"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 9 settembre 2016

Sfogliature. 67 “Esercizio di memoria”.



Questa “sfogliatura” risale al 13 di ottobre dell’anno 2011. Era di un giovedì. Aveva scritto in precedenza Stefano Rodotà sul quotidiano “la Repubblica” del 26 di luglio dell’anno 2010 un “pezzo” che portava per titolo “Quel bavaglio sul pensiero”: “(…). Oggi, (…), parlare di questione morale è descrizione inadeguata alla realtà che abbiamo di fronte. Nell'indifferenza pubblica, la questione morale è divenuta questione criminale nel senso tecnico dell'espressione. La via difficile della ricostruzione d'una moralità civile, di un'etica pubblica, passa dunque attraverso l'accertamento puntuale e rigoroso delle responsabilità da parte della magistratura. Giustizialismo? Nessuno vuol negare a indagati e imputati tutte le garanzie. Ma garanzia è cosa assai diversa da impunità assicurata attraverso la manipolazione delle norme. (…)”. Nella “sfogliatura” di seguito proposta scrivevo: “Doveravatetutti” è esercizio di memoria. Poiché cancellare o tacitare forzatamente la memoria è come perdere la bussola per il navigante. È un andare avanti senza una meta precisa, uno zig-zagare come l’uomo ebbro nel buio della notte. È pur vero che ostinatamente si è alzato il gomito collettivamente; una fetta enorme di popolo ebbro e senza una meta. È stato il desiderio frustrato di coltivare un impossibile sogno. Ora il sogno è finito. La realtà dura impone oggigiorno l’esercizio della memoria. Per interrogarci ed interrogare: “doveravatetutti”? Da il “Diario di un’americana a Roma (2001-2006)” – Edizioni l’Unità (2008) pagg. 320 € 7,50 - di Alice Oxam: “13 ottobre 2005 La legge truffa (la cosiddetta legge “porcata” n.d.r.) è stata approvata dalla Camera con i voti della maggioranza”. Oggi alla Camera è stato disertato, da parte di tutte le opposizioni, il discorso del signor B. che ha parlato solamente ai suoi, che lo hanno applaudito ben tredici volte nel corso del discorso di soli 18 minuti. Un applauso ogni minuto primo. La “maggioranza” c’è, a suo dire; è il bel paese che non c’è più. Non interessa. Esercizio della memoria. Scriveva il 2 di marzo dell’anno 2010 Francesco Merlo sul quotidiano “la Repubblica” un editoriale che ha per titolo “Il silenzio fazioso”. Si erano all’epoca approntate misure severe contro la libertà di stampa e di informazione in occasione di una tornata elettorale amministrativa:
(…). La faziosità consapevole, quella che non scade in isteria e non diventa veleno è un farmaco, una pozione, una ricchezza da conservare e da sapere maneggiare perché accende la critica, turba e frastorna, suscita sentimenti e passioni, mobilita altre faziosità e alimenta la polemica che è il sale dell´intelligenza, la molla dell´informazione, la forza della democrazia. Tutti dunque capiscono che nell´Italia dei faziosi l´imposizione del silenzio (…) è, (…), la peggiore delle faziosità, perché è vile, è arrogante, è il potere più stupido, punitivo, è la mordacchia mafiosa, è il sasso in bocca, anche perché sanziona solo i cosiddetti programmi di approfondimento che sono è vero l´accademia della rissa, ma si fondano su un articolato codice di creanze che quanto più viene violato tanto più stuzzica la mente degli italiani, che a volte si indignano e a volte si divertono ma non si lasciano convincere dall´urlo sguaiato e dall´imbonimento. In fondo solo nei talk show ogni tanto il dibattito lascia intravedere la religione dell´ intelligenza e persino una passione per le libertà. Noi non sappiamo quanti voti sposta la televisione e in particolare quanti ne sposterà questa violenta mania di volerci muti ciechi e sordi. Sappiamo però che le elezioni passano e l´odio e l´illiberalità rimangono. E la mutazione antropologica che sta subendo l´informazione in Italia rischia di diventare irreversibile. (…) Oggi l´illiberalità è diventata militare. Non esistono più le notizie ma solo i servizi a favore o contro. Il direttore del Tg1 non è più, come prima, un sottosegretario all´informazione che, scelto dal presidente del Consiglio di turno, si preoccupava comunque di salvare le forme che nell´informazione sono sostanza. Al contrario questo è un dignitario, un camerlengo che si compiace della propria maliziosa intelligenza berlusconiana; la scaltrezza gli guizza negli occhi. E l´Italia che racconta è grottesca e improbabile: i magistrati sono inquisitori medievali e chissà cosa combinano con i pentiti, la stampa di opposizione infanga l´Italia all´estero, viviamo in un paese assediato dagli eredi dei comunisti, gli industriali sono poteri forti che complottano, i migliori stanno a Sanremo o dalla De Filippi. Accostamenti di immagini antiche e recenti dimostrano che Berlusconi, operoso e leale, ha sempre ragione, all´Aquila come in tribunale e nel lettone di Putin. (…). Fine della “sfogliatura”. Considerata però la persistenza nel sistema politico del bel paese di una deriva che annichilisce la partecipazione e la democrazia mi piace riproporre la lettura di quel che andava scrivendo il politologo Carlo Galli in “La buona politica contro i populismi” pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 9 di settembre dell’anno 2012 (come oggi ma un quadriennio addietro): (…). …al populismo (mimetizzato sempre sotto false spoglie n.d.r.) manca (…) la percezione della complessità del momento storico; anzi, contro la complessità si scaglia, e la semplifica mettendoci sopra un nome, una faccia del Nemico: prima l’immigrato (preferibilmente islamico), poi la Casta, poi il finanziere, poi il tecnocrate. Il populismo è spettrale, benché sia una forza politica reale, perché, violento e superficiale a un tempo, trasforma i problemi reali in immagini e in risentimento (…), e così elude o cancella la comprensione del tempo storico. (…). C’è dunque l’esigenza urgente di una politica che non ha paura di sé, delle proprie responsabilità, delle proprie decisioni. Di una politica che riconosca e incorpori le necessità del momento - con il realismo che alla politica deve appartenere, perché la politica è il potere che vuole agire -, che non si conceda illusioni, ma che rivendichi il proprio primato nelle cose umane; ovvero rivendichi di potere orientare e governare, senza eluderla, la necessità, l’emergenza; di saperle dare un indirizzo, un ordine specifico. E che quindi non abdica ai propri compiti - (…) -, prospettando che l’esercizio dei diritti politici (le elezioni) sia ininfluente, dato che, comunque i cittadini votino, avranno sempre davanti a sé le stesse politiche e forse le stesse persone. E lasciando così praterie sterminate al populismo, che oltre alla bandiera della protesta potrebbe anche agitare quella della politica. (…). Pochi giorni ancora e l’Europa dei burocrati - che operano a tutela della grande finanza internazionale - avrebbe posto termine all’avventura politica dell’uomo venuto da Arcore. Solamente un cambio di testimone.

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