"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 30 agosto 2016

Scriptamanent. 38 “Quando mia figlia ha scoperto che c'è la povertà”.



Da “Quando mia figlia a 5 anni ha scoperto che c'è la povertà” di Arianna Huffington, sul settimanale “D” del 30 di agosto dell’anno 2014: Sogno il giorno in cui fare il volontario sarà naturale come fare shopping. Perché aspettare che un leader ci salvi non basta, bisogna iniziare a fare da sé. Dare, amare, prendersi cura delle persone, praticare l'empatia e la compassione, superare i propri limiti e abbandonare le proprie sicurezze per contribuire ad aiutare gli altri: ecco qual è l'unica risposta possibile alla moltitudine di problemi che il mondo si trova ad affrontare. Se il benessere, la saggezza e la capacità di stupirsi sono la nostra risposta alla chiamata che sentiamo da dentro, ne consegue che mettersi al servizio degli altri è la risposta naturale alla chiamata proveniente dall'umanità. Ci troviamo immersi in molteplici crisi, economiche, ambientali e sociali. E non possiamo aspettare che un leader sul cavallo bianco venga a salvarci. Quel leader dobbiamo trovarlo tutti noi, guardandoci allo specchio e compiendo i passi necessari per cambiare le cose, nelle nostre comunità come dall'altra parte del pianeta. Ciò che fa del mettersi al servizio degli altri qualcosa di così potente è che a giovarsene sono entrambe le parti. Quando mia figlia minore Isabella aveva 5 anni, abitavamo a Washington. Un giorno stavamo facendo volontariato al Children of Mine, un centro per bambini in difficoltà nel quartiere disagiato di Anacostia. Il giorno prima avevamo festeggiato il compleanno di Isabella con una torta a forma di sirenetta, regali, palloncini e festa. Il caso ha voluto che l'indomani, al centro per l'infanzia, anche un'altra bambina compisse i 5 anni. E la sua festa di compleanno consisteva in nient'altro che un biscotto al cioccolato con una candelina sopra: quel biscotto era la torta e al tempo stesso il suo unico regalo. Da un lato all'altro della stanza, ricordo, vidi che a mia figlia si riempivano gli occhi di lacrime. In quel momento, dentro di lei scattò qualcosa, qualcosa che io non avrei mai potuto insegnarle. Quando tornammo a casa, Isabella corse in camera sua, prese tutti i regali che aveva ricevuto e mi disse che voleva portarli a quella bambina. Non è che all'improvviso si fosse trasformata in Madre Teresa: in seguito, Isabella i suoi episodi di egoismo li ha avuti eccome. Ma fu comunque un momento profondo, il cui effetto la accompagnerà per sempre. Ecco perché mi piacciono tanto quelle famiglie in cui si trova regolarmente il tempo di fare volontariato tutti insieme. Il mio sogno è che un giorno tutte le famiglie, quando si tratterà di decidere come impegnare il fine settimana, si domandino: «Questo weekend cosa facciamo? Andiamo per negozi, al cinema, oppure a fare volontariato?». Sogno il giorno in cui fare volontariato risulterà naturale, e non una cosa eccezionale, o che ci fa sentire particolarmente nobili. Soltanto una delle cose che facciamo, e che ci mette in contatto gli uni con gli altri. È l'unico modo in cui, come individui, potremo realmente cambiare la vita di milioni di bambini che non hanno un tetto, o che hanno fame, o che vivono in zone urbane dove la violenza è un fatto quotidiano. Quella bambina di Anacostia che festeggiava il compleanno con un biscotto è una degli oltre sedici milioni di bambini che solo in America vivono nell'indigenza, in condizioni che mettono a rischio la loro salute, il loro rendimento scolastico e la possibilità di avere un futuro. Ed è un problema che va peggiorando. La percentuale di bambini che negli Stati Uniti vivono in famiglie a basso reddito è passata dal 37 per cento del 2000 al 45 per cento del 2011. Fino a quando la compassione e la generosità non diventeranno parte integrante della nostra vita quotidiana, continueremo a liquidare questi dati statistici con una scrollatina di spalle nervosa e qualche disillusa spiegazione che tuttavia non offre risposte: «È il sistema che è guasto», oppure «i politici litigano troppo per realizzare le riforme importanti». È vero, quello che la politica deve fare è molto, ma noi non possiamo limitarci a delegare la nostra compassione allo Stato e starcene a bordo campo, lamentandoci perché non fa abbastanza. Una compassione davvero profonda può liberarci da tutto ciò che pone limiti alla nostra mente quando si tratta di immaginare il possibile. Solo così potremo contrastare l'eccesso di avidità e narcisismo che ci circonda.

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