"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 2 agosto 2016

Scriptamanent. 32 “Ecco perché nessuno ascolta più nessuno”.



È una fortuna avere qualcuno che sappia ascoltare, e che pratichi i quattro parametri (...) enunciati dalla comunicatrice texana Barbara Miller - "Receive": ricevere; "Appreciate": dare segni di apprezzamento mentre l'altro parla; "Summarizing": riassumere quello che ci ha detto; "Asking": rivolgere domande per andare più a fondo -.

Da “Ecco perché nessuno ascolta più nessuno” di Stefano Bartezzaghi, sul quotidiano la Repubblica del 2 di agosto dell’anno 2014: (…). La realtà è che mentre qualcuno parla pensiamo a cosa dire noi; oppure lo interrompiamo per rispondere al problema che ci sta ponendo prima di averlo capito bene, o ascoltiamo «dall'interno di una sorta di solido bunker che abbiamo messo anni a costruire e di cui però non siamo ancora consapevoli», come dice Julian Treasure, che si occupa di "ascolto consapevole". (…). Il problema, però, potrebbe essere ancora più generale. Ha a che fare con il primato dato nelle nostre mitologie sociali all'attività, alla performatività, e dunque alla parola detta. In Italia, poi, le logomachie dei talk-show e più recentemente degli streaming (quello fra Grillo e Renzi resta un culmine) dimostrano con un'evidenza sconsolante come la comunicazione sia vissuta in termini di quantità — occupazione di spazio e tempo, annichilimento dell'agibilità locutoria altrui — piuttosto che di qualità. Ed è paradossale che in un discorso pubblico dominato da concetti come "audience" (uditorio, da "udire") e "share" (condivisione), la vittoria non si consegua con i gol davvero realizzati. Basta il possesso palla. (…). È che la gente si è abituata a parlare da sola al televisore e dire «quanto sei cretino» a quello che si pensa sia un ectoplasma privo di orecchie: lo aveva intuito già negli anni Ottanta il Woody Allen che faceva intervenire Marshall McLuhan in persona in una conversazione privata che lo concerneva ( Io e Annie) , o che faceva interagire gli attori sullo schermo con la spettatrice Mia Farrow fino a farla entrare nella storia ( La Rosa purpurea del Cairo). Oggi a teatro gli spettatori parlano, commentano, anticipano, rispondono al telefono e non sembrano assolutamente consapevoli che lì a loro è richiesto di mantenere una posizione di puro ascolto, e ascolto di quello per cui hanno pagato il biglietto (se l'hanno pagato). (…). …l'interlocutore che guarda l'orologio, che riceve un sms e lo legge e risponde dicendoci «parla, parla, ti ascolto», che ci domanda qualcosa che avrebbe dovuto aver ascoltato due minuti fa non solo non ci piace. Ci frustra nel desiderio, o nella necessità, di una conversazione che ci porti qualcosa, anche la mera sensazione di aver fatto passi avanti nel discorso. E quando invece ricordiamo a qualcuno qualcosa che ci ha detto mesi prima, è sempre più frequente registrarne uno stupore quasi commosso: «Ma allora quando parlo mi ascolti!». (…). E la verità è che siamo governati dall'attivismo, dall'impazienza, dalla frenesia: e anche dalla sordità.

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