"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 28 agosto 2016

Doveravatetutti. 17 “Lo statuto della menzogna”.



Alla caduta dell’uomo venuto da Arcore l’amico carissimo mi dice: - Non mi sembra che tu ne sia rallegrato di questa caduta -. Resto perplesso per l’osservazione. È tutta vera. Non ne sono rallegrato e la “cosa” mi sorprende assai. Si era sperato nel miracolo, nell’incanto che ne sarebbe sopraggiunto. È forse così: ne siamo come incantati, storditi. Stupiti. Troppo presto, tutto è avvenuto troppo presto; troppa grazia, signore. Ci rifletto sopra ed un istante dopo mi pare di avere trovato la risposta: - C’è poco da rallegrarsi. Quella falsa moneta che oggi spaccia come “segno” di responsabilità – a seguito della lettera europea - nei confronti del paese è tanto falsa che non riusciremmo a pagarci un nulla a fronte delle iniquità, delle macerie che ci ha costretto ad ammucchiare nel corso della sua occupazione del potere. Con la sua moneta falsa tenta di salvare la faccia sua e basta, assieme alle sue sostanze certamente -. Lo si va ripetendo da anni il ritornello: ci saranno montagne di macerie materiali e morali da rimuovere che non ci sarà consentito rallegrarci per gli accadimenti che avevamo sperato che si inverassero. È un’amara verità. È la crudeltà della Storia. Scrivevo su questo blog in tempi oramai lontani, arcaici, il 29 di settembre dell’anno 2003: Andando lungo la sottile ed incerta linea d’ombra che separa la cronaca dei nostri giorni dalla Storia. Scriveva Alexis de Tocqueville al caro amico De Beaumont il 5 Ottobre dell’anno 1828 : “(…). Meditate bene su questo, niente offre più ampia materia di riflessione: supponiamo che un despota s’impadronisca della sovranità, il suo potere, qualunque esso sia, avrà dei limiti, se non altro quelli dettati dalla paura; ma un sovrano investito del potere di fare ogni cosa in nome della legge è molto più temibile, e lui non teme nulla. (…)”. Pare proprio essere un severo monito  per le cronache di questi nostri giorni, allorquando le vicissitudini politiche sembrano non destare quegli allarmi che una sana e robusta democrazia dovrebbe attivare rapidamente per arginare le mostruosità legislative già realizzare ed impedire ulteriori stravolgimenti che renderebbero questo Paese impresentabile a sé stesso ed al consesso delle nazioni più progredite. Termine all’auto-citazione.
Ecco il punto, ecco il senso di questo “doveravatetutti” che non ci esime, oggigiorno, in questa nuova circostanza, d’interrogarci sulle cose andate e tollerate. Scriveva il grande martire di Ales in quello che intitolò “Odio gli indifferenti”: “(…). Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. (…)”. Ecco perché è necessario in questo momento chiederci “doveravatetutti”. Tutti, con le responsabilità che ne derivano d’essere cittadini a pieno titolo di una democrazia. E di una democrazia avvilita, sminuita nelle sue istituzioni e rappresentanze ne scrisse il compianto Giuseppe D’Avanzo - Napoli, 10 dicembre 1953/Calcata, 30 luglio 2011 - sul quotidiano “la Repubblica” del 13 di maggio dell’anno 2011 col titolo “Lo statuto della menzogna”. Poiché essa, la menzogna per l’appunto, prima di questa “caduta”, nell’indifferenza dei tanti, era divenuta la “verità” del potere. Trascrivo di seguito il pregevole “pezzo” in parte. Per un responsabile esercizio di “memoria”. Perché non s’abbia a dire “non sapevamo”: (…). …distrutta la trama della realtà con la menzogna, chi stringe nelle sue mani potere politico, economico e mediatico può ridurre ogni istituzione - come ogni essere umano - a repliche dei suoi slogan ideologici, distruggendo ogni storia e ogni forma personale di vita, non rinunciando ad assassinare caratteri, in caso di ostilità o resistenza. (…). Ora ciò che è decisivo in questo dispositivo letale per la realtà e la dignità degli uomini (viene voglia addirittura di parlare di libertà degli uomini) è lo statuto della menzogna nell'èra berlusconiana (ed oltre n.d.r.). Sappiamo, anche se qualche sapiente ce lo ricorda ogni giorno, che la menzogna è stata sempre impiegata a fini politici, ma la comune menzogna politica utilizzata da istituzioni, leader, ministri, capi partito nella storia, in democrazia e a ogni latitudine è molto diversa dalla menzogna berlusconiana. La comune menzogna politica vuole nascondere la verità, camuffarla, ma ha sempre chiara la distinzione tra ciò che è vero e ciò che è falso. Non è così per la menzogna berlusconiana per la quale non esiste alcun criterio di verità praticabile eccetto per ciò che viene dichiarato vero in quel momento. Comune menzogna politica è la commemorazione dei Re Magi, ricorda Leszek Kolakowski. Nacque come un'invenzione per rafforzare la dottrina con cui la Chiesa rivendicava la propria supremazia sui poteri secolari. Tuttavia la Chiesa non ha riscritto il Vangelo di Matteo per giustificare la leggenda. La storia dei Magi, dei monarchi in visita a Gesù bambino, è rimasta in vita ma come innocente, folkloristico evento non come verità. Al contrario, ai fedeli è stato concesso di scorgerne e comprenderne la falsità. Ammesso che menzogna sia qui una parola adeguata, è di altra natura, ha un'altra funzione la menzogna berlusconiana. Essa abolisce l'idea stessa di verità perché, a differenza della comune menzogna politica che ha sempre un obiettivo specifico, la menzogna berlusconiana è sistematica e totalitaria. Pretende di rendere superflua la realtà e di espropriare la memoria delle persone; di cancellare i ricordi di luoghi, fatti, parole in una sorta di sterilizzazione mentale e morale della società che lascia tutti confusi, smarriti, indotti a credere che nulla sia vero in se stesso; che i fatti siano soltanto opinioni e che la realtà politica non sia altro che un caleidoscopio di menzogne, un reticolo di immagini che si possono comporre, scomporre, ricostruire a piacere o secondo convenienza. La menzogna sistematica è il più autentico nucleo del sistema politico berlusconiano. Senza la menzogna, non ci sarebbe Berlusconi. Senza la menzogna sistematica, Berlusconi non potrebbe rendere indecifrabile, quasi misteriosa e comunque non giudicabile per l'opinione pubblica la realtà italiana e il suo fallimento politico. Senza una menzogna deliberata, accuratamente studiata, non potrebbe assassinare i suoi avversari politici, minacciare i non conformi, costringere al silenzio e all'obbedienza i più deboli. La menzogna e la verità. I duri fatti e la realtà di cartapesta creata in laboratorio da chi dispone il pieno controllo dei meccanismi della risonanza. Ecco, non c'è questione più squisitamente politica di questa nell'Italia di Berlusconi (ed oltre, come in peccaminosa continuità n.d.r.) e appare un impegno preliminare per ogni iniziativa di rilievo pubblico - e dunque soprattutto per l'informazione - misurarsi con questo paradigma di potere che agisce, trasforma, modifica la realtà come se fosse potenzialmente trascurabile, modificabile o negabile nella sua totalità. Diventa sempre più chiaro quel che si deve responsabilmente fare per contenere questa avventurosa negazione della realtà. Bisogna proporre con ostinazione i duri fatti, rappresentare l'attualità delle cose dimenticando la retorica pilatesca delle risse, dei veleni, dei duelli che non illuminano la scena, ma la confondono colpevolmente sposando il fondamento menzognero di Berlusconi. Non c'è alcuna guerra civile in Italia. C'è un uomo che dichiara guerra a chiunque si dichiara moderatamente critico, costruttivamente in dissenso, dichiaratamente antagonista. Allora, è vero, bisogna parlare proprio di libertà perché ‘senza un'informazione basata sui fatti e non manipolata - scriveva Hannah Arendt - la libertà d'opinione diventa una beffa crudele’.” Dietro quella “menzogna” abbiamo trascorso un ventennio delle nostre vite, della nostra Storia. Quando se ne potrà finalmente uscire? Non scorgo luci in fondo al nostro tenebroso tunnel politico e sociale.

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