"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 8 giugno 2016

Oltrelenews. 92 “Una domanda a Renzi Matteo”.



Da “Una domanda a Renzi” di Marco Travaglio, su “il Fatto Quotidiano” dell’8 di giugno 2016: (…). Ora (…) c’è una questione (…) più seria che intendiamo sottoporgli (al Renzi Matteo di Rignano sull’Arno n.d.r.). Niente numeri: ci basta un Sì o un No (e non stiamo parlando del referendum costituzionale). Come forse Renzi avrà notato, il Fatto racconta da una settimana, in beata solitudine, lo scandalo del primo giudice costituzionale sotto inchiesta (e per corruzione) della storia repubblicana. E cioè del costituzionalista ed ex parlamentare del centrosinistra Augusto Barbera, eletto alla Consulta il 16 dicembre scorso in quota Pd dal Parlamento in seduta comune, dopo ben 32 fumate nere. Insieme a lui, a “pacchetto”, furono eletti anche Franco Modugno (proposto dai 5Stelle) e Giulio Prosperetti (da Ncd-Udc), tutti con i voti di Pd e M5S, più le solite frattaglie centriste. Il Fatto fece notare che la scelta di Barbera era inopportuna: non perché il prof mancasse dei requisiti scientifici per occupare quel posto; ma perché risultava denunciato dalla Guardia di Finanza alla Procura di Bari per il suo ruolo in una serie di concorsi universitari truccati o pilotati. Siccome le indagini prima o poi si concludono, la Corte costituzionale rischiava di ritrovarsi un giudice inquisito o addirittura imputato. Ma il Pd se ne infischiò e tirò diritto. Barbera aveva dato prova di assoluta fedeltà alle “riforme” renziane della legge elettorale (Italicum) e della Costituzione. La speranza del Pd e del governo era che, entrando alla Consulta, Barbera facesse asse con Giuliano Amato per ribaltare la maggioranza che nel 2014 aveva bocciato il Porcellum per gli stessi vizi di costituzionalità poi riprodotti dall’Italicum. Ora si scopre che un anno prima della sua elezione, il 18 dicembre 2014, Barbera si era presentato alla Procura di Bari per rendere spontanee dichiarazioni. E lì aveva appreso di essere indagato per corruzione, tant’è che i pm l’avevano invitato a eleggere domicilio e a nominarsi un difensore. Quindi, quando fu eletto, sapeva da 12 mesi di essere inquisito, e per un reato così grave. Nella stessa indagine era indagata anche la costituzionalista Silvia Niccolai, che i 5Stelle in un primo tempo intendevano indicare alla Consulta. L’interessata però scrisse loro una lettera per invitarli a cambiare candidato, proprio per la sua veste di inquisita.
Così i 5Stelle consultarono Gustavo Zagrebelsky, che suggerì loro il nome – assolutamente apolitico e indipendente – di Modugno. E votarono anche per Barbera solo dopo essersi sincerati presso il capogruppo del Pd alla Camera, Ettore Rosato, che il prof bolognese del Pd non fosse indagato (dalle cronache giornalistiche, risultava soltanto denunciato dalle Fiamme Gialle). Rosato li rassicurò: Barbera non era indagato. Così il terzetto Barbera-Modugno-Prosperetti ottenne i voti necessari per riempire le tre caselle della Consulta, vacanti da uno-due anni. Ora, la domanda è molto semplice: Barbera avvertì il Pd, cioè Rosato e a maggior ragione Renzi, di essere indagato per corruzione, così come fece la Niccolai con il M5S? Se non lo fece, ingannò il suo partito e, di riflesso, anche i 5Stelle che gli diedero i loro voti decisivi. Se invece lo fece, furono Renzi e Rosato a truffare il M5S e, soprattutto, a mandare consapevolmente alla Consulta un indagato per corruzione. Il tutto dopo che lo stesso Pd, a metà settembre, aveva rifiutato di votare il senatore e avvocato forzista Donato Bruno che –come il Fatto aveva rivelato – era indagato a Isernia per un reato meno grave della corruzione: l’“interesse privato del curatore negli atti del fallimento”. La notizia aveva fatto saltare il patto Pd-FI, provocando il ritiro di Bruno e Violante. Lo stesso accadde quando Repubblica rivelò che il candidato centrista Giovanni Pitruzzella era sotto inchiesta a Catania per un presunto arbitrato comprato (su cui i pm avevano chiesto due volte l’archiviazione). Ora, come poté il Pd votare un proprio indagato per corruzione subito dopo aver bocciato due candidati inquisiti per faccende minori? (…). Gentile presidente Renzi, lei si renderà conto della massima importanza e urgenza di una risposta chiara a questa domanda: il Pd sapeva o non sapeva che Barbera era indagato per corruzione quando lo mandò alla Consulta? In attesa di un cortese riscontro, porgiamo distinti saluti.

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