"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 21 luglio 2016

Sfogliature. 65 “Eppur si parla (solo) di terrorismo”.



Non sfuggirà alla Vostra avvertita consapevolezza la reale “natura” di quel “legno storto” che è l’uomo. Ché solo su quella sua tragica “natura” hanno potuto fare leva i soliti manigoldi che hanno imperversato nella storia tragica di quel primate. Manigoldi che sono stati al potere tanto nelle vituperate monarchie, quanto nelle massacranti dittature, ma ancor più, ai giorni nostri, in quelle configurazioni sociali che ci azzardiamo a denominare impropriamente “democrazie”. Che sì, anche nelle “democrazie” non sono mancati o manchino i manigoldi che operando sapientemente sulla “natura” quel “legno storto” hanno di fatto sfigurato le “democrazie” stesse facendo leva su quell’inestricabile groviglio che è la psiche informe del “legno storto” per creare un “nemico” da fronteggiare, da aggredire e da distruggere. La “creazione” di un nemico è fattore comune a tutte le configurazioni sociali che il “legno storto” sia venuto man mano, nella sua tragica storia, a pensare ed a inventare. Da sempre, da quando quel “legno storto” ha pensato bene ad associarsi in gruppi e/o sottogruppi per la sicurezza dei quali fosse necessario pensare, per l’appunto, ad un “nemico”. E così la tragica storia scritta dal “legno storto” continua ad annoverare quel “nemico” nelle forme più svariate, “nemico” che consenta ai manigoldi di turno di cementare il gruppo o sottogruppo d’appartenenza e di ascendere così al potere e di farne scempio. La “sfogliatura” di oggi risale al lunedì 13 di settembre dell’anno 2004. Si era celebrata allora la terza ricorrenza delle stragi delle torri newyorchesi. Sembra che i dodici anni trascorsi da allora siano passati inutilmente. Allora “terrorismo” e solo “terrorismo”. Come lo è oggigiorno. Come dimenticare il Segretario di Stato Colin Powell e la sua provetta o l’impresentabile inglese Blaire? Sono oggi da rileggersi i pensieri e le considerazioni che nel mezzo di quella “tempesta” si potevano provare, che personalmente ho provato:
Mesi addietro è potuto straordinariamente accadere che nel bel paese del tubo catodico monopolizzato sia stato mandato in onda, ad una ora impensabile e senza uno straccio di informazione-pubblicità, uno dei tanti servizi divulgativi, pregno di una certa attendibilità scientifica, sulle attuali condizioni delle risorse e dei consumi del pianeta Terra e del suo drammatico divenire. In questo momento mi difetta tanto la memoria sia per il titolo del servizio, quanto per gli autori dello stesso. La qualcosa non fa perdere però di importanza al succo stesso del servizio allora presentato e clandestinamente trasmesso dal tubo catodico monopolizzato; con poche parole, nel servizio si prospettavano gli scenari futuri sul pianeta Terra in fatto di consumi energetici e di equilibrio nel biosistema terrestre. Il messaggio importante sottinteso nel servizio, sottinteso poi non tanto, era che le drammatiche disuguaglianze in fatto di ricchezza,  di consumi e di sfruttamento delle risorse ambientali tra le popolazioni del pianeta non si sarebbero mai potute non dico azzerare, ma quantomeno alleviare, stante il fatto che, se solo si fosse concesso alla stragrande maggioranza degli uomini del pianeta Terra l’accesso alle sue risorse e solo per raggiungere i livelli di vita di un paese come l’Italia che, seppur annoverato tra i paesi ricchi del pianeta non può assolutamente competere con altre realtà quali per esempio gli Stati uniti d’America in fatto di ricchezza, di consumi e di relativo inquinamento ambientale e quindi progressivo degrado, l’accesso alle predette risorse dicevo e la facilitazione dei consumi collettivi su di una scala molto più grande avrebbe comportato l’esplodere senza possibilità di ulteriori estreme correzioni di tutti gli equilibri del sistema Terra, con inimmaginabili conseguenze sulla stessa sopravvivenza della specie (dis)umana. La conclusione amara ed al tempo stesso drammatica che il servizio sottendeva è che sul pianeta Terra le disuguaglianze, ovvero l’ineguale distribuzione delle risorse e dei consumi, sono dati immodificabili sui grandi numeri, a rischio di un deflagrare del sistema ambiente, e che pertanto la vera guerra planetaria che si sta combattendo e che si continuerà a combattere sul pianeta è in buona sostanza una sola: impedire che tutto il resto degli uomini, ovvero la stragrande maggioranza di essi, possa accedere alle risorse della Terra, escludendoli permanentemente quindi dal miraggio dei consumi di massa che farebbero saltare tutti gli equilibri ambientali con buona pace del cosiddetto mondo occidentale, progredito e cristianizzato, che vedrebbe sparire in un soffio il suo benessere, altroché spartirlo con il resto della umanità!, e vedrebbe compromessa la propria fisica sopravvivenza. È questa la guerra planetaria che di già si sta combattendo e che non potrà avere una auspicabile conclusione se posta nei termini della  prevalenza e di un soggiogamento di una minoranza di uomini sulla stragrande maggioranza di essi; essa, la stragrande maggioranza degli uomini, è destinata, come un immenso corpo sacrificale, ad essere esclusa perennemente dai consumi e dallo sfruttamento delle risorse ambientali, per consentire alla minoranza di poter continuare a consumare, dissipare, impoverire il pianeta Terra a tutti appartenente. Oggi, all’indomani della terza celebrazione degli orrendi fatti delle Torri gemelle, è necessario indirizzare tutte le intelligenze che siano veramente votate alla pace tra gli uomini ad un ripensamento sui problemi dell’equilibrio ambientale e della perequazione tra tutti gli esseri umani in fatto di opportunità di vita migliori. Gli spiccioli egoismi dei paesi cosiddetti progrediti penso che siano arrivati ad un punto di non ritorno per cui, senza un cambiamento di strategia di politica ambientale e delle risorse fatto veramente su scala globale, l’esito finale non potrà sostanzialmente discostarsi da un mondo di minoranze che lotterà strenuamente e sempre più aspramente, e con i sempre più potenti mezzi messi a disposizione dalla moderna tecnologia, contro un mondo di maggioranze che si contrapporrà di certo con atti sempre più brutali e disumani, stante la differenza tecnologica tra le parti che contendono, con l’unico obiettivo di impedire a quelle minoranze di accostarsi al benessere in quanto una tale concessione comprometterebbe la sopravvivenza stessa della vita sulla Terra. Ha ben scritto a questo proposito e sempre all’indomani della ricorrenza dei fatti orribili delle Torri gemelle Giuseppe Turani sul quotidiano “la Repubblica”: (…). Nel 2000 sulla terra c’erano grosso modo sei miliardi di persone. Un miliardo stava nella cosiddetta area del benessere, il resto, quattro miliardi, in quella del malessere (…). In sostanza, su cinque abitanti del pianeta 1 stava bene e 4 male. E fin qui è facile capire che quando mettiamo in una stanza ( la Terra ) un ricco e quattro poveri, la convivenza poi si fa difficile. I conflitti che si spengono da una parte si riaccendono dall’altra. Se non è per motivi religiosi e politici, sarà per motivi economici, ma il conflitto, in un mondo fatto così male, è obbligatorio, inevitabile. (…). Contro i 25 barili di petrolio consumati ogni anno da un cittadino americano, ci sta il barile e mezzo consumato da un cinese. E poiché il consumo di petrolio significa qualità della vita (…), si fa presto arrivare alle conclusioni: prendete la qualità della vita di un americano, la dividete in 20 pezzettini, ne buttate via 19 e avrete la qualità della vita di un cinese contemporaneo. O, ancora, contro i 25-30 mila dollari di reddito annuo pro-capite di un italiano avete i 400 dollari di un afgano. L’afgano, insomma, ha una qualità di vita di 60-80 volte inferiore alla nostra, che non siamo nemmeno fra i più ricchi del pianeta. (…). … in queste condizioni è vano sperare in una fine dei conflitti, comunque siano motivati. (…). Ma la questione grossa è un’altra. Il mondo, cioè, sta andando non nella direzione della correzione degli squilibri (…), ma esattamente nella direzione contraria. Nel giro di qualche decennio (…), la popolazione del pianeta potrebbe raggiungere i 10 miliardi di abitanti (…) e, dicono le previsioni, avremmo ancora poco più di un miliardo di ricchi e quasi nove miliardi di poveri. Avremmo, insomma, 1 ricco ogni 9 poveri contro la situazione attuale che vede 1 ricco e 4 poveri. E’ chiaro che se è già difficile far convivere sullo stesso pianeta un miliardo di ricchi e quattro miliardi di poveri, lo sarà ancora di più far convivere sullo stesso pianeta un miliardo di ricchi e nove miliardi di poveri. Se oggi dobbiamo registrare, purtroppo, una serie di conflitti armati, in futuro ne avremo molti di più. Oggi si spara per le vie di Bagdad, fra quarant’anni si potrebbe sparare per le vie di Roma o di Milano. Esagerato? Forse, però bisogna tenere  conto che stiamo andando verso un rapporto ricchi/poveri assolutamente enorme e intollerabile.  Ma c’è di più. Già oggi è bastato un certo decollo economico della Cina per mettere in crisi il mercato del petrolio e quello di tutte le altre materie prime. Ma la terra verso cui stiamo andando incontro è un pianeta che dovrà sostenere non più sei miliardi di persone, ma dieci. Se oggi ci si spara addosso per il petrolio, nel giro di qualche decennio è facile prevedere che ci si sparerà addosso per il petrolio, il rame, l’argento e così via. Stiamo correndo verso l’abisso. E non si vedono segni di ravvedimento… (…).

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