignano sull’Arno - divora ciò che resta dei suoi potenziali avversari politici e pure ciò che resta dei residui spazi di dialettica democratica, improntata allo scontro anche, al confronto politico aspro delle opposte convinzioni. È una strategia che in un Paese maturo avrebbe un corto respiro, laddove la democrazia si fosse nel tempo sostanziata con le idee e non tanto con i tornaconti dei gruppi, dei ceti, della diverse fratellanze; in questo derelitto Paese invece la sua democrazia incompiuta non è detto che non continui a creare i miracoli elettorali già visti e con tutti i disastri sempre annunciati, ma mai ritenuti incombenti,  inferti all’intero tessuto sociale. Torna allora sempre opportuno non abbandonare quella che definirei la “pedagogia sociale”, con la lettura e la divulgazione del pensiero dei maestri del nostro tempo che riescono a vedere e riflettere anche sotto la superficie opaca dei fatti e degli avvenimenti, che spesso ci colgono come distratti o superficiali osservatori. Sulla realtà dei moderni mezzi di comunicazione e del loro intrecciarsi con altri interessi e poteri riprendo un interessante lavoro del professor Luigi Cancrini pubblicato sul quotidiano l’Unità del 23 di febbraio dell’anno 2004 – tempi non sospetti -, con un titolo quanto mai illuminante ed allarmante al contempo: “Che significa avere diritti se mancano le informazioni”. Di quel lavoro riporto di seguito le parti da me ritenute le più pregnanti, stante un quasi completo restringimento degli spazi della dialettica politica nel Paese e la completa occupazione dei media asserviti, negli uomini e nei mezzi, alla crociata referendaria del 4 di dicembre prossimo da parte del nostro bulimico “egoarca”.
(…). …i grandi colossi che hanno in mano le televisioni, le radio e i giornali vivono sempre di più una vita propria, (…), cercando e trovando sinergie forti con i poteri della finanza, della politica e (…) del potere militare di cui garantiscono alternativamente la visibilità e la riservatezza. Costruendo, nell’immaginario collettivo di un pubblico che ha sempre più difficoltà a utilizzare l’osservazione diretta, una rappresentazione del mondo che deve servire soprattutto a mantenere lo status quo, la distribuzione ineguale del potere e della ricchezza, l’ingiustizia profonda di una organizzazione sociale in cui i grandi principi della libertà, della fraternità, dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge debbono restare solo nella carta per non mettere in crisi i privilegi dei pochi che comandano e decidono. Costruendo mondi virtuali, cioè, decisamente più reali, oggi, di quelli in cui crediamo di vivere. Con conseguenze importanti e ancora sottovalutate. (…). …l’appartenenza al grande mondo autoreferenziale dell’informazione è diventata fondamentale oggi soprattutto per chi fa politica: persone e gruppi che hanno bisogno della possibilità di farsi vedere e sentire molto più dei contenuti su cui teoricamente dovrebbero fondare la propria attività. Osservato da questo punto di vista, il comportamento concreto di Silvio Berlusconi (“comportamento concreto” sostanziatosi nel suo alter ego al momento al potere n.d.r.) è un comportamento indubbiamente assai più abile di quello di molti dei suoi avversari nella misura in cui Berlusconi non è uno che chiede al sistema radiotelevisivo di sostenerlo e si presenta, invece, come una emanazione diretta di tale sistema. Basando la sua popolarità e il suo successo sulla proprietà o sul controllo delle strutture ma accettandone in pieno, poi, le logiche e i condizionamenti: dimostrandosi capace, cioè, di sorvolare sugli aspetti di contenuto dei discorsi, delle promesse, dei patti e mantenendosi terribilmente attento, sempre, al numero e alla durata delle presenze radiofoniche e televisive, all’assenza del contraddittorio, alla precisione emotiva degli slogans su cui si fonda. Dire e far ripetere da tutti i media mentre è presidente del Consiglio che tutti i politici rubano non è soltanto un paradosso, è un modo estremamente abile di cercare complicità a buon mercato nel qualunquismo di chi invidia e disprezza la gente che fa politica. È un modo (…) di mettere al proprio servizio la tecnica del pubblicitario che lavora per la Tv entrando in sintonia proprio su questa strada con le aspettative messianiche del grande pubblico cui sta “vendendo” se stesso. Utilizzando le risorse particolari della comunicazione radiotelevisiva, dunque, con una naturalezza che manca a molti altri politici: quelli che continuano a chiedere spazio per i loro contenuti, per le cose in cui credono ad una informazione che dei contenuti, tendenzialmente, ha sempre meno bisogno. (…).Un “alter ego” da manuale. Scriveva Silvia Truzzi su “il Fatto Quotidiano” del 24 di luglio dell’anno 2015 in una intervista a Diego Della Valle - “Renzi bulimico di potere, Mattarella lo mandi a casa” -: (…). Cosa la preoccupa di più? - La qualità e l’esperienza di questo governo mediamente scarsa, ad eccezione di alcuni ministri e di qualche altro che avrebbe potuto, con più tempo, essere all’altezza. Mi preoccupa l’approssimazione con cui un presidente del Consiglio, che non ha l’esperienza necessaria, guida un Paese con problemi molto più grandi di lui. (…). Avrebbe fatto meglio a seguire il mio consiglio: prendersi qualche anno e prepararsi al ruolo -. Nessun problema tra di voi, quindi? - Mi spiace dover dire queste cose, ma qui non contano i rapporti tra noi. Conta fare un punto vero su cosa questo governo sta facendo: i risultati purtroppo sono molto pochi, le promesse sono state troppe. Ci siamo trovati dentro una specie di Truman show, spettatori della vita, principalmente mediatica, di un premier che racconta che le cose vanno bene e andranno ancora meglio. La realtà è ben diversa, piena di problemi, spesso anche di sofferenze, soprattutto per le persone più semplici: nessuno se ne occupa. Per guidare il nostro Paese c’è bisogno di qualcuno che abbia esperienza, autorevolezza e soprattutto che sia sostenuto dai cittadini -. (…). Il Jobs Act l’hanno fatto. – (…). …il punto è che il Jobs Act serve più regolamentare il lavoro che a crearlo. Sul lavoro l’elenco delle cose che si potrebbero fare è lunghissimo. Per il resto, su sanità e sicurezza per esempio, basta entrare negli ospedali, basta girare per le periferie e nelle province per capire com’è a rischio la sicurezza, come sia gestito, senza strategia, il problema immigrazione -. (…). Il mantra è che non c’è alternativa. - In un sistema sano l’alternativa esiste sempre. Dobbiamo fare in modo che ci sia davvero, fermando chi abusa e incentivando tutte le persone che hanno voglia di occuparsi seriamente dell’Italia. (…). -. (…). I cittadini contano sempre meno? - Lo dimostrano la riforma del Senato e l’Italicum, che ancora non ci farà scegliere buona parte dei nostri rappresentanti. E poi la Rai, la vera battaglia del premier: proverà a chiuderla in fretta. Il tentativo è quello di far passare la tv di Stato non più sotto il controllo del mondo politico allargato, ma sotto il suo controllo. Il governo Renzi è straordinariamente debole: non ha il consenso della gente, non può imporsi agli alleati perché ne ha bisogno. L’idea di prendere in mano definitivamente anche la Rai è fondamentale. Ma non basterà comunque. Renzi dovrebbe prendere atto che deve studiare seriamente per qualche anno, farsi una squadra all’altezza. Allora potrà presentarsi al giudizio del popolo. Se verrà votato da molti avrà anche la legittimità per governare -. (…).

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